venerdì 16 luglio 2010
Il Lingotto pronto allo scorporo. Ecco i numeri del grande riassetto
Riflettori su Auburn Hills. Perché è da lì, mercoledì, che insieme ai conti Fiat arriveranno i primi annunci sulle tappe dello spin-off. E perché è lì, in quella sede Chrysler che ospiterà il consiglio d' amministrazione Fiat, che la partita dello scorporo nasconde una delle sue carte jolly. «Nasconde» nel senso che Chrysler ancora non è quotata (dovrebbe esserlo nei primi mesi del 2011). Ed è iscritta nel portafoglio del Lingotto per quel che Sergio Marchionne l' ha pagata. Cioè zero. Non è zero, però, il valore che gli analisti attribuiscono al gruppo passato un anno fa dal fallimento alla «cura italiana». La scommessa rimane agli inizi, la strada resta lunga. Ma le vendite sono in marcata ripresa ormai da sei mesi, il primo trimestre ha con largo anticipo riportato l' utile operativo in bilancio, persino lo scetticissimo Wall Street Journal parla oggi di «resurrezione Chrysler». E chi, nelle banche d' affari, in questi giorni sta cercando di capire quanto potranno quotare le «due Fiat» che nasceranno dalla scissione, quanto valore potrà davvero essere liberato dalla separazione tra auto e Iveco-Cnh, arrivato al capitolo Detroit confronta i numeri con i parametri di Ford (già quotata) e di Gm (offerta pubblica in agosto, esordio a Wall Street tra ottobre e novembre). Risultato: sempre nei dintorni di quei 20 miliardi di dollari indicati per esempio da Banca Leonardo (uno degli istituti più vicini al Lingotto e che, con Goldman Sachs, dovrebbe essere tra i principali advisor dello spin-off). Se è così, significa che il 20% in capo a Torino vale (almeno teoricamente) 4 miliardi di dollari. E quel 20% non è destinato a restar fermo. È il 51%, la prospettiva finale, ma la tappa più vicina è un altro 15% che Marchionne potrà avere al raggiungimento di obiettivi prefissati con il Tesoro Usa. La sorpresa sarà, di nuovo, un anticipo sui tempi. 2011, ha fatto capire il numero uno Fiat-Chrysler. La prima delle tre tranche del 5%, però, con buona probabilità arriverà già a fine 2010. In parallelo con le fasi operative della scissione e successiva quotazione Fiat Group-Fiat Industrial. Quanto peserà, a quel punto, la partecipazione nell' auto americana? Gli analisti ragionano già sulla quota del 35%. Cui viene attribuito, sulla base dei 20 miliardi di dollari per il 100% (a titolo di confronto: a Gm si dà una capitalizzazione teorica di un' ottantina di miliardi), un valore attorno ai 5,6 miliardi di euro. Troppo? Poco? Lo dirà, ovviamente, il mercato. Che però proprio sulla base di calcoli come questo si sta muovendo, in vista del board e nonostante il -1% che ieri ha interrotto la catena di rialzi, per cercare di anticipare i futuri valori di Fiat Group e Fiat Industrial. Il Lingotto così com' è oggi, holding unica di auto, camion, macchine agricole, mezzi per le costruzioni e quant' altro, capitalizza all' incirca 11 miliardi. Paga il cosiddetto «sconto di holding», di solito indicato intorno al 20%. Ma la scommessa di chi ieri premeva per lo spin-off e oggi lo vede dietro l' angolo è che, nel caso Fiat, sull' altare dell' auto la Borsa abbia sempre (anche quando l' auto girava a pieno ritmo) «sacrificato» un valore ben più elevato. La riprova? Ancora dagli Usa. Cnh è quotata a Wall Street. Capitalizza sui 6 miliardi di dollari. La quota del Lingotto (89%) vale dunque, ai prezzi attuali, 4,3-4,5 miliardi di euro. Da sola, insomma, una delle due società che confluiranno in Fiat Industrial vale borsisticamente più di un terzo dell' intera quotazione Fiat Group. Il che fa dire agli analisti che, considerato lo «zero di bilancio» attribuito ora a Chrysler e i 5,6 miliardi che invece potrebbero essere attribuiti al 35% di Auburn Hills, basterebbero le partecipazioni «americane» a raggiungere i valori oggi espressi da Piazza Affari. O basterebbe il «lato italiano» del gruppo: il consensus - le stime degli operatori - dà a Fiat Auto un valore tra i 2,3 e i 4,2 miliardi di euro, a Ferrari e Maserati tra gli 1,9 e i 2,8, a Iveco tra i 2,7 e i 4, a Magneti Marelli più Comau più Powertrain più Teksid tra i 3 e i 4,5. Totale, considerando anche le attività diversificate (da La Stampa alla partecipazione nel Corriere): da un minimo di 11,1 miliardi, quindi in linea con l' effettiva capitalizzazione attuale, a un massimo di 17,2 per i superottimisti. Non sarà forse il consiglio di mercoledì a dare indicazioni di questo genere. Non è quella la sede e gli stessi analisti si aspettano, da Auburn Hills, soprattutto la stretta sui tempi con la convocazione dell' assemblea per i primi di settembre. I lavori, del resto, a Torino sono in pieno cantiere. Anche sulla ripartizione del debito. I bond resteranno dove sono: quelli di Fiat in Fiat Group, quelli di Cnh in Fiat Industrial. Proprio questo, però, finirebbe con lo sbilanciare in sfavore dell' auto la prevista suddivisione fifty-fifty del resto dei debiti. Le agenzie di rating avrebbero suonato l' allarme preventivo. L' ipotesi ora è 40% Fiat Group, 60% Industrial.
(Fonte: www.corriere.it - 16/7/2010)
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