Mi sono chiesto più volte "perché questa interruzione?" e in che modo possa essere legata alle note difficoltà esterne (la trattativa con VEBA, le critiche VW, relazioni sindacali ..) oppure a difficoltà interne (budget, risorse umane, relazioni interne,...). Dare un'interpretazione attendibile al dipanarsi della realtà che ci scorre sotto gli occhi o meglio che apprendiamo dal mondo dei media è impossibile, ogni interpretazione resta opinabile, anche sul piano economico ci sono interpretazioni divergenti... Alla fine quello che resta da questo esercizio è il "sentire comune" degli individui che hanno a cuore questo progetto di sopravvivenza e riscatto. Ci auguriamo tutti che le condizioni esterne e quelle interne evolvano in senso favorevole alla sua realizzazione.
L'industria manifatturiera è di vitale importanza per l'Italia. Fiat è il principaleplayer in questo settore, da cui dipendono molti posti di lavoro e una quota importante della ricchezza prodotta nel nostro Paese. FiatChryslerBlog è un blog indipendente (anche dalla pubblicità) nato il 20 gennaio 2009, giorno della diffusione della lettera d'intenti sull'alleanza Fiat-Chrysler, per aggiornarvi quotidianamente su questa operazione, sulle altre iniziative di Fiat nello scacchiere automobilistico internazionale e sulle novità di prodotto del nuovo gruppo. Ogni mattina alle 8.00un post, anche ascoltabile, con un articolo pubblicato in rete sull'argomento. Consultate il nostro archivio blog, "diario tematico" per appassionati e studiosi, e lo "spazio creativo" pensieri in libertà, wishlist con la quale vogliamo contribuire al dibattito sulle future scelte strategiche e di prodotto di Fiat. Il nostro sogno: + ricerca e + lavoro in Italia nell'industria dell'auto e nell'indotto. * fiatchryslerblog@gmail.com *
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1500 nuovi posti di lavoro a Melfi: ecco come candidarsi. Il nostro sogno si avvera?
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Pensieri in libertà (a cura dello staff di FiatChryslerBlog)
- Fabbrica Italia: yes, we can![Update: piano finito nel cassetto, almeno con questo nome] - Alfa Romeo e/o Ferrari a Volkswagen? Nein, danke! [Update: siamo sulla buona strada?] - Per la serie "marchi in soffitta", "Il silenzio della Innocenti": sarà questo il marchio low-cost di Fiat-Chrysler? - La baby-Quattroporte sarà una "Volksmaseraten" (= Maserati per "tutti")? - Mazda futura sponda giapponese (in prospettiva cinese) di Fiat-Chrysler?[Update: siamo sulla buona strada? - v. post del 13/7/2012] - Bugatti, Lamborghini e De Tomaso: occasioni(a prezzo di saldo) perdute? - Quando vedremo le prime foto della "Fiat Freemont"? [Update: foto diffuse il 24/1/2011] - Fiat Industrial: meglio non cederla?[Update: siamo sulla buona strada?] - Giugiaro entra nel gruppo VW per lavorare in esclusiva sui nuovi modelli: esempio da imitare (es. con Pininfarina o Bertone)? - Fabbriche a "impatto zero" sì, auto a "chilometri zero" no! - La Multipla va in Cina: chissà se sarebbe piaciuta agli americani... - Collaborazioni (im)possibili: un'auto sviluppata con Apple e le concessionarie realizzate con IKEA. - Proposta eco(&)logica: una bici pieghevole in ogni auto (es. al posto della "vecchia" ruota di scorta). - I tedeschi "rifanno" la Stratos: vedremo mai l'Alfa Romeo Montreal del terzo millennio?[Update: non rivedremo nemmeno la Stratos] - Pagani è l'anti-Bugatti. Finirà anch'essa in mani straniere? - La gente vuole auto belle e uniche: a designer e marketing l'arduo compito. [Update: siamo sulla buona strada?] - Esempio Germania: alto valore aggiunto = alti stipendi.[Update: siamo sulla buona strada? - v. post del 6/8/2012] - Rivedremo Willys Jeep e Fiat Campagnola, "muli da lavoro" ideali anche per il tempo libero? - "Rottamazione" delle lettere greche: perché non dare alla prossima Ypsilon il nome Lancia/Chrysler "Nea"? [Update: continuerà, invece, a chiamarsi Ypsilon] - Quando faremo il pieno (di elettricità o metano) nel garage di casa? - Mai più FIAT = "Fix It Again Tony". Proponiamo "Funny, Irresistible, Affordable Toys"? Altri suggerimenti? - Punto "MyLife" apprezzabile "operazione-trasparenza": rivedremo analoghe versioni sugli altri modelli del gruppo Fiat-Chrysler? [Update: sì - v. post del 27/1/2011] - E se i nomi della futura gamma Lancia iniziassero tutti per "F"? (es. Fulvia, Flavia, Flaminia, Fedra). [Update: la scelta è stata un'altra] - Per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia perché non utilizzare il marchio "Itala" per una serie speciale o una versione "top" di Lancia? [Update: non è andata così. E se ora diventasse il nome di un nuovo modello?] - Ecco le nostre ipotesi di nome per la "Fiat Journey": "Rialto", "Xperience", "Mare", "Weekend", "MultiWagon", "Strada", "Musica". Quale preferite? [Update: il 24/1/2011 viene ufficializzato "Freemont"] - Non comprendiamo il senso delle versioni bicolore dei modelli Lancia (e Chrysler): "abolirle" no? [Update: quantomeno con la nuova Ypsilon, si va avanti col "bicolore"] - Valore dei marchi: un capannone lo tiri su in pochi mesi,ma per creare una leggenda occorrono decenni e molti soldi e fatica (quando bastano).[Update: siamo sulla buona strada?] - I "gioielli di famiglia" vanno tenuti ad ogni costo: l'alto di gamma garantisce utili elevati e non conosce crisi (es. Cina e BRICS in genere). [Update: siamo sulla buona strada?] - Il settore auto è trainante per l'economia per l'alto impiego di manodopera e l'enorme indotto: per questo Fiat, una delle nostre poche multinazionali, deve incorporare Chrysler e restare "italiana". [Update: siamo sulla buona strada?] - Fiat non sponsorizzerà (2011) la "nazionale a due ruote" Ducati - Valentino Rossi: che peccato! [Update: nel 2012 Ducati è finita a VW e nel 2013 Vale 46 è tornato in Yamaha] - Navigatore di serie = meno tempo e consumi, più sicurezza. - Tele(rac)comando: vedremo mai una FiatChryslerTV su web, satellite e/o digitale terrestre? - Federalismo "buono" contro l'emigrazione giovanile: perché Fiat non apre un centro di eccellenza in ciascuna regione italiana? - L'industria dell'auto è destinata a "smaterializzarsi", passando dalla vendita di auto all'offerta di mobilità? - Con il suo frontale "vintage" la "Cinquecentona" non potrà che chiamarsi "Multipla", come la sua leggendaria antenata. [Update: si chiamerà invece "500L" - v. post del 3/2/2012] - Perché non tutti i modelli dei marchi italiani di Fiat-Chrysler vengono denominati con una parola "italianeggiante" o una sigla alfanumerica? [Update: il trend sembra un altro (vedi "Freemont")] - Esempio Lancia-Chrysler: Freemont/Journey primo modello di una gamma comune Fiat-Dodge (tranne 500 e Viper) composta solo da crossover tipo Juke e Qashqai? [Update: siamo sulla buona strada? - v. post del 27/4/2011] - Fiat Freemont: per attrarre i giovani perché non offire di serie, al posto della terza fila di sedili, navigatore e sensori di parcheggio? [Update: alla terza fila di sedili si può rinunciare...]
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Sometimes dreams come true:...
... Chrysler survives (thanks, Fiat!)
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Lettera di Marchionne a tutte le persone di FCA in Italia
Torino, 18 giugno 2014 "Cari Colleghi, quando abbiamo deciso di creare Fiat Chrysler Automobiles c’era una ragione precisa. Fare automobili e riuscire a giocare un ruolo di peso in un settore così competitivo richiede la necessità di pensare e agire a livello globale. Com’è ormai evidente, specie di fronte alle gravi difficoltà economiche dell’Europa e dell’Italia, limitare oggi la nostra prospettiva a livello puramente locale o nazionale, sarebbe stata una scelta miope e rovinosa per la nostra azienda e per tutti voi. L’integrazione tra Fiat e Chrysler, che ha dato vita al settimo costruttore del mondo, è stata essenziale per tracciare un percorso credibile per il futuro delle nostre attività, un percorso serio che offre solide prospettive di ripresa economica e occupazionale anche all’Italia. Fca oggi è un gruppo globale e interconnesso, dove i destini delle 300.000 persone che lavorano con noi nel mondo sono strettamente legati e complementari. Si tratta di un sistema fortemente integrato dal punto di vista delle tecnologie, degli impianti produttivi, del lavoro e dei mercati. Proprio questa è la nostra forza più grande, perché è garanzia di stabilità e di equilibrio. Il fatto di aver introdotto, in Italia come in tutti gli altri stabilimenti, processi razionali e coerenti permette a questa complessa macchina industriale di funzionare in modo efficiente e di autoalimentarsi in continuazione, generando un circolo virtuoso di lavoro e di nuove opportunità. Come sapete, abbiamo compiuto degli sforzi straordinari per fare in modo che l’Italia, nonostante le precarie condizioni economiche generali e quelle del mercato dell’auto in particolare, rientrasse in questo grande disegno. Abbiamo fatto tutto il possibile per mantenere aperti i nostri stabilimenti italiani e salvaguardare i posti di lavoro. Abbiamo anche intrapreso una strategia coraggiosa, puntando sui marchi premium, per permettere alle nostre fabbriche italiane di avere un ruolo cruciale in questo mosaico, diventando un polo di eccellenza per le esportazioni. Lo abbiamo fatto al di là di una logica di mercato, come atto di responsabilità verso tutti voi e verso il nostro Paese, considerando soprattutto che la disoccupazione ha raggiunto picchi mai visti prima. Lo abbiamo fatto come atto di coraggio contro il declino e come gesto di fiducia nel futuro, nella convinzione che potesse generare, nel medio e lungo termine, effetti positivi a largo raggio sul tessuto industriale e sociale dell’Italia. Se però vogliamo che il sistema mantenga il proprio equilibrio è necessario capire che la partita non si gioca più nell’area ristretta della provincia, ma in un campo mondiale. Gli episodi recenti, dovuti al comportamento di un’esigua minoranza, che hanno causato perdite produttive in un momento così delicato, non possono essere presi con leggerezza. Parlo direttamente a chi si è reso responsabile di questi episodi. Vi chiedo di riflettere sulla gravità delle conseguenze. Non sottovalutate l’effetto che le vostre azioni possono provocare. Oggi, a differenza del passato, anche la più piccola frattura ha un’eco molto più vasta del vostro ambito lavorativo e familiare. Colpisce i vostri colleghi dello stabilimento, i fornitori sul territorio, ma a cascata si allarga anche a tutto il resto della comunità dei nostri lavoratori nel mondo. In un sistema così aperto come quello che abbiamo creato, tutti osservano tutti. Quello che è successo pochi giorni fa ha certamente cancellato opportunità preziose per sfruttare alcuni picchi di domanda. Ma, cosa ben più grave, ha inferto un duro colpo al nostro e al vostro lavoro. Non ha offerto dell’Italia l’immagine che vorremmo portare nel mondo, quella di un Paese serio e di grande valore. Si è sprecata un’occasione per mostrare le capacità e le qualità dei lavoratori italiani. Vorrei anche parlare a tutti quelli che, invece, si sono mostrati compatti e leali nell’impegno preso. Siete la stragrande maggioranza e mi rammarico nel vedere che gli atteggiamenti di pochi finiscono per sminuire il vostro apporto. Lo trovo incomprensibile, irrazionale e ingiustificato, soprattutto in una fase in cui abbiamo bisogno di indirizzare tutte le nostre energie per rilanciare l’economia e attrarre nuovi investimenti. Non esiste nessun altro Paese in Europa o nel mondo che permetta a una minoranza di danneggiare i diritti di tutti gli altri, specialmente il diritto al lavoro. Quello che voglio dirvi è di mantenere il vostro coraggio e la voglia di fare qualcosa di buono. Continuate a mostrare la fiducia e la passione di cui gli italiani sono capaci e che voi avete già mostrato di avere. Difendete l’italianità vera – quella fatta di creatività, etica del lavoro e risultati di eccellenza – che sono le risorse più preziose per guadagnarci il rispetto e la stima sul mercato globale. Di fronte abbiamo l’occasione della vita: quella di dimostrare che l’Italia può giocare un ruolo da protagonista nel mondo dell’auto e che anche qui un nuovo modo di fare industria è possibile. Non sprechiamo questa opportunità unica."
Marchionne ai dipendenti Fiat: "Vogliamo diventare i migliori"
Torino, 25 maggio 2011 "Oggi è una giornata molto importante per la Fiat e per la Chrysler. Questa mattina, il nostro partner americano ha restituito al governo degli Stati Uniti e a quello del Canada tutti i prestiti che gli sono stati concessi meno di due anni fa, quando era uscito dalla bancarotta controllata. Quei prestiti non hanno solo dato a Chrysler una seconda possibilità, quella di dimostrare il proprio valore, ma hanno anche rappresentato un atto di fiducia verso la nostra alleanza, nel fatto che Fiat e Chrysler insieme potessero dar vita a qualcosa di migliore e di duraturo. In questi ultimi mesi, l’azienda americana si è resa protagonista di una ripresa spettacolare, che le ha permesso di ribaltare in poco tempo il proprio destino: ha risanato i conti, tornando a rivedere, il trimestre scorso, un utile netto; ha rinnovato la linea di prodotti ed ha ripreso a crescere su tutti i mercati. Oggi, nel giorno in cui Chrysler ha tenuto fede alla promessa fatta, ripagando non solo le linee di credito ma anche la fiducia accordata, si chiude un capitolo importante della sua storia e se ne apre uno nuovo per la nostra alleanza. Il fatto che la Fiat abbia acquisito un pezzo importante per consolidare la maggioranza di Chrysler è semplicemente un passaggio finanziario e tecnico. Quello che conta adesso è che possiamo imprimere un’accelerazione fondamentale al disegno di creare un costruttore di auto mondiale, determinato a posizionarsi tra i leader del settore. Il momento che stiamo vivendo non potrebbe essere più importante. Ci troviamo alla vigilia di una svolta unica. Ci sono tutte le condizioni per accelerare e consolidare, nei prossimi mesi, il grande progetto di integrazione industriale tra le nostre due aziende. Ma come sanno bene i pittori, tutti i quadri, anche i più grandi capolavori, all’inizio non erano che macchie di colore su una tavolozza. E dare vita a un’opera d’arte non è solo una questione tecnica, è molto di più: è una questione d'ispirazione, di passione e di visione. Anche l’alleanza tra Fiat e Chrysler, in fondo, si trova appena nella fase iniziale. La maggior parte del colore è ancora da stendere e abbiamo un lavoro enorme davanti a noi. Quando due società si integrano, condividono tutto. Competenze industriali e risorse, progetti e traguardi, sfide e ambizioni. Ma la cosa più importante che condividono sono lo spirito e i valori. Mi riferisco all’integrità, alla serietà, alla capacità di mantenere gli impegni, alla trasparenza e al rispetto. Al rigore, all’affidabilità e alla passione. Questi sono i principi su cui abbiamo rifondato la Fiat sette anni fa e che oggi, più che mai, è importante continuare ad alimentare. Questi sono gli stessi principi che anche Chrysler ha abbracciato. Ora sono parte integrante della filosofia aziendale di entrambe. Abbiamo la responsabilità e il privilegio di fare parte di un progetto di enorme valore, che richiederà il massimo dell’impegno, da parte di tutti, per diventare reale. Stiamo dando vita a un gruppo automobilistico più forte e più competitivo. Un gruppo che sarà in grado di assicurare a tutte le sue persone un futuro sicuro e stimolante, in un ambiente dove lo scambio di culture e competenze sarà fonte di crescita professionale e personale. Questo è il cammino che dovremo percorrere, insieme, animati da un’aspirazione comune e dalla stessa visione di cosa vogliamo che l’azienda diventi: non la più grande, semplicemente la migliore." (Sergio Marchionne)
Estratto del discorso di Marchionne agli studenti della «Alma Graduate School»
Bologna, 7 aprile 2011 "Nel 2004 la Fiat era in una situazione disperata. Nessuno avrebbe scommesso un euro sul suo futuro. Era chiusa su se stessa, isolata, in qualche modo anche protetta tra le mura domestiche. Quello che abbiamo fatto è stato smantellare la rigidità dell’organizzazione, creandone una piatta e veloce. Ma la cosa più importante è che alla base di tutto abbiamo posto un nuovo concetto di leadership, quale elemento chiave per la gestione delle persone e del cambiamento. Questo ha permesso di avviare un percorso di crescita straordinaria che fino al 2008, fino allo scoppio della grande crisi internazionale, ha portato la Fiat a sostenere i ritmi del mercato, a guadagnare quote e a macinare utili. Tanto che nel 2008 abbiamo raggiunto il più alto risultato operativo in 111 anni di storia della nostra azienda. Quello che è stato realizzato allora lo si deve in primo luogo alla mentalità e alle capacità - tecniche e culturali - del gruppo di leader che guidava l’azienda. Persone coraggiose, con il gusto della sfida e la voglia di creare il proprio futuro. Individui che non subiscono il cambiamento, ma lo cercano e spesso lo stimolano. Uomini e donne che comprendono il concetto di servizio, di comunità, di rispetto per gli altri. Parlandovi di leadership, oggi, non vorrei darvi l’impressione di qualcosa di teorico e un po’ astratto. La leadership si basa su quei principi che sono parte integrante della nostra filosofia aziendale: lo spirito competitivo, l’affidabilità, l’integrità, la velocità di decisione, la passione e l’energia nel raggiungere i risultati. E racchiude anche i valori che riteniamo essenziali nella gestione delle persone: la trasparenza, il senso di responsabilità, la condivisione delle informazioni e dei meriti, l’impegno a far crescere gli altri e a trattare tutti con dignità ed equità. Solo l’insieme di queste qualità può definire un leader. Riflettere sulla leadership, nel momento che stiamo vivendo, impone di andare oltre i confini aziendali e di adottare una visione più ampia. Uno degli elementi più importanti dell’essere leader, al mondo di oggi, è la coscienza di trovarsi in una fase di discontinuità storica. Il momento attuale rappresenta uno spartiacque anche per l’Italia. Ho già avuto modo di dire che soffriamo di un grave handicap a causa della mancanza di competitività del sistema italiano. Siamo al 118° posto - su 139 Paesi - per quanto riguarda l’efficienza del mercato del lavoro. Siamo al 48° posto per grado di competitività, in coda a tutti i Paesi industrializzati, dietro anche a quelli minori. I commenti che ho fatto sulla realtà del Paese sono stati giudicati offensivi da qualcuno. Ci hanno accusati, me in particolare, di non voler bene all’Italia. Come se la capacità di reagire e di competere non fossero valori importanti da esporre e da proteggere. Come se l’onestà intellettuale, che è stata la base della ripresa della Fiat e di Chrysler, non fossero il punto di partenza per lo scatto d’orgoglio e di dignità di cui noi tutti abbiamo bisogno. So bene che c’è un’Italia tenace, che cerca di resistere e di crescere, nonostante tutto. Il nostro è il Paese conosciuto per la creatività, la sua storia e la sua cultura. E’ visto come il Paese delle idee. Ma tutto ciò non basta. Dobbiamo essere conosciuti come il Paese del fare. Dalla situazione di oggi ne possiamo uscire ritornando a quella idea di origine, nata negli anni della costruzione dell’Italia. Un’idea che prende le mosse dalla fiducia nella nostra nazione e in una società capace di riscoprire i motivi della propria unità e di rialzarsi, invece che approfondire quelli della propria divisione e cadere. Questo è il senso profondo che dobbiamo ritrovare. Per quanto ci riguarda, la Fiat ha deciso di assumere la propria parte di responsabilità. Il progetto che abbiamo chiamato Fabbrica Italia è nato con questo preciso obiettivo. Fabbrica Italia è nato per nostra iniziativa, perché - da azienda multinazionale - conosciamo bene la realtà che sta al di fuori del nostro Paese e la qualità della concorrenza. E’ nato dalla nostra volontà di aggiornare il metodo operativo negli stabilimenti italiani e di adeguarli agli standard necessari per competere. Non abbiamo chiesto sovvenzioni né aiuti di Stato per portarlo avanti, che di per sé è un fatto anomalo a livello internazionale. Ci hanno circondati di domande da inquisizione - da dove arrivano gli investimenti, dove vanno, quanti sono per ogni unità produttiva - quasi fossimo colpevoli di voler investire in Italia. Si sono spese molte parole per attaccare la Fiat e il suo operato. Non so se dipenda da motivi storici, da un tentativo di vendetta anacronistico o da una mentalità che per tradizione vede l’industria come un avversario. O, piuttosto, se abbia a che fare con una tensione ostile al cambiamento. Purtroppo, in ogni Paese, in ogni organizzazione, la tendenza a tornare ad un sistema di riposo è forte. Ma non possiamo dimenticare che le scelte - o ancora peggio le non-scelte - che facciamo oggi avranno conseguenze sulla società di domani. Non possiamo tirarcene fuori. Credo che il futuro non sia solo una responsabilità dei governi. E’ una responsabilità personale, di ognuno di noi. E’ una sfida che ci chiama a raccolta tutti, con un impegno diretto, giorno dopo giorno. Chi ha la responsabilità di gestire un’azienda globale ha il dovere di allargare la propria mente e guardare al di là delle mura di un ufficio. Il vostro impegno va oltre un semplice dovere professionale. Se c’è un’essenza nella leadership, è proprio questa. Assumere su di sé l’obbligo morale di fare, di partecipare al processo di costruzione del domani. Sentire la responsabilità personale di restituire alle prossime generazioni la speranza di un futuro migliore. E’ questo che rende la leadership un privilegio e una vocazione nobile. Se c’è un consiglio che posso darvi stasera, è quello di non permettere che le scelte che avete fatto a un certo punto della vostra vita – scelte sull’ambito di studio, sul settore di lavoro, sul percorso di carriera – chiudano fuori tutto il resto. Nel vostro cammino ci saranno tante porte e dietro di esse ci saranno tante cose che possono cambiare voi stessi e la vostra vita. Ma le potrete riconoscere solo se avrete abbracciato l’abitudine di apprezzare tutto ciò che potrà capitarvi. Cercate quindi di andare oltre quello che già conoscete, riempitela di stimoli nuovi, arricchitela di interessi diversi, apritela a qualunque cosa si stacchi dal consueto. Se saprete preparare la vostra mente ad accogliere il nuovo e lo sconosciuto, allora sarete aperti a tutto ciò che la vita vi potrà offrire. La vita è troppo corta perché il suono e i colori delle giornate siano determinati dalla ristretta visione dei nostri occhi. Chi non è in grado di vedere prospettive diverse, di ascoltare opinioni differenti, di andare oltre la propria limitata esperienza, perde l’opportunità di vivere con pienezza. E la tragedia più grande è che non si renderà mai conto di ciò che ha perduto. Io non posso che auguravi di trovare il coraggio di farlo, ogni giorno, di ascoltare il vostro cuore e di apprezzare quello che c’è di bello nel mondo." (Sergio Marchionne)
Dichiarazione di Marchionne sul referendum a Mirafiori
Torino, 15 gennaio 2011 "Siamo lieti che la maggioranza dei lavoratori di Mirafiori abbia compreso l’impegno della Fiat per trasformare l’impianto in una fabbrica di livello internazionale. Siamo lieti perché con il loro voto hanno dimostrato di avere fiducia in sé stessi e nel loro futuro. Non hanno scelto soltanto di dire sì ad una nuova possibilità per Mirafiori, quella di lavorare e competere tra i migliori. Hanno scelto di prendere in mano il loro destino, di assumersi la responsabilità di compiere una svolta storica e di diventare gli artefici di qualcosa di nuovo e di importante. In un Paese come l’Italia, che è sempre stato legato al passato e restio al cambiamento, e il referendum di ieri in parte lo ha dimostrato, la scelta di chi ha votato sì è stata lungimirante. Rappresenta la voglia di fare che si oppone alla rassegnazione del declino. Rappresenta il coraggio di compiere un passo avanti contro l’immobilismo di chi parla soltanto o aspetta che le cose succedano. Sono sempre stato molto orgoglioso di quello che Mirafiori rappresenta per la Fiat, come custode della tradizione industriale della nostra azienda e del nostro Paese, e anche per quello che ha dimostrato di saper fare. Mirafiori e la gente che ci lavora non si è fatta scoraggiare quando, nel 2004, erano in tanti a profetizzare la fine e la chiusura dell’impianto. Insieme abbiamo strappato lo stabilimento alla desolazione, abbiamo ridato dignità e prospettive alla fabbrica. La maggior parte delle nostre persone non si sono fatte condizionare dalle tante accuse che ci sono piovute addosso, dagli attacchi che sono stati fatti in modo strumentale sulla loro pelle, ma hanno scelto di stare dalla parte di chi si impegna, di chi intende mettere le proprie qualità e la propria passione per fare la differenza. Questa è la migliore risposta alle bugie e alle esasperazioni degli ultimi mesi. Dicendo sì all’accordo, hanno chiuso la porta agli estremismi, che non portano a nulla se non al caos, e l’hanno aperta al futuro, al privilegio di trasformare Mirafiori in una fabbrica eccellente. Mi auguro che le persone che hanno votato no, messe da parte le ideologie e i preconcetti prendano coscienza dell’importanza dell’accordo che salvaguarda le prospettive di tutti i lavoratori. Il piano per questo stabilimento è molto ambizioso. La società che verrà costituita tra Fiat e Chrysler ci permetterà di installare a Mirafiori una nuova piattaforma per costruire SUV di classe superiore, sia per il marchio Jeep sia per l’Alfa Romeo, da esportare in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti. Questo ci consentirà di raggiungere un livello di produzione molto elevato, fino a 280mila unità l’anno, aprendo anche la strada ad una possibile crescita dell’occupazione. L’accordo che rappresenta la base per realizzare tutto ciò – quell’accordo che è stato al centro di così tante polemiche – serve solo a far funzionare meglio la fabbrica, senza intaccare nessun diritto. Non penalizza i lavoratori in nessun modo e mantiene inalterate tutte le condizioni positive che sono previste non solo dal contratto collettivo ma anche da tutti i trattamenti che la Fiat nel tempo ha riconosciuto alle proprie persone. L’organizzazione del lavoro è in realtà la stessa che a Mirafiori si sta sperimentando da più di due anni e che tiene conto del grado di affaticamento dovuto al tipo di lavoro svolto. L’introduzione dei 18 turni comprende quello del sabato sera che è il più disagiato. Per questo abbiamo concordato che, pur essendo sempre retribuito, venga effettuato solo se c’è una reale necessità e che comunque, in questo caso, sia pagato come straordinario. Il pieno utilizzo dei 18 turni permetterà, inoltre, di aumentare i salari di circa 3.500 euro l’anno. Abbiamo anche tenuto conto di un’altra esigenza, relativa al lavoro straordinario. Sapendo che non sempre una persona può essere disponibile, abbiamo previsto la possibilità di sostituire fino al 20% dei lavoratori che non possono fare straordinari. Rivedere il sistema della pause, inoltre, riducendole a 30 minuti e monetizzando la differenza, ci permette di adeguarci a quello che succede nelle fabbriche del resto d’Europa e del mondo. Per quanto riguarda la questione delle malattie, su cui si sono dette tante assurdità, l’accordo prevede semplicemente di monitorare il tasso di assenteismo, per evitare eventuali abusi. Sarà una commissione congiunta con il sindacato a valutare caso per caso il non riconoscimento dell’indennità a carico dell’azienda. La verità è che questa clausola serve soprattutto a richiamare l’attenzione sul problema, a smuovere le coscienze e il senso di responsabilità e mi auguro che non venga mai applicata. Infine, abbiamo semplificato le voci retributive, cosa che porterà maggiore chiarezza nel leggere la busta paga ed avrà anche un effetto positivo sul salario in caso di lavoro straordinario o turnazione, perché le maggiorazioni verranno applicate sulla paga base, che è più elevata rispetto agli attuali valori del minimo contrattuale. Come la maggior parte delle nostre persone ha compreso, non c’è nulla di eccezionale nell’accordo per Mirafiori, se non l’occasione di rilanciare la fabbrica, di darle il ruolo che merita sulla scena internazionale. Le critiche che abbiamo ricevuto sono state ingiuste e spesso frustranti. Quando vedi che i tuoi sforzi vengono mistificati, a volte ti chiedi se davvero ne valga la pena. La maggioranza dei lavoratori di Mirafiori ha detto che vale sempre la pena di impegnarsi per costruire qualcosa di migliore." (Sergio Marchionne)
"A tutte le persone del Gruppo Fiat in Italia"
Torino, 9 luglio 2010 "Scrivere una lettera è una di quelle cose che si fa raramente e solo con le persone alle quali si tiene veramente. Se ho deciso di farlo è perché la cosa che mi sta più a cuore in questo momento è potervi parlare apertamente, per condividere con voi alcuni pensieri e per fare chiarezza sulle tante voci che in questi ultimi mesi hanno visto voi e la Fiat al centro dell'attenzione. Non è la Fiat a scrivere questa lettera, non è quell'entità astratta che chiamiamo "azienda" e non è, come direbbe qualcuno, il "padrone". Vi sto scrivendo prima di tutto come persona, con quel bagaglio di esperienze che la vita mi ha portato a fare. Sono nato in Italia ma, per ragioni familiari e per motivi di lavoro, ho vissuto all'estero la maggior parte dei miei anni e conosco bene la realtà che sta al di fuori del nostro Paese. Ed è questa conoscenza che sto cercando di mettere a disposizione della Fiat perché non resti isolata da quello che succede intorno. Vi scrivo da uomo che ha creduto e crede ancora fortemente che abbiamo la possibilità di costruire insieme, in Italia, qualcosa di grande, di migliore e di duraturo. Prendete questa lettera come il modo più diretto e più umano che conosco per dirvi come stanno realmente le cose. Ci troviamo in una situazione molto delicata, in cui dobbiamo decidere il nostro futuro. Si tratta di un futuro che riguarda noi tutti, come lavoratori e come persone, e che riguarda il nostro Paese, per il ruolo che vuole occupare a livello internazionale. Basta pensare a quanto è basso il livello degli investimenti stranieri in Italia, a quante imprese hanno chiuso negli ultimi anni e a quante altre hanno abbandonato il Paese per capire la gravità della situazione. Non nascondiamoci dietro il paravento della crisi. La crisi ha reso più evidente e, purtroppo, per molte famiglie, anche più drammatica la debolezza della struttura industriale italiana. La cosa peggiore di un sistema industriale, quando non è in grado di competere, è che alla fine sono i lavoratori a pagarne direttamente - e senza colpa - le conseguenze. Quello che noi abbiamo cercato di fare, e stiamo facendo, con il progetto "Fabbrica Italia" è invertire questa tendenza. I contenuti del piano li conoscete bene e prevedono di concentrare nel Paese grandi investimenti, di aumentare il numero di veicoli prodotti in Italia e di far crescere le esportazioni. Ma il vero obiettivo del progetto è colmare il divario competitivo che ci separa dagli altri Paesi e portare la Fiat ad un livello di efficienza indispensabile per garantire all'Italia una grande industria dell'auto e a tutti i nostri lavoratori un futuro piu' sicuro. Non ci sono alternative. La Fiat è una multinazionale che opera sui mercati di tutto il mondo. Se vogliamo che anche in Italia cresca, rafforzi le proprie radici e possa creare nuove opportunità di lavoro dobbiamo accettare la sfida e imparare a confrontarci con il resto del mondo. Le regole della competizione internazionale non le abbiamo scelte noi e nessuno di noi ha la possibilità di cambiarle, anche se non ci piacciono. L'unica cosa che possiamo scegliere è se stare dentro o fuori dal gioco. Non c'è nulla di eccezionale nelle richieste che stanno alla base della realizzazione di "Fabbrica Italia". Abbiamo solo la necessità di garantire normali livelli di competitività ai nostri stabilimenti, creare normali condizioni operative per aumentare il loro utilizzo, avere la certezza di rispondere in tempi normali ai cambiamenti della domanda di mercato. Non c'è niente di straordinario nel voler aggiornare il sistema di gestione, per adeguarlo a quello che succede a livello mondiale. Eccezionale semmai - per un'azienda - è la scelta di compiere questo sforzo in Italia, rinunciando ai vantaggi sicuri che altri Paesi potrebbero offrire. Anche la proposta studiata per Pomigliano non ha nulla di rivoluzionario, se non l'idea di trasferire la produzione della futura Panda dalla Polonia in Italia. L'accordo che abbiamo raggiunto ha l'unico obiettivo di assicurare alla fabbrica di funzionare al meglio, eliminando una serie interminabile di anomalie che per anni hanno impedito una regolare attività lavorativa. Proprio oggi abbiamo annunciato che, insieme alle organizzazioni sindacali che hanno condiviso con noi il progetto, metteremo in pratica questo accordo. Insieme ci impegneremo perché si possa applicare pienamente, assicurando le migliori condizioni di governabilità dello stabilimento. So che la maggior parte di voi ha compreso e ha apprezzato l'impegno che abbiamo deciso di prendere. Credo, inoltre, che questo non sia il momento delle polemiche e non voglio certo alimentarle. Ma di fronte alle accuse che sono state mosse e che hanno messo in dubbio la natura e la serietà del progetto "Fabbrica Italia", sento il dovere di difenderlo. Non abbiamo intenzione di toccare nessuno dei vostri diritti, non stiamo violando alcuna legge o tantomeno, come ho sentito dire, addirittura la Costituzione Italiana. Non mi sembra neppure vero di essere costretto a chiarire una cosa del genere. E' una delle più grandi assurdità che si possa sostenere. Quello che stiamo facendo, semmai, è compiere ogni sforzo possibile per tutelare il lavoro, proprio quel lavoro su cui è fondata la Repubblica Italiana. L'altra cosa che mi ha lasciato incredulo è la presunta contrapposizione tra azienda e lavoratori, tra "padroni" e operai, di cui ho sentito parlare spesso in questi mesi. Chiunque si sia mai trovato a gestire un'organizzazione sa bene che la forza di quell'organizzazione non arriva da nessuna altra parte se non dalle persone che ci lavorano. Voi lo avete dimostrato nel modo più evidente, grazie al lavoro fatto in tutti questi anni, trasformando la Fiat, che nel 2004 era sull'orlo del fallimento, in un'azienda che si è guadagnata il rispetto e la stima sui principali mercati internazionali. Quando, come adesso, si tratta di costruire insieme il futuro che vogliamo, non può esistere nessuna logica di contrapposizione interna. Questa è una sfida tra noi e il resto del mondo. Ed è una sfida che o si vince tutti insieme oppure tutti insieme si perde. Quello di cui ora c'è bisogno è un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici in vista di un obiettivo che vada al di là della piccola visione personale. Questo è il momento di lasciare da parte gli interessi particolari e di guardare al bene comune, al Paese che vogliamo lasciare in eredità alle prossime generazioni. Questo è il momento di ritrovare una coesione sociale che ci permetta di dare spazio a chi ha il coraggio e la voglia di fare qualcosa di buono. Sono convinto che anche voi, come me, vogliate per i nostri figli e per i nostri nipoti un futuro diverso e migliore. Oggi è una di quelle occasioni che capitano una volta nella vita e che ci offre la possibilità di realizzare questa visione. Cerchiamo di non sprecarla. Grazie per aver letto questa lunga riflessione e grazie a tutti quelli, tra voi, che vorranno mettere le loro qualità e la loro passione per fare la differenza. Buon lavoro a tutti." (Sergio Marchionne)
"Nasce una nuova fabbrica, e appartiene a tutti noi: Fabbrica Italia"
"Per costruire più veicoli Fiat in Italia e portare più Italia nel mondo nasce Fabbrica Italia, il più straordinario piano industriale che il nostro Paese abbia mai avuto. Nei prossimi cinque anni la produzione di auto e veicoli commerciali in Italia passerà da 800 mila a 1 milione e 650 mila unità all’anno. Più del doppio. Il gruppo impegnerà quasi il 70% degli investimenti mondiali negli stabilimenti italiani. Non è tutto: il piano prevede che la quota di veicoli prodotti in Italia e destinati ai mercati esteri salga dal 44% al 65%. In altri termini, ci sarà più Italia nel mondo. Fabbrica Italia è pronta a partire, ma ha bisogno che ognuno di noi e ognuno di voi ci creda fino in fondo, con il coraggio e il cuore che noi italiani abbiamo. Fabbrica Italia non è solo il piano industriale di Fiat: è il modo migliore per dimostrare l’impegno che da sempre ci lega al nostro Paese, un impegno fatto di stima, di rispetto e di libertà." (John Elkann - Sergio Marchionne)
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"blogging" is a hard job, but someone has to do it!
Mi sono chiesto più volte "perché questa interruzione?" e in che modo possa essere legata alle note difficoltà esterne (la trattativa con VEBA, le critiche VW, relazioni sindacali ..) oppure a difficoltà interne (budget, risorse umane, relazioni interne,...). Dare un'interpretazione attendibile al dipanarsi della realtà che ci scorre sotto gli occhi o meglio che apprendiamo dal mondo dei media è impossibile, ogni interpretazione resta opinabile, anche sul piano economico ci sono interpretazioni divergenti... Alla fine quello che resta da questo esercizio è il "sentire comune" degli individui che hanno a cuore questo progetto di sopravvivenza e riscatto. Ci auguriamo tutti che le condizioni esterne e quelle interne evolvano in senso favorevole alla sua realizzazione.
RispondiElimina... Grande !!!
RispondiEliminaGrazie in anticipo del vostro lavoro.. a presto
RispondiEliminaFinalmente. Mi mancava proprio questo blog.
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