mercoledì 18 marzo 2009
Nardelli: Prestito sì, amministrazione controllata no
Per sopravvivere Chrysler ha bisogno dei 5 miliardi di dollari di prestito chiesti allo Stato, senza essere costretta a entrare in amministrazione controllata. No al Chapter 11. «Spero di sbagliarmi, ma non ho molta fiducia nel fatto che nelle condizioni attuali potremmo uscire dalla bancarotta», ha detto il numero uno di Chrysler, Robert Nardelli, bocciando l’ipotesi che gli aiuti di Stato possano essere subordinati alla sottoscrizione del Chapter 11, ovvero la normativa americana che regola l’amministrazione controllata. In una intervista al quotidiano USA The New York Times, Nardelli ha ricordato che, nel piano aggiornato di ristrutturazione presentato da Chrysler il 17 febbraio scorso al dipartimento del Tesoro, l’opzione aiuti di Stato unita all’amministrazione controllata costerebbe alle casse federali tra 20 e 25 miliardi di dollari. «Perché il governo dovrebbe voler spendere tra 20 e 25 miliardi, quando può spenderne 5?», si è domandato il numero uno di Chrysler, ribadendo piuttosto la necessità di avere il via libera al finanziamento di 5 miliardi di dollari oltre ai 4 miliardi che ha già ricevuto dalla Casa Bianca. La decisione della task force sul settore auto creata dall’amministrazione di Barack Obama arriverà tra due settimane. Il team, nel frattempo, sta studiando anche le richieste di General Motors, che per sopravvivere ha chiesto fino a 16,6 miliardi di dollari, oltre ai 13,4 miliardi già ricevuti. Con i nuovi fondi pubblici Chrysler, che ha siglato un’intesa di massima per un’alleanza con Fiat, ce la farà, ha sottolineato Nardelli nell’intervista, ammettendo che «in tutta onestà, stiamo sopravvivendo giorno per giorno». Avanti comunque. La società «può andare avanti da sola, ma con Fiat le possibilità aumentano notevolmente», ha detto Nardelli, ribadendo quanto già scritto l’altro ieri in una lettera ai dipendenti di Chrysler. La casa torinese, ha aggiunto il numero uno della casa automobilistica di Detroit, «ha quello che manca a noi ed è presente dove noi non ci siamo».
(Fonte: www.nytimes.com - 17/3/2009)
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