mercoledì 29 febbraio 2012

Marchionne a Bruxelles: "Fiat resta in Italia, ma solo a precise condizioni"


La Fiat manterrà le scelte industriali in Italia, ma soltanto "a condizioni estremamente chiare". Lo ha ribadito l'amministratore delegato Sergio Marchionne, parlando a Bruxelles in qualità di presidente dell'ACEA. "Non possiamo continuare a perdere soldi in Europa semplicemente per tenere in piedi un sistema industriale che economicamente non ha basi", ha detto Marchionne riferendosi direttamente all'Italia. Un messaggio chiaro, che pare rivolto più al Paese (e dunque anche al mercato interno) che a un singolo destinatario. Marchionne ha smentito di aver ipotizzato il "sacrificio" di due stabilimenti italiani e spiegato che l'esigenza del Lingotto è di "mantenere una politica industriale in Italia che dà la possibilità agli stabilimenti di raggiungere livelli di produttività adeguata per competere nel mondo usando le infrastrutture che permettono di esportare in altri Paesi fra cui gli Stati Uniti". Il manager non ha elencato le "precise condizioni" necessarie a tale politica industriale, ma ha lasciato intendere che tra esse ci sono la riforma del welfare e del mercato del lavoro: "Se io potessi fare solo una cosa - ha detto Marchionne - probabilmente creerei un ambiente del lavoro flessibile per gestire la domanda e l'offerta". E' la risposta a una domanda specifica sull'eccesso di produzione nel settore europeo dell'auto, ma Marchionne ha buon gioco a muoversi sulla direttrice della maggiore flessibilità sollecitata al governo italiano dalle istituzioni internazionali. Il sistema del welfare europeo, dice Sergio Marchionne, deve essere ripensato e ridimensionato, se si vuole che l'industria del continente resti competitiva a livello globale. "Draghi - ha detto riferendosi a un'affermazione recente del presidente della BCE - è stato molto chiaro: bisogna ripensare e ridimensionare il sistema del welfare. È un processo complesso ma deve essere fatto e ogni ostacolo che sarà gettato in questo processo lo rallenterà". "Chiunque gestisce una multinazionale - ha continuato l'ad della Fiat - capisce che il mondo è piatto, dal punto di vista commerciale. Non esiste la nozione che noi europei siamo diversi: bisogna riconoscere le sfide, non possiamo continuare a ignorarle". "Sono convinto che esistono le condizioni per creare la flessibilità 'buona'", ha detto Marchionne. "Quello che dobbiamo fare è abbandonare gli schemi del passato. Se continuiamo a insistere che tutte le cose che abbiamo avuto e costruito sono essenziali per il futuro, quando in effetti sono considerate degli ostacoli proprio del progresso industriale di un Paese, quella strada non ci porterà molto lontano". Sui tempi per gli impegni italiani di Fiat e sull'investimento da 20 miliardi dell'annunciato piano Fabbrica Italia, Marchionne ha detto che su "Mirafiori gli impegni li stiamo prendendo. Ci stiamo lavorando alla velocità della luce, perciò abbiamo annunciato il modello Jeep Mirafiori che partirà l'anno prossimo". Marchionne ha anche parlato di Pomigliano d'Arco: "La decisione di riportare la produzione della nuova Panda in Italia non è stata presa solo sulla base di considerazioni razionali, ma per via del legame storico e della relazione privilegiata di Fiat con l'Italia e perchè i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano hanno scelto di unirsi a noi nella sfida di diventare globalmente competitivi. Meritavano l'opportunità di dare prova di sè stessi".
(Fonte: www.repubblica.it - 28/2/2012)

martedì 28 febbraio 2012

Caro carburanti: Fiat punta su GPL e metano


I prezzi di benzina e gasolio sono sempre più alle stelle e si avvicinano giorno dopo giorno alla soglia critica dei due euro al litro. Un salasso per milioni di automobilisti che sono costretti a sostenere costi di gestione sempre più alti. Una soluzione a portata di mano tuttavia è rappresentata dal metano e dal GPL che hanno costi più contenuti, sono meno soggetti ad aumenti, offrono una maggiore autonomia e consentono oltretutto di abbattere le emissioni inquinanti e il livello di CO2. Senza dimenticare che nelle grandi città possono circolare anche nella zone a traffico limitato.
Capofila nell'UE - Secondo l'Osservatorio Metanauto (struttura di ricerca sul metano per autotrazione), con l'attuale struttura dei prezzi dei carburanti (alla data del 14 febbraio), con 10 euro un'auto di media cilindrata può percorrere 158 chilometri se è alimentata a metano, 97 chilometri a GPL, 69 a gasolio e 58 a benzina. L'Italia in questo campo detiene un primato, con il più grande parco auto circolante di vetture a gas. E Fiat è la capofila tra i costruttori dell'Unione Europea, essendo da molto tempo impegnata in questo settore, con un'offerta che si compone di un'ampia gamma di vetture a doppia alimentazione. Inoltre, mentre la maggioranza delle vetture vengono trasformate a gas con installazioni aftermarket, il Gruppo Fiat realizza impianti specifici progettati, fabbricati e garantiti che vengono installati già in fabbrica.
Gruppo ecologico - Secondo le analisi dell'istituto di ricerca Jato Dynamics, negli ultimi quattro anni Fiat è risultato il brand più ecologico tra i principali marchi automobilistici più venduti in Europa con un livello medio di emissioni di CO2 pari a 123,1 g/km contro una media mercato di 140,9 g/km. Inoltre, nel 2011 Fiat S.p.A è stata riconosciuta, per il terzo anno consecutivo, leader di sostenibilità ed è stata confermata negli indici Dow Jones Sustainability (DJS) World e Europe.
L'offerta di motori bifuel - Per quanto riguarda l'offerta di motori bifuel, il 1.4 T-Jet Turbo equipaggia Fiat Doblò con alimentazione a metano, Lancia Delta, Alfa Romeo Giulietta e MiTo a GPL. Il propulsore 1.4 8V Fire da 77 CV viene offerto con doppia alimentazione benzina-metano su Fiat Punto 2012, Panda Classic e Qubo, e benzina-GPL su Punto 2012, Idea, Bravo (in versione 90 CV) e Lancia Musa. Fanno parte della gamma dei veicoli a gas anche il 1.2 Fire da 69 CV, proposto a GPL su Fiat 500 e Panda Classic accanto al rinnovato 1.2 Fire EVO II da 69 CV che equipaggia a nuova Ypsilon.
(Fonte: www.quattroruote.it - 14/2/2012)

lunedì 27 febbraio 2012

Marchionne: "Le fabbriche italiane tutte salve solo se esporteranno in America"


«Ha visto? Chrysler ha ritirato la domanda dei prestiti federali per le auto ecologiche». Il colloquio con Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, parte dall'America e sull'America finirà.
Dottor Marchionne, perché decidere ora quando GM vi aveva rinunciato tempo fa?
«Perché ora Chrysler non ha più bisogno di quei dollari...».
Tre miliardi al tasso dello 0,1%.
«Alla fine eravamo scesi a 2, ma il tasso d'interesse basso si accompagnava a vincoli sugli aumenti di capitale e agli investimenti fuori dagli U.S.A. . Troppi per mettersi le manette».
Adesso avete le mani libere.
«Sì, i prestiti dei governi di Stati Uniti e Canada li abbiamo restituiti nel 2011, versando mezzo miliardo di dollari quale risarcimento degli interessi che avremmo dovuto pagare se fossimo rimasti debitori fino alla scadenza».
Tiferete per la riconferma del presidente Obama che vi diede Chrysler?
«Ci auguriamo un risultato elettorale chiaro, con la stessa maggioranza al Congresso e alla Casa Bianca. Sennò si fatica a governare».
Sembra neutrale. Con Obama lo Stato è intervenuto nell'economia. Socialismo, accusano i repubblicani. Lei che pensa?
«L'intervento dello Stato non può essere giudicato in assoluto. Io condivido i valori americani, il primato dell'iniziativa privata. Ma nel 2008 l'economia intera stava andando alla malora. Il "bailout" dell'auto è stato necessario perché il sistema finanziario non era più in grado di affrontare i fallimenti. Ora i fondi Tarp sono stati quasi tutti rimborsati».
Come vede il 2012 per l'America?
«Sono molto ottimista».
Con tutto quel debito pubblico?
«In quel concorso di bellezza che è la vita spesso vince la meno brutta».
E l'Italia?
«Non siamo in condizioni floride. E però il nuovo governo, in pochissimo tempo, ha dato al mondo l'idea di un Paese che sta svoltando. Un successo incredibile. Ero a Washington durante la visita del premier Mario Monti. Ha avuto un'accoglienza straordinaria: Monti è stato un'ora a colloquio con il presidente Obama, ha riscosso grandissima attenzione al Peterson Institute, il think-tank più importante. L'America è un animale enorme, che tende a percepire tutti gli altri come piccoli. Non è facile che dia tanta importanza ai suoi ospiti...».
Silvio Berlusconi attaccava i giudici dall'estero. E lei non certo incoraggiava i capitali internazionali dicendo che la Fiat non poteva investire in Italia per colpa della Fiom.
«Un momento: io non ho mai parlato male dell'Italia. Ho solo riconosciuto quello che non va perché era serio farlo nell'interesse della Fiat, che è un gruppo multinazionale, e, se permette, del mio Paese».
Se in America le chiedessero: dimmi, Sergio, adesso conviene investire in Italia?
«Conviene investire man mano che le riforme del governo Monti vanno avanti».
Tra queste spicca la riforma del mercato del lavoro. Che cosa pensa dell'articolo 18?
«Che ce l'ha solo l'Italia. Meglio assicurare le stesse tutele ai lavoratori in uscita in modi diversi, analoghi a quelli in uso negli altri Paesi. Diversamente, le imprese estere non capiscono e non vengono qui a investire».
E la Fiat che fa?
«La Fiat sta investendo».
E' soddisfatto degli accordi sindacali?
«Sì. Ora possiamo lavorare».
Come mai allora, 14 mesi dopo il referendum, la produzione di Mirafiori scende da 70 mila a 54 mila auto l'anno quando se ne dovrebbero produrre 280 mila? Il progetto Fabbrica Italia, presentato nell'aprile 2010 a palazzo Chigi, appare in ritardo.
«Pomigliano è ripartita. Venga a visitarla: vedrà una fabbrica modello...».
Senza più iscritti Fiom tra i neoassunti.
«Falso. Si legga il "Giornale". Riporta le parole on records di lavoratori che erano iscritti alla Fiom e non ne vogliono più sapere. Ma abbiamo deciso di non parlare più di Fabbrica Italia. Siamo l'unica azienda al mondo da cui si pretendono informazioni così di dettaglio. Gli investimenti li comunichiamo man mano li facciamo. E li facciamo in base al mercato. A Mirafiori non si lavora per riempire i piazzali di veicoli invenduti. Ma Mirafiori tornerà a regime entro la fine del 2014 con un modello Fiat e uno Chrysler».
E' sano che sindacalisti dal seguito non trascurabile siano costretti a uscire dagli stabilimenti portandosi via gli scatoloni come i banchieri della Lehman dopo il crac? Perfino negli anni di Valletta le commissioni interne davano cittadinanza a tutti.
«Lasciamo la storia agli storici. Il quadro anche giuridico era diverso. La Fiom si trova in questa situazione in seguito al referendum del 1995 sulle rappresentanze sindacali, che essa stessa aveva sostenuto, e perché non firma quando pure l'accordo è stato approvato dalla maggioranza assoluta dei lavoratori».
In un Paese che ha avuto il terrorismo rosso è saggio isolare il sindacalismo radicale?
«Onestamente, non vedo oggi rischi analoghi a quelli di oltre trent'anni fa».
E se il governo regolasse il diritto di sciopero e le rappresentanze sindacali attuando gli articoli 39 e 40 della Costituzione, e dunque riaprendo le porte delle fabbriche alle sigle che raggiungono un certo quorum?
«Che senso ha schierarsi sulle ipotesi? Qualsiasi riforma non potrà prescindere dall'esigibilità degli accordi approvati dalla maggioranza dei lavoratori. La Fiat sarà coerente con le intese raggiunte con tutti gli altri sindacati e convalidate dalla magistratura. Se si assume le sue responsabilità, la Fiom può rientrare già adesso. Ma temo che Maurizio Landini stia facendo una battaglia politica».
Difende, dice, i diritti dei lavoratori.
«C'è forse un sindacalista che dica il contrario? In pratica, vedo un Landini più rigido, molto di più del suo predecessore, Gianni Rinaldini, con cui si poteva dialogare».
Ha mai cercato un chiarimento?
«Ci sono stati incontri riservati con esponenti della Fiom. La sinistra più intelligente ha provato a ricucire, ma è andata male. Non possono pretendere che, nei fatti, sconfessi Cisl, Uil, Ugl e Fismic».
In Cgil c'è ora Susanna Camusso.
«Con Epifani si riusciva a ragionare di più. Camusso forse parla troppo della Fiat e di Marchionne sui media e troppo poco con noi».
Vorrà evitare che nasca una quarta confederazione a egemonia Fiom.
«Io sono un metalmeccanico che fa automobili. E fatica a capire chi considera Parlamenti i sindacati. In America, il capo della Uaw comanda e sa prendere impegni. Lo stesso accade in Germania con l'Ig Metall. E, mi creda, non sono sindacati comodi».
L'Italia ha la sua storia.
«Di troppa storia si muore».
La sua dichiarazione pro Bombassei e l'eventuale rientro in Confindustria non rischiano di trasformare il dopo Marcegaglia in un referendum sulla Fiat?
«Al referendum non ci avevo proprio pensato. Ma riflettendoci non mi interessa molto. Ho voluto semplicemente dire che stimo Bombassei come persona e come imprenditore e che credo sia in grado di cambiare radicalmente Confindustria che, come tutto il Paese, deve essere profondamente modernizzata».
Veniamo ai bilanci. Parlate di record per il 2011, ma Fiat e Fiat Industrial assieme fanno un utile della gestione ordinaria di 4,1 miliardi, pari al 4,8% dei ricavi aggregati quando nel 1989 il gruppo Fiat portò a casa, a moneta attualizzata, 4,8 miliardi di euro, pari al 9% dei ricavi di allora.
«Nel 1989 c'erano business poi gradualmente ceduti: Telettra, Snia, Impresit, sistemi ferroviari, Avio. Nel loro insieme, contribuivano per 700 miliardi di lire al risultato operativo consolidato di 4.670 miliardi. A parità di perimetro e a moneta inflazionata, quel margine sarebbe di 4 miliardi di euro. Dunque...».
Beh, nell'89 non c'era Chrysler.
«Consolidi allora "pro forma" Chrysler per 12 mesi e vedrà che il risultato della gestione ordinaria arriva a 5 miliardi di euro: 3,3 miliardi Fiat S.p.A. e 1,7 Fiat Industrial».
Ma su ricavi ancora maggiori. Dunque, i margini restano minori, fatale per i produttori generalisti europei. Concentriamoci perciò su Fiat S.p.A., il cui cuore è appunto l'auto. Ebbene, senza l'apporto di Chrysler e la rivalutazione delle azioni Chrysler ottenute senza esborso monetario, e con un'aliquota fiscale media del 24%, l'utile netto consolidato di Fiat S.p.A. supera di poco i 300 milioni. Non è molto...
«Nel 2011, l'aliquota fiscale media è del 24% perché risente dell'impatto quasi nullo dei proventi atipici. Con un carico fiscale normalizzato in relazione ai diversi Paesi dove operiamo, e senza Chrysler e i proventi atipici, l'utile sarebbe di 700 milioni...».
Escludevo la quota delle minoranze. Ma non è questo il punto. Con trasparenza, lei avverte che l'auto non è ancora a posto. Ed è questo il grosso problema per l'Italia.
«In effetti, ipotizzando Chrysler quale parte integrante del gruppo Fiat per l'intero 2011 e non solo per i 7 mesi citati, si può stimare che le attività automobilistiche in America Latina diano il 37% del risultato della gestione ordinaria e quelle nordamericane il 52%. Il resto del gruppo perderebbe appunto 500 milioni già a livello operativo se non potesse compensare con i risultati positivi di Ferrari, Maserati e componentistica».
Non crede che la Fiat S.p.A. abbia anche un debito troppo grande e troppo costoso? Nel 2011 ha pagato 1,3 miliardi di oneri finanziari netti, pari al 55% del risultato della gestione ordinaria.
«L'esborso che lei cita comprende pure componenti di natura contabile per 200 milioni quali la valutazione degli equity swap e l'attualizzazione dei fondi pensione. Fiat-Chrysler ha debiti finanziari per 26,8 miliardi di euro. Ma una ventina restano liquidi».
Gli impieghi liquidi, si sa, rendono meno di quanto costi il debito. Quanto meno?
«Quasi 700 milioni».
Non converrebbe ridurre tanta liquidità?
«Ma lei si fida dei mercati finanziari?».
Molto poco.
«E allora dovrà riconoscere che questa liquidità è la nostra polizza contro un credit crunch ; il suo costo è il premio assicurativo».
Vedere tanta liquidità ferma in un Paese che ha avuto la Parmalat...
«Ma come si permette?! Si tratta di disponibilità liquidabili in tempi brevissimi e investite con controparti solide. Nessun legame con FGA Capital (la joint-venture con il Credit Agricole per il finanziamento delle vendite, ndr ) né con le posizioni bancarie dei concessionari. Non ci sono Gmac nel nostro perimetro, tanto per capirci (Gmac era la «banca» commerciale di Gm che la tirò a fondo, ndr ). Il fatto è che la liquidità serve perché è finito il tempo dei convertendi!».
Spieghiamo. Si chiamò convertendo un prestito di 3 miliardi che si convertiva dopo 3 anni in azioni e che nel 2002 salvò la Fiat.
«Oggi le banche, con gli accordi di Basilea, non potrebbero fare un prestito di quel tipo nemmeno se volessero».
Quanto pagano il denaro Fiat e Chrysler?
«La prima il 6%, confermato anche nell'ultima emissione obbligazionaria in franchi svizzeri, e l'altra poco più dell'8%».
Perché questa differenza se Chrysler è meglio di Fiat? Il mercato si preoccupa perché ha un patrimonio netto negativo per 3 miliardi di dollari e uno netto tangibile negativo addirittura per 8 miliardi?
«Il patrimonio netto contabile di Chrysler risente degli oneri straordinari sostenuti al riavvio dell'attività nel 2009. E gli intangibles pesano per il 13% del totale di attività, impianti e macchinari per il 41%. Sono solo questioni contabili. Oggi il business fa profitti e cassa, le vendite aumentano del 26% in un mercato che cresce del 10%, ed è ciò che conta».
Chrysler dovrà pagare pensioni per circa 32 miliardi di dollari e ha attività finanziarie per 25,5 miliardi. Uno squilibrio pesante che non viene ricompreso nel debito.
«La quota unfunded del fondo pensioni non è un debito finanziario, ma un impegno verso i dipendenti da onorare nel tempo. Molte imprese americane hanno quote unfunded nei fondi pensione. D'altra parte, l'1% in su o in giù nei tassi rivaluta o svaluta di 3 miliardi le attività finanziarie del fondo Chrysler».
Le decisioni della Federal Reserve contano più delle vostre, verrebbe da dire. Ma se la Fiat sale all'80% del capitale Chrysler, diventa responsabile in via surrogatoria di eventuali inadempienze del fondo pensioni.
«Sarebbe un problema solo se Chrysler versasse in stato di insolvenza. Gli Organizational Documents di Chrysler, comunque, assicurano che Fiat non sarebbe soggetta a tali obblighi in maniera inattesa. Ma oggi Chrysler va bene, ne abbiamo il 58% e il resto appartiene al fondo Veba dei sindacati».
Che rimarranno soci ancora a lungo?
«Non troppo a lungo. O compreremo noi quelle azioni (abbiamo un'opzione) o troveremo assieme il modo di ricollocarle».
Quale futuro per Fiat-Chrysler?
«Le ipotesi sono tre: a) un'offerta pubblica delle azioni Chrysler; b) Fiat compra e sale al 100%; c) si fa la fusione Fiat-Chrysler che comporterebbe l'automatica quotazione di Chrysler e diluirebbe sia Veba che Exor».
Qual è l'ipotesi più probabile?
«La meno probabile è la prima».
Dottor Marchionne, Giovanni Agnelli non volle rinunciare al controllo sull'auto. Lei riconobbe con gli analisti che Fiat Auto da tanti anni non ripagava il costo del capitale investito dai soci. Qual è il suo mandato?
«Il mio mandato nel 2004 era molto semplice: salvare un'azienda quasi fallita. E ci siamo riusciti. Poi rendere la Fiat redditiva. E il risultato del 2011, pur in una situazione economica molto difficile, mi pare testimoni che l'operazione è ampiamente riuscita».
L'entità dei suoi compensi fa discutere.
«I miei compensi hanno una parte fissa e una variabile costituita da opzioni sulle azioni Fiat, e dunque legata alle quotazioni del titolo. E' questa che ha indotto a certi calcoli. In realtà, nel 2004, quando nessuno ci credeva, mi è stato assegnato lo stesso numero di opzioni che aveva Giuseppe Morchio, e un prezzo d'esercizio più alto. Per quattro anni su otto non avevano alcun valore. Se oggi ce l'hanno, dipende dall'andamento del titolo di cui beneficiano tutti i soci».
Ma c'è un'enorme sproporzione tra i compensi dei top manager e quelli del dipendente medio. Un tempo non era così.
«Trent'anni fa non si era ancora creato un mercato delle competenze manageriali come quello attuale».
Lo spread tra le obbligazioni Volkswagen e quelle Fiat è superiore al differenziale tra i Btp e i Bund tedeschi. Come mai?
«Ciascun debitore ha la sua storia».
Infatti, lo Stato italiano ha varato la manovra per risanare i conti pubblici. La Fiat farà un aumento di capitale?
«Non serve. Nel 2012 investiremo oltre 7 miliardi, ma senza aumentare il debito. Useremo semmai un po' della nostra liquidità...».
E intanto zero dividendo alle ordinarie .
«E' il momento di rafforzare il patrimonio. Più in generale, si deve capire che l'auto è un business che, quando tira, genera molta cassa. Già nel 2007 il gruppo Fiat aveva azzerato il debito industriale netto».
Ne avete abbastanza per reggere la sfida della multipiattaforma Volkswagen per 20 modelli diversi?
«Fiat spende in ricerca e sviluppo il 5,3% dei ricavi. La media dei produttori generalisti europei è del 5,7%. Ce la stiamo giocando. La multipiattaforma Volkswagen rientra nei processi di standardizzazione e razionalizzazione comuni a tutti i produttori, anche se c'è chi ha cominciato prima e chi, come noi, un po' dopo. Ferdinand Piëch è un grandissimo. Ma con le sue 10 architetture, Fiat-Chrysler riuscirà a non sacrificare le prestazioni delle vetture di segmento superiore e a non caricare costi insostenibili su quelle di segmento inferiore. Già nel 2014 metà dei nuovi modelli Chrysler e Fiat verranno da una piattaforma comune».
Ford e Gm varano piattaforme da 2 milioni di pezzi.
«Oltre il milione le economie di scala tendono a esaurirsi».
Ma dove sono questi nuovi modelli?
«La Fiat ha scelto di rallentare il lancio dei nuovi modelli per la scarsità della domanda in Europa».
I concorrenti fanno il contrario.
«Ed ecco che Peugeot-Citroen, Opel, Renault e la stessa Ford Europe perdono soldi nel Vecchio Continente».
Come voi, del resto. Ma almeno hanno difeso le quote di mercato.
«Ragionando così non si va lontano. Guardiamo avanti. La domanda di automobili in Europa è destinata a rimanere bassa ancora a lungo. Almeno fino al 2014. Le case generaliste hanno troppa capacità produttiva...».
Secondo il Financial Times, Renault e PSA sfruttano gli impianti al 62%, Fiat al 50%. Volkswagen al 75%.
«Volkswagen è un caso a parte. Ha cominciato 20 anni fa a scalare il mondo e ci sta arrivando. La Francia invece si era illusa di poter reggere tale e quale, magari con i sussidi statali. Ora anche Philippe Varin, il mio collega della PSA, pone il problema dell'eccesso di capacità produttiva in Europa. Ma la Fiat ha una straordinaria opportunità negli Stati Uniti. Che hanno fatto quanto l'Europa si era illusa di poter evitare: chiudere un certo numero di stabilimenti per abbassare i costi fissi in relazione alla domanda attesa nella produzione di massa. Le linee premium, dove eccellono Bmw, Audi, Mercedes, Porsche, ma anche le nostre Ferrari e Maserati, sono tutto un altro film...».
L'Europa come la Detroit del 2005?
«Ricordo solo che Chrysler perdeva vendendo quasi 3 milioni di automobili, oggi pareggia con 1,5 milioni e nel 2012 ne venderà 2,4 milioni. La domanda sta rifiorendo...».
Chrysler riaprirà i siti dismessi?
«No, quelli sono finiti alla car.co in liquidazione. Le fabbriche della nuova Chrysler stanno già marciando a pieni giri. Potremo aumentarne un po' la capacità produttiva. Ma ormai negli U.S.A. c'è un terzo della domanda che potrà essere soddisfatta solo dal Messico, dal Canada o dall'Europa. Gli stabilimenti Fiat italiani hanno l'opportunità di esportare negli Stati Uniti. Questo penso di fare per l'Italia ed è per questo che trovo insopportabilmente razzista dipingermi come un uomo senza patria: svizzero, canadese, americano, italiano a seconda delle comodità polemiche».
Che cosa ci vuole adesso?
«L'indebolimento dell'euro verso il dollaro aiuta, ma servono costi competitivi. Sa perché gli U.S.A. funzionano con un costo orario del lavoro più alto di quello italiano? Perché si utilizzano in modo pieno e flessibile gli impianti. L'Italia deve tenerne conto».
Ma bisogna anche avere il prodotto. La Chrysler ha avuto la tecnologia Fiat...
«Chrysler è tornata al profitto ristrutturandosi, e cioè con le sue forze. Il primo modello a tecnologia Fiat è la Dart. Che abbiamo cominciato a vendere adesso».
Grazie agli accordi, Fiat ha avuto il 35% di Chrysler in cambio dell'accesso a tutte le sue tecnologie da parte della casa di Auburn Hills. Il governo americano le valuta miliardi di dollari. Nel bilancio Chrysler sono iscritte per 320 milioni di dollari.
«Confermo i numeri di Chrysler».
Che danno a Fiat 120 milioni di guadagno.
«Il prezzo delle tecnologie dipende dalle circostanze in un cui vengono scambiate».
La Fiat inventò il common rail e lo vendette per poche decine di miliardi di lire.
«Non giudico quelle scelte. Non c'ero. Nelle condizioni in cui è oggi la Fiat non lo venderei. Magari ci farei una licenza».
L'Italia ha ancora un cluster dell'auto competitivo oppure no?
«La storia è grande, ma anche la Grecia era il bacino della democrazia. Esistono ancora diffuse competenze. Non mancano tentativi di aggregazione, ma manca una regia. E oggi anche la Chrysler sta dimostrando inaspettate capacità tecnologiche. Lo dico sempre ai nostri ingegneri: non si vive sugli allori».
Chi dovrebbe essere il regista?
«Se ne dovrebbe occupare chi guida la politica industriale del Paese».
La Fiat non è riuscita a rilanciare l'Alfa Romeo. Perché non la cede a Volkswagen?
«Perché non la vogliamo vendere. E in ogni caso Piëch vorrebbe solo il marchio».
Non si prenderebbe un sito produttivo?
«So quel che dico. E l'Alfa ci serve in America».
In Brasile, Serbia, U.S.A. la Fiat trova diversi ma sempre rilevanti aiuti da parte degli Stati. Che cosa si attende dal governo italiano?
«Mi attendo soprattutto che non dia altri incentivi alle rottamazioni. E' vero, in passato li abbiamo chiesti anche noi. E abbiamo fatto male. Anche perché hanno sostenuto al 70% le vendite dei concorrenti».
La Fiat Auto ha lasciato Termini Imerese. Le restano Mirafiori, Cassino, Atessa, Melfi e Pomigliano. Se non funzionassero le esportazioni verso gli U.S.A., quanti sarebbero i siti eccedenti?
«Tutti gli stabilimenti staranno al loro posto. Abbiamo tutto per riuscire a cogliere l'opportunità di lavorare in modo competitivo anche per gli Stati Uniti, ma se non accadesse dovremmo ritirarci da 2 siti dei 5 in attività».
Quali?
«Ricorda "Sophie's choice"? Nel film, alla fermata del treno il nazista chiede a Sophie uno dei suoi due figli. In caso contrario li avrebbe ammazzati tutti e due. Sophie resiste, ma alla fine deve scegliere e passa il resto della sua esistenza con l'incubo di quella decisione. Dunque, per favore, non me lo chieda».
(Fonte: www.corriere.it - 24/2/2012)

domenica 26 febbraio 2012

Menga (CIVES): "Ecco la verità sulle reali emissioni - indirette - dell'auto elettrica"


Ma quanto inquina un'auto elettrica? Ed è vero che l'auto elettrica per l'Italia andrebbe bene solo se l'energia elettrica venisse prodotta dalle fonti rinnovabili? A dare una risposta alla madre di tutte le domande - fin qui lasciata morire da tutti - arriva Pietro Menga, presidente Commissione Italiana Veicoli Elettrici Stradali del Comitato Elettrotecnico Italiano: "Siamo tutti pienamente d'accordo che le fonti rinnovabili debbono essere perseguite come un'esigenza ineludibile per il futuro elle nostra civiltà, e che un'auto elettrica alimentata da queste fonti dia il meglio di sé - spiega Menga - Ci sono però due paradossi che non possono essere elusi".
Cominciamo subito, allora...
"Il primo, che la politica del perseguire la perfezione, se male utilizzata, può uccidere quella più pragmaticamente orientata a ottenere almeno il buono, e di ottenerlo al più presto. Il vecchio adagio che recita "l'ottimo è nemico del buono" sembra calzare perfettamente al nostro tema: quello che conta non è che l'auto elettrica abbia impatto nullo o quasi nullo sul sistema ambientale, ma piuttosto che abbia impatto alquanto più ridotto di quello delle auto con motore termico. Il messaggio corretto e a cui dare risalto non è quello apparso ultimamente sui media ma piuttosto "con le fonti rinnovabili l'auto elettrica sarebbe ancora meglio".
Va bene, ma l'auto elettrica è comunque un buon affare?
"Direi proprio di si: per quanto riguarda le emissioni locali, semplicemente i motori elettrici non ne hanno: zero è diverso da qualunque altro numero. Per quanto riguarda le emissioni di gas climalteranti, è sufficiente valutare quali sono le emissioni della rete di generazione elettrica per ogni chilowattora prodotto, e incrociare questo dato col consumo di un'auto elettrica. Occorre, ovviamente, fare riferimento ai numeri relativi alla nostra realtà nazionale".
Forse le sembrerà semplice, ma sono anni che cerchiamo di avere questo dato. Che sembra non esistere...
"Il dato c'è, lo abbiamo calcolato. Ed è questo: ogni chilowattora messa in rete dalle centrali termoelettriche italiane emette mediamente circa 630 grammi di gas serra. Ma poiché all'energia messa in rete concorrono anche le fonti rinnovabili (oggi per il 32%, in buona parte idroelettrico) e le importazioni dall'esterno prive di emissioni (come il nucleare francese), la cifra di cui sopra si riduce a 400 grammi di gas serra per chilowattora reso ai consumi. A questi però vanno aggiunte quelle prodotte nella fase di estrazione delle fonti fossili e del loro trasporto (trivellazioni, petroliere, gasdotti e quant'altro); e allora la cifra aumenta un po' per diventare circa 450 grammi. Siccome un'auto elettrica consuma dalla rete elettrica 0,13-0,18 chilowattora al chilometro, a seconda della taglia, ne deriva che le sue emissioni complessive di gas serra si posizionano tra i 60 e gli 80 grammi al chilometro".
Beh, fra "60 e gli 80 grammi al chilometro" non è poco...
"Si, ma se adesso andiamo a confrontare questi 60-80 grammi (che certamente si ridurranno col crescere delle rinnovabili) con le emissioni delle migliori auto tradizionali, scopriamo che l'elettrico si conferma già adesso un ottimo affare per il nostro Paese".
Come siete arrivati ad avere questo numero?
"So cosa sta per chiedermi: per chi dubitasse, precisiamo che questi numeri sono stati elaborati a partire dai dati ufficiali pubblicate da fonti al di sopra di ogni sospetto (come Terna, l'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas AEEG, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISPRA, il Gestore Servizi Energetici, l'ENEA, e gli Ispettorati della Motorizzazione per quanto riguarda i consumi dei veicoli)".
Come dimostrate di essere imparziali?
"Per non essere accusati di faziosità, prendiamo come confronto le emissioni delle migliori auto di piccola cilindrata presenti sul mercato, quelle che con maggior probabilità potrebbero essere sostituite da auto elettriche; in breve, la famiglia di vetturette con consumi compresi tra 3 e 4 litri/100 km ed emissioni locali di 90-100 grammi di CO2 al chilometro. Alle quali però dobbiamo anche in questo caso aggiungere le emissioni indirette prodotte da estrazione, trasporto, raffinazione e distribuzione dei carburanti: che assommano più o meno al 16-17% di quelle emesse localmente quando il combustibile è la benzina, al 18-19% per il gasolio e al 25-27% per il metano delle auto bi-fuel. Anche in questo caso le fonti di informazione sono ben lontane dall'essere partigiane dell'auto elettrica, trattandosi di Concawe (la struttura di ricerca europea dell'industria petrolifera), Eucar (la struttura di ricerca europea dell'industria dell'auto), e il JRC di Ispra (il Centro di Ricerca Indipendente dell'UE). Naturalmente lo studio dettagliato e ogni altro approfondimento su quanto sopra è a disposizione di tutti quanti ne fossero interessati.
Quindi?
"A conti fatti, allora, le emissioni complessive di gas serra di queste vetturette si posizionano sui 110-120 grammi al chilometro, da confrontare con i 60-80 dell'auto elettrica. L'industria dell'auto farebbe salti di gioia se riuscisse a produrre autovetture termiche con questi livelli di emissioni; il giorno in cui riuscirà a farlo vi sarà già stata una maggior penetrazione di fonti rinnovabili e l'auto elettrica, anche quelle già diffuse nel frattempo sulla strada, manterranno inalterato, e a costo zero, il loro vantaggio".
Prima parlava di paradossi. Ce ne ha detto solo uno. Qual è l'altro?
"Il secondo paradosso è che l'associare le fonti rinnovabili ad uno specifico carico elettrico suona un pochino surrettizio. Una volta messi in rete, gli elettroni provenienti dalle fonti rinnovabili, come tutti gli altri, non hanno nome e cognome, e quale che sia l'utilizzatore che essi vanno ad alimentare - un'auto elettrica o un asciugacapelli - il vantaggio per il paese in termini di minori emissioni climalteranti è rigorosamente lo stesso. Si può poi, del tutto correttamente, associare a queste fonti una contrattualizzazione differente per la loro produzione e distribuzione, ma questo resta un puro elemento di mercato e non di ambiente".
Sta dicendo che le fonti rinnovabili rappresentano un valore in sé?
"Esatto, non hanno bisogno di stampelle per spingere verso una maggior diffusione né tanto meno per una loro giustificazione".
Però il settore delle rinnovabili, finora fortemente e giustamente sostenuto dalla mano pubblica, è oggi penalizzato da una riduzione del sostegno...
"Si, ed è comprensibile e opportuno che si guardi ad ogni possibile sbocco. Ma il proporre sul tavolo l'equazione "senza rinnovabili niente auto elettrica" suona doppiamente sbagliato e pericoloso: da una parte perché i numeri non corrispondono, dall'altra perché, nell'attesa del meglio, rischia di allontanare se non addirittura paralizzare una rapida diffusione della mobilità elettrica che, non ci stanchiamo di ripeterlo, è da subito un ottimo affare per il paese e per la collettività". 
(Fonte: www.repubblica.it - 15/2/2012)

sabato 25 febbraio 2012

Il cda Fiat scenderà da 15 a 9 membri


I membri del Consiglio di Amministrazione del Gruppo Fiat diminuiscono. Il 4 aprile l'assemblea degli azionisti si riunirà a Torino per nominarne i componenti, che da 15 diventano 9, e nella stessa occasione verranno scelti anche i membri del collegio sindacale. Lo si apprende da una nota ufficiale in cui si legge che il Bilancio consolidato del Gruppo Fiat per l’anno 2011 conferma l’utile della gestione ordinaria di 2.392 milioni di euro e l’utile netto consolidato di 1.651 milioni di euro. Numeri già annunciati il primo febbraio 2012 che vale la pena ricordare. Nello specifico i ricavi del Gruppo nel 2011 sono stati pari a 59,6 miliardi di euro. Fiat Group Automobiles (FGA) ha registrato ricavi pari a circa 28 miliardi di euro, con un totale di 2.032.900 vetture e veicoli commerciali leggeri consegnati (2,4% rispetto al 2010). Chrysler ha conseguito ricavi per 23,6 miliardi di euro nei 7 mesi da giugno a dicembre con consegne globali di 1.1 90.000 unità (2.011.0000 per l'intero esercizio 2011 (+26%). Ferrari ha conseguito ricavi pari a 22,3 miliardi di euro (+17,3%) e Maserati 588 milioni di euro.
MENO FORTE IN EUROPA E ITALIA - Nel 2011 Fiat Group Automobiles ha consegnato 1.612.900 vetture (-4,6%). In Europa il calo è stato del 10,7% (860.000 unità) a conferma che il buon risultato ottenuto in Germania (+7,2%) ha solo parzialmente compensato le riduzioni registrate sugli altri principali mercati: Italia (-12,4%), Francia (-15,8%), Gran Bretagna (-1,9%) e Spagna (-21,6%). La quota di mercato del Gruppo in Europa si è così attestata al 6,99% (-0,8%) e in Italia al 29,4% (-0,9%).
LA RIMONTA DI CHRYSLER - In Europa il marchio Fiat ha registrato una quota del 5,0 % (in calo di 1 punto percentuale rispetto al 2010) con la Fiat 500 che ha incrementato la propria quota di mercato nel segmento di riferimento dello 0,8%, ma per il 2012 gli occhi sono tutti puntati sulla nuova Panda. La quota del marchio Lancia si è invece attestata allo 0,8% grazie alla nuova Ypsilon ed Alfa Romeo ha registrato circa 130mila immatricolazioni con la Giulietta. Chrysler ha consegnato nel 2011 su tutti i mercati 2.011.000 unità (+26%). In particolare il 28% in più è stato consegnato negli Stati Uniti, il 7% in Canada (233.000). Jeep ha venduto un totale di 419.000 veicoli, in aumento del 44% rispetto al 2010, con la Compass in testa (+20%), seguita da Grand Cherokee (+51%) e Wrangler (+30%). Dodge ha venduto 451.000 unità (+18%) con la Durango e la Journey tra le più vendute. Nello stesso anno le vendite complessive di Fiat 500 e Fiat 500 Cabrio negli Stati Uniti e Canada sono state pari a 25.000 unità.
RECORD PER FERRARI. BUONI RISULTATI PER MASERATI - Ferrari ha realizzato nel 2011 il record storico di consegne alla rete con 7.195 vetture (+9,5% rispetto al 2010) ed ha conseguito ricavi per 2.251 milioni di euro (+17,3%). La crescita ha riguardato principalmente i modelli a 12 cilindri (+61,6%), mentre per i modelli a 8 cilindri le consegne hanno beneficiato solo marginalmente del lancio della spider F458 (+1,6%). Il Nord America si è confermato il primo mercato con 1.958 vetture consegnate (27,2% delle vendite totali, +8%) e in Cina è stato raggiunto un +63% con 777 vetture consegnate. In Europa la Ferrari ha incassato un +15% in Germania (705 vetture consegnate), un +12% in Francia (362) e un +23% nel Regno Unito (574). Bene anche le vendite in Australia (+11%, 159 unità) e in Medio Oriente e Africa (425 vetture consegnate, +22%). Maserati ha chiuso il 2011 con 6.159 unità consegnate (+8,5%), realizzando ricavi per 588 milioni di euro. Gli Stati Uniti si sono confermati il mercato di riferimento con 2.437 vetture ed un incremento del 20% rispetto al 2010, mentre la Cina si è piazzata al secondo posto con 8442 vetture (quasi il doppio delle consegne del 2010). Anche il Giappone ha registrato un ottimo incremento rispetto al 2010 (+22%). Per contro, le consegne in Europa, pari a 1.5519 vetture, sono diminuite del 21%.
COME SARA' IL 2012 - Per quest'anno il Gruppo Fiat-Chrysler ha confermato le aspettative di risultato per Nord America, America Latina e Asia-Pacifico. Resta quindi incerta la performance nell'Euro-zona, dove la crisi economica finanziaria si sta facendo sentire di più. I target 2012 per Fiat-Chrysler sono quindi: 77 miliardi di euro per i ricavi; tra i 3,8 e i 4,5 miliardi di euro per l'utile della gestione ordinaria; tra l'1,2 e l'1,5 miliardi di euro per l'utile netto ed un indebitamento netto industriale tra 5,5 e 6,00 miliardi di euro. Infine, "lavorando per il conseguimento degli obiettivi, Fiat continuerà a implementare la strategia di alleanze mirate al fine di ottimizzare gli impegni di capitale e ridurre i rischi".
(Fonte: www.omniauto.it - 23/2/2012)

venerdì 24 febbraio 2012

Chrysler rinuncia al prestito agevolato del Dipartimento dell'Energia U.S.A.


Chrysler Group ha deciso di ritirare la domanda per ottenere dal Dipartimento dell'Energia statunitense un prestito legato al programma Advanced Technology Vehicles Manufacturing. La società statunitense del gruppo Fiat "resta comunque fiduciosa nella sua strategia volta a lanciare sul mercato tecnologie e veicoli competitivi ed efficienti nei tempi previsti. La decisione non avrà alcun impatto sulla capacità di Chrysler di raggiungere gli obiettivi del piano industriale". La casa di Auburn Hills aveva presentato la domanda per ottenere 3,5 miliardi di dollari con un prestito erogato a bassi tassi di interesse dal Dipartimento dell'Energia nell'ambito di un programma federale finalizzato allo sviluppo di tecnologie automobilistiche a basso consumo di carburante. "I termini proposti dal DoE erano molto restrittivi e il loro rispetto avrebbe influenzato negativamente la nostra flessibilità operativa", ha spiegato il portavoce di Chrysler Shawn Morgan. La decisione di cancellare la richiesta segue la chiusura da parte di Chrysler di un esercizio 2011 caratterizzato da solidi risultati finanziari e arriva in un momento di forti critiche espresse contro l'amministrazione Obama per aver avviato un programma finora di scarso successo. La casa statunitense ha infatti chiuso il 2011 con il suo primo utile netto dall'uscita dalla bancarotta nel 2009 grazie all'aumento delle vendite globali e della propria quota di mercato negli Stati Uniti. L'utile netto di 193 milioni di dollari del 2011 è stato inoltre conseguito nonostante il rimborso dei prestiti governativi concessi da U.S.A. e Canada nell'ambito del piano di ristrutturazione elaborato dalla Fiat. Il programma del DoE, dal valore complessivo di 24 miliardi, ha finora compiuto diversi passi falsi. Solyndra, produttore di pannelli solari, ha ricevuto 528 milioni ma ha presentato istanza di bancarotta lo scorso autunno, mentre Fisker Automotive ha mancato diverse scadenze del suo progetto di auto ibrida. "Siamo lieti che Chrysler sia in grado di raggiungere i suoi obiettivi di business senza il supporto del DoE", ha dichiarato il portavoce del dipartimento Damien Lavera. "La decisione della società di andare avanti senza il prestito riflette il tremendo turnaround finanziario che Chrysler e i suoi dipendenti hanno effettuato negli ultimi tre anni". La cancellazione della domanda da parte di Chrysler segue quella di General Motors, che ha ritirato una richiesta per ottenere 14,4 miliardi dal DoE dopo aver deciso di non aver bisogno del prestito. Ford Motor Chrysler Group ha deciso di ritirare la domanda per ottenere dal Dipartimento dell'Energia statunitense un prestito legato al programma Advanced Technology Vehicles Manufacturing. La società statunitense del gruppo Fiat "resta comunque fiduciosa nella sua strategia volta a lanciare sul mercato tecnologie e veicoli competitivi ed efficienti nei tempi previsti. La decisione non avrà alcun impatto sulla capacità di Chrysler di raggiungere gli obiettivi del piano industriale". La casa di Auburn Hills aveva presentato la domanda rimane l'unica casa automobilistica degli Stati Uniti ad aver ricevuto fondi dal DoE. Nel 2009 la casa di Dearborn ha ottenuto complessivamente 5,9 miliardi.
(Fonte: www.milanofinanza.it - 17/2/2012)

giovedì 23 febbraio 2012

Marchionne: con Bombassei presidente Fiat potrebbe rientrare in Confindustria


Fiat e Confindustria potrebbero riavvicinare le loro strade dopo la clamorosa rottura dei mesi scorsi che ha portato il costruttore italiano ad abbandonare la confederazione degli industriali. Ad avanzare questo inatteso riavvicinamento è stato lo stesso amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne in una nota diffusa a proposito del prossimo cambio ai vertici di Confindustria. Marchionne ha avuto parole di stima per i due possibili candidati nel ruolo di successore di Emma Marcegaglia, cioè Giorgio Squinzi e Alberto Bombassei, il figlio del fondatore della Brembo Emilio Bombassei nonché attuale presidente dell'azienda leader nel settore dei sistemi frenanti per veicoli. Il manager italo-canadese ha speso parole di elogio per il numero uno di Brembo, persona che conosce molto bene, tanto da spiegare che la scelta di Bombassei come futuro presidente di Confindustria sarebbe l'inizio di un processo di rinnovamento della confederazione che "se dovesse essere completato, porrebbe le basi per un rientro della Fiat in Confindustria". Marchionne ha spiegato inoltre: "Giorgio Squinzi e Alberto Bombassei sono due persone per bene e due grandi industriali. Su Squinzi non mi posso pronunciare perché non lo conosco personalmente. Bombassei, invece, lo conosco molto bene: è un imprenditore di assoluto valore che guida un'azienda che da anni fornisce prodotti d'eccellenza alla Fiat, alla Ferrari e da qualche tempo alla Chrysler". La stima di Marchionne verso Bombassei nasce da ciò che la sua famiglia è riuscita a fare con la Brembo, un'azienda che secondo l'AD di Fiat "è all'avanguardia tecnologica e con una forte vocazione internazionale. Bombassei è un uomo aperto al dialogo, all'innovazione e al cambiamento. Queste sue doti sarebbero molto utili a Confindustria, che dovrà essere profondamente rinnovata per partecipare da protagonista alla modernizzazione del nostro Paese, in linea con le riforme che il Governo Monti sta portando avanti". Insomma ai vertici Fiat il programma di Bombassei piace e questo potrebbe portare a un rientro del costruttore torinese in Confindustria, cosa che, fino a qualche tempo fa sembrava assolutamente impossibile.
(Fonte: www.motori.it - 22/2/2012)

mercoledì 22 febbraio 2012

Wired: perché Chrysler va meglio di Fiat


Chi porta i pantaloni nel matrimonio tra Fiat e Chrysler? Pochi giorni fa il gruppo italoamericano ha approvato un bilancio 2011 che premia la scelta di Torino di tre anni fa: 59,6 miliardi di euro di ricavi, 2,4 miliardi di utile della gestione ordinaria, 1,7 di utili netti, 20,7 di liquidità e 5,5 (in evidente calo) di indebitamento netto industriale. Insomma, Fiat-Chrysler ha centrato l'obiettivo dei 4 milioni di auto vendute e si è assestata al settimo posto nella classifica mondiale dei costruttori. Ma se andiamo a scorporare i dati relativi alle due case separate, c'è da riflettere molto su chi traina chi. Chrysler, nonostante contribuisca al consolidato Fiat solo da giugno, procura otre un terzo dei ricavi del gruppo (23,6 miliardi di euro) e ha chiuso il bilancio con 183 milioni di dollari di utile, la prima volta dal 1997; nel 2011 ha fatto registrare +26% nelle consegne globali di veicoli e a gennaio 2012 in U.S.A. ha aumentato le vendite del 44%. Fiat, risentendo del calo vertiginoso del mercato europeo, ha ricavi per 28 miliardi di euro, con un calo delle consegne di vetture del 4,6% (ma +7,6% nel settore dei veicoli commerciali); ha perso il 16,9% nelle immatricolazioni di gennaio. Vanno poi considerati i settori dei componenti e sistemi di produzione (+10,1%) e i marchi del lusso e sportivi (Ferrari +17,3%, Maserati in linea con il 2010). Alla fine, senza le auto di Auburn Hills i profitti al massimo andrebbero in pareggio. Da qui il coro dei critici, che sostengono che l'asse del gruppo si è ormai spostato nel Michigan e che Italia ed Europa non interessano più al board guidato da Sergio Marchionne. Ma il manager italo-canadese (che è presidente e amministratore delegato di Chrysler, e ad della Fiat) risponde che addossare tutti i meriti della ripresa a Chrysler sarebbe come definire "infelice" il matrimonio, e che i risultati sono una prova della bontà della scelta di unire le due case. È chiaro a tutti che senza Chrysler oggi Fiat sarebbe un'azienda con segno negativo, ma non è da trascurare che senza quelli di Torino oggi Detroit avrebbe una casa di automotive in meno e decine di migliaia di disoccupati in più. Invece, sulle ali dei risultati positivi, i dipendenti U.S.A. avranno un bonus di 1500 dollari (lo ha scoperto il Detroit News), come concordato nell'accordo stipulato con il sindacato Uaw. Perché Chrysler è più performante di Fiat? Sono molte le variabili da tenere in conto e fondamentalmente la domanda è inutile, secondo la logica del board, che ormai ragiona in termini globali e non più solo italiani. Ecco ad esempio cosa ha detto Marchionne gli operai del nuovo stabilimento di Belvidere, nell'Illinois, che a breve inizierà la produzione della Dodge Dart, realizzata sulla piattaforma della Alfa Romeo Giulietta: "Voi state lavorando al centro di un grande progetto, un progetto che parla di integrazione culturale e di eccellenza produttiva. State lavorando in un impianto che è un esempio del tipo di mosaico che vogliamo creare fra le due compagnie, Chrysler e Fiat. Un mosaico nel quale ogni tassello ha una chiara identità e tuttavia è interconnesso con gli altri pezzi, formando un disegno fortemente unito". Nel frattempo l’ad ha annunciato l'assunzione di altri 1800 lavoratori. Proprio la gestione dei dipendenti è uno dei nodi: in U.S.A. il gruppo assume e premia e americanizza la produzione di nuove auto, perfino di quelle considerate campionesse del made in Italy: il primo Suv Maserati (nome provvisorio Kubang) verrà costruito a Detroit sulla base della Jeep Grand Cherokee. In Italia invece si parla di chiusure di stabilimenti e cassa integrazione. Ma il manager rassicura (più o meno) sul 2012: "Se arriveranno i volumi ipotizzati nel piano, non ci sarà bisogno di altre chiusure oltre a quella di Termini Imerese". E parlando con gli analisti ha auspicato una maggiore flessibilità negli impianti produttivi, avendo come riferimento l'elasticità americana. Sulla questione ci sono anche analisi differenti e meno pubblicizzate, come quella che ci ha proposto il professor Andrea Di Stefano, direttore del mensile Valori, commentatore di Radio Popolare, Personal Economist di "D di Repubblica", collaboratore di Affari&Finanza. Secondo la sua opinione, infatti, una delle ragioni principali dell’andamento a velocità diverse delle due entità del gruppo italoamericano sta nella disomogeneità delle piattaforme industriali che utilizza Fiat: "È molto difficile fare produzioni decentralizzate uguali", spiega, "rispetto a come viene fatto invece in Chrysler: occorre avere delle parti dell’auto che siano uniformi per ottimizzare la produzione".
Come si differenziano il mercato del lavoro americano e quello italiano? Che peso hanno rispetto alle performance di Fiat e Chrysler?
"Non ho mai creduto che il mercato del lavoro negli Stati Uniti abbia un’incidenza minore rispetto al nostro (sia meno caro o altro). Non ho mai pensato che il problema Fiat fosse riconducibile solo alle questioni del lavoro. Capisco che Marchionne le abbia usate sempre in modo, come dire, strategicamente molto efficiente. Lui stesso, in passato, aveva dichiarato che il costo del lavoro aveva un’incidenza non superiore al 7%, e se effettivamente è così, su un’intera produzione automobilistica non si capisce dove sia il problema".
Perché allora questo argomento viene spesso riproposto come nodale?
"Ho l’impressione che si usi questo tema per togliere l’attenzione da altre cose, come successe nel caso di Pomigliano, in cui il manager italo-canadese riuscì a rinviare per un anno gli investimenti, migliorando così i conti e, com’è noto, presentandosi con un bilancio al di là delle previsioni, nonostante il calo di fatturato".
Ma se il problema riguarda la piattaforma industriale poco efficiente di Fiat, perché Chrysler, che ne era già provvista, è riuscita solo ora a fare risultati positivi?
"Ricordiamo che grazie al TARP (Troubled Asset Relief Program) Chrysler, così come General Motors, ha di fatto accollato al pubblico i debiti contratti attraverso la sua macchinosa dinamica pensionistica, che nei conti dei grandi gruppi americani ha avuto sempre un peso notevole. È facile, quindi, riportare gli utili in una società se la liberi di una parte consistente dello sbilancio finanziario passato. Chrysler non è ripartita da zero, ma perlomeno in una condizione ottimale".
Ma allora è giusto o no parlare di ricetta-Marchionne?
"È molto riduttivo. Diciamo che la vera ricetta Marchionne è stata l’abilità di riuscire a fare l’accordo con l’amministrazione presentandosi come l’uomo giusto. Come ha scritto il Financial Times tempo fa, Marchionne è un grandissimo giocatore di poker, che ha giocato ottimamente le carte che aveva in mano".
Intanto, dopo la notizia del bilancio, il titolo vola in borsa e Marchionne ventila ipotesi di nuove alleanze per affrontare la crisi del mercato europeo, anche a smentire chi crede nell'allontanamento del gruppo dal Vecchio Continente. Un rilancio proprio per affrontare la crisi: "È stato un anno eccezionale per il gruppo. Ora possiamo guardare con serenità a un 2012 difficile in Europa". Curiosità: un tournaround di bilancio come quello di Chrysler si è visto nel mondo dell'auto solo nel 2004-2005, a opera della... Fiat di Marchionne.
(Fonte: www.wired.it - 16/2/2012)

martedì 21 febbraio 2012

Le novità Fiat, Alfa Romeo e Lancia al Salone di Ginevra 2012


FIAT - La protagonista indiscussa dello stand Fiat a Ginevra sarà la nuova 500L che debutta, in anteprima mondiale, proprio sul palcoscenico svizzero. "L", come è ormai noto, sta per "Large" ed è la nuova estensione della gamma 500, che dopo le versioni Abarth e Cabrio amplia la propria offerta, introducendo modelli capaci di soddisfare tipologie di clienti differenziate. Con la "L" la 500 si ingrandisce e cresce per offrire ancora nuove esperienze ed esigenze d'uso. Quattro gli esemplari esposti per rendere bene l'idea delle potenzialità del nuovo modello che sarà introdotto in Europa nell'ultimo trimestre dell'anno con una gamma propulsori che comprenderà inizialmente due benzina (TwinAir e 1,4 litri) e un turbodiesel (1.3 Multijet II). Spazio anche alle novità della gamma 500 che a Ginevra porta al debutto l'edizione numerata "500 America" presente in versione berlina. Prodotta in soli 500 unità numerate berlina e 500 unità cabrio anch'esse numerate, la nuova Fiat 500 America celebra il Paese in cui è stato commercializzato il modello nel 2011 e l'inizio della collaborazione con la cantante pop americana Jennifer Lopez che nel videoclip del suo brano "Papi" tratto dall'album "Love?" ha voluto una Fiat 500 come protagonista. Accanto a questa particolare versione sfila anche un'altra interpretazione della 500: la nuova "500 Color Therapy". Questa inedita versione, interpreta e sviluppa l'anima pop e colorata del modello 500 attraverso la rilettura e la celebrazione di alcuni tra gli abbinamenti pastello che l'hanno resa famosa in Italia e nel mondo negli anni '60 e '70. 500 America sarà commercializzata a partire da marzo mentre la 500 Color Therapy da giugno. Infine, sullo stand il pubblico può ammirare la versione convertibile della 500 by Gucci, personalizzata da Frida Giannini Creative Director di Gucci in collaborazione con il Centro Stile Fiat. La "500 by Gucci", commercializzata a fine giugno 2011 e venduta oggi in oltre quaranta Paesi, tra cui Medio Oriente, Giappone, Singapore e Hong Kong, ha superato finora i 2.600 ordini raccolti in totale in poco più di sei mesi. Il Salone di Ginevra è anche l'occasione per scoprire la nuova Punto 2012. Si tratta di un'importante novità di prodotto del modello "best seller" Fiat venduto in 8,5 milioni di unità in Europa. Sotto i riflettori anche la nuova Freemont AWD (All-Wheel Drive) che accentua ulteriormente l'anima poliedrica del modello - versatilità e presenza su strada propria di un SUV, handling tipico da station wagon e abitabilità di un monovolume a 7 posti offrendo la possibilità di affrontare qualunque condizione di aderenza nell'uso quotidiano. Presentata al Salone di Francoforte 2011 e appena lanciata in Europa, la nuova Panda si conferma nella forma e nella sostanza come la vera city car di riferimento del mercato. A Ginevra il modello porta al debutto due novità di assoluto interesse: la nuova versione Twinair Turbo da 85 CV con cambio Dualogic, l'abbinamento ideale per la città, e l'inedito sedile posteriore scorrevole che ne aumenta ulteriormente lo spazio interno a conferma della sua indiscussa versatilità. La commercializzazione della nuova Panda Twinair Turbo da 85 CV con cambio Dualogic partirà dal mese di aprile. Debutta a Ginevra Fiat Bravo Street, la nuova serie speciale che incarna le ultime tendenze dei giovani metropolitani: la città è vista come un centro pulsante, vibrante, da vivere in maniera libera, senza schemi, lontana dal conformismo e dove è importante farsi notare ma senza ostentare. La versione Street traduce proprio questo spirito, attraverso nuovi contenuti e un prezzo accessibile, per rispondere ad una società evoluta che vive di novità virtuali e reali, e che fa dei social network un nuovo punto di partenza per esperire. La Bravo Street sarà disponibile, a partire dal terzo trimestre, nelle motorizzazioni 1.4 T-Jet Benzina da 120 cv e 1.6 MultiJet Ds da 120 cv, propulsori con il giusto equilibrio tra performance e risparmio. Infine il nuovo Doblò equipaggiato con il nuovo propulsore 1.4 T-Jet 120 CV - è l'unico benzina con alimentazione turbo del segmento che completa la gamma garantendone l'offerta nella fascia di mercato benzina più richiesta (quella superiore ai 105 CV). Frutto della tecnologia Multiair, il motore sviluppa una potenza massima di 120 CV e valori di coppia al top della categoria, 206 Nm a 2000 giri) che gli permettono di "spuntare" con disinvoltura anche a pieno carico o con 7 persone a bordo. Al Salone di Ginevra è esposta proprio una versione a 7 posti che rafforza il posizionamento "family space" del modello. Il Fiat Doblò 1.4 T-Jet da 120 CV di potenza massima sarà disponibile a partire dal mese di aprile.
ALFA ROMEO - Dopo un anno di successi commerciali Alfa Romeo ritorna al Salone di Ginevra con i modelli Giulietta e MiTo che rappresentano il DNA Alfa Romeo: stile capace di trasmettere forti emozioni, ricerca tecnica all'avanguardia, tenuta di strada e piacere di guida ai massimi livelli. All'avanguardia da un punto di vista tecnologico con motorizzazioni che ne esaltano lo spirito sportivo, Giulietta si rivela una vettura funzionale in grado di offrire abitabilità e comfort ai massimi livelli ma nello stesso tempo attenta ai costi di gestione come dimostrano i tagliandi delle motorizzazioni diesel da effettuarsi solo ogni 35.000 Km. Novità della gamma è Giulietta TCT, equipaggiata con il miglior cambio automatico della categoria per rapporto efficienza-prestazioni. La trasmissione funziona in modalità completamente automatica oppure sequenziale, gestendo manualmente le posizioni "up and down" della leva del cambio attraverso gli "shift paddles" al volante. Inoltre, grazie al selettore di guida Alfa D.N.A., il guidatore può personalizzare il carattere della propria vettura esaltandone le doti di comfort, performance, sicurezza ed efficienza. La MiTo schiera a Ginevra le versioni Quadrifoglio Verde, TCT e TwinAir, quest'ultima equipaggiata con l'innovativo bicilindrico 0.9 Turbo TwinAir che garantisce prontezza di risposta e agilità grazie ad una potenza di 85 CV a 5.500 giri/min ma soprattutto ad una coppia di ben 145 Nm costante tra i 2.000 e i 3500 g/min. Il tutto a fronte di una sensibile riduzione dei consumi e delle emissioni (solo 98 g/km di CO2). In rappresentanza dell'anima più sportivo del modello è presente la potente "Quadrifoglio Verde" 1.4 MultiAir Turbo da 170 CV che si è rinnovata con originali e distintivi elementi estetici, oltre a contenuti di grande interesse nel campo del confort. Infine, spazio alla versione 1.4 Multiair Turbo 135 CV equipaggiata con cambio automatico a doppia frizione Alfa TCT che regala ottime perfomance: 7,1 l/100Km nel ciclo urbano, 126 g/km di CO2 e 8,2 secondi per passare da 0 a 100 km/h.
LANCIA - Protagonista dello stand Lancia al Salone di Ginevra è la nuova Flavia Cabrio nella versione definitiva che sarà ordinabile a partire da marzo nei principali mercati europei. La vettura interpreta, secondo gli stilemi del marchio Lancia, l'introduzione sul mercato europeo del modello Chrysler 200. Equipaggiata con un propulsore a benzina 2400 cc da 175 CV e cambio automatico a 6 marce. Sfilano sulla passerella svizzera due Lancia Thema entrambe proposte nell'allestimento top di gamma Executive: una equipaggiata con il nuovo 3000 cc V6 Multijet II da 239 CV, l'altra con il 3.6L V6 Pentastar da 286 CV abbinato a un cambio automatico a 8 rapporti e-shift. Quest'ultima è dotata della nuovissima trazione AWD, la migliore trazione integrale del segmento. Spazio anche alla nuova "collezione 2012" di Lancia Ypsilon che si rinnova con alcuni eleganti elementi estetici. In rappresentanza dell'ampia e articolata gamma, a Ginevra sono esposti tre esemplari: 1300 cc Multijet da 95 CV Gold, 900 c TwinAir, disponibile anche con cambio robotizzato da 85 CV Platinum e 1.2 da 69 CV Black&Red. Riflettori puntati anche su Lancia Voyager che a Ginevra presenta l'ampliamento della gamma con gli allestimenti Silver e Platinum, oltre all'introduzione di due nuovi colori, Cashmere Pearl e True Blue e del raffinato rivestimento in pelle e Alcantara per gli interni della versione Platinum. Sullo stand è in mostra proprio una versione Platinum equipaggiata con il turbo diesel 2800 cc da 163 CV. Ginevra è anche la vetrina ideale per presentare in anteprima mondiale un Pack esclusivo che, a partire dalla primavera, sarà disponibile trasversalmente sull'intera gamma Lancia. L'offerta propone di serie alcuni dei contenuti tecnologici che maggiormente assicurano una guida confortevole e senza stress, oltre ad un benessere diffuso a bordo della propria vettura.
(Fonte: www.motori24.ilsole24ore.com - 20/2/2012)

lunedì 20 febbraio 2012

SRT Viper: nuovo modello, nuovo logo


La nuova generazione della Viper avrà un inedito logo: SRT, il reparto sportivo del Gruppo Chrysler che commercializzerà la vettura, ha deciso di cambiare volto anche allo storico simbolo della vipera, già modificato nel 2003.
Simbolo perfetto - Dopo l'originale "Sneaky Pete" e l'aggressivo "Fangs", è stato scelto il bozzetto del designer Vince Galante chiamato "Stryker", che raffigura il rettile pronto a colpire la propria preda: secondo i responsabili del design della Casa è questa immagine a rappresentare al meglio le caratteristiche della nuova Viper, profondamente rivista tecnicamente per offrire prestazioni sempre sensazionali - ma meglio gestibili anche dai piloti meno esperti, grazie all'introduzione dei controlli elettronici mai disponibili fino ad oggi - e pronta ad aggredire la concorrenza internazionale.
Debutto a New York - Secondo il design Vince Galante, il logo riprende anche le forme aggressive del frontale della nuova vettura, unico elemento fino ad oggi anticipato da un teaser ufficiale: la presentazione della SRT Viper avverrà al Salone di New York nel mese di aprile e restano ancora aperte le ipotesi sui propulsori adottati: al V10 di 8.7 litri con possibile tecnologia MultiAir potrebbe aggiungersi il V8 Hemi.
(Fonte: www.quattroruote.it - 15/2/2012)

domenica 19 febbraio 2012

Esempio-Fiat: le PMI italiane fanno shopping all'estero per rilanciarsi


Non solo Fiat con Chrysler. Sono almeno 15 le aziende italiane che dal 2008 al 2011 hanno fatto il "grande salto" rilevando concorrenti estere in difficoltà più o meno gravi o rese più fragili dalla crisi. Non colossi come il gruppo del Lingotto, ma piccole e medie imprese che hanno fiutato l'occasione e sono riuscite ad aggiudicarsi marchi collaudati per rafforzare la propria presenza sui mercati internazionali, spesso a prezzi "da saldo". Lo shopping del rilancio non predilige un unico settore, ma va dal tessile alla pelletteria, passando per la chimica, la meccanica e il software medicale. I numeri sono piccoli, ma significativi, perchè rappresentano il 5% di tutte le operazioni di M&A realizzate dalle aziende italiane all'estero che secondo Kpmg si sono attestate a quota 274 nei quattro anni considerati. «Finalmente c'è un risveglio», dice Alessandra Lanza, responsabile Analisi e Ricerche economiche di Prometeia. «Le imprese italiane di grandi dimensioni – continua – sono state molto attive al l'estero fino ai primi anni '90, poi il processo ha subìto un rallentamento. Con la crisi, l'industria si è molto ridimensionata e ha dovuto ritrovarsi e ricostituirsi. A fare da traino sono oggi le medie imprese: quelle che hanno saputo amministrare bene le risorse finanziarie, riescono a cogliere nel mercato estero un'opportunità di crescita». La destinazione preferita per lo shopping del rilancio è la Francia: ben 12 operazioni sono state effettuate Oltralpe. «Il nostro Paese – dice Hervé Pottier, direttore dell'ufficio italiano dell'Agenzia Francese per gli Investimenti Internazionali (AFII) – è aperto alle imprese italiane e negli ultimi anni il recupero delle aziende francesi in difficoltà costituisce una modalità operativa privilegiata per gli investitori italiani». Le operazioni di acquisto con rilancio da parte di imprese della Penisola rappresentavano infatti il 18% dei progetti made in Italy realizzati in Francia nel 2008, il 10% nel 2009 e il 16% nel 2010, una percentuale quasi doppia rispetto al resto del mondo. Tra questi la bolognese Sergiolin (pelletteria di alta gamma), che nell'aprile 2010 si è aggiudicata Lamarthe, storico marchio fondato nel 1930, finito in amministrazione controllata. Oppure B4 Italia (fonderia di precisione), che nel 2008 ha rilevato Fumel D, in fallimento, per la cifra simbolica di un euro. In alcuni casi, a favorire l'investimento è anche un sistema di incentivi. Come nel caso di Agrati, leader italiano nella bulloneria e sistemi di fissaggio, che nel 2010 ha acquisito 4 stabilimenti di Acument Global Technologies e grazie al Fondo per il sostegno all'industria dell'automobile ha salvaguardato circa 800 posti di lavoro. In Germania ha fatto scuola la piemontese Sambonet che nel 2009 ha scommesso sulla rinascita del glorioso gruppo di porcellana ormai agonizzante Rosenthal. E lo scorso anno ha raccolto la sfida Sinterama. «I tedeschi – dice Claudia Nikolai, segretario generale della Camera di Commercio italiana per la Germania di Francoforte – sono i più grandi clienti e i maggiori concorrenti. Riuscire fare acquisizioni a prezzi appetibili dà un grande vantaggio competitivo e consente un accorciamento della catena». Anche chi scommette sugli U.S.A., rileva Frank Ferrante, legale che assiste le PMI italiane Oltreoceano, «cerca un punto di approdo per diversificare i mercati di sbocco. Qui giocano a favore leggi più flessibili e amichevoli per le aziende». Queste operazioni sono invece più difficili in Cina. «La ristrutturazione di un'impresa cinese in crisi – spiega Marco Carone, a.d. di China Milan Equity Exchange, che facilita le M&A tra Cina ed Europa – richiede non solo un notevole dispendio di risorse organizzative, ma anche una profonda conoscenza del mercato locale ed esperienza nella gestione dei rapporti con le autorità amministrative». Non mancano però le opportunità. «In alcuni casi – aggiunge Carone – può risultare conveniente acquisire singoli asset o rami aziendali di imprese cinesi, quando si riconosce l'esistenza di potenzialità inespresse che potrebbero essere valorizzate». Rilevare un'azienda in difficoltà, spiega Marco Mutinelli, responsabile della Banca Dati Reprint del Politecnico di Milano, «è più facile che avviare un'attività ex-novo e consente di rimodellare l'impresa acquisita secondo le proprie esigenze. Partendo da una situazione di debolezza, i risultati non possono che essere in miglioramento». Lo shopping del rilancio non va però preso sotto gamba. «Quando si acquista un'azienda in difficoltà, anche all'estero – avverte Federico Bonanni, partner di Kpmg e responsabile della divisione Restructuring – oltre alle tradizionali business due diligence (finanziaria, fiscale, legale) serve sempre di più quella che si chiama management due diligence, perché l'azienda avrà bisogno di un turnaround operativo ed è necessario un management di qualità».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 13/2/2012)

sabato 18 febbraio 2012

Allarme della Fiom-Cgil: "Impediamo la fuga negli U.S.A. dei nostri cervelli dell'auto"


La "testa" della Fiat sta lentamente volando oltreoceano. La Fiom-Cgil ne è sempre più convinta. E denuncia una serie di atteggiamenti che fanno pensare a un trasloco in casa Chrysler di buona parte delle attività di progettazione. Spiega Claudio Gonzato, funzionario della lega Torino centro del sindacato, che "molte aziende dell'indotto stanno aprendo sedi o uffici di rappresentanza nel Michigan e pure i trasferimenti si stanno facendo sempre più frequenti e per tempi sempre più lunghi. In alcune realtà il fenomeno è evidente: parte del nostro know-how sta andando fuori dall'Europa". L'engineering torinese è in ambasce da anni. Alcuni dei grandi attori sono in difficoltà, altri hanno venduto a società straniere (come l'Italdesign di Giorgetto Giugiario) e oggi il tessuto è composto soprattutto da realtà medio-piccole, ma anche da tante partite IVA. Ed è in questo contesto che la Fiom intravede una sorta di "fuga di cervelli". Un processo che un delegato sindacale di una delle medie aziende di progettazione che ancora collaborano con il costruttore torinese spiega così: "La sensazione è che stiamo insegnando il nostro lavoro agli americani per poi essere messi da parte. All'inizio venivamo chiamati negli Stati Uniti per favorire l'integrazione tra i sistemi Fiat e Chrysler, mentre ora si fa quasi formazione ai progettisti americani, che hanno una filosofia molto diversa dalla nostra e per certi versi sono più indietro. Prima i trasferimenti riguardavano solo lavoratori dell'indotto torinese, mentre negli ultimi mesi si sta spostando oltreoceano anche qualche dipendente del Lingotto". Una visione forse estrema, che però rende l'idea di quale sia lo stato d'animo di chi lavora nell'indotto ingegneristico. Mario Adinolfi è delegato sindacale Fiom alla Alstran, una società di progettazione che sotto la Mole ha circa 600 dipendenti che in buona parte lavorano per il Lingotto, ed è preoccupato: "I miei colleghi distaccati in Fiat sono allarmati perché hanno visto calare la visibilità nei progetti che stanno portando a termine: se a gennaio di un anno fa potevano prevedere di avere almeno 12 mesi di lavoro, ora si occupano di programmi che termineranno tra 3-6 mesi. Il timore è che a giugno finiscano le richieste di progettazione". Insomma, lo studio di nuovi prodotti Fiat pare accelerare negli U.S.A. e frenare a Torino. E, accusa la Fiom, sono molti di più i progettisti torinesi che volano nel Michigan che non viceversa. Eppure l'amministratore delegato di una società di design ed engineering di media grandezza, che ha tra i suoi clienti principali proprio la Fiat,  non la legge come una catastrofe: "Il Lingotto qui sta facendo nuovi interventi di sviluppo e nell'ultimo periodo sta cercando di ripristinare alcune partnership con i fornitori di design e di sviluppo prodotto. Ma è evidente che le scelte dell'azienda rispondono a delle necessità di risultato: oggi l'Europa è in piena recessione, mentre in America le cose vanno meglio". Certo, qualcosa è cambiato perché - dice il manager, che chiede l'anonimato per non mettere a rischio rapporti commerciali - "un tempo così tanti investitori esteri non avrebbero mai acquisito tanto facilmente società di engineering e sviluppo nell'area. Però dopo un periodo di scarso sviluppo e forte attenzione ai costi, oggi il Lingotto sta mettendo in pista alcune iniziative interessanti. Ed è anche per questo che l'integrazione con Chrysler porterà a un rilancio di Torino".
(Fonte: www.repubblica.it - 7/2/2012)

venerdì 17 febbraio 2012

Inside Line: prime foto-spia della prossima Chrysler 100 / Lancia Delta


Il sito americano Inside Line ha pubblicato le foto di quella che è stata battezzata la Chrysler 100, una nuova berlina, già prevista dal piano industriale quinquennale della primavera del 2009, che per dimensioni e prezzo si collocherà sotto la 200. Costruita sulla stessa ossatura della Dodge Dart (che a sua volta utilizza il pianale modificato dell'Alfa Romeo Giulietta), la nuova berlina della Chrysler dovrebbe essere proposta in tre varianti di carrozzeria: classica 4 porte, 5 porte e station wagon. Inizialmente previsto per la metà di quest'anno, il debutto della Chrysler 100 sarebbe slittato al 2013, anno in cui, tra l'altro, è prevista anche l'uscita di produzione dell'attuale Delta. In accordo alla stretta sinergia tra Chrysler e Lancia, quasi certamente dalla Chrysler 100 sarà derivata anche l'erede dell'attuale Lancia Delta, in commercio dal 2008. Quest'ultima, secondo il piano industriale Fiat, è destinata ad uscire di produzione proprio nel 2013.
(Fonte: http://blogs.insideline.com - 6/2/2012)

giovedì 16 febbraio 2012

Jeep Grand Cherokee SRT8, due esemplari speciali rosso Ferrari per Massa e Alonso


Anche Jeep tifa Ferrari. La famosa casa americana, che ricordiamo fa anch’essa parte del gruppo Fiat attraverso Chrysler, si colora del tipico Rosso Corsa delle auto di Maranello, con questa edizione speciale della Grand Cherokee SRT8 realizzata in soli due esemplari e consegnata nelle mani di due guidatori d’eccezione: Felipe Massa e Fernando Alonso. Questi sono i primi due esemplari di SRT8 ad arrivare in Europa e verranno seguiti dalla produzione in serie a partire da maggio. Per adattare il più possibile questa imponente vettura al brand del Cavallino Rampante, sono state apportate delle modifiche al profilo generale. Inoltre la colorazione, soprattutto rossa ma anche con inserti bianchi e neri, è stata replicata persino all’interno. Da segnalare il tetto panoramico di colore nero opaco, gli specchietti laterali rivestiti in fibra di carbonio e la light bar posteriore nera lucida con logo Jeep contornato di rosso. Chiudono la dotazione i cerchi in lega da 20 pollici. Come detto, anche gli interni si caratterizzano per la personalizzazione in stile Ferrari. Il volante sportivo con comandi del cambio integrati presenta impunture a contrasto di colore rosso. La strumentazione di bordo vanta l’esclusivo fondoscala giallo delle Granturismo di Maranello. Gli inserti in rosso si ripetono su tutta la struttura nella sua interezza. Infine parliamo del motore: apriamo il cofano e troviamo un V8 HEMI da 6.4 litri con tecnologia Fuel Saver, che consente di disattivare quattro degli otto cilindri a disposizione a regimi bassi per poter risparmiare carburante e inquinare di meno. La potenza massima erogata è di 468 Cv, mentre la coppia massima è di 624 Nm. Caratteristiche che garantiscono prestazioni davvero eccezionali, come il passaggio da 0 a 100 in 5 secondi netti e la velocità di punta di 257 km/h. Le SRT8 in vendita da maggio non avranno questa esclusiva personalizzazione, ma Chrysler promette che gli acquirenti non saranno certo delusi.
(Fonte: www.motorionline.com - 4/2/2012)

mercoledì 15 febbraio 2012

Fiat, i modelli in arrivo e quelli in ritardo


Quando si parla dei nuovi modelli in uscita del gruppo Fiat non si può mai dare nulla per scontato. Come visto con l'Alfa Romeo Giulia, Sergio Marchionne può rinviare a "data da destinarsi" un modello già pronto per la commercializzazione, cancellando in un colpo solo mesi e mesi di rumors. Nonostante questa fondamentale avvertenza, proviamo a scoprire quali saranno le nuove vetture in arrivo.
Fiat: la nuova Punto solo nel 2014 - Pronta a presentare la nuova 500L al Salone di Ginevra, Fiat è al lavoro su diversi nuovi modelli. Oltre alla versione a sette posti della 500L (battezzata molto probabilmente 500XL), l'azienda sta sviluppando un nuovo SUV pronto ad essere realizzato a partire dal 2013 nello stabilimento di Mirafiori. Brutte notizie invece per il futuro della nuova Punto. Secondo alcune indiscrezioni la nuova generazione del modello più venduto del marchio Fiat non arriverà prima di due anni, lasciando così alla Fiat Punto 2012 il compito di tener testa ad una concorrenza composta da vetture molto più recenti.
Alfa Romeo: la Giulia nel 2013 - Vedremo finalmente un SUV a marchio Alfa Romeo? Nonostante i muletti della Giulietta 4x4 sorpresi negli Stati Uniti, a breve pare proprio di no. Arriveranno invece entro il 2013 la nuova Giulia, erede dell'Alfa Romeo 159, progettata e sviluppata oltreoceano, e la Giulietta Sport Wagon, versione familiare dell'apprezzata media del Biscione. Commercializzazione "quasi" sicura anche per l'Alfa Romeo 4C, prodotta naturalmente in serie limitata.
Lancia: pensione per la Musa - Poche novità per il marchio di Chivasso. Oltre ad un nuovo cambio in arrivo per la Lancia Thema, si segnala lo stop della produzione della Musa nell'impianto di Mirafiori. La multispazio compatta sarà acquistabile attingendo dalla vetture già prodotte.
Maserati: tre novità in arrivo - Nuovi modelli in arrivo per il marchio del Tridente. Come confermato da diverse indiscrezioni, Maserati lancerà tre diversi modelli entro due anni: arriveranno l'erede della Quattroporte, una "Baby-Quattroporte" e la versione stradale del SUV Kubang. Se le due berline saranno concepite e prodotte in Italia (la Quattroporte a Modena e la "Baby" nelle ex officine Bertone di Grugliasco), il SUV Maserati sarà un progetto al 90% americano.
(Fonte: www.motori.it - 13/2/2012)

martedì 14 febbraio 2012

Detroit News: Fiat-Chrysler potrebbe produrre Jeep in Cina con Guangzhou


Fiat-Chrysler e il partner cinese Guangzhou potrebbero trovare un accordo per assemblare modelli Jeep in Cina. Le informazioni giungono dal Detroit News, che ritiene "logica" questa soluzione visti i rapporti già intensi tra i due gruppi industriali e l'ormai certo debutto al prossimo Salone di Pechino della versione "cinese" della Dodge Dart. Curiosamente, Jeep fu uno dei primi brand a cercare sbocchi in Cina nel lontano 1984, uscendone però già alla fine degli anni '80 quando entrò nell'orbita Chrysler. Nel 2011 Jeep ha venduto 22.000 vetture in Cina, ma gli obiettivi, una volta lanciata la produzione locale, sono ben più ambiziosi, grazie anche a un prodotto di successo come la nuova Grand Cherokee, che sta trascinando il rilancio sul mercato europeo (favorito dalla nuova rete vendita) e aiutando il consolidamento su quello americano.
(Fonte: www.detroitnews.com - 26/1/2012)

lunedì 13 febbraio 2012

Toto-acquisizioni: Mazda più "economica" e integrabile (anche se più piccola) di Suzuki?


Mazda è in cerca di un partner industriale per sostenere la propria attività e gestire la crisi finanziaria: l'anno fiscale 2011 si chiuderà con una perdita record di circa 1,13 miliardi di euro e una flessione del 2% nelle vendite, a quota 1,25 milioni di veicoli. A causa di ciò, il ceo Takashi Yamanouchi ha parlato apertamente della necessità di trovare nuovi accordi in campo internazionale.
Perde, ma investe - La Casa giapponese è in perdita da quattro anni consecutivi, ma sta contemporaneamente affrontando ingenti investimenti per il completo rinnovamento dei propri modelli, grazie alla tecnologia SkyActiv che ha introdotto importanti strategie di costruzione per telai, propulsori e trasmissioni, volte a ridurre massa e consumi. È inoltre il corso l'apertura di un sito produttivo in Messico per la distribuzione dei modelli Mazda 2 e Mazda 3 sui mercati Nord e Sud americano.
Terminato l'accordo con la Ford - La precedente cooperazione con la Ford si è ormai conclusa, con la Casa americana che ha ridutto dal 33 al 4% la partecipazione dal 2008 al 2010 per recuperare fondi e combattere la crisi statunitense, mentre in Giappone Mazda deve affrontare sia le difficoltà dello yen, sia la necessità di raccogliere liquidità per non perdere ulteriori punti di rating.
Qualità e ottimismo - Il numero uno Yamanouchi è convinto che la promettente tecnologia SkyActiv e il successo della casa giapponese in termini di qualità (sottolineato dal premio J.D. Power 2011) potranno attirare nuovi partner: per il momento nessuna ipotesi ufficiale è stata formulata, anche se il numero dei "player" principali del mercato capaci di investire su una operazione come questa si contano ormai sulla dita di una mano.
(Fonte: www.quattroruote.it - 9/2/2012)

domenica 12 febbraio 2012

Giuseppe Berta (2): Torino non deve più essere "Fiat-centrica"


Il consolidamento sul mercato europeo, invocato da Marchionne, può creare a Mirafiori molti problemi. Fare massa critica per potenziare il locale sistema dell’auto e cercare interlocutori nuovi Giuseppe Berta, docente all’Università Bocconi, è un osservatore attento delle vicende di casa Fiat. Completiamo con lui la nostra indagine sul futuro di Mirafiori. “Bisogna partire dall’idea iniziale di Marchionne – ci dice –. Il suo progetto prevedeva che a Fiat e Chrysler dovesse aggiungersi anche la Opel. Il gruppo da sei milioni di auto, i numeri necessari per competere nel mercato globale, era possibile solo in questo modo. Opel non è arrivata e Marchionne è stato costretto a un ridimensionamento. Ora c’è quella che, al di là dell’eventuale trasferimento della sede a Detroit, a me sembra la vera novità: l’idea del consolidamento sul mercato europeo, per far fronte all’eccesso di produzione e a una redditività insufficiente, con la conseguente riduzione degli impianti. Da qui le voci su Peugeot. Perché si tratta di una casa presente solo in Europa e perché il governo francese le ha dato sostegno. Il primo passo, se l’operazione fosse possibile, potrebbe essere un’intesa. Ma un’intesa, s’intende, per tagliare. E questo per noi sarebbe un problema”. Le previsioni del professor Berta sul futuro di Mirafiori, come si vede, non sono ottimistiche. Dopo questo primo giudizio gli chiediamo se davvero esista una Torino post fordista in grado di riempire il vuoto che l’eventuale dimagrimento di Mirafiori provocherebbe. “Semplicemente non c’è – risponde secco –. Abbiamo un terziario debole: scarsa capacità di fare impresa, bassa tecnologia, capitale umano svalorizzato, nessuna internazionalizzazione. E nella crisi i giovani che ci lavorano hanno pagato un prezzo altissimo. Il rischio è un impoverimentoforte di tutta l’area torinese. Un impoverimento che è già in atto: l’incidenza del Pil del Piemonte sul Pil nazionale, dal ’95 a oggi, è diminuita di due punti percentuali. La manifattura si colloca ancora a un livello medio e medio alto. Ma la terziarizzazione ha significato una perdita di valore complessivo”. Il futuro? “Bisogna attrezzarsi per far vivere il sistema dell’auto, tutto, non solo l’indotto, senza la Fiat. Naturalmente questo sistema non può crescere senza un produttore finale. Bisognerebbe che l’Italia fosse capace di attrarre un altro soggetto, meglio se non europeo”. È possibile? “Sì, le competenze ci sono. Ma bisogna fare massa critica nel territorio. Altrimenti non solo non si attrae ma si perde. Molto dipende dal Politecnico; e un altro punto importante è la capacità di trattenere qui le multinazionali della fornitura. Dovremo sforzarci di accentuare la nostra polivalenza”. Intanto Marchionne ha stravolto le relazioni industriali. Tutto questo non rischia di far scattare un meccanismo imitativo, pregiudicare così lo sforzo di trovare sentieri nuovi di sviluppo? “Non credo, non penso a un meccanismo imitativo. Il problema non sono le relazioni industriali. Il problema, ripeto, è fare massa critica: far capire che a Torino investire conviene. È un impegno per tutte le forze locali. Sindacato compreso”.
(Fonte: www.rassegna.it - 3/2/2012)

sabato 11 febbraio 2012

Giuseppe Berta (1): il "movimentismo" di Marchionne


Nel dicembre 2008, all'incontro di fine anno dei dirigenti Fiat, Sergio Marchionne aveva detto che l'incombente crisi globale imponeva un radicale cambio di passo ai produttori d'auto e che la Fiat doveva perciò prepararsi a uscire dai suo confini. Quell'annuncio, difficile da interpretare in quel momento, venne chiarito pochi mesi dopo dalla candidatura a rilevare la Chrysler, una casa automobilistica che quasi tutti davano per spacciata e nessuno era disposto a rilevare tranne la Fiat. Tre anni dopo, al Salone dell'Automobile di Detroit dei giorni scorsi, Marchionne ha compiuto un'altra mossa, dicendo questa volta che il vero punto debole del sistema mondiale dell'auto non è più rappresentato dagli Stati Uniti, dove il mercato ha ripreso a crescere e la produzione interna è stata rilanciata, ma l'Europa. Qui c'è un mercato stagnante, attestato su livelli bassi o addirittura previsti in ulteriore regresso, come in Italia e in Spagna, dove le vendite d'auto sono destinate a scendere ulteriormente nel 2012. Per giunta, esiste un impressionante eccesso di capacità produttiva - che Marchionne indica fra il 10 e il 20% - e i prezzi dei prodotti sono tenuti così bassi da non generare una redditività sufficiente. È una situazione tale da esigere una radicale opera di riorganizzazione (che Marchionne chiama "consolidamento"), con un riduzione degli impianti e lo sviluppo di una politica di alleanze fra i produttori. Perciò la prossima tappa nella strategia della costruzione di un nuovo gruppo globale dell'auto, iniziata con la convergenza tra Fiat e Chrysler, dovrà puntare a un'intesa con una casa automobilistica europea, interessata come la Fiat a razionalizzare la propria struttura produttiva. Il nucleo importante delle dichiarazioni pronunciate da Marchionne nell'ambito del Salone di Detroit è questo, non la questione di dove sarà collocata la sede direzionale di Fiat-Chrysler, una volta che la fusione fra le due società sarà stata attuata. Chi pone questa domanda al manager italo-canadese (ricavandone sempre la medesima risposta e cioè che il problema è aperto e non può essere sciolto adesso) ragiona come se Fiat-Chrysler fosse una realtà statica, un progetto già definito in tutte le sue linee portanti. Invece non è così: il nuovo gruppo globale che Marchionne sta costruendo si sviluppa passo dopo passo e non procede secondo un disegno studiato a tavolino, ma in base alle opportunità che man mano si delineano sulla scacchiera internazionale. Il capo di Fiat-Chrysler è soprattutto un negoziatore, un abilissimo giocatore che sa trarre vantaggio dall'evolversi delle condizioni. E poi è molto attento a non scoprire mai le proprie carte fino all'ultimo, sicché si infastidisce quando gli viene richiesto di illustrare i suoi piani. Essi dipendono dal variare delle condizioni di mercato e dalla gamma di vantaggi che ciò offre; non corrispondono a un disegno organico (che sarebbe pregiudicato, del resto, dalle modeste dotazioni di cui dispone). Fiat-Chrysler non è insomma la Volkswagen, che procede con determinazione teutonica e un'eccezionale potenza di fuoco verso il traguardo che si è prefissato, il primo posto nella gerarchia mondiale delle case automobilistiche. Assomiglia piuttosto a un "work in progress", soggetto a continui adattamenti e aggiustamenti in corso d'opera. Ha di mira, certo, alcuni obiettivi di massima, ma i passaggi per poterli conseguire sono subordinati a revisioni e cambiamenti. E deve contare sulle risorse limitate che ha, giovandosi delle occasioni che si dischiudono in un sistema dell'auto in fase di rivoluzionamento incessante dal 2009 a oggi. Dunque, le sollecitazioni di varia natura che Marchionne riceve per chiarire i suoi piani non sono destinate ad avere soddisfazione. Sia perché, come si è detto, il leader di Fiat-Chrysler mette a punto (e corregge) i suoi progetti mentre li sviluppa, subordinandoli al contesto, sia perché è molto attento a lasciarsi un campo di manovra il più libero possibile. Come già in passato, Marchionne ha segnalato con sicurezza un problema cruciale nella struttura produttiva dell'industria automobilistica europea. Essa risulta sovradimensionata e gli aiuti che alcune nazioni, come la Francia, hanno erogato nei momenti più duri della crisi, se hanno avuto l'effetto di alleggerire l'emergenza, hanno però congelato impianti e occupazione. L'Europa non ha fatto come l'America di Obama, che ha concesso grandi prestiti a Detroit, ma ne ha favorito la profonda riorganizzazione. Ora i nodi stanno venendo al pettine anche su questa sponda dell'Atlantico e Marchionne è convinto che sia giunto il momento di mettere mano risolutamente alla capacità produttiva. Pensa di avere le carte in regola per compiere il primo atto, perché la Fiat è fra le poche case automobilistiche ad aver deciso di chiudere un impianto, quello di Termini Imerese. Vedremo nei prossimi mesi se Fiat-Chrysler riuscirà a configurare una nuova alleanza con un produttore europeo. Certo la strada che Marchionne indica ai produttori continentali è in salita, perché implica inevitabimente una riduzione delle fabbriche e dell'occupazione.
(Fonte: www.ilsole24.ore.com - 17/1/2012)