«Fiat 500 e Bravo le potrei vendere bene, aumenterei del 20% le consegne annue. Sì, le vorrei subito». Chuck Eddy, concessionario Chrysler, Dodge e Jeep dell'Ohio, non ha dubbi, anche se parla di auto che non conosce. Così, s'informa delle misure e dei prezzi: «Se restiamo fra i 18 e i 20 mila dollari - prosegue - queste si vendono eccome, da noi». Eddy è stato concessionario Alfa e Maserati e oggi è un dirigente dell'associazione dei dealers Chrysler: «Per noi l'accordo con la Fiat è perfetto: loro non hanno una rete di vendita negli Stati Uniti, quindi non rischiamo di farci concorrenza, mentre noi non abbiamo piccole macchine, quindi le Fiat sarebbero proposte originali nei nostri show room». Chuck Eddy e molti altri venditori Chrysler sono riuniti a New Orleans, insieme con alcune migliaia di colleghi di altre marche, per l'annuale Convention della Nada, l'associazione dei concessionari U.S.A. . Un'occasione ideale per tastare il polso di chi, domani, potrebbe seriamente vendere le Fiat in America. Wes Lutz, dealer Chrysler e Dodge del Michigan, vede le auto piccole come una necessità: «Gli americani continuano ad amare le grandi dimensioni, i Suv, ma è il governo di Washington che chiede di comprare auto piccole: noi dobbiamo adattarci. Sono convinto che prima o poi, qui da noi, la metà del mercato sarà composto da small cars. Insomma, l'accordo con gli italiani è prezioso». Mister Lutz è convinto che 500, Panda, Bravo e Grande Punto possano avere molto successo in Florida e in California, «dove il clima è più mite e dove, specie in California, l'attenzione all'ecologia è molto forte». Già, perché l'introduzione di small cars, più leggere e dai consumi contenuti, è la chiave per mettersi in regola con i severi standard in fatto di emissioni inquinanti. Una gamma che parte dalla piccola e parsimoniosa 500 («Abbiamo bisogno di auto da 40-50 miglia a gallone», scende nel dettaglio Lutz) è indispensabile per rispettare i limiti imposti dal governo. Chiediamo a Marshall Hebert, che vende Chrysler in Louisiana, se il marchio potrebbe avere importanza: in altri termini, meglio una Fiat 500 o una Chrysler 500? «Va bene anche il badge Fiat, purché arrivi presto! Anzi, tutto sommato, sarebbe pure meglio, perché un nuovo brand incuriosisce, richiama». A favore delle piccole con il marchio Fiat si schiera anche «JJ» Vigorito, quarta generazione di italiani in America, concessionaria nello stato di New York: «Penso che il brand Fiat stia bene sulle auto piccole: trasmette qualità. Ma è anche vero che per dare notorietà ai nuovi modelli occorreranno almeno sei mesi. E ci vorrà una grande campagna pubblicitaria». «Io ne so qualcosa - aggiunge il padre di «JJ», John Vigorito, che ha ceduto l'attività al figlio -, perché ai miei tempi ho faticato molto a vendere le Yugo, anche se devo ammettere che fra quelle auto, davvero sconosciute, e le Fiat di oggi c'è una bella differenza». Non è dello stesso avviso Wes Lutz, il quale ritiene che sarebbe meglio averle sì subito, ma con il marchio della Casa americana: «Per i miei clienti, la notorietà del nome è importante e qui i prodotti italiani sono assolutamente sconosciuti». Sulle attese della clientela, anche Marshall Hebert ha le sue idee: «Vedo in futuro il parco auto delle famiglie americane composto da un Suv e da una piccola auto. Con la benzina a quattro dollari il gallone la vita degli americani è cambiata e ora, anche se il pieno costa la metà, in molti si sono convinti che con una small car si possono risparmiare tanti dollari». I 3.285 dealers Chrysler sanno che dovranno aspettare un paio di mesi per sapere se l'accordo con Fiat andrà in porto. Intanto devono far fronte alle richieste del copresidente della loro Casa, Jim Press, che proprio qui a New Orleans, nel corso di un'animata riunione, ha chiesto ai suoi uomini della rete «almeno» 78 mila ordini per poter rimettere in moto la produzione. Ma i venditori fanno fatica a reagire alla crisi come vorrebbe il copresidente, visto che nell'insieme il loro stock, cioè le auto già parcheggiate nei piazzali delle concessionarie, è di quasi 400 mila unità.
(Fonte: www.corriere.it - 2/2/2009)
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