lunedì 4 aprile 2011
L'analisi di Morningstar su presente e futuro del settore auto
Il salone dellʼauto di Ginevra riaccende i riflettori sullʼautomotive dandoci lʼoccasione per tirare le somme e delineare le future strategie di un segmento cruciale per lʼeconomia mondiale. Il settore dellʼauto si caratterizza per la difficoltà da parte degli operatori di costruirsi una solida e duratura posizione di vantaggio rispetto ai competitor. Richiede un elevatissimo investimento di capitali ma al tempo stesso ha visto ridursi progressivamente le barriere dʼingresso ai nuovi concorrenti. Mentre molti anni fa le case automobilistiche avevano la necessità di insediarsi fisicamente sul mercato, attraverso lʼapertura dʼimpianti produttivi, adesso, con lʼespansione del mercato globale, è diventato più semplice per i gruppi emergenti attaccare nuovi mercati. Basta, infatti, affermarsi su segmenti anche limitati in modo da generare un livello di liquidità sufficiente a rilevare altre società. E questo è quello che è successo con lʼindiana Tata, essa si è imposta allʼinterno dei confini nazionali grazie ai suoi modelli low cost e ha sfruttato la crescita esponenziale del mercato locale per generare le risorse necessarie ad acquisire Jaguar Land Rover dalla Ford nel 2008. Allo stesso modo altre case automobilistiche indiane e cinesi si stanno preparando ad entrare sui mercati occidentali. Il settore si contraddistingue anche per la sua forte ciclicità. In peridi come quello appena trascorso di forte sofferenza dellʼeconomia, è stato molto difficile, anche per i gruppi più forti, ridurre i costi e continuare a generare elevati rendimenti del capitale. Per il consumatore, poi, non ci sono costi nel passaggio da un produttore allʼaltro e questo rende la concorrenza ancora più feroce.
Le armi a disposizione dei produttori - Lʼesperienza ci ha mostrato quelle che sono le armi a disposizione delle case di produzione per costruirsi un vantaggio nei confronti dei competitor, seppur limitato nel tempo. Chrysler negli anni ʼ80 ha rivoluzionato il mercato presentando un prodotto completamente nuovo come il minivan. Honda e Volkswagen hanno avuto la capacità di introdurre importanti innovazioni tecnologiche come il motore ibrido e il propulsore a basso consumo BlueMotion, mentre le case giapponesi, ed in particolare Toyota, negli anni ʼ80 e ʻ90 hanno battuto la concorrenza riducendo drasticamente il time-to-market e proponendo ai consumatori un portafoglio costantemente aggiornato con nuovi modelli.
Vecchie e nuove soluzioni per affrontare la crisi - La grave crisi economica si è fatta sentire pesantemente in un settore volatile come quello dellʼauto. In molti mercati, come quello statunitense ad esempio, la vendita di veicoli leggeri ha raggiunto il punto più basso negli ultimi cinquanta anni, mentre nel Vecchio continente gli incentivi statali sono serviti soltanto a ridurre i danni. Cosa dobbiamo attenderci, quindi, nei prossimi anni? Quali saranno le mosse dei principali player del mercato? In periodi di scarsa crescita, come lʼattuale, la scelta che accomuna gli operatori economici è quella di focalizzarsi sui prodotti a più elevato valore aggiunto. Non potendo muovere la voce dei ricavi si pensa almeno a salvare i margini di profitto. Questa strategia risponde anche al problema della sovraproduzione che affligge il settore. Per poter mantenere le proprie quote di mercato le case automobilistiche sono costrette a produrre più della domanda effettiva in modo da sfruttare le economie di scala che le permetteranno di produrre ad un costo unitario più basso e quindi di applicare un prezzo di vendita competitivo. La concorrenza tra gli operatori del settore è molto forte e in molti segmenti si gioca sul prezzo. Lo scorso anno si è registrato un calo generalizzato dei prezzi del 2,2% e ci si aspetta che anche questʼanno si riducano ulteriormente dellʼ1% circa. General Motors e Volkswagen (soprattutto con la linea Audi) sono lʼesempio di come si possa smarcarsi dalla logica del ribasso del prezzo offrendo prodotti a elevato valore aggiunto per i quali i consumatori sono disposti a pagare un extra-prezzo. Il sodalizio Fiat-Chrysler e prima ancora quello tra Renault e Nissan, dimostrano quanto sia importante unire le forze per aumentare la scala di produzione e ridurre lʼincidenza dei costi fissi attraverso lʼaccorpamento delle operazioni di acquisto e del marketing, o attraverso lʼutilizzo di piattaforme comuni per la produzione di più modelli. Al fine di diversificare la propria esposizione geografica e spingere il fatturato, le società puntano anche ad entrare in nuovi mercati attraverso partnership con produttori locali. I gruppi più importanti come Volkswagen e Toyota fronteggiano la crisi economica diversificando la loro offerta sia in termini geografici che di prodotto, facendo leva su un portafoglio molto vasto in grado di coprire tutti i segmenti del settore. Ma questo, oltre a moltiplicare gli sforzi del marketing, può far correre il rischio di incappare nellʼerrore già commesso in passato da General Motors di non differenziare a sufficienza i vari modelli.
Verso una nuova era dellʼauto - Lʼamerican Ford cerca di migliorare la qualità delle sue autovetture aumentando la componente tecnologica. Lʼintroduzione della piattaforma Sync, infatti, mira a rendere le vetture di Detroit multifunzionali, permettendo al conducente di interagire con il mondo esterno restando seduto in macchina e con le mani sul volante. Renault-Nissan, invece, punta tutto sulla nuova generazione delle auto elettriche. Il gruppo franco-giapponese ha investito quattro miliardi di euro per portare sul mercato di massa il primo modello interamente elettrico. Se vincerà la scommessa Renault-Nissan avrà un ritorno non solo in termini di profitto, potendo beneficiare dei vantaggi del first-mover, ma anche in termini di reputazione e affidabilità agli occhi dei consumatori. Il rischio, in questo caso, è molto elevato. Oltre ai problemi della durata delle batterie, ci sono quelli legati alle infrastrutture e agli incentivi allʼacquisto, che potranno essere superati solo con una forte comunione dʼintenti con i vari governi nazionali.
La sfida dei mercati emergenti - La vera sfida del futuro, comunque, è lʼaffermazione sui mercati emergenti, in particolare su quelli indiano e cinese. Il colosso asiatico è ormai la seconda economia al mondo, in grado di crescere in doppia cifra quando tutti gli altri Paesi occidentali sono ancora impegnati in una lenta ripresa. Per avere, poi, unʼidea dellʼimmenso potenziale di questo mercato possiamo confrontare il tasso di penetrazione del settore in Cina, 1a 40 (una macchina ogni quaranta abitanti), con quello della Germania, 1 a 2, e accostare poi questi dati al numero di abitanti dei due Paesi ed al tasso di crescita della popolazione. Se la Germania è considerata dagli operatori ancora un mercato solido, la Cina è decisamente il nuovo Eldorado delle case produttrici di tutto il mondo. Esso rappresenta già adesso il principale mercato per General Motors e Volkswagen (leader del mercato con una quota del 18%) e tutte le altre case automobilistiche stanno aumentando la loro capacità produttiva per essere in grado di rispondere alla domanda potenziale che ci si aspetta da Pechino.
La Cina e il rischio sovraproduzione - Il rischio, però, è quello di peggiorare il problema della sovraproduzione. Gli incentivi governativi per lʼacquisto di auto a basso consumo e nelle aree rurali avviati nel 2008, che hanno spinto la domanda interna di nuove autovetture, sono dovuti cessare perché ora il vero problema è quello della viabilità. Come testimoniato dallʼincredibile ingorgo della scorsa estate sulle autostrade cinesi, ci sono troppe macchine in giro e il governo di Pechino è costretto adesso a calmierare le immatricolazioni non solo nella capitale ma anche in altre città. Discorso diverso per lʼIndia che presenta un tasso di penetrazione enormemente più basso, ovvero otto macchine ogni 1000 persone, ma il dominio di Tata, che con le sue vetture ultra low cost ha praticamente monopolizzato il mercato, costringe le altre case a competere, almeno per il momento, sul difficile terreno del prezzo.
(Fonte: www.morningstar.it - 14/3/2011)
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