domenica 30 settembre 2012

De Benedetti: "Ammiro Marchionne, ma se l'industria non investe ha già perso"


La fase più emergenziale della crisi finanziaria italiana sembra - per il momento - essere stata superata, ma c'è tra noi una guerra ancora tutta da combattere. È quella del lavoro. Un conflitto su scala globale esploso da quando la mondializzazione e la digitalizzazione della produzione hanno spostato ed espulso migliaia di lavori dalle nostre economie; da quando i nuovi Paesi si sono affacciati nel cammino, se non della libertà, almeno della storia, da quando il computer e l'automazione hanno sostituito tanto lavoro umano e manuale. È la creazione di lavoro la priorità che abbiamo davanti. E l'Europa questa guerra può vincerla. Ha tutte le armi per farlo. Purché abbia ben in mente qual è la guerra che sta combattendo e quali sono le armi di cui dispone per vincerla. La sfida con i Paesi emergenti non si combatte ormai sul costo del lavoro. Come ben spiegava qualche settimana fa Romano Prodi, le distanze rispetto a 20 anni fa si sono attenuate: un lavoratore che in Asia dieci anni fa costava 40 volte in meno rispetto all'Europa, oggi costa cinque volte in meno. Sempre molto, ma il campo di gioco si va livellando. Non è più su questo che la Cina vince oggi la sua battaglia. È piuttosto sulla capacità di offrire innovazione continua e una supply chain efficiente e competitiva. Sarebbero guai per l'Europa se ci attardassimo a combattere con gli occhi rivolti al passato. Se pensassimo che competitività e produzione si difendono con un'anacronistica battaglia sulla riduzione dei costi o sull'alleggerimento del welfare. È tutt'altro. Sono gli investimenti in tecnologie avanzate, in ricerca, in innovazione quelli che ci permetteranno di produrre ancora lavoro e lavori per i nostri giovani. È in questo contesto che va letta la vicenda Fiat. Quando Sergio Marchionne spiega che fa la 500L in Serbia perché i salari sono geometricamente più bassi sembra dire un'ovvietà, ma in realtà sbaglia. La sua apparente logica cartesiana è contraddetta dal fatto che a Wolfsburg o a Stoccarda si fanno automobili con un costo del lavoro alto ma con buoni profitti. E ciò avviene per il semplice fatto che lì sono stati fatti investimenti in innovazione e qualità che permettono una produzione di alta qualità collocabile sul mercato a prezzi alti. Se invece non investi in valore aggiunto e innovazione scapperai sempre e non risolverai i problemi del tuo Paese. Bisogna produrre con costi italiani prodotti di qualità italiana, così come i tedeschi stanno vincendo la loro guerra del lavoro con costi tedeschi e qualità tedesca. Le politiche pubbliche devono certamente contribuire a ridurre il peso del fisco sui salari, ma senza una scommessa, pubblica e privata, sugli investimenti in innovazione e qualità l'Italia, con la sua seconda manifattura d'Europa, è destinata a declinare inesorabilmente. Pur ammirando le indubbie capacità di Marchionne, contesto radicalmente la sua argomentazione per la quale in un mercato debole non si investe. Se nel 2014, come dice, arriverà una ripresa della domanda di automobili, è evidente che bisogna investire ora, in modo da arrivare con una catena produttiva innovativa e con buoni modelli all'appuntamento con i nuovi potenziali clienti. Per non parlare della catena di vendita, punto di forza tradizionale di Fiat, che di questo passo tra un anno sarà smantellata. La Fiat deve investire per fare automobili che portino nelle loro linee e nei loro motori il marchio positivo della qualità italiana. Altro che Serbia. Ma loro stessi sembrano non crederci più. Rivendicano l'investimento nella Bertone, ma il segno della sfiducia è nell'aver perso in favore di Volkswagen la capacità di design e di alta tecnologia di Giugiaro. Eppure è lì, fuori Torino, a 15 chilometri dagli stabilimenti Fiat. Per non parlare della favola degli investimenti da 20 miliardi in Fabbrica Italia. Innanzitutto quando furono annunciati il calo delle immatricolazioni in Europa era già in corso (da 16 milioni di vetture nel 2007 a 13,8 nel 2010), quindi il quadro non è così cambiato. Ma soprattutto quella cifra era dall'inizio chiaramente sovradimensionata: da una parte, infatti, non è nelle disponibilità di cassa netta di Fiat; dall'altra equivarrebbe alla spesa necessaria per far nascere 20 fabbriche nuove, un'assurdità. Era uno specchietto per le allodole. Ma non è Fiat il cuore del problema che abbiamo davanti. Il problema è il lavoro, l'occupazione oggi in Italia e in Europa. Se mi sono dilungato sulla vicenda del Lingotto è proprio perché è simbolica dell'incapacità di guardare a questo problema, e a quello strettamente connesso del futuro del manifatturiero italiano, in chiave moderna. Vedo intorno a me troppi imprenditori con l'ansia della delocalizzazione per ridurre i costi del lavoro. Ma non è questo il global manufacturing che dobbiamo inseguire. Anche perché spunteranno sempre Paesi che produrranno a costi inferiori rispetto ai nostri. È scommettendo sull'Italia e l'Europa, sulla qualità delle nostre produzioni, che potremo difendere il primato del nostro manifatturiero. E del nostro lavoro. Come diceva Cipolla, il segreto del miracolo italiano è stato nella capacità di produrre all'ombra dei campanili cose belle, che piacciono al mondo. Lo è stato da sempre. Non è che fosse economico costruire statue in Toscana all'epoca di Michelangelo, ma quelle statue si vendevano bene perché erano belle. Noi oggi invece ci lasciamo scappare Giugiaro e andiamo a fare macchine in Serbia. Pochi investimenti, nessuna innovazione, competizione al ribasso delocalizzando: il modo migliore per perdere la guerra del lavoro. I nostri giovani non ci diranno grazie.
Post scriptum - A proposito di statue e di Firenze, Bill Gates mi diceva: se avessi avuto l'archivio degli Uffizi ci avrei fatto più utile che con Windows. Era forse un paradosso, ma ricordiamocelo quando parliamo del futuro dell'occupazione in Italia: il territorio e la cultura sono una forza straordinaria per la nostra capacità di produrre e creare ricchezza.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 22/9/2012)

sabato 29 settembre 2012

I dubbi su Fiat: intervista a Giuseppe Berta


Vertice Governo-Fiat: ne parliamo con il professor Giuseppe Berta, docente all’Università Bocconi di Milano. Berta è un grande esperto di storia dell’industria e delle relazioni sindacali. Alla “Fiat-Chrysler” ha dedicato un saggio edito dalla casa editrice Il Mulino di Bologna.
Professore, a leggere il comunicato congiunto dell’incontro tra il Governo e la Fiat ci sono più dubbi che certezze. Per lei?
Anche per me, nel senso che l’incontro Governo-Fiat non ha sciolto le aspettative inerenti l’opportunità di conoscere la dislocazione della produzione dell’anno prossimo. Quello che abbiamo saputo è che l’azienda, insieme con il governo, studierà delle misure per favorire l’export, in questo modo in alcuni stabilimenti dovrebbero essere spostate delle produzioni per essere destinate ai mercati internazionali, in primo luogo Nord America. Però siamo ancora agli stadi preliminari, è una premessa, ma non sappiamo in che misura questo sarà possibile e quali appoggi potrà dare il governo per favorire questa operazione.
La Fiat promette di rimanere in Italia. Ma in che modo? Non c’è chiarezza...
Per il momento l’impegno è quello di non chiudere gli stabilimenti italiani. La Fiat si è presa l’impegno di non alterare la capacità produttiva: dunque in questo momento non è a rischio la sopravvivenza di nessun stabilimento in Italia, questo non vuol dire però che venga garantito il lavoro, l’attività per ogni struttura produttiva e vi è il rischio di ulteriori lunghe fasi di cassa integrazione.
Nel documento c’è la conferma che Fiat non investirà prima del 2014. E questo è un punto fondamentale. Cioè come “sopravviverà” Fiat fino a quella data, tenendo conto del crollo del Mercato europeo? Con la cassa integrazione in deroga?
La cassa integrazione in deroga è una delle possibilità, anche se questa misura si scontra con la nuova legge, che regola il mercato del lavoro, voluta dal ministro Fornero, e che postula il superamento della cassa integrazione straordinaria e dunque è difficile immaginare quali ammortizzatori sociali possano essere impiegati per garantire la continuità degli impianti. Diventa problematico stabilire come si potrà andare avanti perché la cassa integrazione almomento non è la via più accessibile. Si vorrebbe aumentare la produzione destinata alle esportazioni ma anche questa strada è da esplorare e da scoprire e da verificare nella sua effettiva praticabilità.
Veniamo un po’ alla storia recente di Fiat. Parliamo dei 20 miliardi di investimenti promessi due anni fa. Oggi, se mai è esistito, quel piano è stato cancellato. Per molti è stato solo un grande “bluff”. Per lei?
Quel piano era stato concepito in un’epoca in cui evidentemente i vertici della Fiat pensavano ci sarebbe stata in Europa una ripresa del mercato dell’auto come c’è stata in America. In America c’è stato un urto molto forte della crisi del 2008 e poi c’è stata una graduale e sempre più intensa ripresa; invece il mercato europeo ha seguito un andamento contrastante, perché ha continuato la sua caduta anche perché sono state adottate dure politiche di austerità e contenimento dei consumi, l’urto più duro si sta subendo adesso. Quanto ai 20 miliardi era una cifra adombrata ma non specificata nelle sue specifiche modalità: i due investimenti più importanti sono quello di circa 800 milioni di euro a Pomigliano d’Arco e quello che sta per essere completato nell’area industriale di Torino, a Grugliasco, dove è aperto lo stabilimento destinato a produrre le auto della Maserati.
Nel suo libro su “Fiat-Chrysler”, il libro è del 2011, affermava: che questa nuova realtà nasce “apolide” e dall’identità ancora “indistinta”. Alla luce degli ultimi avvenimenti conferma o cambia questo giudizio?
Confermo in pieno, perché direi che il radicamento nel contesto italiano non è certo aumentato, non è che la Fiat sia oggi più radicata di quanto lo fosse ieri nel nostro paese, anzi se andiamo a vedere i volumi degli investimenti, essa è più radicata sia in America del Nord con Chrysler che in America Latina col marchio Fiat. Quelle sono le due realtà maggiori di riferimento e in cui si stanno compiendo i maggiori investimenti, non certo in Italia.
Parliamo di Sergio Marchionne: grande manager o grande “scommettitore”?
Direi un grande “negoziatore”, è abilissimo nel negoziare delle opportunità, che favoriscono l’azione della sua impresa: è stato così in America con il presidente Obama e la task force dell’auto, è stato così nell’America Latina dove si è fatto finanziare all’85% il nuovo stabilimento di Betim in Brasile ed è stato così anche in Serbia dove ha ottenuto dallo stato serbo il nuovo stabilimento da cui stanno uscendo le 500L. Purtroppo il nostro paese ha poche risorse da negoziare, dal momento che il governo stenta a trovare i 400 milioni di euro necessari al lancio del decreto sviluppo.
Ultima domanda: senza innovazione di prodotto ci si perde nella competizione globale e, purtroppo, Fiat è carente su questo fronte. Nei giorni scorsi si è parlato di un futuro tedesco per Mirafiori: è possibile questo?
Io non lo ritengo tanto probabile, nel senso che all’inizio dell’anno ci sono stati contatti con Volkswagen e gruppo Fiat per la produzione del marchio Alfa Romeo, è vero anche che il gruppo Fiat chiedeva un altro prezzo per il marchio e non voleva cedere solo il marchio ma anche dare una o due fabbriche insieme al marchio, in modo da vincolare la produzione delle nuove Alfa Romeo che potevano uscire da Volkswagen. Ma questo è in antitesi con l’impostazione tipica della produzione tedesca che tende a costruire, a realizzare i propri impianti .Quasi sempre rimodella gli impianti sulla base della propria visione e funzionalità, ciò che la distacca dalla politica di recepire fabbriche già esistenti, che spesso per i tedeschi non corrispondono ai loro standard di efficienza e qualità.
(Fonte: http://confini.blog.rainews24.it - 23/9/2012)

venerdì 28 settembre 2012

U.S.A.: Fiat chiede ai giudici di determinare il prezzo dell'opzione per il 3,3% di Chrysler


Fiat North America, controllata di Fiat S.p.A., ha avviato un giudizio di accertamento dinnanzi al Court of Chancery del Delaware per ottenere conferma del prezzo che dovrà essere pagato per la partecipazione pari a circa il 3,3% del capitale di Chrysler Group LLC che il Veba dovrà cedere a Fiat in forza del contratto di opzione concluso tra le parti il 10 giugno 2009. Lo comunica una nota del Lingotto. Il 3 luglio scorso Fiat aveva annunciato di aver esercitato l'opzione di acquisto di una parte della quota detenuta da Veba in Chrysler, come concordato tra le parti in forza del contratto di opzione. Mentre Veba non ha contestato il diritto di Fiat di acquistare tale partecipazione, le parti non hanno raggiunto un accordo in merito al prezzo che dovrà essere pagato da Fiat per tale partecipazione in base al contratto di opzione. Di conseguenza, Fiat ha chiesto l'intervento del tribunale come previsto dall'accordo. "L'iniziativa di oggi serve a risolvere una questione contrattuale tra Fiat e Veba in merito alla formula prevista per determinare il prezzo di esercizio della call option di Fiat su una parte della partecipazione del Veba in Chrysler", ha commentato l'Amministratore Delegato di Fiat, Sergio Marchionne. "Malgrado non si sia potuta risolvere la questione senza l'intervento del tribunale, siamo fiduciosi di poter giungere ad una soluzione in tempi rapidi. Il rapporto di collaborazione di Chrysler con UAW continua ad essere solido e non è in alcun modo influenzato dalla soluzione di tale questione. E' necessario l'intervento del tribunale per applicare una specifica formula di prezzo concordata nel 2009 e pertanto non correlata all'attuale valore di Chrysler". Con il perfezionamento dell'acquisto, Fiat deterrà una partecipazione del 61,8% in Chrysler.
(Fonte: www.asca.it - 26/9/2012)

giovedì 27 settembre 2012

Rumors su BMW / De Tomaso: vicino di casa "ingombrante" per Maserati a Grugliasco?


BMW potrebbe essere interessata all’acquisto di De Tomaso. La conferma delle voci che ormai giravano da tempo nell’ambiente è avvenuta negli scorsi giorni, quando Giuseppe Anfuso, segretario Uilm di Torino, ha dichiarato che il management che cura il marchio italiano, ora di proprietà dello Stato dopo la chiusura, è in contatto con alcuni partner del nostro paese e con BMW per la vendita dell’impianto di Grugliasco. BMW da parte sua non ha nè confermato nè smentito questa affermazione, limitandosi a non commentare nulla a riguardo. Dopo che Mario Rossignolo è stato messo agli arresti domiciliari lo scorso luglio, il marchio De Tomaso ha richiesto la procedura di fallimento per la bancarotta. Ora solo un partner di grande prestigio e con disponibilità economiche potrebbe risollevare lo stabilimento piemontese che prima dava lavoro ad oltre mille persone, al momento disoccupate. Il futuro di BMW prevede una crescita del marchio ed un’ampliamento della gamma vetture con l’introduzione del brand in segmenti prima inesplorati: un esempio è la futura monovolume a trazione anteriore, presentata come concept negli scorsi giorni e che verrà esposta al Salone di Parigi 2012 con il nome di BMW Concept Active Tourer.
(Fonte: http://europe.autonews.com - 14/9/2012)

mercoledì 26 settembre 2012

Marchionne ai dirigenti Fiat: "Faremo la nostra parte, ma non possiamo fare tutto"


"Noi ci impegniamo a fare la nostra parte, ma da soli non possiamo fare tutto. E' necessario iniziare da subito a pianificare azioni, a livello italiano ed europeo, per recuperare competitività nazionale". Lo ha detto l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, a circa seimila dirigenti e quadri riuniti al Lingotto a Torino (dove sono affluite molte decine di pullman) e collegati in streaming (tra le sedi connesse in tutto il mondo c'è' quella di Auburn Hills della Chrysler) durante l'incontro convocato per oggi con il presidente John Elkann.
"Non vi abbandoniamo" -  "Non ho mai smesso di occuparmi della Fiat e non ho intenzione di farlo - ha aggiunto Marchionne - Non ho alcuna intenzione di abbandonarvi" . Ma  "dobbiamo ripensare il modello di business al quale siamo abituati. Possiamo e dobbiamo pensare al settore dell'auto in Italia con una logica diversa, orientandolo in modo differente, e attrezzarlo perché diventi un importante centro di produzione per le esportazioni fuori dall'Europa". "Nel nostro caso - ha ancora osservato Marchionne - ciò significa soprattutto verso gli Stati Uniti, oltre che nel resto del mondo. Questo non vale solo per la Fiat ma per tutte le aziende che intendano intraprendere questa strategia. E' l'unica via per mantenere una solida base industriale nel nostro paese. Una base che, come la storia ha già dimostrato, è garanzia di occupazione, competenze, stabilità economica".
"Siete stati bombardati di bugie" - "Era importante per me e per John Elkann - ha specificato Marchionne - parlare con i nostri dipendenti che erano bombardati da informazioni totalmente sballate. Alla nostra gente abbiamo detto noi la verità". E ha aggiunto: "Nè sindacati, nè politici nè gente che fa le borse" possono parlare "al nostro posto".  "Chi urla non ha più ragione - ha poi lamentato - ha solo più fiato. Loro non sono la maggioranza e non sono certo la parte sana del Paese. Quando si viene attaccati, come siamo attaccati noi ora, quando le menzogne passano per verità, quando ti accorgi che vince chi urla di più il rischio è che dopo la rabbia iniziale si venga presi dallo sconfonto. E' successo anche a me, a volte mi sono chiesto se ne valga la pena ma poi mi sono reso conto che chi urla non ha più ragione, ha solo più fiato, loro non sono la maggioranza e non sono certo la parte sana del Paese". Marchionne ha più volte ribadito il concetto, chiedendo ai dipendenti Fiat di non farsi vincere dalla paura perché "non ci sono problemi insolubili". "State facendo sacrifici - ha detto - e ci bersagliano. Lo facciano con me ma non con voi". Prima di Marchionne aveva preso la parola John Elkann, che ha definito il 2012 "un anno importante" con grandi successi internazionali e in Italia. "Grazie a Marchionne e a tutti noi", ha detto Elkann, criticando gli "attacchi subiti da opinionisti improvvisati, personaggi in cerca di facili bersagli e che non dicono la verità". Elkann ha poi esortato i dipendenti di guardare al futuro "con tranquillità e fiducia".
"No a strategie suicide" - L'ad del Lingotto, nel suo intervento, ha infine insistito:  non si è mai parlato di eccedenze e chiusure. E ha specificato che il gruppo sta cercando di mantenere intatta la struttura usando la parte forte per sostenere quella più debole. "Non si tratta di un atto dovuto - ha precisato - lo abbiamo fatto autonomamente". Per l'Ad la critica che gli viene rivolta - "non fate investimenti" - sarebbe fuori dalla realtà perché condurrebbe a una strategia suicida. Il manager ha poi ripetuto: "Non ho mai smesso di occuparmi della Fiat e non ho intenzione di farlo". E per fugare "i dubbi sul mio impegno personale in Fiat e in Italia" ha aggiunto: "L'impegno che ho preso nel 2004 è immutato, è vivo e forte oggi più che mai". "A volte - ha poi riflettuto - mi sono chiesto se ne valga la pena, mi sono chiesto che senso abbia fare tutto ciò per un Paese che non apprezza, che spera nei miracoli di un investitore straniero, che ci dipinge come sfruttatori incapaci. Ma poi mi sono reso conto che loro non sono la maggioranza e non sono certo la parte sana del Paese".
L'esempio positivo - "La Fiat - ha detto ancora Marchionne - è un esempio positivo, l'esempio di una grande impresa industriale che non si rassegna all'abbandono, che non perde tempo a predicare, ma si impegna per fare, per costruire, per progredire, siamo l'esempio di quella parte del Paese che si tira su le maniche e si mette alla prova, siamo quella parte dell'Italia che vuole cambiare per sopravvivere ma che lotta. Abbiamo obiettivi credibili e persone di valore, abbiamo idee, coraggio e determinazione e non ci serve altro".
La citazione di Einstein - Sergio Marchionne ha chiuso il suo discorso davanti ai quadri e dirigenti  leggendo una citazione di Albert Einstein: "Ho deciso di guardare solo al futuro perché è lì che ho intenzione di passare il resto della mia vita. L'unica cosa che vi chiedo è di non mollare". Il discorso è stato accolto positivamente soprattutto dalla parte più giovane dell'uditorio che, allontanandosi alla spicciolata alla fine dell'incontro, ha commentato con moderata soddisfazione l'ottimismo che lo ha ispirato.
(Fonte: www.repubblica.it - 25/9/2012)

martedì 25 settembre 2012

Marchionne: "Alfa Romeo non è in vendita"


Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e Chrysler, stamani davanti all’assemblea degli industriali di Torino ha respinto gli attacchi e smontato molte delle accuse che gli sono state rivolte in questi giorni, con parole durissime a proposito della ventilata cessione di Alfa Romeo al Gruppo Volkswagen. “A quelli tra voi che sono sul libro paga di Wolfsburg, chiedo gentilmente di ribadire ai vostri proprietari tedeschi un concetto semplice e chiaro: l’Alfa Romeo non è in vendita,” ha dichiarato Marchionne, che ha rincarato la dose con un “Ho pensato di ripeterlo in piemontese per rendere efficace il senso di quello che intendo: ‘Monsu’ Piech, lassa perde, va cantè ‘nt n’autra curt’” (Signor Piech, lascia perdere, vai a cantare in un’altra corte)”. “Per raccontarvi tutta la storia – ha aggiunto Marchionne – sembra che Piech abbia detto che non hanno fretta e che per ora Fiat non è ancora abbastanza malconcia. Quando lo sarà, allora lui si prenderà l’Alfa” [v. nostro post del 23/4/2012, ndr]. “Le spacconate dei tedeschi non mi sorprendono. Quello che trovo stupefacente è che noi, in questo Paese, abbiamo perso ogni barlume di orgoglio nazionale”. Marchionne ha poi risposto alle accuse di non aver favorito l’insediamento di altri costruttori in Italia. “Negli ultimi 8 anni e mezzo ho cercato costantemente, in ogni modo, di coinvolgere un partner nelle nostre attività in Italia, non ho avuto successo. Dichiaro il mio completo fallimento. Non c’è nessuno che voglia accollarsi anche una sola delle zavorre italiane,” ha detto Marchionne. Che ha aperto a un possibile stabilimento VW in Italia: ”Do loro il benvenuto come produttori in questo Paese e farò tutto il possibile per facilitare il loro ingresso”.
(Fonte: www.crisalidepress.it - 24/9/2012)

lunedì 24 settembre 2012

Marchionne a Monti: "Fiat resta in Italia"


Il vertice tra la dirigenza della Fiat e il Governo si è concluso dopo cinque ore di serrato confronto tra il presidente del Gruppo torinese John Elkann e l'amministratore delegato Sergio Marchionne e il presidente del Consiglio Mario Monti, i ministri Corrado Passera, Elsa Fornero, Fabrizio Barca e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà. La Fiat - si legge nel comunicato congiunto diffuso al termine dell'incontro - "ha illustrato le proprie stime sull'andamento del mercato automobilistico italiano e internazionale e le prospettive strategiche di sviluppo futuro del gruppo, concentrandosi in particolare su quelle che possono derivare dall'integrazione delle piattaforme di Chrysler e Fiat. Particolare riferimento è stato fatto ai 5 miliardi di investimento realizzato in Italia negli ultimi tre anni".
Confermato l'impegno per l'Italia - Marchionne ed Elkann, dopo aver dimostrato il loro apprezzamento "per l'azione del Governo che ha giovato alla credibilità dell'Italia", hanno preso l'impegno di salvaguardare "la presenza industriale del gruppo in Italia, anche grazie alla sicurezza finanziaria che deriva soprattutto dalle attività extraeuropee". "In questa prospettiva - continua la nota stampa - Fiat è intenzionata a riorientare il proprio modello di business in Italia in una logica che privilegi l'export, in particolare extra-europeo. Il gruppo inoltre ha manifestato piena disponibilità a valorizzare le competenze e le professionalità peculiari delle proprie strutture italiane, quali ad esempio l'attività di ricerca e innovazione. Fiat ha inoltre confermato la strategia dell'azienda a investire in Italia, nel momento idoneo, nello sviluppo di nuovi prodotti per approfittare pienamente della ripresa del mercato europeo".
Nessuna richiesta di CIG - Da parte del governo, sono stati apprezzati i risultati che il Gruppo Fiat sta conseguendo a livello internazionale e in particolare l'impegno assunto nel corso della riunione "a essere parte attiva dello sforzo che il Paese sta portando avanti per superare questa difficile fase economica e finanziaria". Va detto che, contrariamente alle voci circolate alla vigilia dell'incontro, la Fiat non ha avanzato alcuna richiesta di ulteriore cassa integrazione.
Lavoro congiunto - "Al termine della riunione, Governo e Fiat hanno concordato di impegnarsi per assicurare nelle prossime settimane un lavoro congiunto utile a determinare requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità competitiva dell'azienda. In particolare, un apposito gruppo di lavoro sarà costituito presso il MISE per individuare gli strumenti per rafforzare ulteriormente le strategie di export del settore automotive".
(Fonte: www.quattroruote.it - 22/9/2012)

domenica 23 settembre 2012

Incontro Governo-Fiat: il comunicato finale


Ecco il testo integrale del comunicato conclusivo dopo l'incontro tra i vertici Fiat e il Governo:
"Si è tenuto, a Palazzo Chigi, l'incontro tra il Governo e il gruppo Fiat. Per il Governo erano presenti il Presidente del Consiglio Mario Monti, i Ministri Corrado Passera, Elsa Fornero, Fabrizio Barca e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà. Per il gruppo Fiat erano presenti il presidente John Elkann e l'amministratore delegato Sergio Marchionne. Fiat ha illustrato le proprie stime sull'andamento del mercato automobilistico italiano e internazionale e le prospettive strategiche di sviluppo futuro del gruppo, concentrandosi in particolare su quelle che possono derivare dall'integrazione delle piattaforme di Chrysler e Fiat. Particolare riferimento è stato fatto ai 5 miliardi di investimento realizzato in Italia negli ultimi tre anni. Da parte Fiat è stato espresso apprezzamento per l'azione del Governo che ha giovato alla credibilità dell'Italia e ha posto le premesse, attraverso le riforme strutturali, per il miglioramento della competitività, oltre che per un cambiamento di mentalità idoneo a favorire la crescita. I vertici di Fiat hanno quindi manifestato l'impegno a salvaguardare la presenza industriale del gruppo in Italia, anche grazie alla sicurezza finanziaria che deriva soprattutto dalle attività extraeuropee. In questa prospettiva, Fiat è intenzionata a riorientare il proprio modello di business in Italia in una logica che privilegi l'export, in particolare extra-europeo. Il gruppo inoltre ha manifestato piena disponibilità a valorizzare le competenze e le professionalità peculiari delle proprie strutture italiane, quali ad esempio l'attività di ricerca e innovazione. Fiat ha inoltre confermato la strategia dell'azienda a investire in Italia, nel momento idoneo, nello sviluppo di nuovi prodotti per approfittare pienamente della ripresa del mercato europeo. Il Governo ha apprezzato i risultati che Fiat sta conseguendo a livello internazionale e l'impegno assunto nel corso della riunione a essere parte attiva dello sforzo che il Paese sta portando avanti per superare questa difficile fase economica e finanziaria. Al termine della riunione, Governo e Fiat hanno concordato di impegnarsi per assicurare nelle prossime settimane un lavoro congiunto utile a determinare requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità competitiva dell'azienda. In particolare, un apposito gruppo di lavoro sarà costituito presso il MISE per individuare gli strumenti per rafforzare ulteriormente le strategie di export del settore automotive".
(Fonte: www.repubblica.it - 22/9/2012)

sabato 22 settembre 2012

Ferrari: risultati record nel primo semestre


Festa grande a Maranello, dove il Consiglio di Amministrazione di Ferrari S.p.A. si è riunito per esaminare i dati di chiusura dei primi sei mesi del 2012. Dati clamorosi, soprattutto in questo periodo di crisi, "perché al 30 giugno - spiegano alla Ferrari - abbiamo raggiunto nuovi livelli record per ricavi, 1.208 milioni di euro (+11,9%) e vetture consegnate alla rete 3.664 (+7,4%). L'utile della gestione ordinaria è aumentato del 13%, 152,2 milioni di euro, mentre l'utile netto ha toccato i 100,8 milioni con una crescita del 10%". Non solo: la posizione finanziaria industriale netta, al 30 giugno, è la migliore di sempre: 895 milioni di euro, con investimenti sul prodotto estremamente elevati e un flusso di cassa netto, generato nella prima metà dell'anno, che è stato pari a 203 milioni di euro, prima della distribuzione del dividendo. Motivo? "Questi risultati - spiega la Ferrari -  sono frutto del continuo successo degli 8 cilindri, in particolare della nuova Ferrari California 30, trenta come i cavalli aggiunti al motore e i chili tolti dal peso, e della 458 Spider, il cui propulsore si è aggiudicato per il secondo anno consecutivo il premio come Best Perfomance Engine of the Year. Tra i modelli V12 molto bene la FF, mentre la nuova F12berlinetta - le cui consegne inizieranno in autunno - non ha ancora inciso sui risultati, ma registra già le prime positive reazioni del mercato e della stampa specializzata ricevendo già vari riconoscimenti come l'Auto Bild Design Award". Tutti numeri a cui hanno contributo fortemente gli U.S.A. (vendite a +17% con 851 vetture consegnate), che si confermano primo mercato con il 23% della quota mondiale. Ma anche il Regno Unito, che sale del 43%, con 393 vetture consegnate. Aumentano significativamente la Germania (+18%) e la Svizzera (+17%), Paesi che si sono segnalati anche per le migliori perfomance di vendita della FF. Ovviamente a gonfie vele anche la Grande Cina (Cina, Hong Kong e Taiwan), che continua a crescere (+10%) con quasi 400 vetture consegnate, così come il Medio Oriente che aumenta del 7% con 190 vetture. E in Italia? Lasciamo perdere: 187 vetture consegnate al 30 giugno, 164 in meno rispetto ai primi sei mesi del 2011... "Questi risultati, ottenuti in un contesto economico internazionale ancora molto difficile, premiano innanzitutto i nostri costanti e significativi investimenti in innovazione tecnologica. La gamma completamente nuova che siamo in grado di offrire ai clienti di tutto il mondo ci permette di prevedere una chiusura del 2012 in crescita rispetto allo scorso anno" - ha commentato il Presidente Luca di Montezemolo - "Nei prossimi mesi saremo fortemente impegnati con la realizzazione di una vettura stradale rivoluzionaria e sui circuiti extraeuropei in un Campionato del Mondo di Formula 1 avvincente e combattuto fino all'ultima gara". Positivi i dati provenienti dalle attività legate al Brand: il retail continua a crescere (+4% a pari perimetro) e ad espandere la rete di Ferrari Store con le recenti aperture di Madrid, Monaco di Baviera e Rio De Janeiro, per un totale di 52 negozi in tutto il mondo. Ottima la performance del Parco Tematico di Abu Dhabi. Sul fronte delle licenze molto bene Puma ed eccellente partenza di Hublot nell'area dei prodotti di lusso. Da segnalare, infine, l'estensione fino al 2017 dell'accordo di sponsorizzazione che lega la Scuderia Ferrari al Banco Santander. In forte crescita le attività online, con il fatturato dell'e-commerce che registra un incremento del 24%, mentre le visite al sito Ferrari.com salgono del 22%. Straordinari i risultati dei social network, con la pagina Facebook che ha raggiunto i 9,3 milioni di fan e si avvia a toccare rapidamente quota 10 milioni.
(Fonte: www.repubblica.it - 13/9/2012)

venerdì 21 settembre 2012

Il momento di tifare per Fiat-Chrysler


Marchionne, che in molti paesi è ritenuto un grande leader d’impresa, è ancora una volta sul banco degli imputati in Italia. In molti si scagliano contro di lui, dimenticando che fu Marchionne a salvare la Fiat ormai prossima al fallimento solo pochi anni fa. Sono previsti incontri tra i vertici Fiat e il Governo nelle prossime ore. Vale la pena di citare qualche dato sulla Fiat. Ad agosto il gruppo Fiat-Chrysler ha venduto circa 20 mila pezzi in Italia; 98 mila in Brasile (un vero record in quello che è il quarto mercato mondiale), 168 mila in U.S.A. e Canada (5 mila delle quali costituite dalla Fiat 500). Se si considerano i primi otto mesi del 2012 si scopre che Fiat ha venduto circa 600 mila pezzi in Europa (330 mila dei quali in Italia); circa 600 mila vetture in Sud America e un milione e 300 mila fra U.S.A. e Canada. Da questi dati emerge con chiarezza che il mercato europeo e soprattutto quello italiano sono quelli che per il gruppo Fiat vanno meno bene. L’Italia in particolare pesa relativamente poco in termini di vendite per il Gruppo di Torino. In molti pensano che la Fiat sia pronta a lasciare l’Italia ma non vi sono prove concrete di un simile disegno. Diodato Pirone su Il Messaggero di oggi ricorda che “Fiat un anno fa ha investito 800 milioni nel plant di Pomigliano appena premiato come migliore stabilimento europeo da una rivista ingegneristica tedesca, sta riaprendo una fabbrica Maserati a Grugliasco tirando via da 8 anni di cassa integrazione mille operai, sta assumento 300 ingegneri all’emiliana VM Motori per importare grandi diesel a Detroit”. Non è solo Fiat ad avere problemi in Europa; General Motors da ben 14 anni registra perdite con la sua controllata Opel (quest’anno perde circa un miliardo di euro) e lo stesso accade a Ford, la cui filiale europea quest’anno perderà all’incirca 2 miliardi di euro. Peugeot-Citroen del resto perdono 7 milioni al giorno. Non è vero quindi che sia solo Fiat ad andare male in Europa mentre tutti fanno profitti. Marchionne ha svelato a Repubblica che Fiat quest’anno farà in Europa 700 milioni di euro di perdite. Il gruppo da anni insomma fa profitti in altri mercati che poi sono distrutti dalle perdite in Italia. La Chrysler, dopo la cura Marchionne, dovrebbe produrre oltre 3,5 miliardi di utile operativo e 1,5 miliardi di utile netto. L’incremento nella produzione di auto negli impianti americani di Chrysler è stata in 24 mesi pari al 52%. E questo spiega perché in U.S.A. Marchionne sia considerato un vero guru dell’auto. La crisi del mercato europeo e di quello italiano in particolare hanno reso obsoleto il piano Fabbrica Italia. Due anni fa si pensava di raddoppiare la produzione in Italia ma poi il quadro è talmente peggiorato che è divenuto non più razionale investire nella produzione in Italia. Una delle idee strategiche era quella di produrre in Italia a costi ridotti per poi esportare in U.S.A. e in altri mercati, ma il conflitto con il sindacato ha reso meno semplice questa strategia. Alcuni osservatori suggeriscono a Fiat di vendere l’Alfa Romeo (Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera ad esempio lo ripete da tempo), ma una simile scelta segnerebbe un colpo ulteriore alla capacità competitiva del Gruppo di Torino. Vendere Alfa Romeo ora alla Volkswagen significherebbe ridurre la capacità di Fiat di vendere auto in U.S.A. e regalare a un concorrente già superiore una nuova arma competitiva. Insomma follia pura. L’Italia è un paese nel quale tutti si sentono CT della Nazionale di calcio e tutti si sentono in diritto di dare consigli agli imprenditori soprattutto in campo automobilistico. Per sviluppare un nuovo modello di auto oggi ci voglio almeno 18 mesi di lavoro e vari miliardi di euro. Marchionne ritiene che sino a quando in Europa non sia chiusa la gravissima crisi di fiducia legata alla Grecia e alla paura di un fallimento di paesi come la Spagna o l’Irlanda non sarebbe sensato introdurre nuovi modelli. Si sosterrebbero vari miliardi di euro di costo in cambio di ricavi incerti. I critici dicono: “no, è il contrario, proprio perché c’è crisi bisogna investire in nuovi modelli”. Una cosa è certa, questo è il momento di fare il tifo per la Fiat e non di augurarsi il suo fallimento (come fanno in molti). Una grande impresa è un patrimonio di tutto il paese, ci vogliono generazioni per crearne una e in Italia ce ne sono rimaste poche. E’ essenziale che le forze sociali, il sistema bancario e il Governo facciano squadra per trovare soluzioni razionali affinché Fiat possa diventare più competitiva, possa ridurre le perdite in Italia (senza tagliare troppi posti di lavoro), possa stringere nuove alleanze internazionali.
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 20/9/2012)

giovedì 20 settembre 2012

Monti chiama Marchionne: le carte in tavola


Mario Monti “convoca” Sergio Marchionne per sabato pomeriggio a Palazzo Chigi. Bonanni vuole che sia Marchionne a “convocare” i sindacati. In Canada, al contrario, il sindacato dell’auto non vuole essere convocato da “super Sergio”, perché “meno malleabile” tra i manager dei grandi gruppi. Così lo Uaw ha firmato un accordo con la Ford. Anche se poi, alla fine, segue la matrice dell’intesa raggiunta nell’autunno scorso a Detroit con la Chrysler. Barack Obama, in campagna elettorale, non smette di far visita alle fabbriche del Michigan per rendere omaggio al “salvatore”. Incontri, trattative, sindacati, governi. Sarà un riflesso del secolo scorso, ma quella delle quattro ruote resta ancora “l’industria delle industrie”, con una valenza sociale e politica che nessun’altra ha. Un telefonino come l’ultimo iPhone può aumentare di mezzo punto il Pil americano, non c’è modello automobilistico che arrivi a tanto. Al contrario, nessun gadget elettronico può diventare un’icona dei rapporti tra lavoro e capitale nella distribuzione del valore aggiunto. Cosa può fare Monti? Poco, molto poco. Non esiste solo un problema di sovranità espropriata dai mercati finanziari. Esiste anche una sovranità espropriata dai mercati industriali. Nel momento in cui il valore aggiunto si forma (e si divide) sull’arena mondiale, una risposta nazionale non ha più molto senso. Lo dimostra del resto la Francia rimasta sovranista nella sua sovrastruttura ideologica, ma costretta dalla legge bronzea della struttura ad adeguarsi alla realtà: la Peugeot taglia e chiude un impianto, la Renault finora è salvata da Nissan che vende bene in Asia. Persino il colosso Volkswagen, che finora ha vinto la “guerra dell’auto”, deve registrare una caduta degli utili in Europa perché l’intero mercato del vecchio continente è saturo e tutti ne debbono prendere atto. A cominciare dai più deboli (oggi Fiat, Opel e Peugeot) per finire ai più forti. Gli eredi Agnelli e il loro manager, non hanno nessun bazooka a disposizione. Dunque, anziché chiedersi cosa possono fare Monti o Marchionne, meglio chiedersi cosa vogliono. Il Presidente del consiglio vuole che il capo della Fiat non provochi uno stato di tensione sociale permanente che metterebbe in seria difficoltà il governo in questi mesi delicati in cui si gioca il futuro elettorale del Paese, ma anche quello finanziario perché il sollievo di Draghi è temporaneo e se l’Italia avesse davvero bisogno degli aiuti, la Bce non farebbe certo sconti: Angela Merkel l’ha già cantata chiara urbi et orbi. Per il resto, Monti ha già detto che non spetta ai governi indicare alle imprese dove e quanto investire. Marchionne vuole preparare il terreno per un nuovo ridimensionamento. Può farlo in modo soft (con sostegni sociali forniti dal Governo in modo più o meno abbondante) oppure senza ammortizzatori. Ma non ha scelta. Per la logica del mercato, come abbiamo detto, e perché ha perso la partita europea nel momento in cui ha mancato la conquista della Opel. Con il senno di poi, i tedeschi si mangiamo le mani, ma General Motors ha preferito perdere soldi che cedere una fetta di mercato. La Fiat, non potendo acquisire nuove quote, preferisce non perdere quattrini. Dura lex sed lex. Il manager dal maglioncino nero non eccede certo in bon ton. Non lo ha mai fatto, anzi si vanta proprio del contrario. Nel 2009, quando salvò la Fiat grazie a Obama, il capo del sindacato rifiutò di stringere le mani al rappresentante della Fiat dicendogli: “Voi state cancellando un secolo di contrattazione in America”. Gli operai ridussero i salari e rinunciarono agli scioperi, ma non persero il posto di lavoro. Marchionne ha imbrogliato tutti con Fabbrica Italia? Probabilmente no, nella primavera del 2010; certo, lo ha fatto quando ha promesso investimenti in cambio di nuove regole del lavoro in fabbrica. Era già chiaro allora come stavano andando le cose. Marchionne non ha investito in nuovi modelli? “Non li avrei venduti”, dichiara l’ad Fiat. Se li avesse, sarebbe in grado di cogliere la ripresa, replicano i sindacati e i suoi avversari anche sulla stampa. Ma il fatto è che Marchionne ritiene il mercato europeo in contrazione strutturale di lungo periodo, ben oltre lo stesso 2014 che ha evocato nell’intervista a la Repubblica. Dunque, siamo intrappolati da un rio destino? No, c’è sempre la possibilità di scegliere. Ma scegliere cosa? Apriamo le frontiere a nuovi produttori, propone Susanna Camusso. Una buona idea. Oggi come oggi potrebbero arrivare gli asiatici. In fondo, la Volvo è andata ai cinesi, i sindacati svedesi sono contenti e il marchio è rifiorito senza rimettere in discussione i diritti dei lavoratori. L’Italia è attraente come la Svezia? No, non lo è. Ecco il problema. E qui tutti possono fare molto, dai sindacati al governo alle imprese. È aperto adesso un altro “tavolo”, quello sulla produttività, che implica una riforma dell’intero sistema contrattuale muovendosi verso uno schema scandinavo (o tedesco) che privilegia l’impresa. Monti ha intimato di raggiungere un accordo entro la fine del prossimo mese. Vedremo. Certo, le parti in causa non sembrano consapevoli della posta in gioco, non lo sono i sindacati a cominciare dalla Cgil, non lo è la Confindustria. Le Parti sociali chiedono aiuti al Governo, ma hanno capito che non c’è trippa per gatti? La Fiat non abbandonerà l’Italia, perché non intende regalare l’intero mercato a tedeschi, coreani, giapponesi. Ma in effetti l’ha già lasciata: oggi produce nella madrepatria una piccola quota dell’intero gruppo che, Chrysler compresa, arriva a 4 milioni di vetture. Chiuderà almeno un impianto perché la sua quota sul mercato interno è destinata a ridursi ancora. Del resto, stabilimenti di montaggio per auto di massa qui non hanno futuro. Il vero errore, semmai, è di aver depotenziato “il cervello produttivo”. Il trasferimento di tecnologie alla Chrysler è stato molto intenso e si prefigura un vero e proprio scambio ineguale. Su questo punto il governo potrebbe impuntarsi, perché ha a che fare con l’indotto, con la scuola, con la ricerca, insomma con questioni di interesse collettivo e un pezzo importante del prodotto lordo italiano. Proprio partendo da questo aspetto rilevante per il futuro, Monti potrebbe discutere come la Fiat partecipa alla metamorfosi delle economie avanzate le quali non stanno affatto abbandonando l’industria, ma si stanno specializzando nella fascia alta, quella a più elevati contenuti tecnologici, mentre la produzione di massa nei paesi ricchi declina inesorabilmente, lasciando il posto alla manifattura su misura, come sottolinea Peter Marsh nel suo libro sulla nuova rivoluzione industriale. È un processo nel quale anche l’industria dell’auto è immersa, anche se non ne è più il motore. In questa grande trasformazione l’Italia, patria del “taylor made”, potrebbe ritrovare una nuova giovinezza. Qui sì il governo ha un compito importante. Non per creare nuovi dannosi piani di settore, ma per favorire una più efficiente e moderna aggregazione delle imprese e dei fattori produttivi. È questa la sfida. Tamponato lo spread finanziario, adesso bisogna aggredire lo spread produttivo.
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 19/9/2012)

mercoledì 19 settembre 2012

Intervista a Marchionne: "Fiat resterà in Italia grazie agli utili realizzati all'estero"


Sergio Marchionne, in poche righe di comunicato lei ha seminato il panico sul futuro della Fiat in Italia, poi se n'è andato in America senza spiegare niente. Qui ci si interroga sul destino di stabilimenti, famiglie, comunità di lavoro, città. Cosa sta succedendo, e che cosa ha in mente?
"Sta succedendo esattamente quello che avevamo detto alla Consob un anno fa. Ho dovuto ripeterlo perché attorno a Fabbrica Italia si stava montando una panna del tutto impropria, utilizzando il nome della Fiat per ragioni solo politiche: a destra e a sinistra, perché noi siamo comunque l'unica realtà industriale che può dare un senso allo sviluppo per questo Paese. Capisco tutto, ma quando vedo che veniamo usati come parafulmine, non ci sto, e preferisco dire la verità".
E qual è la verità, il blocco degli investimenti in Italia dando tutta la colpa alla crisi?
"No, questa è semplicemente una sciocchezza. Abbiamo appena investito circa un miliardo per la Maserati in Bertone (una fabbrica rilevata da noi nel 2009 che non aveva prodotto vetture dal 2006), altri 800 milioni per Pomigliano: le sembra poco?".
La sua verità, allora?
"Semplice. La Fiat sta accumulando perdite per 700 milioni in Europa, e sta reggendo a questa perdita con i successi al'estero, Stati Uniti e Paesi emergenti. Queste sono le uniche due cose che contano. Se vogliamo confrontarci dobbiamo partire da qui: non si scappa".
La paura è che stia scappando lei, dottor Marchionne. Bassi investimenti in Italia, zero prodotti nuovi. Non è così che muore un'azienda che ha più di cent'anni di vita?
"Mi risponda lei: se la sentirebbe di investire in un mercato tramortito dalla crisi, se avesse la certezza non soltanto di non guadagnare un euro ma addirittura  -  badi bene  -  di non recuperare i soldi investiti? Con nuovi modelli lanciati oggi spareremmo nell'acqua: un bel risultato. E questa sarebbe una strategia manageriale responsabile nei confronti dell'azienda, dei lavoratori, degli azionisti e del Paese? Non scherziamo".
Ma i suoi concorrenti sono europei come la Fiat, operano sullo stesso mercato, eppure non hanno alzato le braccia. Tutti incoscienti e irresponsabili, anche quando guadagnano quote di mercato a vostro danno?
"Senta, perché non guardiamo le cifre che parlano da sole, molto meglio della propaganda? Lei le conosce? In Italia l'automobile è precipitata in un buco di mercato senza precedenti, un mercato colato a picco nel vero senso della parola, ritornato ai livelli degli anni Sessanta. Sa cosa vuol dire? Che abbiamo perso di colpo quarant'anni. E si capisce, se uno è capace di guardarsi attorno. Il Paese soltanto un anno fa era fallito, lo avevamo perduto. Solo l'intervento di un attore credibile ha saputo riprendere l'Italia dal baratro in cui era finita e risollevarla. Ce lo siamo dimenticato? E qualcuno vorrebbe che la Fiat, in mezzo a questa tempesta, si comportasse tranquillamente come prima, quando c'era il sole? O è un'imbecillità, pensare questo, o è una prepotenza, fuori dalla logica".
Ma lei guida la Fiat dal 2004. Molti, come Diego Della Valle, dicono che è colpa sua. Cosa risponde?
"Che tutti parlano a cento all'ora, perché la Fiat è un bersaglio grosso, più delle scarpe di alta qualità e alto prezzo che compravo anch'io fino a qualche tempo fa: adesso non più. Ci sarebbe da domandarsi chi ha dato la cattedra a molti maestri d'automobile improvvisati. Ma significherebbe starnazzare nel pollaio più provinciale che c'è, davanti ad una crisi che ci sfida tutti a livello mondiale. Finché attaccano me, comunque, nessun problema. Ma lascino
stare la Fiat, per rispetto e per favore".
È normale che il Paese si preoccupi davanti al rischio che la Fiat vada via dall'Italia, che lei scelga l'America, che si perda la sapienza del lavoro nell'automobile. Perché lei non ha risposto a queste paure?
"Se vuol dire che potevamo comunicare meglio, possiamo discuterne. Ma la sostanza non cambia".
Ma lei dopo cent'anni di storia intrecciata tra la Fiat, Torino e l'Italia, con creazione di lavoro e di ricchezza ma anche con un forte sostegno dello Stato, non sente oggi un dovere di responsabilità nazionale?
"Scusi, se il quadro è quello che le ho fatto, e certamente lo è, si immagina cosa farebbe qualunque imprenditore al mio posto? Cosa farebbe uno straniero, in particolare un americano, un uomo d'azienda con cultura anglosassone? Dovreste rispondervi da soli ".
Qui sta la sua responsabilità nei confronti del Paese?
"In questa situazione drammatica, io non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andar via. Le assicuro che ci vuole una responsabilità molto elevata per fare queste scelte oggi".
Ma due anni fa lei aveva detto a Repubblica che le quattro lettere Fiat avrebbero conservato il loro significato: ancora Fabbrica, sempre Italiana, per produrre Automobili, e tutto questo a Torino. Oggi se la sente di confermare?
"Siamo qui. Anzi, io sono a Detroit, ma sto proprio partendo per l'Italia. Non mollo, se è questo che vuole sapere".
Ma lei ha appena detto che Fabbrica Italia è superata. Questo significa che l'impegno di investire in quel progetto 20 miliardi non viene mantenuto. Non si sente in colpa?
"Quell'impegno era basato su cento cose, e la metà non ci sono più, per effetto della crisi. Lo capirebbe chiunque. Io allora puntavo su un mercato che reggeva, ed è crollato, su una riforma del mercato del lavoro, e ho più di 70 cause aperte dalla Fiom. Soprattutto, da allora ad oggi il mercato europeo ha perso due milioni di macchine. C'erano e non ci sono più. Tutto è cambiato, insomma. E io non sono capace di far finta di niente, magari per un quieto vivere che non mi interessa. Anche perché puoi nasconderli, ma i nodi prima o poi vengono al pettine. Ecco, siamo in quel momento. Io indico i nodi: parliamone".
Cala il mercato europeo, ma dentro quel mercato Fiat crolla molto più di altri. Perché?
"Perché il mercato italiano per noi è assolutamente preponderante, pesa più di quello degli altri Paesi messi insieme: e il mercato italiano e spagnolo sono quelli che hanno perduto di più. Non è un'equazione troppo difficile".
Ma gli altri produttori europei continuano a sfornare modelli. Fiat è ferma, vuota e assente. Non è anche così che si lascia andare a picco il mercato?
"Se io avessi lanciato adesso dei nuovi modelli avrebbero fatto la stessa fine della nuova Panda di Pomigliano: la miglior Panda nella storia, 800 milioni di investimento, e il mercato non la prende, perché il mercato non c'è. Provi a pensare: se quell'investimento io lo avessi moltiplicato per quattro, se cioè avessi pensato in grande, diciamo così, la Fiat sarebbe fallita entro il 2012 e adesso saremmo qui a parlare d'altro. Io dovrei andarmene in giro col cappello in mano, chiedendo soldi non so a chi: agli azionisti, al governo, ad un altro convertendo".
Ma la rinuncia a nuovi modelli non è una resa, una rinuncia al mestiere e a stare sul mercato?
"Con un modello nuovo, nelle condizioni di oggi, magari avrei venduto trentamila macchine di più, glielo concedo. Ma magari, mi conceda lei, avrei perso due miliardi di più".
Il rischio è di disperdere un know how, una sapienza del lavoro, un universo dell'indotto, un marchio storico. Non ci pensa?
"Le rispondo così: lei non può saperlo, ma nei piani strategici del 2004 la Peugeot aveva considerato la Fiat fallita, e aveva programmato la conquista delle sue quote di mercato, come se la nostra azienda non ci fosse più. Fallita, cancellata, capito? Oggi la situazione è completamente diversa. Bisogna solo capire in che mondo viviamo. C'è un rapporto di Morgan Stanley secondo cui nello scorso decennio General Motors ha pompato 12 miliardi di euro in Europa, a fondo praticamente perduto".
Questo cosa vuol dire? Che tutte le colpe sono del mercato e non vostre?
"Lasci stare le colpe, parliamo di numeri. Vuol dire che il mercato non c'è. In Italia siamo sotto un milione e 400 mila automobili vendute, ciò significa che ne abbiamo perse un milione e centomila in cinque anni".
E come vede l'anno prossimo?
"Male, molto male. D'altra parte la gente non ha più potere d'acquisto, magari ha perso il lavoro, i risparmi se ne sono andati, non ha prospettive per il futuro. Ci rendiamo conto? L'auto nuova è proprio l'ultima cosa, non ci pensano nemmeno, si tengono la vecchia ben stretta. È un meccanismo che si può capire ".
È anche colpa degli incentivi, che hanno spinto a comprare senza necessità?
"Sono stati una droga, non c'è dubbio".
Ma ne avete beneficiato largamente anche voi, non ricorda?
"Ne abbiamo beneficiato tutti, noi, i francesi, i tedeschi. Ho sempre pensato che la droga avrebbe tramortito il mercato. Pensi che vendevamo un "Cubo" a metano a meno di 5 mila euro, 4.990: drogato al massimo".
Sono i famosi aiuti di Stato all'automobile, di cui oggi non dovreste dimenticarvi, non le pare?

"Già l'ultima volta ho detto di no. Vedevo crearsi una bolla che gonfiava d'aria i tubi del mercato, per poi farli saltare prima o poi. Semplicemente si posticipava una crisi, una difficoltà e un problema, invece di affrontarli".
Ecco, oggi la paura è proprio questa: che una Fiat americana non affronti il problema della produzione automobilistica in Italia, e non contrasti la crisi. Cosa risponde?
"Io gestisco un'azienda che fa 4 milioni e 100 mila vetture all'anno. La scorsa settimana sono andato a Las Vegas per un incontro con i concessionari: tra novità e restyling gli abbiamo fatto vedere 66 vetture. Si rende conto? È il segno di un'espansione commerciale fantastica di un'azienda globale. Che va giudicata in termini globali. Chi cresce a questi ritmi negli Usa e anche in America Latina, forse sa fare automobili, forse capisce il mercato".
E l'Italia? Lei non può ignorarla...
"Ma lei non può pensare alla Fiat come a un'azienda soltanto italiana. Sarebbe in ritardo di dieci anni. La Fiat non è più un'azienda solo italiana, opera nel mondo, con le regole del mondo. Per essere chiari: se io sviluppo un'auto in America e poi la vendo in Europa guadagnandoci, per me è uguale, e deve essere uguale".
Se non fosse per quel problema della responsabilità nazionale, nei confronti del Paese e di chi lavora, non crede?
"E qui lei dovrebbe già aver capito la mia strategia. Gliela dico in una formula: cerco di assecondare la ripresa del mercato U.S.A. sfruttandola al massimo per acquisire quella sicurezza finanziaria che mi consenta di proteggere la presenza Fiat in Italia e in Europa in questo momento drammatico. Fare diversamente, sarebbe una follia".
Siete specializzati in utilitarie: non c'è l'idea di un'auto per la crisi?
"I modelli non invecchiano bene. Io posso lanciare la migliore automobile in un momento di mercato tragico come quello attuale, senza ottenere risultati: ma due anni dopo, quando magari le condizioni di mercato cambiano, quel modello è vecchio, e i soldi del mio investimento non li riprendo mai più".
Però state per lanciare la 500L, prodotta in Serbia. Quanto ci punta la Fiat?
"L'ho presentata agli americani lunedì scorso, l'accoglienza è stata fantastica, su quel mercato sono tranquillo perché andrà benissimo. E questo ci aiuterà. Ma se dovessi puntare solo sui risultati europei, non ce la farei mai e poi mai. E le aggiungo una cosa: io venderò la 500L a 14.500 euro. La Citroen ha deciso di vendere la C3 Picasso, che è un competitor, a meno di diecimila, per smaltire le giacenze. È una quota che sta sotto il mio costo variabile. Questo le dice come sta oggi il mercato in Europa".
Come spiega agli americani il successo a Detroit e il disastro a Torino?
"Quando spiego, loro fanno due conti e mi dicono cosa farebbero: chiusura di due stabilimenti per togliere sovracapacità dal sistema europeo".
E lei?
"I conti li so fare anch'io. Se mi comporto diversamente, ci sarà una ragione".
Cosa vuol dire?
"Che non parlo di eccedenze, non parlo di chiusure, dico solo che non c'è mercato per fare attività commerciale garantendo continuità finanziaria all'azienda".
E quando vede un cambio di mercato?
"Fino al 2014 non vedo niente. Per questo investire nel 2012 sarebbe micidiale. Salvo che qualcuno mi dica che per noi le regole non valgono. Ma deve mettermelo per scritto. Perché quando siamo entrati in Europa, non sono solo saltate le frontiere, è saltata anche l'abitudine di fare un po' di svalutazione nei momenti di crisi. Ora questo lusso non c'è più, e finché Monti e Draghi hanno le mani sul timone, per fortuna dall'euro non usciremo. E allora, dobbiamo rispettare le regole".
Sembra un discorso riferito al governo. La stanno cercando e vogliono chiarimenti: li vedrà?
"Se mi cercano li vedrò, certo. Immagino che incontrerò Passera, Fornero. Ma poi?".
Le chiederanno garanzie per la Fiat in Italia e vorranno sapere qual è il suo disegno strategico. Cosa dirà?
"Sopravvivere alla tempesta con l'aiuto di quella parte dell'azienda che va bene in America del Nord e del Sud, per sostenere l'Italia, mi pare sia un discorso strategico".
Lei dunque s'impegna?
"Mi impegno, ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell'Italia. Io la mia parte la faccio, non sono parole. Quest'anno la Fiat guadagnerà più di 3 miliardi e mezzo a livello operativo, tutti da fuori Italia, netti di quasi 700 milioni che perderà nel nostro Paese. È la prova di quel che le ho detto".
Ma anche Romiti sostiene che lei ha colpe precise, ha letto?
"Mi dispiace, ma il mondo Fiat che abbiamo creato noi non è più quello di Romiti. E anche la parola cosmopolita non è una bestemmia, come sembra intendere qualcuno. È l'unica salvezza che abbiamo. Ancora una cosa: io non sono nato in una casta privilegiata, mi ricordo da dove vengo, so perfettamente che mio padre era un maresciallo dei carabinieri".
Cosa intende dire?
"Che non sono l'uomo nero".
Col sindacato sì, sembra aver dichiarato una guerra ideologica alla Fiom, da anni Sessanta.
"Storie. Io voglio una riforma del lavoro, che ci porti al passo degli altri Paesi. Se la Fiat vuole essere partner di Chrysler, deve essere affidabile. Lo so che la Fiat di Valletta aveva asili e colonie, ma si muoveva in un mondo protetto dalla competizione, dazi e confini, che sono tutti saltati. Noi siamo in ballo, il gran ballo della globalizzazione: non è detto che mi piaccia ma come dicono in America il dentifricio è fuori, e rimetterlo nel tubetto non si può più".
Ma lei si rende conto che il lavoro oggi è il primo problema dell'Italia?
"Sì, da qui la mia responsabilità nei confronti del Paese, che va di pari passo con quella nei confronti dei miei azionisti. Ma "repubblica fondata sul lavoro" vuol dire anche essere competitivi, creare occupazione attraverso sfide e competizioni. Questa cultura da noi manca".
Il professor Penati oggi su Repubblica, cercando di capire la sua strategia, le ha chiesto di essere coerente e di vendere le partecipazioni editoriali, per dimostrare che la crisi colpisce tutti i settori in crisi e non penalizza solo l'automobile. Può rispondere?
"Proprio a me venite a chiedere dei salotti buoni? Non li ho mai frequentati. E quando abbiamo avuto bisogno di qualcosa da loro, ho visto solo buchi nell'acqua".
(Fonte: www.repubblica.it - 18/9/2012)

martedì 18 settembre 2012

Fabbrica Italia: ecco cosa prevedeva


Sei milioni di auto prodotte nel mondo, delle quali un milione e quattrocento mila in Italia. Dove sono previsti 20 miliardi di investimenti. Questi i cardini, al suo varo, del progetto Fabbrica Italia di Fiat. Ecco nella versione iniziale cosa prevedeva il piano del Lingotto:
TARGET FINANZIARI - Fiat prevede ricavi nel 2014 pari a 93 miliardi di euro, con un incremento del 55% rispetto al record raggiunto nel 2008. Il target per il risultato della gestione ordinaria è di circa 6,8 miliardi di euro, mentre il risultato netto previsto sfiora i 5 miliardi. Sono previsti investimenti per 30 miliardi di euro, i due terzi dei quali in Italia. Sarà inoltre gradualmente ridotto l'indebitamento, fino a raggiungere una cassa positiva di 3,4 miliardi. Agli azionisti verranno pagati dividenti pari ad almeno 150 milioni all'anno.
OBIETTIVI INDUSTRIALI - Nel 2014 saranno 6 milioni, secondo le stime del piano, le auto prodotte nel mondo da Fiat e Chrysler. In Italia se ne produrranno 1 milione e 400 mila, più del doppio rispetto a oggi. A queste vanno aggiunti i 250 mila veicoli commerciali leggeri che ogni anno usciranno dagli stabilimenti italiani. Fiat continuerà a crescere anche nel resto del mondo, specie in Brasile, Cina, Russia e India.
NUOVI PRODOTTI - Complessivamente saranno 51 i prodotti, tra nuovi modelli (34) e restyling (17) lanciati sul mercato nei prossimi 5 anni. I due terzi verranno prodotti da Fiat, gli altri da Chrysler. In particolare, per Fiat sono previsti 10 nuovi modelli e 6 aggiornamenti. Sette saranno le novità Alfa Romeo, che nel 2012 tornerà in America, e due i refresh, mentre le nuove auto a marchio Lancia saranno in tutto 8, 6 dei quali basati su modelli di alta gamma Chrysler, e uno il restyling. La gamma Jeep in Europa verrà ampliata con 3 nuovi modelli, prodotti da Chrysler, e 3 refresh. Il nuovo Grand Cherokee verrà lanciato nel 2010, mentre nel 2013 è previsto il debutto di un nuovo suv del segmento D e del nuovo Cherokee. Sul fronte dei veicoli commerciali, infine, Fiat Professional avrà 5 nuovi modelli e 3 refresh.
STABILIMENTI - A Mirafiori (Torino), la produzione sarà aumentata di circa 100 mila vetture, a Melfi di 400 mila e a Pomigliano di 250 mila, mentre a Cassino i volumi saranno quasi quadruplicati. Confermata la chiusura di Termini Imerese, mentre alla Sevel saranno prodotti 240 mila veicoli commerciali all'anno. Fiat continua inoltre a puntare sugli stabilimenti di Tychy, in Polonia, e su quelli in Serbia e in Turchia.
(Fonte: www.televideo.rai.it - 16/9/2012)

lunedì 17 settembre 2012

Romiti contro Marchionne: "Autolesionistico non investire più in Italia a causa della crisi"


Cesare Romiti, dalle pagine di Repubblica, attacca Sergio Marchionne: la Fiat, spiega l’ex numero uno del gruppo, manca di progetti e la colpa principale è di Marchionne perché ”chi decide è lui”. ”Credo che in questi anni gli azionisti abbiano dato abbastanza soldi all’amministratore delegato – spiega Romiti – E bisognerebbe anche calcolare il valore delle tecnologie trasferite da Fiat a Chrysler. Tecnologie e saperi accumulati in cento anni di storia della Fiat”. ”Penso – prosegue – che oggi la strategia della Fiat la decida Marchionne, non gli azionisti. Lui voleva andare in America e ci è riuscito”. Romiti ”rivendica” le scelte compiute in passato: ”Investivamo anche in treni, telecomunicazioni, è vero, ma si trattava comunque di settori collaterali e anticiclici rispetto all’auto. Fin dalle origini la Fiat è stata Terra, Mare, Cielo”. Un ripensamento sull’ipotesi di acquisto dell’Alfa da parte della Ford: ”Devo dire che forse, con il senno di poi, sarebbe stato meglio, più di stimolo, avere un concorrente che produce in Italia”. In un’altra intervista, pubblicata sull’Avvenire, Romiti afferma che la grande impresa in Italia ”non c’è più”; anche la Fiat ”è stata grande fino agli anni ’90. Oggi no”. E, a suo avviso, la colpa non è dell’andamento del mercato: ”Quando un’impresa automobilistica per due anni sospende la progettazione perché c’è crisi di vendite, ha decretato la morte dell’azienda. Si è tagliata fuori. E i sindacati, tranne la Fiom, con la loro inerzia hanno facilitato quello che è successo”.
(Fonte: www.blitzquotidiano.it - 16/9/2012)

domenica 16 settembre 2012

"Fiat likes U": il Lingotto va all'Università


All'università? Ci andranno, in auto, gli studenti che parteciperanno al programma Fiat likes U (si legge iù, all'inglese). Ma anche sconti su un possibile acquisto di una vettura Fiat alla cessione in comodato d'uso gratuito per un mese di una delle auto del programma allo studente che si rivelerà il migliore sotto il profilo della guida eco-compatibile. Forte di idee e operazioni di marketing ben calibrate, infatti, il gruppo italiano questa volta promuove un'iniziativa che coinvolge i giovani, per rivedere insieme il concetto di mobilità, oggi strettamente correlata ad ambiente e contenimento dei costi. Ma Fiat likes U ricopre anche altri ruoli, è un investimento sull'università, un modo nuovo per dire ai giovani: "io credo in te", rivolgendosi a tutti quegli studenti che già oggi si impegnano per migliorare il domani. Saranno 8 su 80, dunque, gli atenei invitati a partecipare a questa nuova idea torinese, per un totale di 280.000 studenti. Tra loro sarà attivato il car sharing (completamente gratuito) con modelli di punta della gamma Fiat, Panda e 500 L. I giovani parteciperanno, imparando anche a guidare nel rispetto di emissioni e consumi. Prenotarsi è semplice, sarà sufficiente entrare nel sito www.fiat.it/likesu, quindi ritirarla negli spazi riservati accanto all'ateneo di appartenenza, riconsegnandola dopo le 24 ore previste dal regolamento. Nelle città dove sarà attivo questo programma di car sharing, inoltre, le vetture Fiat dedicate potranno entrare nelle aree a traffico limitato e parcheggiare gratis. Il servizio sarà disponibile fino al 15 dicembre al Politecnico di Torino e alla LUISS di Roma, dal 15 gennaio al 15 aprile alla Cattolica di Milano e all'ateneo di Salerno, dal primo maggio al 31 luglio alle università di Parma e Cosenza e, dal 15 settembre al 15 dicembre, presso gli atenei di Pisa e Catania. Intorno a questo programma si distribuiscono diverse iniziative, sarà premiato il miglior gestore del programma Car Sharing in ciascun ateneo (con 2.000 euro), verranno erogate 8 borse di studio da 5.000 euro, oltre a 8 stage in Fiat e 8 lezioni di designer del gruppo torinese. I giudizi saranno emessi anche sulla base del merito accademico, dove il voto di laurea costituirà fattore determinante. In questo modo Fiat intende offrire al maggior numero di studenti una possibilità di coinvolgersi in questo progetto pilota, che nulla impedisce possa venir ripetuto anche nei prossimi anni, almeno se l'esperimento funzionerà. Un programma a 360 gradi, insomma, per sensibilizzare i giovani verso le richieste che il pianeta muove al mondo dell'auto come agli uomini più in generale.
(Fonte: www.repubblica.it - 13/9/2012)

sabato 15 settembre 2012

Fiat Viaggio in vendita in Cina da domani


A partire dal 16 settembre prossimo, Fiat entra di prepotenza nel mercato cinese con il suo primo veicolo prodotto direttamente sul loco, la berlina di medie dimensioni e dal design molto europeo Fiat Viaggio. La nuova vettura realizzata da Fiat verrà commercializzata con un listino prezzi molto interessante che offre svariate soluzioni per tutte le tasche. I prezzi di vendita della nuova Fiat Viaggio in Cina saranno, infatti, compresi tra 13.325€ (pari a circa 108.800 yuan) e 19.445€ (pari a 158.800 yuan). Realizzata sulla stessa piattaforma della Dodge Dart, la nuova Fiat Viaggio è stata sviluppata per attirare le attenzioni di un pubblico giovane e dinamico in cerca di una vettura completa ed elegante. Fiat, che in Cina vende anche altri tre modelli, la Bravo, la 500 e la Freemont, punta moltissimo sul successo della Fiat Viaggio che rappresenta un’opportunità enorme per raggiungere quanti più acquirenti possibile all’interno di un mercato, come quello cinese, che rappresenta probabilmente il terreno di sviluppo migliore per le aziende di automobili. Grazie alla partnership con Guangzhou Auto, l’azienda torinese ha potuto costruire direttamente in Cina la nuova Viaggio che, pertanto, non sarà soggetta al dazio del 25% sull’importazione: un punto di forza ulteriore che potrebbe dare un’importante spinta al successo della vettura. In Cina Fiat, insieme a Chrysler, ha venduto in tutto il 2011 appena 50 mila veicoli. Un numero davvero infinitesimale se rapportato al successo commerciale ottenuto da colossi come Volkswagen e General Motors che hanno superato, sempre nel 2011, la quota di 2 milioni di veicoli venduti a testa. La Fiat Viaggio avrà il compito di avvicinare quanto più possibile il gruppo Fiat a queste cifre.
(Fonte: www.automobili10.it - 14/9/2012)

venerdì 14 settembre 2012

Fiat, passo indietro su Fabbrica Italia


«Le cose sono profondamente cambiate da quando nell'aprile 2010 venne annunciato il piano «Fabbrica Italia». Alla luce di ciò, «é impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa ed é necessario che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati». Lo afferma Fiat, in una nota ricordando che «nei giorni scorsi, da parte di alcuni esponenti del mondo politico e sindacale, sono state fatte alcune dichiarazioni preoccupate per il futuro di Fabbrica Italia». Fiat ricorda che «con un comunicato emesso il 27 ottobre 2011 aveva annunciato che non avrebbe più utilizzato la dizione "Fabbrica Italia" perché molti l'avevano interpretata come un impegno assoluto dell'azienda mentre invece si trattava di una iniziativa del tutto autonoma che non prevedeva tra l'altro alcun incentivo pubblico». «Da quando Fabbrica Italia é stata annunciata nell'aprile 2010 - prosegue - le cose sono profondamente cambiate. Il mercato dell'auto in Europa é entrato in una grave crisi e quello italiano è crollato ai livelli degli anni settanta. È quindi impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa. È necessario infatti che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati». In occasione dell'incontro con le Organizzazioni Sindacali che si é tenuto a Torino il 1° agosto scorso, ricorda il Lingotto, Fiat ha ribadito: «La delicatezza di questo periodo, di cui é impossibile prevedere l'evoluzione, impone a tutti la massima cautela nella programmazione degli investimenti. Informazioni sul piano prodotti/stabilimenti saranno comunicate in occasione della presentazione dei risultati del terzo trimestre 2012». Nella nota, si legge quindi che «vale la pena di sottolineare che la Fiat con la Chrysler é oggi una multinazionale e quindi, come ogni azienda in ogni parte del mondo, ha il diritto e il dovere di compiere scelte industriali in modo razionale e in piena autonomia, pensando in primo luogo a crescere e a diventare più competitiva. La Fiat ha scelto di gestire questa libertà in modo responsabile e continuerà a farlo per non compromettere il proprio futuro, senza dimenticare l'importanza dell'Italia e dell'Europa».
Le prime reazioni - «La Fiat vuole le mani libere non vuole impegni vincolanti in Italia e straccia l'ultimo velo di ipocrisia del piano Fabbrica Italia smentendo tutti coloro che pensavano bastasse tagliare 10 minuti e dichiararsi disponibili a lavorare di più per attrarre investimenti». Così il segretario nazionale Fiom, Giorgio Airaudo, commenta le ultime dichiarazioni del Lingotto e aggiunge: «chi ha firmato quella intesa dovrebbe essere più arrabbiato di noi e non preoccupato di irritare il timoniere. Tutto questo succede nell'incapacità e nel silenzio di una classe dirigente e del governo che hanno lasciato soli i lavoratori». «Se il famoso piano Fabbrica Italia rischia di non esserci più siamo di fronte ad un problema molto serio» ha dichiarato il leader della Fiom, Maurizio Landini, a Torino, alla festa della Fiom, commentando la nota emessa oggi dal Lingotto. «Non aver fatto gli investimenti ha determinato che la Fiat venda meno di altri perchè non ha i modelli e in più c'e' il rischio che in Italia un sistema industriale dell'auto, non solo Fiat e componentistica, salti» ha osservato Landini, concludendo che il dibattito «nel governo e nella politica di questo Paese dovrebbe essere di come si fa ad evitare che il sistema imploda, salti e si perdano altri posti di lavoro». Il Governo «convochi immediatamente i vertici di Fiat» chiede il leader di Sel Nichi Vendola, secondo il quale «é davvero triste, veder riconosciuta la fondatezza degli allarmi inascoltati degli ultimi anni sull'inaffidabilità del vertice della Fiat nell'assumere gli impegni per le realtà produttive nel nostro Paese. La Fiat - ha dichiarato Vendola - ha utilizzato propagandisticamente il mito di Fabbrica Italia mentre concretamente cancellava i diritti dei propri lavoratori, isolava e tentava di annichilire il movimento sindacale. La nota dell'azienda di oggi - prosegue il presidente di Sinistra Ecologia Libertà - ci dice che i piani per il futuro dell'industria automobilistica italiana non ci sono o sono falliti. Ci piacerebbe sapere, in queste ore, dove sono i tanti supporter di Marchionne, di chi stava dalla sua parte senza se e senza ma, e ne celebrava le capacità miracolistiche? Dove sono quei politici che ci bacchettavano con il solito stantio ritornello della sinistra pessimista e passatista. Forse per loro é arrivato il momento di farsi un esame di coscienza e di pensare anche alle migliaia di lavoratori a rischio».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 13/9/2012)

giovedì 13 settembre 2012

SRT Viper: nuove foto e prezzi per gli U.S.A.


SRT, neonato marchio del Gruppo Chrysler riservato ai modelli più sportivi, ha diffuso i prezzi americani della nuova Viper, accompagnandoli con una serie di nuove foto ufficiali. L'ultima incarnazione della supercar a stelle e strisce, che sarà disponibile sul mercato interno fra un paio di mesi, costerà meno di 100.000 dollari: il prezzo di listino sarà pari a 97.395 dollari, per la precisione.
Due allestimenti - Accanto all'allestimento base verrà inoltre commercializzata la Viper GTS, disponibile da 120.395 dollari. Entrambi i modelli sono equipaggiati con il medesimo 8.4 V10 da 649 CV e 813 Nm: a differenziarli, la presenza sulla versione più ricca delle sospensioni regolabili, degli interni con finiture più ricche e di altri contenuti specifici.
Serie speciale al lancio - Ad accompagnare il debutto ci sarà anche la GTS Launch Edition, serie limitata presentata in agosto a Pebble Beach e contraddistinta dall'inconfondibile livrea blu con strisce bianche longitudinali. Specifici sono inoltre i cerchi di lega a cinque razze e gli interni in Alcantara e pelle Black Laguna con cuciture a contrasto.
(Fonte: www.quattroruote.it - 11/9/2012)

mercoledì 12 settembre 2012

Marchionne ai dealers U.S.A.: 66 novità per Fiat-Chrysler entro il 2014


A Las Vegas Sergio Marchionne ha presentato ai concessionari americani del Gruppo Fiat-Chrysler tutti i modelli che arriveranno negli Stati Uniti nel corso del prossimo biennio. Tra le novità dei marchi italiani e quelle d'Oltreoceano, calcolando anche gli aggiornamenti di metà carriera e i debutti di nuovi motori e trasmissioni, il totale è di 66 arrivi entro il 2014.
Due nuove Alfa - I 178 dealer del marchio Fiat, in particolare, hanno potuto vedere in anteprima due modelli dell'Alfa Romeo di prossimo debutto. Una dovrebbe essere la 4C nella variante coupé, in arrivo al Salone di Detroit nella veste di serie; l'altra potrebbe (qui il condizionale è d'obbligo) prefigurare la futura Giulia.
La Chrysler si rilancia nei segmenti C e D - Decisamente più importanti a livello di vendite saranno le Chrysler 100 (l'erede della Delta) e 200 (la futura Flavia berlina), una a due, l'altra a tre volumi, entrambe mostrate in anteprima alla platea dei concessionari. Secondo le indiscrezioni, la seconda è un modello del tutto diverso dall'attuale e molto più simile alla Dodge Dart, con la quale del resto condivide la piattaforma.
Marchionne tira la volata - Anche i titolari degli showroom Jeep hanno avuto soddisfazione: a loro sono state svelate le forme del prossimo crossover compatto e di quelle delle prossime Patriot/Compass e Cherokee, tutte ispirate alle forme più morbide della nuova Grand Cherokee, secondo i concessionari. "Non possiamo fermarci ora, non ce lo possiamo permettere. Dobbiamo rimanere concentrati", ha dichiarato Marchionne nel corso dell'evento.
Torna il Grand Wagoneer - Proprio il marchio Jeep è quello interessato dal maggior numero di novità. L'anno prossimo tornerà in gamma una "vecchia gloria" come il Grand Wagoneer: questa Suv a sette posti sostituirà la Dodge Durango, verrà costruita nella fabbrica di Detroit dove nasce anche la Grand Cherokee e sarà pensata principalmente per il mercato americano.
Automatico otto marce per Wrangler e Grand Cherokee CRD - La stessa Grand Cherokee riceverà importanti aggiornamenti: la prossima primavera debutterà, in abbinamento al 3.0 V6 CRD il cambio automatico a otto marce, in sostituzione dell'attuale a cinque rapporti, e verrà adottato un nuovo sistema di infotainment con touch screen da 8,4". L'automatico a otto marce verrà proposto anche sulla Wrangler dal 2014.
Cherokee rivoluzionata - Nel mese di gennaio, probabilmente al Salone di Detroit, verrà inoltre svelata la nuova Jeep Cherokee. Il modello verrà letteralmente rivoluzionato: basato sulla piattaforma della Dodge Dart, il fuoristrada sarà la prima Jeep su base Fiat. Alla Cherokee spetterà inoltre l'onore di portare al debutto il nuovo cambio automatico a nove marce e il 3.2 V6 a benzina, secondo membro della famiglia Pentastar.
B-Cuv a Mirafiori nel 2014 - Ci sono novità anche per la più piccola delle Jeep: il crossover di segmento B basato sulla piattaforma Susw della prossima Fiat 500X nascerà a Mirafiori, ma non andrà in produzione prima del secondo trimestre del 2014, sebbene fosse inizialmente atteso per la fine del 2013.
(Fonte: www.quattroruote.it - 11/9/2012)

martedì 11 settembre 2012

Jeep Wrangler Mountain all'esordio in Italia


La Jeep Wrangler Mountain arriva nelle concessionarie italiane il prossimo 15 settembre: presentata al Salone di Ginevra nel mese di marzo, la nuova versione speciale basata sul fuoristrada yankee si fa notare per l'hard top nero, i cerchi da 17" in tinta Mineral Grey e una serie di accessori firmati dal reparto Mopar, a partire dalla mascherina caratterizzata dalla medesima colorazione.
Manuale o automatica - Il modello, basato sulla Wrangler Sport, verrà commercializzato solo nella carrozzeria a due porte e sarà equipaggiato con il 2.8 CRD quattro cilindri da 200 CV, abbinato al cambio manuale a sei marce e allo start&stop o all'automatico cinque marce con funzione sequenziale. Nel primo caso, la coppia, che è di 460 Nm sulle versioni automatiche, è limitata a 410 Nm.
Da 32.500 Euro - Di serie, la Wrangler Mountain propone climatizzatore automatico, volante multifunzione in pelle, computer di bordo, cruise control e radio Cd/Mp3 con ingresso Aux. Il modello sarà disponibile in tre tinte: oltre alle colorazioni Dozer e Black Forrest Green, già disponibili sulle altre Wrangler, ci sarà l'inedito Gecko. La Wrangler Mountain sarà commercializzata a partire da 32.500 Euro.
(Fonte: www.quattroruote.it - 8/9/2012)

lunedì 10 settembre 2012

Marchionne: "Ferrari è l'Italia che funziona"


Ha seguito la corsa con grande trepidazione: Sergio Marchionne, il grande capo di Fiat-Chrysler ha voluto essere nei box della Ferrari per vivere in diretta l’emozione del Gp d’Italia. Il manager che con freddezza riesce a vedere e tracciare il futuro di Fiat e Chrysler si è emozionato per l’impresa che ha portato Alonso dal decimo al terzo posto, festeggiando nel motorhome del Cavallino l’inatteso podio della Ferrari...
“Sono contentissimo, perché questa è l’Italia che funziona! Quell’uscita causata da Vettel non è stata piacevole soprattutto per l’impatto che ha avuto sulla vettura. Il fatto che siamo riusciti ad arrivare sul podio è già un miracolo, considerato quello che abbiamo patito ieri e oggi. La squadra ancora una volta ha dato prova della sua forza: questa è una scuderia unica al mondo, bisogna proteggerla come l’acqua santa”.
Siete riusciti a far sciogliere anche il ministro Fornero che, dopo aver premiato il vincitore Lewis Hamilton, ha voluto abbracciare Alonso sul podio... 
“Ovviamente! Ci si emoziona di fronte alla dimostrazione delle capacità del Paese. Chapeau. Sono buoni segnali questi. Questi sono ottimi segnali per l’Italia...”.
Con la riforma delle pensioni, ci vorrà un po’ per sperare di fermare Alonso... 
“Non mi trascini in questi discorsi, io sono qui per apprezzare il grande lavoro che è stato fatto. L’Italia competitiva è quella che cerco in questo Paese. Se vado in giro con la bandiera italiana sul braccio ci sarà una ragione? Dobbiamo essere orgogliosi di portarla, ma dobbiamo anche meritarci questo diritto”.
La Ferrari, quindi, è la migliore espressione dell'Italia?
La squadra oggi ha fatto un lavoro eccezionale e quanto sta facendo Montezemolo a Maranello è eccezionale. Per non dire di Stefano e dei piloti che hanno dato il meglio. Per venti minuti il muretto dei box è rimasto senza telemetria: sono stati incredibili a gestire la corsa come accadeva venti anni fa”.
Nel retrobox ha sofferto per la Rossa...
”Alonso ha ripreso la macchina anche dopo l’uscita di pista. Era difficilissimo controllarla sull’erba. È uno che è sempre tenace. Non bisogna mollare mai. Adesso vi devo lasciare perché devo andare negli Stati Uniti...”.
Ed esce dal paddock sorridente. Una volta tanto soddisfatto...
(Fonte: www.omnicorse.it - 9/9/2012)

domenica 9 settembre 2012

Crisi dell'auto (2): serve il taglio delle tasse


Peggio di così non poteva andare. L’ad di Fiat, Sergio Marchionne, con un eufemistico «mese non bello in Italia», ha descritto il peggiore andamento del mercato automobilistico degli ultimi tempi. Le previsioni su agosto, infatti, registrano un -20% di vendite rispetto all’anno scorso. Marchionne, a margine di una cerimonia in onore del trentennale dell’uccisione del generale Alberto Dalla Chiesa, ha, inoltre, fatto presente di non aver «mai visto un numero così basso in vita mia» ma che si tratta pur sempre di cifre in linea con le, seppure tristi, previsioni. Il timore, è che dal comparto dell’auto si estenda un contagio in grado di deteriorare molti altri settori dell’economia. Abbiamo fatto il punto della situazione con Franco Oppedisano, giornalista economico ed esperto di mercato automobilistico.
Potrebbe scatenarsi un effetto a catena?
Sì, purtroppo. E’ da mesi che la situazione peggiora. Tuttavia, un dato così negativo non si vedeva da vent’anni almeno. E non c’è alcun segnale che lasci intendere che ci sarà un’inversione di tendenza, nulla che lasci sperare che nei prossimi mesi si determinerà un cambio di rotta. Il che produrrà profonde ripercussioni su tutto l’indotto. Calerà, di conseguenza, il Pil nazionale, mentre i numeri del mercato occupazionale si ridurranno ulteriormente.
E’ così solo in Italia o in tutta Europa?
E’ così in tutta Europa anche se i dati italiani sono particolarmente bassi. In ogni caso, a livello di continente, ci sono molte più fabbriche di quelle di cui ci sarebbe bisogno. Molte di esse chiuderanno, mentre molte altre hanno già chiuso. Basti pensare che, in Italia, si era convinti che non si sarebbe mai scesi sotto il limite di 1milione e 960mila auto prodotte; quest’anno, invece, sarà già tanto se si riuscirà a produrre circa 1milione 450mila vetture. Fino a cinque anni fa, inoltre, se ne vendevano attorno ai 2,4 milioni.
C’è il rischio che il mercato dell’auto si stabilizzi su livelli così bassi?
Va detto che tutte le misure sin qui assunte dalla politica, specialmente in Italia, non hanno fatto altro che penalizzarlo ulteriormente: dal rincaro dei bolli all’aumento delle accise sulla benzina, dal costo delle assicurazioni ai tassi di finanziamento. Comprare un’auto, d’altro canto, è sempre più difficile. Si sta acuendo, oltretutto, la tendenza a farne a meno. Sta di fatto che, secondo gran parte degli analisti, il mercato dell’auto uscirà realmente dalla crisi tra 8 anni, nel 2020.
Come facciamo a esserne sicuri?
Non ne siamo sicuri. 8 anni, economicamente, sono troppi per fare previsioni realmente attendibili. Sta di fatto che, per allora, le vetture che circolano attualmente saranno stravecchie, avranno centinaia di migliaia di chilometri e andranno necessariamente cambiate.
Marchionne, dal canto suo, sta seguendo la strada giusta?
Direi di sì. Sta cercando di espandere sempre di più la produzione, tentando, in particolare, di approdare o di stabilizzare il proprio business nei Paesi emergenti. Resta il fatto che difficilmente i problemi che ha in Italia saranno risolvibili.
Si riferisce ai rapporti con i sindacati?
Non solo. Anzi. Quello, tutto sommato, è un problema secondario. Quello fondamentale restano le scarse vendite. Se, ogni mese, segnassero un +10%, tutte le tensioni con il mondo sindacale tenderebbero a raffreddarsi. Si acuiscono, invece, proprio a causa della difficilissima contingenza. Basti pensare che, se escludiamo Chrysler, Fiat ha perso, in Europa, centinaia di milioni di euro.
In ogni caso, quali misure sarebbe necessario adottare per facilitare la ripresa?
La maggior parte delle auto sono vendute attraverso finanziamenti; che, tuttavia, sono attualmente così onerosi dal far desistere dall’acquisto. Sarebbe necessario, quindi, operare con maggior disponibilità, modificando i tassi al ribasso. Occorrerebbe, inoltre, diminuire l’imposizione fiscale, elevata a tal punto da essere divenuta anch’essa un fattore fortemente disincentivante; e, oltretutto, come è ben noto, in casi come questi, va a finire che, di norma, diminuisce il gettito fiscale, riducendosi la base imponibile. Infine, se si mettesse a punto una macchina realmente in grado di superare i limiti tradizionali delle elettriche, e che non andasse a benzina o a gasolio, i consumatori potrebbero essere invogliati a comprarle e il panorama potrebbe cambiare.
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 3/9/2012)