giovedì 28 febbraio 2013

VM Motori: primo sì di Fiom al piano Fiat


Una svolta sindacale? Forse. Sicuramente un caso di peso. Caso che alcuni sindacalisti si spingono a definire come “Pomigliano rossa”. Per la prima volta, infatti, la Fiom ha detto sì, in un referendum di fabbrica, ad un piano che porta la firma di Sergio Marchionne. E' accaduto alla VM di Cento, in Emilia, i cui 1.100 dipendenti hanno approvato l'accordo sindacale, siglato anche da Fiom dopo molti mal di pancia, che prevede un taglio alle pause sulle linee di montaggio in cambio di 300 assunzioni. I sì sono stati 638 (pari a circa il 75%) e i no 206. Il consistente numero dei no in una fabbrica da sempre egemonizzata da Fiom che ha la metà dei delegati fa intuire la portata della tempesta che il sindacato di Maurizio Landini ha dovuto attraversare. Fiom si è vista sconfessare da una parte della sua base operaia contraria al taglio delle pause ma ciò nonostante ha deciso di approvare il piano di sviluppo e di assunzioni per il quale c'è stata una mobilitazione della filiera politica locale sommersa, insieme alla VM, da migliaia di curriculum. Ma andiamo con ordine e raccontiamola tutta questa storia economico-sindacale che costituisce una eccezione positiva nell'Italia cupa dell'austerità. Tutto comincia oltre un anno fa quando l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, rivela al capo azienda della VM Giorgio Garimberti di voler vendere le Jeep con motore diesel "made in Italy" anche sul mercato americano oltre che in Europa. Non solo. A VM è affidata la fornitura del primo diesel per Maserati. Per l'azienda emiliana si tratta di un triplo salto carpiato: il piano prevede di passare dai 54 mila motori del 2012 ai 90 mila del 2013 per poi stabilizzarsi a quota 110-130 mila dal 2014. Anche gli investimenti sono enormi per la stazza VM: circa 80 milioni per una società che viaggia sui 300 milioni di fatturato. Garimberti ottiene il via libera dell'altro socio di VM (l'americana GM che dovrebbe vendere a Fiat-Chrysler la sua quota entro l'anno) e i finanziamenti di sei banche. Poi fa fare un controllo della produttività aziendale agli esperti di organizzazione del lavoro della MTM Italia. E qui emerge il primo ostacolo: sulla base di un accordo del '93, nei reparti di montaggio gli operai fanno pause lunghissime, pari a 63 minuti su 8 ore di lavoro contro i 30-40 minuti mediamente concordati nelle fabbriche meccaniche europee. Più in generale i rapporti sindacali in fabbrica sono difficili e l'organizzazione complessiva va rivoltata come un calzino per adeguare l'azienda ad uno sforzo così imponente. Si apre una trattativa sindacale complessa. La Fiom frena: la sua base non ne vuol sapere di ridurre la pause e men che mai del “modello Pomigliano”. Ma la politica preme. La Regione stanzia un mucchio di soldi per i corsi di formazione. Il Comune autorizza VM ad allargarsi acquisendo una fabbrica vicina chiusa da anni. «Soprattutto sarebbe stato impossibile spiegare il no a 300 assunzioni in una zona colpita dal terremoto», spiega Sandra Rizzo, segretaria Fim-Cisl di Ferrara. Eppure la trattativa si arena tanto che a metà gennaio si parla di delocalizzare parte della produzione in uno stabilimento Fiat di Foggia imbottito di cassaintegrati e in una fabbrica messicana. Poi la svolta. Fiom accetta i tagli alle pause, VM ne riduce la portata. Ne esce un'intesa molto dettagliata che prevede una riduzione delle pause nel montaggio da 63 a 51 minuti in cambio di circa 450 euro annui (tassati al 10% in quanto premi di produttività). Molto dettagliata anche l'intesa sui neoassunti che saranno al 26% donne mentre circa 200 avranno il contratto di apprendistato (più basso rispetto a quello dei dipendenti attuali) ma si vedranno riconoscere parte dei benefici del contratto aziendale. Oggi il sì. Nonostante polemiche violentissime che hanno portato parte degli operai chiedere l'esclusione dal referendum VM dei 350 ingegneri e impiegati per i quali l'orario di lavoro non si allungherà. Ora si volta pagina e si comincerà ad affrontare il tema dell'organizzazione generale della produzione. A Cento è già sbarcato un gruppo di tecnici Fiat provenienti dalla fabbrica di Pratola Serra (Avellino) dove il Lingotto produce i suoi più grandi motori per auto sulla base del sistema giapponese World Class Manufacturing. E in VM si parla dell'imminente arrivo di Marchionne. Così questa “Pomigliano rossa” potrebbe diventare la prima base dell'assalto all'America del "made in Italy" di cui Marchionne parla da settembre. E forse anche un primo terreno di confronto per un eventuale trattato di pace con Fiom.
(Fonte: www.ilmessaggero.it - 13/2/2013)

mercoledì 27 febbraio 2013

Lancia InteracTV: il cliente si aggancia così


"Lancia è innovativa anche nel suo rapporto con il cliente" così Paolo Gagliardo, Head of EMEA Markets spiega la strategia che si nasconde dietro il lancio di un vero e proprio canale interattivo per inviare contenuti da condividere con il consumatore. Ma come funziona? "Guardare - spiegano a Torino - il nostro show televisivo preferito, notare la presenza di una marca a noi familiare e un attimo dopo ricevere direttamente sul nostro smartphone tanti contenuti diversi dedicati a noi proprio da quella marca. Non è fantascienza ma una novità molto concreta del presente che in questi giorni Lancia porta al debutto in anteprima mondiale sul mercato italiano". L'app 'Lancia InteracTV' è già scaricabile e in pratica sposa il 'digital product placement' - l'inserimento a posteriori di un prodotto all'interno di un contenuto audiovisivo - con le modalità interattive offerte dalle nuove tecnologie. Cambia così sia il concetto di visione televisiva che quello di ricezione del messaggio. Funzionerà? I primi test sono incoraggianti perché il funzionamento è semplicissimo: basta lanciare l'app durante lo show che si sta guardando e al resto pensa tutto il sistema: grazie ad un riconoscimento sonoro non percepibile dall'utente, l'apparizione invia sullo smartphone un messaggio arricchito da contenuti personalizzati. La prima ufficiale apertura al pubblico di questo servizio è partita durante "Cerco Casa Disperatamente" del canale televisivo tematico Discovery Real Time. E la macchina non poteva che essere la nuova Lancia Ypsilon Ecochic Metano. L'idea arriva da un team italo-inglese di società leader nella tecnologia e nella comunicazione al grande pubblico (Bitmama, Concept Reply, Mirriad), e dietro al sistema di riconoscimento e download, c'è una tecnologia proprietaria di Concept Reply, mentre a garantire la presenza della marca nei momenti clou della trasmissione ci sono le innovative tecniche della Digital Product Placement proposte dalla Bitmama-Mirriad e la Maxus - agenzia specializzata nel mondo digitale - ha messo a punto una campagna web a supporto dell'iniziativa. "Parte integrante della nostra strategia digital - spiegano alla Lancia - è proprio la nuova applicazione 'InteracTV' è alla base di una comunicazione oltre che geolocalizzata, anche fatta 'su misura' del consumatore, senza però essere invasiva della sua privacy. Dunque, il marchio si conferma precursore in questo ambito e dimostra tutta la sua capacità di sintonizzarsi con un'audience sempre più abituata a usare il proprio device mobile anche di fronte a un film o a uno show TV, nel segno della convergenza transmediale. Una strategia che si è già rivelata vincente: un esempio fra tutti è il sito Lancia Mobile, primo portale corporate progettato per la fruizione su tablet e smartphone, accessibile da tutti i dispositivi sul mercato ed entrato nella top 10 dei progetti mobile al 'Cannes Grand Prix 2012'".
(Fonte: www.repubblica.it - 14/2/2013)

martedì 26 febbraio 2013

Ecco la Cherokee, prima Jeep dell'era Fiat


Lo stabilimento Chrysler di Toledo, nello Stato dell'Ohio, è pronto per avviare la produzione della prima Jeep nata sotto la gestione Fiat e basata su tecnologie italiane. Per ribadire le qualità di questo modello, Chrysler ha recuperato una delle denominazioni più celebri - Cherokee - nella sua passata produzione. A giudicare dalle prime foto diffuse ufficialmente dal Gruppo, il risultato è più che apprezzabile, con una linea moderna e coerente con la destinazione, anche stradale, di questa vettura ma senza abbandonare il caratteristico elemento frontale con sette feritoie. Le aspettative per questo nuovo modello, che andrà a rimpiazzare la Liberty, sono sintetizzate in quanto si legge nella nota ufficiale della Casa: ''questo nome è immediatamente riconoscibile come quello del più versatile e capace SUV di taglia media del mondo''. Jeep Cherokee è un nuovo SUV di taglia media, capace di competere efficacemente in tutti i mercati mondiali con modelli come Toyota Rav4, Honda CR-V, Ford Kuga, Volkswagen Tiguan e sarà presentato al New York International Auto Show ed è programmato per arrivare nelle concessionarie Jeep negli U.S.A. in estate. I progettisti Jeep sono partiti dalla piattaforma CUSW (Compact US Wide), che verrà utilizzata per la prossima Alfa Romeo Giulia e che è derivata da quella della Giulietta, ed hanno fatto ampio ricorso ad altre tecnologie e soluzioni costruttive di origine Fiat. Ne è così nato un SUV medio che sfiderà il mercato - afferma il comunicato della Casa - con ''una superiorità ancora incrementata, con un'esemplare dinamica su strada e con un miglioramento dei consumi superiore al 45% rispetto al SUV di taglia media che va a rimpiazzare''. Nessuna indicazione ufficiale sulle motorizzazioni, ma è giustificato attendersi sotto al cofano della nuova Cherokee una gamma analoga a quella della Dart con i benzina MultiAir 1.4 turbo da 160 Cv, Tigershark 2.0 da 160 Cv e Tigershark MultiAir 2 2.4 da 183 Cv, affiancati da unità a gasolio provenienti al 100% dal mondo Fiat.
(Fonte: www.ansa.it - 25/2/2013)

lunedì 25 febbraio 2013

Jeep Grand Cherokee: anche in Europa il model year 2014


Jeep presenterà al Salone di Ginevra la versione europea della Grand Cherokee Model Year 2014. Il Suv americano, aggiornato nell'estetica e nei contenuti con il consueto restyling di metà carriera, porta finalmente al debutto il cambio automatico a otto marce, disponibile su tutte le motorizzazioni - compreso dunque il 3.0 V6 a gasolio - e il nuovo sistema di infotainment.
Debutto nel terzo trimestre - Il nuovo UConnect, in particolare, fa affidamento su uno schermo touch da 8,4" ed è affiancato dall'inedito quadro strumenti completamente digitale da 7", completamente personalizzabile in base alle informazioni che si desidera visualizzare. La Grand Cherokee restyling, disponibile nel nostro Paese a partire dal terzo trimestre dell'anno, sarà offerta in quattro diversi allestimenti: Laredo, Limited, Overland e Summit. Quest'ultimo è stato arricchito con i rivestimenti in pelle Premium Natura Plus e l'impianto audio Harman Kardon da 825 W.
Disattivazione dei cilindri per i V8 - Oltre al sei cilindri CRD da 241 CV, rimarranno disponibili tutte le attuali motorizzazioni a benzina: 3.6 V6, 5.7 V8 e 6.4 V8 SRT. Sugli otto cilindri, in particolare, debutta la tecnologia di disattivazione dei cilindri. Per tutte invece è previsto l'Eco Mode, che interviene sul regime di cambiata e sulle sospensioni Quadra-Lift, abbassando l'altezza da terra della vettura.
Nuovi contenuti hi-tech - Per quanto riguarda i contenuti tecnologici, va segnalato il debutto del Selec-Speed Control: offerto in abbinamento al pacchetto Off-Road, questo sistema pensato per affrontare le pendenze più forti, permette di controllare la velocità del veicolo - sia in salita sia in discesa - con i paddles del cambio al volante, senza intervenire sui pedali di freno e acceleratore. Non manca infine il Forward Collision Warning con Crash Mitigation.
(Fonte: www.quattroruote.it - 11/2/2013)

domenica 24 febbraio 2013

Obama: "Liberiamo l'auto dal petrolio"


Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha lanciato l'idea per la creazione del cosiddetto "Energy Security Trust", un fondo che dovrà finanziare lo sviluppo di nuove tecnologie per "allontanare l'auto dalla dipendenza dal petrolio".
Raddoppia l'impegno della Casa Bianca - La proposta, avanzata durante il discorso sullo stato dell'Unione, prevede il raddoppio dello sforzo pubblico a favore delle auto elettriche e dei biocarburanti, un capitolo di spesa già significativo - e aspramente criticato dalla controparte repubblicana in campagna elettorale - durante il primo mandato di Obama.
Risultati non sempre all'altezza negli ultimi anni - Al grande impegno economico non sono infatti corrisposti i risultati sperati, né in termini di nuovi posti di lavoro nel settore delle energie alternative, né nelle vendite di auto ibride ed elettriche, cresciute meno del previsto. Vanno inoltre ricordate le difficoltà economiche di aziende come la Fisker o la A123 Systems, che pur avendo ricevuto generose sovvenzioni pubbliche sono andate incontro a gravi difficoltà finanziarie e, nei casi peggiori, alla bancarotta controllata, alimentando così le critiche nel periodo pre-elettorale.
Nuovi promettenti materiali per le batterie - Come riportato da Automotive News, la strada indicata da Obama per i nuovi finanziamenti alla ricerca sulla mobilità sostenibile passerà per il reimpiego dei profitti sulle trivellazioni per petrolio e gas naturale. Il Presidente ha inoltre indicato un settore particolarmente promettente, quello dei nuovi materiali per le batterie, un filone di ricerca che sul lungo termine potrà portare ad accumulatori dieci volte più capaci degli attuali.
Elettriche, biocarburanti e metano - La nuova amministrazione Obama, che realisticamente conferma la dipendenza dai combustibili fossili sul breve termine, punta per il futuro su una combinazione tra auto elettriche, biocarburanti e gas naturale: questi combustibili, nelle intenzioni del Governo, dovranno essere prodotti principalmente sul suolo americano.
Alleggerire la pressione fiscale sull'industria - Oltre che di mobilità, Obama ha parlato anche di industria: il Presidente punta a ridurre la tassazione sul settore manifetturiero, manovra di cui beneficerebbero naturalmente anche i Costruttori automobilistici che gestiscono fabbriche negli U.S.A. e che nel passato recente sono tornati a creare nuovi posti di lavoro.
(Fonte: www.quattroruote.it - 13/2/2013)

sabato 23 febbraio 2013

Vela: record mondiale per Soldini e Maserati


E’ festa alla Maserati per la straordinaria impresa di Giovanni Soldini. Il 46enne velista di origine milanese è arrivato a San Francisco a bordo del monoscafo Maserati, con il quale era partito da New York lo scorso 31 dicembre. Soldini, tagliando il traguardo, ha stabilito il nuovo record mondiale sulla rotta denominata dell'Oro, percorrendo la distanza in 47 giorni, 42 minuti e 29 secondi. Il primato precedente era di 57 giorni e 3 ore. Durante la rotta il velista, fratello del regista Silvio Soldini, è passato anche per Capo Horn. L'impresa è stata condivisa con l'equipaggio composto dallo statunitense Ryan Breymaier, dal francese Sebastien Audigane, dal cinese Jianghe Teng, dallo spagnolo Carlos Hernandez, dal tedesco Boris Herrmann e dagli italiani Guido Broggi, Michele Sighel e Corrado Rossignoli. “Siamo felici – ha detto Soldini – La Rotta dell'Oro è un record storico, importantissimo e particolarmente impegnativo che ora porterà i colori della bandiera italiana. Maserati si è dimostrata una barca potente, veloce, tecnologica e molto affidabile. L'equipaggio è stato straordinario, tutti molto preparati ad affrontare le situazioni più dure. Voglio ringraziare tutti i miei compagni d'avventura e i miei partner, Maserati, BSI e Generali, che hanno permesso a tutti noi di realizzare un sogno”. E Maserati festeggia, anche con un tweet: "RECORD! Well done @giovannisoldini and Maserati VOR 70!".
(Fonte: www.modenaonline.info - 17/2/2013)

venerdì 22 febbraio 2013

Chrysler traina i conti di Fiat: 1,4 miliardi di utile netto, ma niente dividendo


L'assemblea di bilancio della Fiat si terrà al Lingotto il prossimo 9 aprile. Per l'occasione, oltre ai conti a fine 2012, gli azionisti dovranno votare approvare la politica in materia di remunerazioni e il rinnovo dell'autorizzazione all'acquisto e alla disponibilità di azioni proprie, in scadenza il prossimo 4 ottobre. Ma quel giorno, a quattro anni esatti dall'accordo di Washington da cui ha preso il via l'avventura a Detroit, si parlerà soprattutto di Chrysler. Pochi giorni prima, infatti, il tribunale del Delaware (data limite la fine di marzo) si pronuncerà sulla contesa tra Fiat e il fondo Veba che fa capo all'Uaw sul prezzo delle azioni in mano al sindacato. E si capiranno i tempi e le modalità per centrare l'obiettivo finale della strategia di Marchionne: arrivare al 100% di Chrysler, passaggio decisivo anche per superare la tremenda crisi europea. Come dimostrano i numeri del bilancio consolidato approvato dal cda, il primo che comprende l'intero esercizio di Chrysler. Il cda di Fiat ha approvato oggi il bilancio consolidato del gruppo (in cui vengono consolidati per la prima volta i risultati di Chrysler per l'intero esercizio) che, come già comunicato lo scorso 30 gennaio, chiude con un utile della gestione ordinaria di 3,814 miliardi di euro e un utile netto di 1,411 miliardi, le componenti atipiche sono negative per 244 milioni. Nel 2011, con Chrysler consolidata dal 1° giugno 2011, l’utile della gestione ordinaria era pari a 2.392 milioni di euro e l’utile netto era di 1.651 milioni di euro con componenti atipiche positive per 944 milioni di euro. Il patrimonio netto consolidato (Gruppo e terzi) al 31 dicembre 2012 ammonta a 13.173 milioni di euro (12.260 milioni di euro al 31 dicembre 2011). Per quanto riguarda Fiat S.p.A., il 2012 si è chiuso con una perdita di 152 milioni imputata alla riserva “utili/perdite portati a nuovo”, con oneri finanziari e costi netti di gestione solo in parte compensati dal risultato delle partecipazioni. Non è prevista, come già annunciato, la distribuzione di un dividendo. Il patrimonio netto al 31 dicembre 2012 è pari a 8.902 milioni di euro (9.053 milioni di euro al 31 dicembre 2011). Nulla di nuovo, insomma, a quanto già comunicato al termine del cda di fine gennaio. Da allora, però, le novità non sono mancate. Non accenna a rientrare la crisi dell'auto in Europa. A gennaio: secondo i dati Acea il calo per Fiat è del 12,3% sullo stesso periodo dell’anno passato a poco meno di 60mila unità e la quota di mercato è scesa al 6,7% dal precedente 7%. In questa cornice non sarà facile centrare l'obiettivo, annunciato in conference call, di ridurre le perdite operative in Europa dai 700 milioni di euro registrati nel 2012. In cambio brilla la stella Ferrariche ha archiviato il 2012 con risultati record: vendite a 7.318 unità (+4,5% sul 2011) ricavi a 2,4 miliardi ed un utile netto a 244 milioni in crescita del 18%. Una valutazione di 20 volte l'utile, da non escludere per un brand del lusso (ma Marchionne pensa a multipli ben superiori), potrebbe attribuire ai cavallino rampante un enterprise value attorno ai 4,5 miliardi. A trainare i conti del gruppo è ancora la controllata U.S.A. Chrysler, anche se nell'ultimo trimestre i margini operativi si sono ridotti al 4,1% dal 4,5% del trimestre precedente. Ma l'aspetto più inquietante, che rende più complesse le trattative con il fondo Veba è l'andamento del deficit pensionistico di Chrysler aumentato da 2,4 a 8,8 miliardi nel 2012 e decisamente superiore alle previsioni, un grosso ostacolo sulla strada per salire al 100% del capitale di Chrysler. Il valore della partecipazione dell'Uaw in Chrysler dovrebbe in ogni caso attestarsi attorno ai 3 miliardi di dollari. Un grosso sforzo cui Fiat potrebbe far fronte in più modi:
a) Un acquisto finanziato sul mercato, possibile anche se porterebbe il gruppo ad un livello di indebitamento elevato e superiore ai 10 miliardi di euro. Il gruppo potrebbe approfittare del buon andamento dei mercati obbligazionari per emettere bond superiori ai 5 miliardi di euro già deliberati.
b) Secondo Morgan Stanley la mossa più sensata, anche per dare uno scenario rialzista al titolo Fiat, passa per un aumento di capitale per 1,5 miliardi. Le stime degli analisti americani indicano uno scarso impatto sul rapporto prezzo/utile 2014 se Fiat dovesse emettere azioni per finanziare i circa 3 miliardi di euro necessari per l'acquisizione. Marchionne, anche di recente, ha smentito l'ipotesi.
c) Non è da escludere nemmeno l'ipotesi Ipo di Chrysler, probabilmente la meno gradita al Lingotto. La strada maestra dell'operazione, infatti, passa per l'acquisto del 100% di Chrysler e successiva fusione con Fiat in una sola entità da quotare a Wall Street.
La partita, insomma, è aperta. Marchionne ha già aperto tavoli della trattativa con le banche d'affari per non trovarsi privo di munizioni finanziarie il giorno X. Nella speranza che l'eventuale guerra delle valute non complichi ulteriormente i giochi: il rafforzamento dell’euro nei confronti del dollaro e del real può non solo influire sui conti del consolidato Fiat ma anche mettere a rischio la strategia di produrre in Italia vetture rivolte ai mercati extra-UE.
(Fonte: www.firstonline.info - 20/2/2013)

giovedì 21 febbraio 2013

Mopar: ecco i modelli più personalizzati


"L'aftermarket automobilistico, e gli accessori nello specifico, rappresentano un mercato mondiale per un valore di 70 miliardi di dollari. In questo ambito opera Mopar - il marchio di Fiat S.p.A. e Chrysler Group LLC che si occupa delle attività di Parts & Service e delle operazioni di Customer Care - offrendo 25.000 ricambi ed accessori di elevata qualità in oltre 130 Paesi". Con questa premessa, Fiat ha deciso di aprire le porte ad un mondo abbastanza sconosciuto perché normalmente polverizzato in tanti piccolissimi costruttori. «Vediamo costantemente una richiesta incredibile di personalizzazione nel mercato automobilistico - ha affermato Pietro Gorlier, Presidente e CEO di Mopar -. Che si tratti di potenziamenti delle prestazioni, di accessori comuni o di tecnologia innovativa e all'avanguardia, i clienti vogliono che la loro vettura si distingua. Noi di Mopar offriamo una gamma completa di ricambi ed accessori specificatamente sviluppati e testati per quanto riguarda la qualità per i nostri veicoli».
Ecco le classifiche delle auto più personalizzate in Europa, Medio Oriente e Africa:
Auto - 1) Jeep Wrangler 2) Jeep Grand Cherokee 3) Fiat 500/500L 4) Fiat Panda 5) Fiat Freemont;
Accessori - 1) Tom Tom Blue&Me 2) Barre di traino 3) Cerchi in lega 4) Sensore parcheggio 5) Tappetini 6) Pedane laterali 7) Calotte specchi retrovisori 8) Connessione USB Apple per la versione Blue&Me 9) Organizer bagagliaio 10) Diffusori posteriori sportivi.
(Fonte: www.repubblica.it - 12/2/2013)

mercoledì 20 febbraio 2013

E' pronta la Cherokee, nuova Jeep media su piattaforma Alfa Romeo


Prosegue senza soste il programma di rinnovamento e consolidamento della gamma Jeep che ha guadagnato, con i risultati fin qui ottenuti e con le previsioni di crescita, un posto di rilievo nei programmi di Fiat Chrysler. Dopo il lancio della nuova generazione della Grand Cherokee (con il motore diesel made in Italy anche per gli U.S.A.) e in attesa di maggiori dettagli sulla Jeep di segmento B che verrà costruita, assieme alla 500X, nello stabilimento italiano di Melfi, è ora il momento del modello che andrà a sostituire la Liberty, nota in Europa come Cherokee. La prossima Jeep di segmento D dovrebbe assumere quest'ultima denominazione in tutti i mercati e sarà costruita su una versione modificata della piattaforma della Dodge Dart, derivata a sua volta da quella dell'Alfa Romeo Giulietta. Su questa moderna meccanica, decisamente più ''stradale'' rispetto alla precedente Liberty-Cherokee (che aveva un carattere da fuoristrada ''duro'') i designer Jeep hanno realizzato una vettura completamente nuova, capace di competere con i suv-crossover di più recente generazione, come Toyota Rav4 e Honda CR-V. Pur mantenendo il tradizionale frontale con le feritoie verticali, la nuova Jeep avrà un corpo vettura dalle proporzioni moderne e funzionali, con passo lungo - per offrire una adeguata abitabilità anche per chi siede dietro - e forme più aerodinamiche. Previsto un ampio range di motori, che dovrebbe spaziare da un nuovo V6 3.2 a benzina, che sarà la proposta centrale per il mercato U.S.A., fino al turbo 1.4 di origine Fiat e passando per il collaudato 2.4 Tiger Shark. Per i mercati d'esportazione ci sarà anche un 4 cilindri turbodiesel 2.0 anch'esso di origine Fiat a cui potrebbe essere affiancato per il mercato degli Stati Uniti il nuovo V6 3.0 VM ''se la dinamica del prezzo della benzina dovesse favorire i diesel che consentono consumi più bassi''. La produzione della nuova Cherokee dovrebbe essere avviata entro la primavera, con debutto nel secondo semestre come Model Year 2014. Per questa vettura è stata già completata una linea nell'impianto North Assembly a Toledo (Ohio) così come è in fase di avvio, a Kokomo, la produzione su licenza ZF dell'innovativa trasmissione automatica a 9 rapporti che verra' utilizzata dalla Cherokee e da molti altri modelli del Gruppo. Altri punti di forza della nuova Cherokee, da cui dovrebbe derivare anche il futuro crossover Alfa Romeo, saranno i contenuti, con molti equipaggiamenti (come la strumentazione configurabile su schermo TFT e il grande display multifunzione da 8,4 pollici) di provenienza Grand Cherokee. Il debutto della nuova Jeep Cherokee al New York International Auto Show, in programma per il 29 marzo a New York, soddisferebbe una delle indicazioni date da Marchionne al suo staff, cioé di presentare al pubblico solo auto che vadano in regolare produzione entro 90 giorni.
(Fonte: www.ansa.it - 22/1/2013)

martedì 19 febbraio 2013

Fiat: prestito-ponte per il 100% di Chrysler?


Secondo indiscrezioni raccolte da Milano Finanza, il Lingotto sarebbe in contatto con diverse banche per ottenere un rafforzamento patrimoniale in funzione dell'acquisizione della partecipazione del 41% in Chrysler attualmente detenuta da Veba. MF indica tra le possibili opzioni un prestito ponte e altre linee di credito, una scelta che per gli analisti di Banca Imi (hold e target price a 4,56 euro) potrebbe però mettere a rischio il rating di credito di Fiat, mentre le banche starebbero spingendo per un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro per finanziare in parte l'operazione. Marchionne ha però più volte smentito l'intenzione di emettere azioni e anche la via delle cessioni sembra poco probabile. La Ferrari non è in vendita e una cessione di Magneti Marelli sembra improbabile. "Valutiamo ragionevole che la partecipazione nella casa U.S.A. possa valere intorno a 3 miliardi di euro anche se molto dipenderà dalla decisione della Corte del Delaware attesa entro fine marzo", sostengono gli analisti di Intermonte. Invece secondo i calcoli di Goldman Sachs, il Lingotto potrebbe pagare circa 2,2 miliardi per assicurarsi il restante capitale di Chrysler, una stima non molto lontana da quella di Mediobanca (2-2,5 miliardi di euro) che però avverte: con un debito superiore a 7 miliardi di euro è rischioso assumere un pagamento tutto in contanti, senza altri strumenti di finanziamento. "L'opzione finanziaria rimane la più probabile e favorevole anche se porterebbe il gruppo a un livello di indebitamento elevato e superiore a 10 miliardi di euro", precisano gli analisti di Intermonte secondo i quali l'opzione dell'Ipo di Chrysler è poco gradita a Fiat. "Non escludiamo un'accelerazione nella trattativa con Veba su Chrysler nel secondo semestre 2013 che giudicheremmo positivamente considerando le buone prospettive di redditività del gruppo auto negli Stati Uniti", precisano gli analisti di Intermonte che sul titolo Fiat mantengono una raccomandazione neutral come Mediobanca (target price a 4,5 euro) e Kepler (target price a 4,30 euro).
(Fonte: www.milanofinanza.it - 13/2/2013)

lunedì 18 febbraio 2013

Fiat 500: la prossima generazione sarà prodotta solo in Polonia?


La futura generazione della Fiat 500 potrebbe essere prodotta esclusivamente in Polonia. Sembra infatti che Fiat stia prendendo in considerazione l’ipotesi di produrre tutte le nuove Fiat 500 all’interno dello stesso impianto di Tychy. Attualmente la Fiat 500 U.S.A. viene prodotta nello stabilimento Chrysler in Messico, che tra due anni potrebbe smettere di costruire la piccola torinese per il mercato Nord Americano. La prossima generazione della Fiat 500 sarà venduta in tutto il mondo e produrre i modelli di tutti i mercati nello stesso stabilimento permetterebbe di massimizzare la resa economica risparmiando molto in termini di investimenti per i macchinari e diminuendo conseguentemente i costi di produzione. Il modello attuale della Fiat 500 non solo ha presentato elevati costi di produzione per il mercato americano, con la creazione di nuove linee produttive dedicate in Messico, ma ha anche impegnato economicamente il Lingotto per la progettazione in quanto la Fiat 500 U.S.A. presenta notevoli differenze strutturali rispetto alle Fiat 500 europee. Liberando dalla produzione l’impianto messicano di Toluca, il gruppo Fiat Chrysler avrebbe maggiori risorse per la produzione di nuovi modelli compatti marchiati Chrysler per il mercato americano. Questa manovra riporterebbe l’impianto polacco di Tychy alla sua completa resa produttiva: la crisi ha portato alla diminuzione del personale di 1.450 unità ed al calo produttivo dalle 605.797 unità del 2009 alle 300 mila dello scorso anno, che dovrebbero ulteriormente diminuire di 50 mila unità nel 2013. Spostando interamente la produzione della Fiat 500 l’impianto polacco si risolleverebbe notevolmente e permetterebbe a Chrysler di raggiungere, con i nuovi modelli prodotti in Messico, i 2.8 milioni di unità come obbiettivo prefissato da Sergio Marchionne per il 2014.
(Fonte: www.autonews.com - 12/2/2013)

domenica 17 febbraio 2013

Fiat: aumento di capitale possibile, ma per Morgan Stanley è un'occasione


Per Morgan Stanley le probabilità di un aumento di capitale sono in aumento per Fiat, ma gli investitori non si devono preoccupare. Il motivo è sempre lo stesso: agevolare il progetto di integrazione con Chrysler nel 2014. Sebbene questo porti chiaramente rischi nel breve termine per le azioni Fiat, il broker ritiene che aumentare il capitale per il controllo del debito, perseguendo una fusione completa con Chrysler, possa essere un elemento positivo nel lungo termine. Addirittura un fattore di upside per il giudizio che Morgan Stanley ha su Fiat: underweight con un prezzo obiettivo a 3,20 euro (-0,23% a 4,26 euro oggi in borsa). Cosa c'è di nuovo? L'ad di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, ha rilasciato un'intervista in questo fine settimana confermando che ha in programma una fusione delle due aziende dalla fine del 2014. Marchionne ha anche affermato che un aumento di capitale potrebbe avere un senso per le mosse strategiche del gruppo, anche se ha aggiunto che la famiglia Agnelli ha "già investito abbastanza" nell'azienda. Ciò per Morgan Stanley contrasta con le dichiarazioni precedenti. L'investor relator di Fiat ha comunque precisato che un aumento di capitale rimane l'opzione meno probabile. L'ad, ricordano gli analisti di MS, ha anche dichiarato che Alfa non è in vendita "specialmente a Volkswagen". Morgan Stanley anche nei report precedenti ha sempre sostenuto che Fiat attualmente non ha il capitale per un buyout completo della quota in mano a Veba di Chrysler. "Abbiamo inoltre sostenuto che questa mossa è fondamentale per uno scenario "toro" credibile per le azioni Fiat. In assenza, infatti, di una forte ripresa del free cash flow del gruppo torinese, crediamo che l'emissione di azioni come parte di una mossa strategica più ampia per fondersi con Chrysler possa avere un senso", spiegano gli esperti della banca d'affari. Le stime preliminari di MS indicano uno scarso impatto sul rapporto prezzo/utile 2014 di Fiat di circa 5,5 volte se dovesse emettere azioni per finanziare i circa 3 miliardi di euro che gli analisti credono necessari per acquistare la residua quota del 41,5% in mano a Veba in Chrysler. La banca d'affari vede anche con interesse i commenti di Marchionne sul fatto che la location del quartier generale del gruppo post merger dipenderebbe dall'accesso ai mercati dei capitali. "Anche questo aumenta la possibilità di un aumento di capitale condotto via listing secondario negli Stati Uniti. Una volta raggiunto l'accordo con Veba sul prezzo, crediamo che Fiat possa presentare un piano per la fusione con Chrysler ontemporaneamente con la quotazione negli U.S.A., dove i competitor scambiano a multipli più elevati", concludono gli analisti di Morgan Stanley.
(Fonte: www.milanofinanza.it - 5/2/2013)

sabato 16 febbraio 2013

Fiat-Chrysler: ecco come funziona il Customer Services Centre


Tutti noi navigatori incalliti siamo abituati a cercare le informazioni nella rete, ma talvolta dobbiamo ricorrere a un call center per ottenere un chiarimento o per sottoporre un reclamo su un prodotto o un servizio. Ci s'imbatte quindi in risponditori automatici che propongono innumerevoli opzioni e, a volte, si riesce persino a parlare con un operatore in carne e ossa. Ma come è organizzato il loro lavoro? Dove sono? Quanti sono?
Ex stabilimento Alfa Romeo - Abbiamo potuto visitare il Customer Services Centre del Gruppo Fiat-Chrysler, situato nei 5.000 metri quadrati degli uffici dell'ex stabilimento Alfa Romeo di Arese (MI). Vi lavorano 380 addetti, per il 90% assunti a tempo indeterminato, che seguono 17 marchi (oltre a quelli delle vetture, Chrysler, Jeep e Dodge inclusi, anche le macchine agricole Case e New Holland, la Magneti Marelli e i servizi finanziari Sava). Diversamente da quanto fanno in genere i costruttori, la Fiat ha accentrato ad Arese i servizi di customer care per 17 Paesi europei, a cui s'aggiunge il Marocco. Da qui la necessità di utilizzare personale di madrelingua dedicato, che si occupa però dei diversi marchi (separati per automobili e macchine agricole, viste le peculiarità di quest'ultime). La Maserati ha invece un piccolo team specifico (la Ferrari non rientra nelle competenze del Customer Services Centre).
Si raggiunge da vari canali - I clienti possono contattare il CSC attraverso vari canali, tra cui i siti web dei vari marchi, via lettera, fax ed e-mail, ma la maggior parte delle richieste avviene via telefono: nel 2012 il CSC ha ricevuto 970.000 chiamate e 288.000 email e ha telefonato 1.457.000 volte e mandato 1.056.000 sms per seguire i casi dei clienti. Sono attivi numeri verdi universali (gratuiti in tutta Europa) per ogni marchio che, secondo lo stile in voga da anni negli Stati Uniti, hanno le cifre associate opportunamente alle lettere della tastiera del telefono, così da comporre la marca dell'auto: quello dell'Alfa, per esempio, è 008002532000. Il risponditore è organizzato per entrare in contatto con l'operatore dopo pochi passaggi, e oggi in media all'82% delle chiamate viene data risposta entro 20 secondi.
Primo e secondo livello - Gli operatori di primo livello forniscono le risposte ai quesiti di carattere commerciale e raccolgono le segnalazioni di problemi da parte dei clienti; quest'ultime vengono poi prese in carico da un addetto di secondo livello che segue il caso fino alla sua soluzione, ricontattando il cliente e l'officina autorizzata a cui si è rivolto. Qui entrano in gioco anche i servizi del Technical Services e della Logistica Ricambi: il primo gestisce i servizi e la formazione della rete di assistenza e aiuta le officine a risolvere i casi difficili attraverso l'help desk tecnico e, se necessario, inviando specialisti ("flying doctors"); la seconda fa in modo di fornire i pezzi alle officine nel più breve tempo possibile. Tanto per avere un'idea della sua mole di lavoro, ogni giorno vengono gestiti in media 90.000 ordini (e qualcosa può andare storto, ma se il pezzo serve per rimettere in strada un'auto ha la precedenza e viene cercato in tutti i magazzini europei della Casa, o chiesto ai fornitori).
Gestione dei guasti - Le richieste cui deve far fronte il Customer Services Centre sono le più diverse, ma di certo ciò che richiede maggiore impegno e diplomazia da parte degli operatori è la gestione dei guasti delle vetture e le domande di partecipazione ai costi di riparazione per i veicoli fuori garanzia. Per questo gli addetti ricevono un addestramento di base che viene seguito da sessioni di aggiornamento (in media 43 ore all'anno); inoltre hanno accesso a un database con le informazioni commerciali e tecniche sempre aggiornate. Come accennato, gli operatori di secondo livello (in maggior parte donne) seguono i casi fino alla conclusione: e talvolta i clienti manifestano la loro gratitudine inviando mazzi di fiori. Non ci è stata riferita la reazione nel caso di insoddisfazione...
(Fonte: www.quattroruote.it - 8/2/2013)

venerdì 15 febbraio 2013

Ram ProMaster: ecco il Ducato per gli U.S.A.


Fiat Chrysler ha scelto il Chicago Auto Show, considerato come il più importante evento espositivo negli U.S.A., per presentare la versione del Ducato che andrà a completare l'offerta Ram - il brand del Gruppo dedicato ai pick up e ai mezzi da lavoro - nel mercato nordamericano. Ram ProMaster beneficia della grande esperienza che Fiat ha maturato con oltre 30 anni di presenza del Ducato nel segmento dei veicoli commerciali e viene proposto in 13 differenti configurazioni, con due motori specifici (3.6 V6 Pentastar a benzina da 280 Cv e il 4 cilindri 3.0 EcoDiesel da 174 Cv) e due trasmissioni (automatica 62TE a 6 rapporti e manuale robotizzata M40). Si confronterà con il Mercedes Sprinter, il nuovo Ford Transit, il Ford Econoline, i due modelli dalla GM (Chevrolet Express e GMC Savanna) e il Nissan NV Cargo. Primo modello della gamma Chrysler frutto della cooperazione con Fiat Professional, il nuovo ProMaster è caratterizzato da minime modifiche esterne, costituite sostanzialmente dalla nuova mascherina con la brand identity Ram, e dai numerosi adattamenti richiesti dalle normative U.S.A. . ''Con il nostro brand Ram che sta conquistando una sempre maggiore presenza nel mercato dei veicoli commerciali - ha commentato Fred Diaz, presidente e CEO del brand Ram Truck e della Chrysler de Mexico - il ProMaster 2014 rappresenta un'importante aggiunta, che contribuirà a completare efficacemente la gamma attuale dei truck e dei furgoni Ram. Il ProMaster è la risposta all'interno di un segmento chiave - ha ribadito Diaz - a tutta quella clientela che richiede caratteristiche best-in-class, qualità, affidabilità, capacità ma anche bassi costi di gestione''. La nota di Chrysler sottolinea, al riguardo, i vantaggi da ProMaster offerti in rapporto ai concorrenti in termini di ampiezza del vano di carico, di portata, di capacità di traino e di consumi di carburante. Di serie nei diversi modelli della gamma ProMaster sei airbag, il sistema di controllo della stabilità, la telecamera posteriore ParkView e l'aiuto al parcheggio ParkSense.
(Fonte: www.ansa.it - 8/2/2013)

giovedì 14 febbraio 2013

Maserati Levante: sarà prodotta a Mirafiori?


Secondo quanto riporta Automotive News Europe, il Gruppo Fiat-Chrysler costruirà la nuova Maserati Levante, prima SUV della casa del Tridente, nell’impianto italiano di Mirafiori, a Torino. Tale notizia sarebbe stata suggerita dal CEO Sergio Marchionne, il quale avrebbe anche specificato che la fabbrica torinese potrebbe ospitare pure la produzione della versione Alfa Romeo della SUV Maserati. Originariamente era stato anticipato che le linee di montaggio dei due modelli avrebbero potuto avere sede in USA, a Detroit, accanto a quelle della Jeep Grand Cherokee. Nell’intervista Marchionne ha tuttavia specificato che Torino darà vita sia a modelli del Biscione sia a quelli Maserati, anticipando quindi che quello di Mirafiori sarà un ruolo di primissimo piano nell’ambito della strategia industriale del gruppo Fiat-Chrysler. Attualmente l’impianto piemontese lavora al ritmo di pochi giorni al mese; ma una buona parte degli investimenti previsti per il rilancio di Maserati (quantificabili in 1.63 miliardi di dollari) sarà certamente dirottata proprio verso Torino per adeguare il sito ai futuri criteri produttivi. Marchionne ha anche nuovamente ricordato che la rete commerciale Chrysler sarà fondamentale nel rilancio di Alfa Romeo negli States. Per quanto riguarda la SUV Maserati invece, ci sarà da aspettare perlomeno fino ai 2015 prima di vederla negli show-room. La vettura, che dovrebbe ereditare lo stile proposto sull’interessantissima Kubang, sarà in direttissima concorrenza con auto come Porsche Cayenne e Land Rover Range Rover.
(Fonte: http://europe.autonews.com - 4/2/2013)

mercoledì 13 febbraio 2013

Alfa Romeo 4C: finalmente le foto ufficiali!


Il giorno è arrivato: ecco le prime fotografie ufficiali della nuova Alfa Romeo 4C, la versione definitiva della spettacolare concept car presentata al Salone di Ginevra due anni fa. Come s'intuiva dalle numerose foto spia pubblicate in questi ultimi mesi, la biposto sportiva a motore centrale ha conservato pressoché immutate le linee del prototipo e le annunciate caratteristiche tecniche, come il telaio portante di carbonio, il motore turbobenzina e il cambio a doppia frizione.
Caratteristiche - Veniamo al sodo. Innanzitutto cominciamo col dire che l'Alfa Romeo non ha (ancora) divulgato i valori di potenza e coppia massima del 1.750 turbobenzina. L'unico dato ufficiale è il rapporto peso/potenza, inferiore ai 4 kg/CV, valore paragonabile a quello della Porsche Cayman S (4,4 kg/CV con cambio Pdk), un punto di riferimento assoluto in termini di dinamica di guida. La Casa sottolinea come si sia puntato non tanto sul valore di potenza assoluta del quattro cilindri (realizzato in alluminio e dotato di iniezione diretta), quanto piuttosto sulla vasta adozione di materiali leggeri, primi fra tutti fibra di carbonio e alluminio.
Parte da qui la nuova Alfa Romeo - Il modello, atteso al debutto al Salone di Ginevra, verrà prodotto dalla Maserati a Modena e sarà in vendita entro quest'anno. Alla 4C, è ormai ufficiale, spetterà l'onore di riportare il marchio del Biscione negli Stati Uniti, prima tappa simbolica dell'internazionalizzazione dell'Alfa.
Aspettando gli interni definitivi - Nel realizzare le linee della 4C, il Centro Stile Alfa Romeo si è ricollegato - oltre che ai modelli più recenti e alla 8C Competizione - ad alcune illustri antenate, prima fra tutte la 33 Stradale. Per quanto riguarda gli interni, al contrario, non sono ancora state diffuse immagini ufficiali. C'è però un'indicazione importante, a sostegno di quanto avevamo anticipato: l'abitacolo di serie, si legge nella nota diffusa dalla Casa, avrà parti di carbonio a vista.
Arriva la modalità "Race" - L'Alfa, riguardo molti aspetti della vettura, non ha ancora reso noti con precisione tutti i dati. Le dimensioni, per esempio: la 4C sarà larga 200 cm, alta 118 e lunga "poco meno di quattro metri", con un passo "inferiore ai 240 cm". Il motore, che ha condotti d'aspirazione e scarico specifici, rispetto all'unità montata dalla Giulietta Quadrifoglio Verde, è abbinato al doppia frizione Tct con comandi al volante e al nuovo selettore Alfa Dna, che alle tre modalità Dynamic, Natural e All Weather aggiunge l'inedita Race, pensata per esaltare le prestazioni in pista.
240 CV e 50.000 euro, circa - Tutte le rimanenti informazioni ufficiali verranno rese note al Salone di Ginevra. Per quello che ci risulta, e in virtù delle informazioni rilasciate oggi dal Costruttore, l'incremento di potenza rispetto ai 235 CV del motore originale non sarà elevato: il valore della 4C dovrebbe attestarsi di base sui 240 CV. E il prezzo? Dalle parti dei 50.000 euro.
(Fonte: www.quattroruote.it - 12/2/2013)

martedì 12 febbraio 2013

Con la fusione i nomi di Fiat e Chrysler non scompariranno. Vendite in crescita in Brasile


Chrysler è nata in America e resterà una casa automobilistica fondata sui valori americani per sempre, almeno fino a quando Fiat sarà coinvolta. Parola di Sergio Marchionne, a.d. della società U.S.A. controllata dal Lingotto. Il top manager ha anche precisato che quando ci sarà la piena integrazione tra i due gruppi i nomi di Fiat e Chrysler non scompariranno. "Sarebbe un grave errore cancellare quella storia e quell'eredità", ha affermato, annunciando che si troverà un modo per continuare "a farli vivere".
Continua la crescita di Fiat in Brasile. A gennaio il gruppo ha venduto 70.632 automobili e veicoli commerciali leggeri, il 36% in più rispetto allo stesso mese dell'anno passato, e ha mantenuto la leadership del mercato con il 23,8% delle vendite. Per il mercato brasiliano è stato il miglior mese di gennaio in assoluto: sono stati venduti in totale 296.855 automobili e veicoli commerciali leggeri, con una crescita del 17,5% rispetto allo stesso mese del 2012. Questa performance è stata registrata nonostante il governo abbia cominciato a ritirare gradualmente le agevolazioni fiscali (riduzione di tributi sulla commercializzazione di veicoli) adottate l'anno scorso per stimolare l'economia brasiliana. Il presidente di Fiat-Chrysler per l'America Latina, Cledorvino Belini, ha spiegato che Fiat è stata flessibile e agile nel mantenere la sua produzione al ritmo necessario per soddisfare la domanda. Fiat lo scorso anno ha superato i suoi valori storici di vendite in Brasile, registrando la migliore performance nei suoi 36 anni di presenza nel Paese. Da gennaio a dicembre sono state immatricolate 838.219 automobili e veicoli commerciali leggeri, con un incremento dell'11,1% rispetto all'anno precedente (754.276 unità vendute) e un aumento del 10,2% sul record assoluto di vendite dell'impresa, stabilito nel 2010, con 760.495 unità.
(Fonte: www.milanofinanza.it - 4/2/2013)

lunedì 11 febbraio 2013

Fiat, ipotesi marchio low-cost: si chiamerà "Innocenti", "ABC" o "123"?


Fiat sta valutando l’ipotesi di lanciare un marchio low-cost. Lo ha confermato direttamente Sergio Marchionne, amministratore delegato Fiat-Chrysler: “Dobbiamo prima stabilire se nel gruppo c’è spazio a sufficienza per una realtà prettamente economica” ha precisato Marchionne, lasciando poi intendere che un marchio dall’impostazione simile non potrà non realizzare le proprie automobili al di fuori dell’Europa: il Lingotto non ha infatti la capacità di generare profitto da un’automobile venduta a circa 7.500 euro e prodotta nel Vecchio Continente. Marchionne torna quindi a pensare ad una realtà low-cost. Non è certo una novità assoluta, perché negli scorsi anni ed in maniera ciclica si parlò con insistenza di un’utilitaria compatta ed economica da posizionare un gradino più in basso rispetto alla Panda. Il progetto è stato sempre frenato da preoccupazioni relative la sua profittabilità, elemento necessario per stabilirne la messa in atto. Facile quindi pensare che il nuovo marchio possa chiamarsi Innocenti. AutomotiveNews suggerisce tuttavia un’ipotesi differente: il sito pensa ad una combinazione di lettere o numeri che possano esprimere l’idea di un’automobile semplice ed elementare, come ad esempio ABC o 123. Fiat non è comunque l’unico gruppo industriale a guardare con interesse al segmento low-cost. Il successo del marcio Dacia ha spinto Nissan a resuscitare Datsun e Volkswagen a compiere le dovute valutazioni per lanciare una realtà simile.
(Fonte: http://europe.autonews.com - 4/2/2013)

domenica 10 febbraio 2013

Fiat: sfida sul futuro dell’industria italiana


Produttività e competitività sono i punti chiave della crisi italiana. Ma il settore industriale si trova oggi nel suo peggior periodo nella storia del paese. Un trend negativo che la classe politica non è riuscita a migliorare e il prossimo governo avrà davanti una sfida fondamentale. La Fiat, marchio italiano per eccellenza, ha deciso di investire sull’internazionalizzazione dell’economia. È in questa chiave che ha puntato sul mercato statunitense con l’acquisto di una grossa quota di Chrysler, in vista di una prossima fusione. Una scelta che spaventa i lavoratori italiani, timorosi per la chiusura degli stabilimenti. Qui siamo a Melfi, in provincia di Potenza, dove la Fiat ha recentemente annunciato la cassa integrazione straordinaria per 5.500 lavoratori. Secondo l’azienda è il prezzo da pagare per i nuovi macchinari che serviranno alla produzione di due nuovi modelli. La Fiom-Cgil ha messo in guardia sul rischio di tagli tra i lavoratori. Ma a Melfi si preferisce credere che questo sia solo un passaggio per lo stabilimento per diventare il fulcro dell’innovazione industriale italiana. Abbiamo incontrato due lavoratori piuttosto ottimisti. “Ora faranno due modelli, mentre prima se ne produceva solo uno qui alla Fiat – dice Aldo Caprarella – Speriamo ci sia abbastanza lavoro per tutti. Anche perché questa regione dipende economicamente da Fiat e dall’indotto. La Fiat ha scelto di unirsi con Chrysler, speriamo porti benefici. Ora li ha portati solo in America. Il fatto che ora a Melfi faremo delle Jeep credo sia positivo”. Ma siamo di fronte ad un’internazionalizzazione del lavoro oppure di una delocalizzazione di Fiat? “Il brutto arriverebbe se decidessero di chiudere Melfi e aprire in Cina. Ma se decidono di costruire sia in Cina sia a Melfi ben venga”. “Non avete paura che un giorno Fiat lasci l’Italia?”. “Secondo me non succederà” dice Caprarella. “Perché?” “Perché sono radicati in Italia – conclude il lavoratore – Fiat è considerato come un prodotto italiano”. Aldo Caprarella guadagna circa 1700 euro al mese. Come gli altri lavoratori di Melfi, pur di salvare il proprio posto di lavoro è disposto ad accettare nuove condizioni. “Secondo me certe regole che sono radicate da anni – dice Biagio Amoroso, lavoratore Fiat – bisogna cambiarle. Per quanto riguarda la produttività se c'è bisogno di lavorare di sabato, bisogna accettarlo. Bisogna essere competitivi per stare nel mercato globale”. La Fion-Cgil appare scettica sulle opportunità che potrebbero arrivare dal processo di globalizzazione. “C‘è il rischio che la potenzialità – dice Emanuele De Nicola, segretario regionale della Fiom – composta da 400 mila vetture per 5.500 operai con queste nuove produzioni rischiano di ridimensionarsi. Anche perché l’accordo firmato sulla cassa straordinaria non prevede esplicitamente il rientro di tutti i lavoratori alla fine dei 24 mesi”. I livelli di produttività in Italia sono tra i più bassi dei paesi Ocse. Gli imprenditori danno spesso la colpa ai sindacati. Per i sindacati le aziende non investono in progetti a lungo termine. In questo quadro è entrata in gioco un’economia basata sulla globalizzazione. “Tutto sommato pensavamo che la globalizzazione – dice Valerio Castronovo, economista – fosse a portata di mano per i paesi avanzati e noi eravamo tra questi. Allora eravamo il sesto o il settimo paese più industrializzato del mondo e pensavamo che tutto sommato i Paesi emergenti si limitassero a produrre delle merci di seconda qualità e non fossero in grado nemmeno di acquisire le tecnologie intermedie che l’Europa e anche noi avevamo. Questo è stato l'errore: una nostra vista corta”. “Non c‘è un quadro complessivo – aggiunge Emanuele De Nicola – di come si immagina l’industria dell’auto del futuro. È evidente che questi Paesi sono un effetto della delocalizzazione delle produzioni che si facevano in Italia. In Serbia, per esempio, producono un modello che si poteva fare in Italia”. Fiat ha recentemente investito in Serbia. Nella città di Kragujevac è stato costruito un nuovo impianto all’interno della vecchia fabbrica Zastava. È qui che viene prodotta la nuova 500L a cinque e sette posti indirizzata al mercato statunitese. Abbiamo incontrato due lavoratori della Fiat in Serbia, padre e figlio. “Quando ho iniziato a lavorare alla Zastava – dice Goran Ostajic, lavoratore Fiat – era molto pesante. Faceva freddo e il lavoro era duro. Poi è arrivata la Fiat ed è cambiato tutto: le strutture e i reparti sono migliorati. Sono stati rinnovati e c'è il riscaldamento. Si può stare al caldo e non si deve soffrire il freddo mentre si lavora”. “È un lavoro sicuro – aggiunge Aleksandar Ostajic – che ci permette di pianificare il futuro. Dopo essermi diplomato alle superiori, appena due o tre mesi dopo ho iniziato a lavorare alla Fiat. Sono qui da allora”. In questo stabilimento lavorano 1500 persone che guadagnano tra i 350 e i 400 euro al mese, poco più del salario medio serbo. Alla Zastava i lavoratori erano 25.000, ma non esistevano i macchinari robotizzati e gli stipendi erano leggermente inferiori rispetto agli attuali. Dalla fine della guerra alla transizione post-Milosevic la produttività dei lavoratori serbi è nettamente in crescita. “L’Italia è un Paese più maturo dal punto di vista delle relazioni industriali – dice Diego Velini, manager Fiat a Kragujevac –. La Serbia in termini di contrattualistica e tutela dei lavoratori è in una fase diversa però non vuol dire che tutto sia regalato, che il diritto dei lavoratori non esista. È una realtà diversa in un contesto diverso e quindi è possibile fare delle cose diverse”. “Quindi è più facile lavorare qui piuttosto che a Melfi o Pomigliano?”. “Io sono un esperto del diritto del lavoro italiano – aggiunge Diego Velini –. Sono due contesti diversi. Il fatto di aver organizzato un progetto qui non dipende solo dalla capacità della forza lavoro. C‘è dietro uno studio molto più ampio che riguarda un investimento nel suo complesso. Dalla possibilità di servire tutti i mercati, dalla localizzazione del sito, l’esperienza pregressa delle relazioni con la Serbia, un pacchetto anche di supporti ricevuti dal governo”. Guardando l’Italia attraverso l’esperienza delle fabbriche Fiat all’estero, emerge sempre più evidente la necessità di una riforma del mercato del lavoro, frutto di un accordo tra lavoratori e mondo impreditoriale. In questa partita non può mancare la classe politica. La nuova tornata elettorale in Italia potrebbe non interessare troppo la famiglia Ostajic. Ma in una visione di globalizzazione anche le frontiere sono cambiate. E una scelta politica in Italia non è detto che non possa avere ripercussioni là dove si è spinto il mercato del lavoro di Fiat.
(Fonte: http://it.euronews.com - 8/2/2013)

sabato 9 febbraio 2013

Fiom vs. Fiat: l'opinione di Giuliano Cazzola


Da anni alla Fiat si sta combattendo un guerra tra i vertici del gruppo e quelli della Fiom. È una guerra senza esclusione di colpi, ma, a modo suo, si svolge secondo delle regole. Maurizio Landini e i suoi perseguitano l’azienda non solo sul piano mediatico, avvalendosi del singolare appoggio di cui godono sui teleschermi, ma anche su quello giudiziario (giacché a livello sindacale possono ormai fare ben poco, vista la perdita di influenza della Fiom negli stabilimenti del gruppo), dove si è creata una situazione a macchia di leopardo: il più delle volte le sentenze sono favorevoli alla Federazione dei metalmeccanici della Cgil, ma capita anche che qualche giudice dia ragione al Lingotto. Ovviamente, nella pubblicistica di regime, quando una Corte sentenzia come chiede Landini si grida subito che “giustizia è fatta!”. Quando accade il contrario si riapre la sagra dei diritti conculcati. L’ultimo capitolo di questa guerra assurda riguarda il caso dei 19 iscritti alla Fiom che la Fiat è stata costretta ad assumere allo scopo di rimuovere quella che, a Pomigliano d’Arco, era ritenuta una discriminazione sindacale. L’azienda ha dato attuazione alla sentenza, ma non ha voluto avvalersi dell’opera di questi lavoratori che riceveranno, quindi, lo stipendio stando a casa. Questo fatto ha provocato le consuete reazioni dei soliti noti, tutti in coro a invocare i diritti, la dignità del lavoro e quant’altro. Sia chiaro: noi siamo d’accordo con il ministro Elsa Fornero che si è chiamata fuori da questa vicenda, auspicando che si torni a relazioni normali. Occorre però essere onesti. Perché non ci possono essere due pesi e due misure. È forse una normale prassi sindacale quella, adottata da Landini, di voler risolvere davanti a un giudice questioni squisitamente attinenti alle relazioni industriali, che andrebbero affrontate attraverso il negoziato? Ricorrere al giudice, però, è un suo diritto, benché nell’ambito dell’ordinamento intersindacale questa linea di condotta sia un’anomalia. Se è così, perché la Fiat dovrebbe privarsi di quanto le è riconosciuto dalla legge (dall’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori) per regolare i problemi della rappresentanza e della rappresentatività dei propri interlocutori? E perché non dovrebbe avvalersi di una giurisprudenza consolidata che consente ai datori di lavoro condannati alla reintegra di un lavoratore licenziato di assolvere al loro obbligo mediante la riassunzione e il pagamento delle competenze spettanti senza doverlo reimpiegare nuovamente nel processo produttivo? Del resto che altro avrebbe potuto fare, nel nostro caso, l’azienda? Condannata ad assumere 19 persone di cui, al momento, non aveva bisogno, sarebbe stata legittimata a licenziarne altrettanti. Anche questo comportamento - che avrebbe suscitato un mare di polemiche - sarebbe stato ampiamente legittimo, secondo quanto ha stabilito una giurisprudenza consolidata chiamata a pronunciarsi sulle procedure dei licenziamenti collettivi. È bene ricordare brevemente questi aspetti. I licenziamenti collettivi non sono oggetto di ricorso giudiziale, se non nel momento in cui, terminata la procedura di esame congiunto tra sindacati e impresa, quest’ultima provvede a risolvere i rapporti di lavoro. È tenuta a farlo seguendo dei criteri di priorità (anzianità del dipendente, carichi familiari, ecc.) nella scelta degli esuberi, violando i quali è soggetta al ricorso intentato da un lavoratore che si ritenga leso nei suoi diritti. In questo caso, è pacifico che il datore, condannato a riassumere un lavoratore a cui il giudice abbia riconosciuto che nei suoi confronti non sono stati rispettati i criteri di selezione, possa licenziarne un altro. A pensarci bene, allora, il Lingotto ha adottato le soluzione meno traumatica: ha dato attuazione alla sentenza riassumendo i 19 dipendenti, ma non ha ampliato gli organici. E, a maggior ragione, ha evitato di privarsi di altri 19 dipendenti colpevoli soltanto di non essere iscritti alla Fiom. Intanto, sia pure in condizioni di mercato difficili, gli investimenti negli stabilimenti del gruppo procedono. L’unica a negarlo è la Fiom, anche se i lavoratori - compresi quelli di Grugliasco - non le credono più.
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 5/2/2013)

venerdì 8 febbraio 2013

Fiat: nessuna chiusura o cessione di asset


Fiat ha livelli adeguati di liquidità per far fronte ai bisogni operativi, ai piani di investimento e alle incertezze sui mercati. Il Lingotto non ha bisogno di monetizzare i propri asset, né di vendere Ferrari.
NON SI CHIUDONO STABILIMENTI - Lo ha affermato l'azienda stessa il 7 febbraio in alcune slide preparate per un incontro con gli investitori a New York, sottolineando che il Lingotto e Chrysler già operano in modo integrato. «Fiat non è immune agli effetti di un carmageddon», ha affermato il Lingotto spiegando le difficoltà del mercato dell'auto europeo, dove la domanda nel 2012 è scesa per il quinto anno consecutivo. Un quadro quindi difficile all'interno del quale Fiat ha ritenuto di non dover chiudere altri impianti in Italia dopo quello di Termini Imerese, ma al contrario ha deciso di far leva sui marchi premium quali Alfa Romeo e Maserati, sul riallineamento del portafoglio prodotti e sul riposizionarsi per il futuro.
NESSUNA CONVENIENZA ECONOMICA - «Un ulteriore ristrutturazione della presenza in Italia con la chiusura di uno o due impianti non è economicamente conveniente perché comporta costi, per uno stabilimento di circa 5 mila addetti, per circa 500 milioni di euro per gli esuberi e altri 100 milioni di dollari per penalità contrattuali e la chiusura fisica dello stabilimento stesso», ha spiegato Fiat.
500 E PANDA PILASTRI DEL MARCHIO - «Ci sono poi dei costi meno quantificabili ma non meno significativi che sono stati considerati: l'impatto sociale e la discontinuità dovuta a potenziali scioperi». Per il futuro Fiat ritiene che «500 e Panda siano i pilastri del marchio», ma è necessario anche puntare su Jeep con la messa a punto di prodotti appropriati per i mercati europei e internazionali e su Alfa Romeo e Maserati nel segmento alto del mercato.
(Fonte: www.lettera43.it - 7/2/2013)

giovedì 7 febbraio 2013

Fiat archivia Fabbrica Italia Pomigliano

 
Fabbrica Italia Pomigliano addio, si ritorna in Fiat Group Automobiles. E' questo il riassetto societario che partirà dal 1° marzo prossimo. Un trasferimento di personale ed attività con cui l'azienda scioglie anche uno dei nodi più delicati sul fronte delle relazioni industriali, dopo la sentenza del tribunale di Roma sull'obbligo di reintegro di lavoratori Fiom: quello relativo al licenziamento unilaterale di 19 operai. Non solo. Si risolve in via generale anche il problema più ampio dei 1400 lavoratori della vecchia Gian Battista Vico la cui CIG è in scadenza a luglio; potrà infatti contare, grazie alla riorganizzazione, su di un possibile allungamento degli ammortizzatori sociali. Il progetto, infatti "intende rappresentare una più forte garanzia di ricollocazione, quando le condizioni di mercato lo consentiranno, per quei lavoratori di Fiat Group Automobiles dello stabilimento ancora in cassa integrazione". Sul fronte contrattuale, invece, altro capitolo caldo che aveva portato all'uscita da Confindustria e ad un duro scontro frontale con la Fiom, nulla cambia. Continuerà infatti ad applicarsi, spiega ancora Fiat, il contratto collettivo di primo livello in vigore in tutti gli stabilimenti del Lingotto. La decisione sarà comunque al centro di un esame congiunto tra azienda e sindacati, Fim, Uilm, Fismic e Ugl, convocati per il 7 febbraio prossimo a Pomigliano. Nei disegni Fiat, comunque, l'operazione, trova le proprie ragioni in un più ampio processo di razionalizzazione societaria e "nel superamento delle condizioni di fatto, delle esigenze organizzative e industriali e dei vincoli che avevano condotto alla costituzione di una società dedicata all'investimento relativo a Nuova Panda". Fabbrica Italia Pomigliano cioè ha concluso "con grande successo la delicata fase di realizzazione dell'investimento e di avvio della produzione del nuovo modello, dando vita ad un complesso produttivo fortemente innovativo e tra i migliori del settore", spiega ancora l'azienda. Sull'annuncio non si esprime però la Fiom che rinvia ogni giudizio ad un esame più attento e puntuale del progetto: "lo valuteremo anche con i legali", dice puntando però il dito contro "l'inganno" che avrebbe escogitato il Lingotto e che sarebbe stato disvelato dal progetto presentato oggi. "La costituzione della newco Pomigliano, è stata solo uno stratagemma ideato da Fiat per uscire da Confindustria, non applicare il contratto nazionale di lavoro e discriminare le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Fiom", dicono le tute blu della Cgil ribadendo l'obiettivo del sindacato; "di far tornare al lavoro tutti i dipendenti del Gian Battista Vico" e, nel caso di cali produttivi, "di ricorrere ai contratti di solidarietà per redistribuire su tutti i carichi di lavoro". Intanto un plauso aperto arriva da Fim, Uilm e Ugl mentre più fredda appare la Fismic. "Con la costituzione di un'unica società, è stata trovata una soluzione per tutti i lavoratori nessuno escluso, evitando qualsiasi licenziamento", spiega il segretario nazionale Fim, Ferdinando Uliano, rivendicando al sindacato la soluzione anti-licenziamenti. "La Fiom invece continua a fare solo politica e polemiche inutili per i lavoratori", dice ancora. Soddisfatta anche la Uilm. "E' una decisione importante, è stato un suggerimento che abbiamo avanzato tempo fa al Gruppo e che l'azienda ha raccolto. Non aveva d'altra parte più senso l'isolamento da Fiat di FIP. Ora l'auspicio è che il mercato dell'auto continui a salire, per dare la piena attuazione alla ricollocazione dei lavoratori", aggiunge il segretario nazionale della Campania, Giovanni Sgambati. E positive anche le parole Ugl. "Lavoreremo per far sì che siano superati una volta per tutte quei malintesi che hanno determinato in questi mesi un'inaccettabile frattura fra i lavoratori già riassorbiti in Fabbrica Italia Pomigliano e quelli ancora dipendenti da Fiat Group Automobiles", dice il segretario nazionale dell'Ugl Metalmeccanici, Antonio D'Anolfo, mentre la Fismic è pronta a dire sì solo se non si tratta di "un mero espediente per aggirare la sentenza del Tribunale sui 19 lavoratori in mobilità". Intanto, sul fronte delle immatricolazioni, nuovo calo per Fiat. A gennaio il Gruppo ha immatricolato oltre 34 mila vetture, con un calo del 15,76% e una quota di mercato del 30,1% (+0,65 punti percentuali rispetto all'anno scorso).
(Fonte: www.repubblica.it - 3/2/2013)

mercoledì 6 febbraio 2013

Francesca Faggioni (Università Roma Tre): "Ecco come Fiat acquisirà Chrysler"


Intervista a Francesca Faggioni, docente di Economia e gestione delle imprese presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi Roma Tre. La professoressa Faggioni, esperta di internazionalizzazione delle imprese, innovazione, trasferimento tecnologico, studio dei processi logistici e produttivi in ottica transnazionale, si è resa disponibile a rispondere alle nostre domande in merito al tentativo di acquisizione da parte di Fiat del 100% della statunitense Chrysler.
Per prima cosa vorrei sapere da Lei cosa comporterebbe per la Fiat l’acquisizione delle quote della Chrysler. Attualmente la Fiat detiene il 58,5% dell’azienda e sarebbe intenzionata ad ottenerne il 100%, cosa accadrà?
L’ipotesi di una fusione Fiat con Chrysler aprirebbe la possibilità a Fiat di disporre della liquidità del gruppo statunitense, sulla falsa riga di quanto già accaduto attraverso l’operazione Fiat Industrial- CNH. A ciò farebbe seguito un deciso incremento delle potenzialità strategiche e operative del gruppo. Forti potenzialità potrebbero inoltre derivare dal nuovo assetto transnazionale che il colosso guadagnerebbe, essendo definitivamente in grado di sfruttare le sinergie fiscali e finanziarie derivanti dalla presenza sui mercati più evoluti e/o più favorevoli. Eminenti studiosi di strategie e di imprese internazionali ricordano che le imprese transnazionali a dispetto di quelle multinazionali non operano “nei mercati”, bensì “tra i mercati” internazionali: tale specificità implica da un lato il progressivo sradicamento culturale delle imprese transnazionali rispetto al loro paese di origine e dall’altro la capacità della stesse di sfruttare le occasioni che si concretizzano via via in ogni Paese, decidendo di localizzare, laddove appaia più opportuno, fasi ben precise della propria catena del valore. Fiat è sempre stata espressione della cultura italiana, per anni ha permeato di sé una città. Oggi, quale impresa transnazionale, appare in grado di costruire la sua storia come cittadina del mondo e probabilmente è ciò che accadrà.
Quali saranno i tempi di questa operazione?
I tempi dell’operazione non mi sono noti, sebbene il diritto di opzione di Fiat per l’acquisto di circa il 41% di Chrysler dal fondo dei sindacati Veba possa essere esercitato fino al 30 giugno 2016 . Fiat come lei sa ha già avuto la possibilità di incrementare la sua quota azionaria in Chrysler dai primi di luglio 2012 con l’offerta a Veba di 192 milioni che non è andata in porto, e la partecipazione è ancora al 58% in attesa che la corte del Delaware si pronunci. Probabilmente l’accordo avverrà ad un prezzo più oneroso di quanto previsto, ma la direzione è comunque quella intrapresa e, salvo cambiamenti radicali di scenario, credo che Marchionne perseguirà sulla strada dell’acquisto.
Com’è noto la situazione negli stabilimenti Fiat non è delle migliori e, nella maggior parte delle fabbriche, si registra un massiccio uso della cassa integrazione. Cosa accadrà agli stabilimenti Fiat? L’acquisizione di Chrysler avrà delle conseguenze sugli investimenti del Lingotto negli stabilimenti italiani?
Non credo al momento ci sia da aspettarsi un grosso cambiamento per gli operai Fiat in Italia, oltre a quelli già annunciati recentemente, i quali pur dolorosi a presente, prefigurano un futuro incremento delle linee su Melfi. Per il futuro, l’Italia quale produttore dovrà fronteggiare due ordini di problemi, uno inerente la produttività e il costo del lavoro rispetto ad altri Paesi europei ed extraeuropei, un altro concernente l’eccesso di capacità produttiva e quindi di offerta rispetto alla domanda del mercato. Tale difficoltà riguarda tutti i produttori in generale e si palesa non solo a livello nazionale ma anche mondiale. Pensi a Toyota che nelle settimane scorse ha annunciato che non aprirà nessun nuovo stabilimento in nessun mercato per i prossimi 3 anni, bensì provvederà a selezionare e a razionalizzare la sua capacità produttiva globale negli stabilimenti esistenti. Un processo simile riguarderà quindi tutti i produttori e sarà caratterizzato da un deciso incremento della concorrenza infragruppo ad ogni produttore e quindi alla selezione dei siti produttivi esistenti.
Nel tentativo di reperire le liquidità necessarie all’acquisizione di Chrysler, alcune indiscrezioni riportate dai giornali, indicavano una possibile ricapitalizzazione dell’azienda come possibile soluzione. In pratica, in cosa consisterebbe tale aumento di capitale? Pensa che verrà davvero portato a termine?
Al momento mi pare ci sia stata una smentita sull’operazione di ricapitalizzazione. Tra l’altro i mercati hanno già dimostrato di reagire negativamente ad una notizia di questo tipo, soprattutto se legata all’acquisto dal fondo Veba. Al momento Fiat dovrebbe disporre di una certa liquidità e poi ci sarebbe la possibile alienazione di Magneti Marelli.
Si è ampiamente parlato anche della possibile vendita di Magneti Marelli, la vede una cosa probabile? È questa la soluzione?
Io credo che questa sia solo una estrema ratio. La vendita di questa società porterebbe ad un cambiamento dell’attuale assetto societario per la parte “componenti e sistemi di produzione”, pertanto si imporrebbe un redesign dell’offerta e delle aree strategiche di affari. Credo che la situazione si dipanerà progressivamente a partire da quello che stabilirà la corte del Delaware a marzo sull’offerta a Veba: da quel momento saranno più chiari i tempi per procedere all’acquisto della restante quota azionaria e l’entità e la natura delle risorse necessarie per portare a termine l’operazione.
(Fonte: www.forexinfo.it - 31/1/2013)

martedì 5 febbraio 2013

Marchionne a Ezio Mauro (la Repubblica): "Fusione Fiat-Chrysler nel 2014"


Nessuna chiusura di stabilimenti, anzi piena occupazione nelle fabbriche italiane della Fiat «anche prima dei 3-4 anni previsti». Le auto di lusso, Alfa Romeo e Maserati, nuova frontiera degli impianti del Belpaese, con un occhio di riguardo a Mirafiori che affiancherà il polo Maserati di Grugliasco. Fusione fra Fiat e Chrysler entro il 2014. Ma anche una dura polemica con Volkswagen e la Fiom di Maurizio Landini. E’ un Sergio Marchionne scoppiettante quello che ieri si sottopone per un’ora e mezza, alle domande del direttore di Repubblica, Ezio Mauro, nell’intervista pubblica organizzata al teatro Carignano di Torino. Tutta l’attuale occupazione del Lingotto è confermata. «L’impegno che abbiamo preso è quello di portare tutti in casa. Lo ripeto - dice Marchionne rivolto alla platea torinese - Mirafiori non si chiude e con Grugliasco diventerà il polo del lusso». L’ad di Fiat non svela, però, le sue carte e spiega perché. «Minacciare la concorrenza con una vettura non pronta non è una buona idea. Se bisogna fare a botte, bisogna presentarsi con i guantoni. C’è grande spazio nel mercato premium. Io vedo la ripresa fuori dall’Europa. Se siamo intelligenti riusciremo a fare una cosa molto diversa dai tedeschi». Già, i tedeschi, ossia la Volkswagen. Il manager col maglioncino nero lo confessa: non li ama. «Faccio fatica a pronunciare quel nome, mi devo allenare ogni mattina. Li ammiro per il grande lavoro fatto negli ultimi trent’anni, ma non sopporto l’arroganza. Non mi vergogno di essere italiano e non devo niente a nessun tedesco. Cosa devo imparare dai tedeschi? Ci sono momenti in cui bisogna essere orgogliosi di essere italiani. E uno di questi sarà a marzo al salone di Ginevra. Presenteremo l’auto più costosa del mondo, la nuova Ferrari. E la facciamo in Italia, con operai italiani». Sembra un fiume in piena, Marchionne. «L’Alfa Romeo? L’ho detto 200 mila volte che non è in vendita. Sarà uno dei marchi premium su cui puntiamo. Non la vendiamo certo. Men che meno a loro, a Volkswagen». L’ad del Lingotto fa autocritica. «Il mio sbaglio più grande in Fiat è stato annunciare pubblicamente Fabbrica Italia. E’ stata una imbecillaggine eccezionale e non perché quella fosse un’idea sbagliata. Se avessimo fatto quell’annuncio altrove, in America, in Brasile o in Canada, tutti avrebbero capito che la proposta era condizionata dalla reale situazione di mercato. Allora le previsioni del mercato europeo si attestavano su 15-16 milioni di vetture. Con quelle condizioni lì, lanciare Fabbrica Italia era un discorso razionale, ma in un mercato che andava in direzione opposta sarebbe stato micidiale: la Fiat falliva». Da qui, di fronte a un mercato depresso, anche la decisione di non lanciare nuovi modelli. «Ci sono momenti - spiega - in cui è meglio alzarsi dal tavolo e non fare le cose piuttosto che mettersi a farle. Come a poker. Fiat è cambiata drasticamente negli ultimi nove anni, oggi va intesa come una realtà internazionale in grado di bilanciare le proprie attività a seconda dell’andamento dei diversi mercati. Un atout che non tutte le case europee sono oggi in grado di giocarsi, soprattutto in un mercato come quello del Vecchio Continente appesantito dalla sovraccapacità produttiva. Il mercato U.S.A. nel 2009 era a 10 milioni di vetture, quest’anno sta andando verso i 15 milioni. C’è spazio per i nostri marchi». Poi ricorda che oggi i francesi che hanno lanciato una sfilza di prodotti perdono 200 milioni di euro al mese. E sentenzia: «Se io dovessi perdere quella cifra al mese, non durerei più di un paio d’anni». Una strategia, assicura il manager italo canadese, totalmente condivisa con gli azionisti. «Sono nove anni che lavoro con John Elkann e non c’è mai stato un momento di divergenza di opinioni tra noi. Le scelte sono state condivise e appoggiate in maniera chiara da parte della famiglia Agnelli. Senza di loro oggi la Fiat non ci sarebbe. Per quello che ne so, la famiglia non ha venduto un’azione Fiat da quando ci sono io. Negli ultimi vent’anni la famiglia Agnelli non si è sottratta ad aumenti di capitale per ripianare le perdite». Dura la risposta al leader della Fiom, Landini, che proprio a Torino ha chiesto di riaprire un tavolo di confronto con Fiat. «Credo che sia presuntuoso chiedere che si riapra un tavolo quando tutti gli altri sindacati hanno scelto di condividere con noi un altro percorso. A Landini dico che deve far pace con gli altri sindacati. Non può schierarsi contro la maggioranza dei lavoratori della Fiat. Non può credere di rappresentare la maggioranza degli stabilimenti se non è firmatario del contratto. Non fa parte della democrazia. E’ una cosa sbagliata. Consiglierei di trovare un metodo per collaborare con gli altri sindacati e di presentarsi in maniera compatta. Conviene a tutti». E ancora: «O si fida del management come fanno gli altri sindacati, non solo in Italia, o non ha senso. Lui non conosce i mercati mondiali. Il signor Landini ha messo in dubbio la nostra capacità di fare auto di lusso. Ma scherziamo? Vada a fare altro». Poi la stoccata finale: «Non so quando Landini sia stato eletto, ma fino alla sua entrata non ho avuto problemi a fare accordi con la Fiom». L’ultima battuta è sulle elezioni. Cosa si aspetta Marchionne dopo il voto? «Che come premier arrivi una persona seria che prenda impegni e li rispetti. Non basta che faccia fare i sacrifici, è necessario che dica anche a che cosa servono. Il nuovo governo deve far ripartire l’economia e rilanciare i consumi».
(Fonte: www.lastampa.it - 4/2/2013)

lunedì 4 febbraio 2013

Fiat: aggiornamento sui piani di produzione


Profitti oltre le attese, rilancio dello stabilimento di Grugliasco e solidità del mercato statunitense. E nonostante questo, produzione in contrazione in diversi stabilimenti europei del gruppo. Per Fiat-Chrysler il 2013 rischia di essere ancora peggiore del 2012. I consumi sono dati in calo, la recessione lascerà il posto a una stagnazione entro la fine dell’anno e le prospettive del mercato automotive sono negative. Linkiesta ha potuto visionare gli ultimi piani operativi del gruppo Fiat, in cui si confermano le parole dell’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne. «Il fondo non è ancora stato toccato», ha detto. E ha ragione. Specie per Mirafiori, lo stabilimento simbolo della Fiat. Se è vero che è nato il nuovo sito di Grugliasco, destinato alla produzione delle nuove Maserati, è altrettanto vero che il futuro italiano di Fiat rimane fragile, complice la scarsità della domanda, sia domestica sia all’interno dell’eurozona. Nel complesso, come dimostrano i piani in possesso de Linkiesta, la produzione per gli stabilimenti italiani sale dalle 389.000 vetture del 2012 alle 469.000 previste per il 2013. E quella per gli stabilimenti esteri (Polonia, Serbia, India, Cina, Argentina, Brasile) toccherà quota 1.547.000 auto. Tre volte tanto.
Mirafiori - Lo stabilimento storico del gruppo, il cuore dal quale sono nati i modelli più famosi e venduti, vedrà un 2013 in netta flessione rispetto all’anno appena trascorso. Si passerà infatti da circa 41.500 vetture e 28.074. A trainare il sito torinese sarà ancora una volta la Alfa Romeo MiTo, che passerà dalle circa 25.000 unità prodotte nel 2012 alle oltre 28.000 previste per l’anno in corso. E dire che, secondo i piani operativi del gennaio 2012, le previsioni per la piccola di Arese costruita sulla base della Grande Punto erano per circa 45.300 vetture. Usciranno di produzione, di contro, le vetture della Linea 1, ovvero Fiat Idea e Lancia Musa, rimpiazzate dalla Fiat 500L. Resta invece l’incognita sulla Fiat 500X, il crossover del Lingotto su base 500. Presente nei piani operativi dello scorso settembre, è scomparsa da quelli di gennaio. Rimangono anche i dubbi sull’intero stabilimento di Mirafiori, che nel 2009 ha visto uscire dai cancelli 172.000 automobili. Un tracollo senza fine.
Cassino - Per lo stabilimento definito da Marchionne come «il più avanzato d’Italia» il 2013 sarà un anno difficile. La produzione totale per il 2012 si è attestata a quota 97.000 unità, con una netta revisione al ribasso delle stime di gennaio 2012, 139.800 vetture. E per il 2013 gli ultimi piani operativi vedono un leggero aumento rispetto al 2012, fino a toccare quota 103.410 automobili. Si tratta, anche in questo caso, di una revisione rispetto alle stime dello scorso settembre, che ipotizzavano una produzione 2013 di 111.700 automobili. L’appeal di Fiat Bravo, Lancia Delta e Alfa Romeo Giulietta, nonostante la crescente competizione europea e sudcoreana, resta quindi invariato rispetto agli ultimi anni.
Melfi - Lo stabilimento in provincia di Potenza vedrà una crescita della produzione. Gli ultimi piani operativi del Lingotto vedono una produzione finale del 2012 a quota 144.500 vetture, mentre quella per il 2013 a poco più di 151.000. La Punto, prodotta nelle sue varie declinazioni, terrà Melfi sopra le 150.000 vetture l’anno, al contrario di quanto previsto dai piani dello scorso settembre. Finita la vita della Grande Punto EVO, rimarranno le circa 16.000 vetture della Grande Punto Actual, le 23.000 della Grande Punto Serie 6 e le 112.000 della Serie 7, l’ultima nata del gruppo che entrerà in linea a febbraio.
Pomigliano - Il vero vincitore del 2012, ma anche del 2013, è Pomigliano. Con il cambio del nome e con la nuova società, cioè Fabbrica Italia Pomigliano, è arrivata anche la produzione della Fiat Nuova Panda, strappata al sito polacco di Tychy. E sono in calo le stime di produzione per questo modello. I piani operativi dello scorso settembre vedevano nel 2013 circa 177.500 unità. Saranno invece 165.000. Si tratta comunque di un aumento rispetto alla produzione dell’anno passato, ferme a quota 106.000. La Nuova Panda è stata ben recepita sul mercato, ma il calo della domanda è comunque tale da costringere il Lingotto a rivedere la sua produzione.
Grugliasco - È questa la vera novità del gruppo Fiat. Nello stabilimento di Grugliasco, vicino Torino, saranno prodotti i nuovi modelli Maserati, per lo più destinati all’esportazione verso mercati più attivi e ricettivi per questo genere di vetture. Per il 2013 i primi Piani operativi vedono la nascita di due modelli - nomi in codice M156 e M157 - per un totale di 20.200 unità, circa 10.000 vetture l’una. Non molto, ma comunque in grado di far sopportare al Piemonte il calo di Mirafiori. La M156 è la nuova Quattroporte, già presentata, mentre la M157 sarà un’inedita berlina-coupè che sarà probabilmente presentata al prossimo salone di Francoforte.
Tychy - Dopo essere stato per anni il fiore all’occhiello della produzione di Fiat, lo stabilimento polacco si è visto scippare la produzione della Nuova Panda da parte di Pomigliano, compensata dalla Lancia Ypsilon. Pertanto, il calo della produzione complessiva sarà evidente. E potrebbe essere ancora più marcato se Ford decidesse di stoppare anticipatamente la vita commerciale della Ka, nata dal pianale della Fiat 500 e prodotta proprio in Polonia. La produzione per il 2013 si attesterà a 263.000 automobili. Rimarranno in produzione quindi la Ypsilon, circa 63.500 unità, la 500, circa 153.000 unità, e la Ford Ka, 46.000 vetture. Confermata, rispetto alle stime di settembre, la produzione 2012 a 389.000 auto. Di contro, sarà difficile che si potrà tornare alle 588.000 automobili del 2009, a meno di nuovi investimenti.
Kragujevac - Lo stabilimento serbo, insieme a Pomigliano, è quello che ha subito la più intensa trasformazione negli ultimi anni. Se fino al 2012 era un sito quasi minore, la riconversione gli ha permesso di essere pronto per la Fiat 500L, il crossover urbano del Lingotto. Dopo i numerosi ritardi, finalmente nel 2013 si arriverà a un ritmo produttivo di circa 141.000 vetture l’anno. La 500L sarà prodotta in 86.500 vetture, mentre la 500L Long, versione più grande dell’attuale modello, a fine 2013 vedrà nascere 10.200 unità, dopo un avvio della produzione ad aprile. Significativa anche la quota della 500L destinata agli Usa. Anche in questo caso, nessuna evidenza della presenza della 500X.
Ranjangaon - Lo stabilimento indiano nel quale sono prodotte Fiat Linea, Fiat Grande Punto, Tata Vista, Tata Manza e Tata Indica sarà uno di quelli che vedrà una delle maggiori crescita della produzione. Si passerà infatti dalle 52.300 vetture nate nel 2012 alle 89.000 stimate per l’anno in corso. Merito soprattutto della nascita, nel 2012, della Vista, che salirà fino a quota 29.600 unità. Del resto, l’accordo fra il Lingotto e Tata è funzionale a entrambi ed è destinato a crescere ancora nei prossimi anni.
Faasa Argentina - In netta crescita rispetto al 2012 anche lo stabilimento argentino. Qui nascono la Fiat Palio, la Fiat Siena e la Fiat Nuova Palio. Se per l’anno appena finito la produzione si è attestata a 79.700 automobili, nel 2013 si raggiungeranno le 150.400 unità, secondo gli ultimi piani operativi del Lingotto. In aumento la linea della Siena, da 40.000 a 61.000 vetture, a pieno regime la Nuova Palio, che toccherà le 86.500 unità.
Fiasa - Lo stabilimento brasiliano di Betim è, attualmente, quello più produttivo per Fiat-Chrysler. I dati parlano da soli: nel 2012 sono uscite 804.000 vetture. Nessun altro sito può garantire un tale apporto per il Lingotto. I modelli prodotti sono di successo, dalla Fiat Albea alla Fiat Uno, e continueranno a esserlo anche nel 2013, anche se con una contrazione del tutto irrilevante delle stime. Il Lingotto prevede infatti che la produzione finale per Fiasa si attesti a 803.900 unità.
Changsha - Ecco un’altra novità positiva per Fiat. Lo stabilimento cinese di Changsha, dove si produce la Fiat Viaggio, sarà uno di quelli più utilizzati. Nel luglio del 2012 è iniziata la produzione della Viaggio, tre volumi su pianale C-Compact, che sarà probabilmente la base della nuova Fiat Bravo. A fronte di una produzione complessiva di 20.400 vetture, nel 2013 le stime Fiat vedono Changsha superare le 100.000 vetture, a un ritmo iniziale di 5.000 vetture al mese, che diventeranno dapprima 7.000 e poi finiranno l’anno oltre le 10.000 al mese.
La situazione di Fiat-Chrysler è particolare. In grande spolvero sul mercato statunitense, stagnante quello europeo, in crescita su quelli emergenti, dove sta riuscendo a raggiungere quote importanti. Per l’Europa il vero nuovo modello, seppure di nicchia, sarà la Alfa Romeo 4C, la piccola coupè che nascerà nel principale stabilimento Maserati. La produzione inizierà nel prossimo giugno e a fine 2013 si toccheranno le 1.100 vetture l’anno. La 500X latita, dopo essere apparsa sui piani operativi dello scorso settembre. L’erede della Punto è ancora un lontano miraggio: fonti interne a Fiat confermano che è tutto in fase embrionale. E Mirafiori, il simbolo della Fiat di Gianni Agnelli, è sempre più una cattedrale nel deserto. Anche per il 2013 Fiat guarderà più agli Stati Uniti e al Sud America che all’Italia, pur sempre con un occhio alla Cina. Data la congiuntura, non potrebbe fare altrimenti.
(Fonte: www.linkiesta.it - 31/1/2013)