giovedì 24 settembre 2009

L'Economist su Opel-Magna: «Un accordo che puzza»


«Un accordo che puzza». Non va per il sottile l'Economist nel numero di questa settimana a proposito della vendita di Opel alla big austro-canadese della componentistica Magna (in alleanza con i russi di Sberbank, la più grande banca retail della Federazione). Il settimanale britannico bastona sia la cancelliera Angela Merkel che il suo principale rivale nella corsa elettorale ormai in dirittura d'arrivo, Frank-Walter Steinmeier (Spd): «Entrambi si attribuiscono il merito del salvataggio di Opel dalla bancarotta e della mancata chiusura di quattro stabilimenti della casa automobilistica in Germania. Tutti e due, però, hanno ben poco di andare orgogliosi. Infatti è arduo trovare qualcosa di buono da dire sull'accordo annunciato due settimane fa, che stanzia 4,5 miliardi di euro di denaro dei contribuenti tedeschi per vendere il 55% della controllata europea di General Motors» al consorzio austro-russo-canadese. Secondo l'Economist la «vendita forzata» è una sconfitta sia sotto il profilo della logica industriale che delle regole europee. E in effetti da Belgio, Gran Bretagna e Spagna - tre Paesi in cui sono ubicati impianti produttivi di Opel e Vauxhall (il marchio inglese di GM) - si sono levate lamentazioni all'indirizzo del commissario UE per la concorenza, la olandese Neelie Kroes: oggetto, si indaghi sul mancato rispetto delle regole UE da parte della Germania. In pratica, si accusa il governo Merkel di "corrompere" Magna con un sostanzioso aiuto di Stato per fare in modo che il peso della ristrutturazione del costruttore perennemente in perdita non ricada sui lavoratori tedeschi. Tra l'altro di opzioni migliori, sostiene l'Economist, ce n'erano diverse in termini di logica industriale. E perfino GM è tutt'altro che contenta di vendere a Magna e ai russi, i quali finirebbero per acquisire a prezzi di saldo tecnologie da riversare nel know-how del secondo costruttore d'auto di casa, Gaz. Andando al sodo, secondo il settimanale economico il governo tedesco sin dall'inizio di questa complicata vicenda ha puntato al dividendo politico piuttosto che agli interessi dei contribuenti e dell'industria automobilistica europea. Anche perché è un fatto che Opel, pur producendo alcune buone automobili, conta sul doppio degli impianti necessari e negli ultimi anni ha perso quote di mercato a favore di Volkswagen in Germania e Ford nel Regno Unito. D'altra parte, l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, è stato troppo brusco nel sostenere la necessità di un taglio alla capacità produttiva in Europa e RHJ, private equity belga, è stato dipinto da subito come un rapace pronto a ghermire una preda da spolpare. Solo Magna - spiega ancora l'Economist - sembrava avere imparato da subito cosa dire e non dire, in particolare «che avrebbe salvato le fabbriche tedesche a dispetto dell'efficienza». Per non dire del fatto che due dei clienti-chiave di Magna, vale dire le tedesche BMW e Volkswagen, hanno già espresso forti preoccupazioni sui potenziali conflitti d'interesse e hanno prospettato la possibilità di rivolgersi altrove. Morale: «Questo affare puzza». Così, esorta l'Economist, non appena la polvere della competizione elettorale (in Germania si vota domenica) si sarà posata il commissario Kroes dovrà dare la versione corretta dei fatti «forte e chiara».
(Fonte: www.economist.com - 24/9/2009)

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