venerdì 30 settembre 2011

Marchionne: credibilità e gioco di squadra priorità dell'Italia


«La cosa importante è riacquistare credibilità a livello internazionale. Questo è essenziale, altrimenti è inutile parlare di crescita». Lo ha detto l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, a margine dell'inaugurazione all'Aquila di un asilo finanziato dal marchio automobilistico.
FARE SQUADRA - Marchionne ha sottolineato che «questo è il momento di fare squadra», «Il sistema deve comportarsi in maniera compatta e coesa», ha aggiunto, ma «se non rimettiamo le cose in ordine il sistema non può andare avanti. Una volta fatto quello, bisogna lasciare massima libertà alle aziende di innovare e cercare di andare avanti. Noi nel nostro piccolo cerchiamo di farlo, speriamo di non trovare troppi ostacoli davanti a noi».
LA CREDIBILITÀ - Parlando di credibilità del Paese Marchionne non ha fatto personalismi, ma ha invitato tutti a sforzarsi per «far vedere un'unica faccia dell'Italia al di fuori». «Ieri», ha raccontato, «sono stato in Turchia e ho incontrato il primo ministro turco. Il Paese si è comportato e ha affrontato la crisi in maniera totalmente diversa. Non dò la colpa a nessuno», ha concluso, «ma questo è il momento di fare squadra».
MOBILITAZIONE GENERALE - Per quanto riguarda la sua azienda, «La Fiat andrà avanti, non possiamo essere condizionati dai comportamenti di una minoranza» ha risposto alla Fiom che il 27 settembre è tornata a parlare di una nuova possibile mobilitazione generale negli stabilimenti del gruppo.
LAVORIAMO PER MIRAFIORI - A chi gli chiedeva se una soluzione per Mirafiori possa essere trovata entro fine mese, Marchionne ha detto «Stiamo ancora lavorando, a fine mese mancano due giorni, non siamo così veloci».
OTTIMISTA - Ma comunque vede positivo «Non sono pessimista, sennò non avrei mai accettato di fare l'amministratore delegato di Fiat nel 2004» e lancia un parallelo tra Italia e Stati Uniti. Per quanto riguarda la trattativa tra Chrysler e la Uaw, il sindacato americano degli operai automobilistici, ha detto che «andiamo avanti. L'esito ci sarà di sicuro perché c'è un arbitrato obbligatorio se non troviamo l'accordo» sottolineando che negli U.S.A. «gli operai continuano a presentarsi al lavoro». La trattativa «non è più o meno facile» rispetto all'Italia, «è completamente diversa. Lì non è un discorso ideologico, qui lo è», ha proseguito.
(Fonte: www.lettera43.it - 27/9/2011)

giovedì 29 settembre 2011

Chrysler-UAW, il contratto slitta fino a metà ottobre


Nulla di fatto, ed è la seconda volta, nella trattativa per il rinnovo del contratto dei lavoratori della Chrysler. Il sindacato americano del settore, l’Uaw presieduto da Bob King, ha deciso di approfondire prima il confronto con la seconda «major» U.S.A., ossia la Ford. Il contratto di lavoro del Uaw con General Motors, Chrysler e Ford riguarda 113.000 lavoratori ed è scaduto il 14 settembre scorso. Il sindacato ha raggiunto un accordo preliminare solo con Gm, in base al quale il colosso di Detroit riaprirà un impianto in Tennessee, aumenterà i salari di ingresso e distribuirà un bonus di 5 mila dollari. Nei giorni scorsi Chrysler avrebbe indicato che il contratto di Gm è troppo costoso per la più piccola delle case di Detroit, anche se si è detta d’accordo sul legare maggiormente i salari ai profitti. Avrebbe inoltre proposto un bonus di 3.500 dollari Chrysler e Uaw hanno deciso di estendere per la seconda volta, dopo quella della scorsa settimana con lo strappo fra l’amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, e King, la scadenza del contratto di lavoro attuale, mentre lavorano al suo rinnovo. Il contratto sarebbe dovuto scadere mercoledì. La casa automobilistica americana e il sindacato dei metalmeccanici non hanno specificato la durata dell’estensione, anche se secondo quanto riportato dal Detroit News , la proroga sarebbe di quattro settimane, con l’augurio delle parti di concludere comunque prima di metà ottobre. Nei giorni scorsi, Chrysler avrebbe indicato che il contratto di Gm è troppo oneroso per la più piccola delle case di Detroit, anche se si è detta d’accordo sul legare maggiormente i salari ai profitti. «Le negoziazioni con Chrysler mettono il Uaw in una posizione delicata - ha scritto Automotive News , la bibbia del settore - Il sindacato controlla il 41% di Chrysler tramite il fondo Veba. Chrysler insiste su un contratto che non aumenti i costi di lavoro e che la metta in una posizione competitiva rispetto ai rivali». Secondo le stime del Center for Automotive Research , il costo di lavoro orario medio, inclusi i benefit, è in Chrysler di 49 dollari, a fronte dei 58 di Ford e dei 56 di Gm. Negli impianti americani di Toyota i compensi orari medi sono di 55 dollari, in casa Hyundai 44 dollari. Lo stallo nelle trattative per il contratto di Detroit, il declassamento di Moody’s e più in generale il poco positivo momento politico- economico del Paese hanno avuto anche ieri pesanti ripercussioni sul titolo Fiat che, dopo lo scivolone del 6,22% dell’altroieri, ha chiuso a -4,5%. Pesanti anche Industrial (-5,73%) ed Exor (-6,41%). Sul fronte più propriamente industriale notizie positive per il Lingotto arrivano dalla Serbia. «La produzione in prova del nuovo modello Fiat, denominato per ora L-zero, nello stabilimento di Kragujevac - ha annunciato Antonio Cesare Ferrara, nuovo responsabile dell’impianto e amministratore delegato di Fiat Autobili Srbija (Fas) - comincerà nella seconda metà di ottobre, mentre l’avvio della produzione in serie è prevista entro la prossima estate». Ferrara, che ha preso il posto a Kragujevac di Giovanni De Filippis, nominato responsabile Fiat a Mosca, ha aggiunto che la presentazione ufficiale del nuovo modello avverrà al Salone dell’automobile di Ginevra nel marzo 2012, e in quella occasione verrà reso noto anche il suo nome. Ferrara ha sottolineato il grande sforzo per la ristrutturazione del vecchio stabilimento della Zastava, con la ricostruzione di 1,4 milioni di metri quadrati di superficie e il rinnovamento di 400 mila metri quadrati di tetto. La produzione annua prevista è di 250 mila veicoli, in due modelli. L’investimento di Fiat, unitamente al governo serbo, è di oltre un miliardo di euro. Il piano prevede 2.400 operai nell’impianto di Kragujevac, rispetto ai mille attuali.
(Fonte: www.lastampa.it - 23/9/2011)

mercoledì 28 settembre 2011

Nel 2013 il Fiat Doblò sbarcherà in nordamerica con il marchio Ram


Il Doblò sbarca negli Stati Uniti. Il marchio del Gruppo Fiat-Chrysler, Ram, specializzato in pick-up, van e truck commerciali, avrà a disposizione dal 2013 una fornitura di 190 mila nuovi Fiat Doblò, prodotti nello stabilimento Tofas a Bursa, il più grande in ambito automobilistico in Turchia. Il veicolo è destinato al solo mercato nordamericano, verrà modificata per l'importazione negli U.S.A. e in Canada dal partner turco Tofas che ha già programmato di investire 160 milioni di dollari per le necessarie modifiche. Fiat Group Automobiles S.p.A. (FGA) e Tofas hanno a tal fine siglato una lettera di intenti per la fornitura al Gruppo Chrysler di Fiat Doblò destinati alla commercializzazione negli Stati Uniti ed in Canada con il marchio Ram. Eletto "International Van of the Year 2011", il Doblò verrà esportato a partire da inizio 2013. L'accordo ha una durata di 7 anni. Tofas è una joint- venture tra FGA ed il Gruppo Koç, fondata nel 1968 e quotata sulla Borsa di Istanbul.
(Fonte: www.motori24.ilsole24ore.com - 9/9/2011)

martedì 27 settembre 2011

Jennifer Lopez testimonial della 500 cabrio


La carriera di Jennifer Lopez non sembra risentire minimamente del recente divorzio dal cantante Marc Anthony. La cantante americana è stata infatti scelta come testimonial d’eccezione per il lancio della nuova Fiat 500 cabrio. E già si iniziano a vedere i primi segni della collaborazione tra la casa automobilistica italiana e l’intrattenitrice di chiare origini ispaniche. Oltre ad aver girato lo spot per la nuova 500 griffata Gucci, nel video musicale che accompagna “Papi” il terzo singolo della cantante estratto dal suo nuovo album “Love?”, Lopez scappa ai suoi ammiratori alla guida della nuova 500 cabrio. Dopo il famoso spot Chrysler che vede per protagonista il rapper Eminem, lanciato durante il Superbowl, il gruppo Fiat ha nuovamente puntato sul football – lo sport più seguito in America – facendo debuttare un’anteprima di 30 secondi del videoclip musicale che vede Lopez protagonista durante il posticipo del lunedì della Nfl. La versione integrale del video musicale di J.Lo verrà mandata in onda venerdì nel corso del programma televisivo “Good Morning America” dell’emittente Abc. La presenza di Jennifer Lopez ha sorpreso i media americani: è raro (almeno negli Stati Uniti) vedere un personaggio del suo calibro prestare il proprio volto per uno spot. In un comunicato, la casa automobilistica di Torino spiega che “come il cliente Fiat, Jennifer Lopez interpreta il mondo come se fosse la sua tela e non ha paura di esprimersi. Lopez incarna perfettamente il marchio non tanto per chi è, ma per come è: autentica, appassionata, moderna e combattiva”.
(Fonte: http://musica.blogville.it - 15/9/2011)

lunedì 26 settembre 2011

Automotive News: accordo Jeep-Guangzhou Automobile per la produzione in Cina?


L’amministratore delegato Jeep è volato in Cina per negoziare l’eventuale produzione in loco dei cinque modelli presenti in gamma. Il costruttore americano si appoggerà al gruppo Guangzhou Automobile e sfrutterà così la partner partnership fra i cinesi e Fiat, stipulata nel maggio 2009. Mike Manley, CEO del marchio statunitense, ha rivelato che le prime Jeep “cinesi” verranno assemblate fra 18-24 mesi purché le autorità concedano il via libera entro breve tempo. Lo scorso anno Jeep vendette in Cina 11.646 fra Grand Cherokee, Wrangler, Patriot e Compass.
(Fonte: www.autonews.com - 15/9/2011)

domenica 25 settembre 2011

Berta: è possibile produrre auto in Italia?


L'Italia è un Paese adatto a produrre automobili? Alla questione che da oltre un anno solleva Sergio Marchionne è possibile oggi rispondere con più nettezza del passato che sì, lo è, come testimonia la decisione di ieri della Fiat di dare corso all'investimento nell'area di Grugliasco. Di sicuro molto è cambiato da quando l'amministratore delegato di Fiat-Chrysler aveva posto questa domanda nel Meeting di Cl a Rimini del 2010. Il mutamento si è prodotto sotto l'effetto e le reazioni suscitate dalle sue sortite, anche con le asprezze che le hanno contraddistinte: i suoi interlocutori, in maggioranza, non si sono sottratti e hanno raccolto la sua sfida. Proviamo a mettere in fila i passaggi che hanno scandito il confronto sulle relazioni industriali. A dicembre c'è stata la difficile trattativa sullo stabilimento di Mirafiori, conclusasi l'antivigilia di Natale con un accordo che ha segnato il punto di maggiore scontro fra le organizzazioni sindacali. A gennaio c'è stato il referendum – la consultazione di fabbrica più travagliata – per l'approvazione dell'intesa di dicembre. L'accordo è stato ratificato, pur con un voto di misura. Non s'era ancora spenta l'eco di Mirafiori, che è iniziata la controversia sullo stabilimento ex Bertone di Grugliasco, cui è stato esteso il medesimo contratto. Lì il referendum è passato in maniera quasi plebiscitaria, grazie alla decisione delle Rsu Fiom di votare "sì" per salvaguardare la fabbrica e l'occupazione. In seguito, c'è stato il patto interconfederale del 28 giugno che ha accolto, anche con l'assenso della Cgil, i cardini delle intese di Pomigliano d'Arco e di Mirafiori, pur senza convalidare retroattivamente la loro efficacia. Da ultimo, il ministro del Lavoro Sacconi – con una mossa avversata da Cgil e Fiom – ha inserito una norma per la validità dei contratti Fiat nel decreto del Governo relativo alla manovra finanziaria. Sul fronte della magistratura, è stato accolto il ricorso della Fiat contro la riammissione in fabbrica dei tre militanti Fiom di Melfi che erano stati licenziati e che il giudizio di primo grado aveva fatto riassumere. Alla metà di luglio, una sentenza del tribunale di Torino ha riconosciuto la legittimità dell'accordo di Pomigliano e della nascita della "newco" (Fabbrica Italia Pomigliano), mentre ha dichiarato antisindacale la condotta della Fiat per quanto riguarda la mancata rappresentanza della Fiom nel nuovo assetto aziendale. Tutti questi passaggi sono avvenuti in un clima che è stato prevalentemente di dura contrapposizione. Ma una parte del movimento sindacale, quella che fin qui si è rivelata alla fine maggioritaria, ha deciso di scommettere sulla proposta di Marchionne e della Fiat, accettando i rischi e i costi che ciò comportava, perché è più arduo rappresentare le ragioni del cambiamento di fronte ai lavoratori che sostenere, al contrario, il mantenimento di un sostanziale status quo. Sul versante politico e nell'opinione pubblica, sono state numerose le voci di coloro che hanno difeso le posizioni di Marchionne, anche quando si alzavano i toni polemici del manager, che non ha risparmiato critiche al sistema italiano. Né gli è mancata la sponda degli amministratori pubblici e degli enti territoriali, che a Torino, in particolare, si sono spesi affinché la Fiat vi mantenesse un forte presidio produttivo. Dal punto di vista delle relazioni industriali, quest'anno è stato lungo e tormentato, ma ricco di novità. Si è fatto strada il criterio del primato della contrattazione decentrata, come strumento per creare e non solo ridistribuire risorse attraverso la ricerca di soluzioni per incrementare l'efficienza produttiva. Anche all'interno della Cgil si è consolidato il ruolo dei dirigenti e dei quadri che coltivano una visione dinamica della contrattazione collettiva. E c'è da sperare che le più recenti tensioni entro il movimento sindacale non arrestino queste spinte evolutive. La Confindustria e le associazioni imprenditoriali, in modo speciale quelle delle aree dove la Fiat è radicata, hanno usato la loro influenza per ricercare soluzioni tali da preservare le sue attività produttive. Insomma, non è stato affatto poco ciò che si è messo in moto attorno ai problemi sindacali legati alla questione della Fiat. Nelle prossime settimane, Marchionne potrà valutare a ragion veduta se si è vicini all'obiettivo della "governabilità" delle fabbriche, da lui posta in cima all'agenda italiana. Certo, rimarranno gli oppositori della sua strategia. La Fiom non ha raccolto la sfida e ha scelto di contrastare in toto il progetto di Fiat-Chrysler: peccato, perché avrebbe potuto impiegare la sua forza e la sua autorevolezza per verificare fino in fondo la politica aziendale sugli investimenti. Si è voluta chiamare fuori e capitalizzare il consenso che va a chi sviluppa un'opposizione frontale. Una società libera garantisce la possibilità di manifestare il dissenso, così come assicura che prevalga la volontà della maggioranza. Per il resto, l'Italia rimane la nazione che è, con le sue peculiarità, le sue vischiosità e tortuosità. In un anno non è diventata come l'America. Ma Marchionne ha chiesto una maggiore governabilità della vita produttiva, non una rivoluzione antropologica. E poi, anche in America continuano a esserci dei critici radicali del salvataggio di Detroit voluto dalla presidenza Obama. Per molti repubblicani, soprattutto degli ambienti del Tea Party, quello rimane un errore capitale: basta scorrere le pagine del Wall Street Journal per rendersene conto. Una nazione è sempre una realtà composita, specie se ha la storia dell'Italia, di cui la Fiat è stata una componente influente. Ecco perché non può parlare del Paese come se fosse altro da sé: l'Italia è così anche perché reca l'impronta della Fiat. Per tutti questi motivi e altri ancora, è lecito confidare che con l'autunno la Fiat darà seguito anche agli altri investimenti, dopo aver confermato ieri quello per lo stabilimento di Grugliasco. Se invece la fase di drammatico cambiamento economico che stiamo attraversando dovesse comportare una revisione di strategia, allora sarà giusto darne comunicazione agli italiani.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 27/8/2011)

sabato 24 settembre 2011

Ricavo medio per veicolo: un impietoso confronto a favore dei marchi premium


Gli analisti finanziari valutano la redditività di un produttore automobilistico su molti parametri, alcuni oggettivi - ricavati da bilanci, numeri, cifre, margini - altri solo psicologici o basati su previsioni tutte da verificare. La complessità e imprevedibilità delle reazioni dei mercati hanno avuto recentemente una clamorosa evidenza nello sfiorato crollo delle borse mondiali delle settimane scorse durante il quale hanno sofferto molto anche i titoli automobilistici, da Volkswagen a Mercedes, da Peugeot a Fiat. Uno studio Goldman Sachs stima una contrazione del 7% delle vendite mondiali dell'auto per il 2012, ma allo stesso tempo prevede un incremento del margine operativo lordo del 15%, vale a dire una maggiore efficienza che salva e anzi incrementa i margini dei costruttori. Un periodico francese ha pubblicato, senza pretesa di farne un vangelo, un significativo raffronto tra le case costruttrici utilizzando un solo parametro di analisi, certamente oggettivo e significativo, anche se parziale: la redditività per prodotto venduto. Vale a dire che ha raffrontato i bilanci (2010) prendendo il totale dei ricavi netti e dividendolo per il numero di auto vendute: risultato un valore di utile netto medio per veicolo venduto. Semplice no? E infatti è uno dei tanti parametri di analisi, ma è senz'altro quello che fa riflettere di più. La classifica piazza al primo posto Mercedes, con un ricavo di 3.683 euro per vettura venduta, segue il Gruppo Bmw (incluso Mini e Bentley) con 2.165, Honda con 1.236. Al quarto posto troviamo il Gruppo Volkswagen con 1.013 euro, Ford con 904, Hyundai/Kia con 591, Renault/Nissan/Dacia con 470, a seguire Toyota con 416 euro, General Motors (includendo Opel) a quota 405, Peugeot con 314 e Fiat (senza Chrysler) con 288 euro. E' un dato "grezzo", che non tiene conto naturalmente di un'infinità di altri parametri di valutazione, come organizzazione, rete di vendita, processi e collocazione dei siti produttivi, articolazione di gamma senza dimenticare la forza commerciale del brand. Ma è pur sempre un dato finanziario oggettivo e se paradossalmente proseguiamo il ragionamento e ci chiediamo quante auto dovrebbero vendere i vari produttori in classifica per eguagliare il ricavo medio del primo, ovvero Mercedes, il risultato è eclatante: Bmw dovrebbe vendere 2,165 milioni di veicoli all'anno (l'obiettivo 2011 è pari a 1,5 milioni), Honda otterrebbe lo stesso risultato finanziario con 3,8 milioni di veicoli e Volkswagen con 4,7 milioni. Per gli altri costruttori la strada è ancora più in salita:per Ford l'obiettivo da raggiungere dovrebbe essere pari a 5,3 milioni di veicoli venduti all'anno, mentre per il gruppo Hyundai/Kia sarebbe di 8,1 milioni. Davvero difficile poi per General Motors raggiungere un venduto di 11,8 milioni di auto, come del resto per Peugeot e Fiat che per bissare il ricavo medio Mercedes dovrebbero vendere oltre 16 mln di veicoli l'anno! E' un raffronto paradossale certo, ma fa riflettere sulla rilevanza primaria dell'utile netto medio per veicolo nel valutare lo stato di salute di un produttore. Tornano alla mente i "tuoni" scagliati da Marchionne sugli errori industriali che avevano portato Fiat sull'orlo del fallimento e che si chiamano Thesis, 159, 166, Stilo e Croma: vetture più o meno riuscite tecnicamente e anche apprezzate dal pubblico, ma che avevano come fattore comune quello di generare perdite anziché utili. E' più facile ora comprendere lo sforzo con cui tutti i produttori - ma soprattutto i generalisti come Volkswagen, GM, Ford, Peugeot, Renault/Nissan, Hyundai e Fiat/Chrysler - si stanno impegnando per ottimizzare i processi produttivi, realizzare economie di scala, ridurre i costi e rendere più efficaci i canali di vendita.
(Fonte: www.motori.it - 6/9/2011)

venerdì 23 settembre 2011

Moody's taglia il rating di Fiat da Ba1 a Ba2


Fiat ha ceduto il 6,22%, facendo la peggiore performance del Ftse Mib, dopo che Moody's Investors Service ha tagliato il rating del debito del Lingotto portandolo a Ba2 da Ba1. Come conseguenza è stato tagliato anche il rating del debito delle filiali Fiat Finance&Trade, Fiat Finance North America (a Ba3 da Ba1) e quello provvisorio di Fiat Finance Canada (a Ba3 da Ba1). Per tutti l'outlook è negativo. Moody's chiude così la fase di revisione del debito del Lingotto iniziata lo scorso 26 aprile, in coincidenza con l'aumento della quota azionaria in Chrysler. Inevitabili le ripercussioni sul titolo Fiat dopo il rally (+7,6%) di ieri, mentre rimbalza nettamente Fiat Industrial.
Perchè il taglio? - «L'azione di oggi sul rating riflette l'idea di Moody's che l'affidabilità creditizia di Fiat e di Chrysler saranno sempre più allineate in futuro a mano a mano che le strategie e le operazioni dei due gruppi diventeranno progressivamente più interconnesse». È questo il motivo per cui l'agenzia ha tagliato il rating del gruppo torinese, come indicato dall'analista dell'agenzia Falk Frey. Questo significa che i due gruppi potrebbero dover sostenersi l'un l'altro in caso di difficoltà finanziarie, anche se il Lingotto non garantisce il debito della casa americana e la gestione finanziaria rimane separata.
Punti di debolezza - L'agenzia in una nota spiega che il giudizio Ba2 riflette anche «il rischio del business di Fiat, concentrato su un settore altamente ciclico come quello automobilistico» e «il tasso di rinnovo dei modelli relativamente basso rispetto ai concorrenti diretti. Questo riduce la sua posizione competitiva». Inoltre il nuovo rating «prende in considerazione un sostanziale aumento della spesa per investimenti (capex) quest'anno e oltre». Il gruppo guidato da Sergio Marchionne sarà poi più vulnerabile di fronte «a una pressione competitiva crescente derivante da una domanda più debole, a un pressione sui prezzi in aumento e di una sovracapacità produttiva in crescita in Brasile, il suo mercato più redditizio».
Le prospettive - Per quanto riguarda le prospettive di rating negative, sono legate ai rischi dell'integrazione organizzativa e operativa con Chrysler, ma se questa andrà a buon fine l'outlook potrà stabilizzarsi. Lo stesso accadrà se Chrysler riuscirà a migliorare il suo rating.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 21/9/2011)

giovedì 22 settembre 2011

Marchionne: 23 novità e 12 restyling per Fiat-Chrysler entro il 2014


Lo avevamo incontrato a pochi giorni fa al Salone di Francoforte dove ci aveva confermato i target 2011 di Fiat e Chrysler, ed oggi a Londra Sergio Marchionne si ripete: quegli obiettivi verranno raggiunti. Dalla città britannica, dove si trova per incontrare la comunità finanziaria, il numero uno del Gruppo Fiat fa sapere che il fatturato a cui si punta, Chrysler compresa, supera i 58 miliardi di euro e che il debito industriale netto è previsto tra i 5 e i 5,5 miliardi, mentre la liquidità dovrebbe aggirarsi attorno ai 18 miliardi. Pronto a salire sull'aereo che lo porterà a Detroit per incontrare Bob King, il leader del sindacato Uaw, il manager ribadisce che tra il 2012 e il 2014 il Gruppo Fiat lancerà 23 novità e 12 restyling in Europa, mentre Chrysler lancerà negli Stati Uniti 18 novità e 7 restyling. Il piano prodotti era stato già presentato agli azionisti il 22 aprile 2010 a Torino, ma - come si sa - quelle sono linee guida e può succedere che spuntino alcune novità, imprevisti, nomi che fanno balzare sulla sedia come è successo di recente con la Alfa Romeo GTA, inizialmente non prevista ed oggi sulle pagine di tutto il mondo. Succede perché il mercato si evolve, perché non tutti i piani vengono svelati all'origine, perché ci possono essere ritardi come di nuovo nel caso di Alfa Romeo. Ecco quindi riassunti di seguito i piani di Marchionne, riportati oggi dalle principali agenzie di stampa a cui l'amministratore delegato a parlato, senza riferimento a Maserati e a Ferrari che - lo ricordiamo - lancerà una novità all'anno fino al 2014 e la nuova Enzo nel 2012.
FIAT: in Europa 4 novità nel 2012 e 2 nel 2013; un restyling nel 2012, uno nel 2013 e tre nel 2014. Negli Stati Uniti 2 novità nel 2012 e una nel 2013.
ABARTH: 1 novità (probabilmente la Punto) e 2 restyling (Fiat 500 e 500C) nel 2012.
LANCIA-CHRYSLER: 2 novità nel 2012; 2 nel 2013 e 1 nel 2014; 1 restyling nel 2014.
ALFA ROMEO: 3 novità ed un restyling nel 2013 (anno in cui è previsto il ritorno negli U.S.A.) e 4 novità ed un restyling nel 2014.
FIAT PROFESSIONAL: una novità e un restyling nel 2013, altrettanto nel 2014.
CHRYSLER: una novità nel 2012, due nel 2013 e una nel 2014. Un restyling nel 2013.
JEEP: una novità nel 2012, due nel 2013 e una nel 2014. Un restyling nel 2013.
RAM: due novità e tre restyling nel 2012.
DODGE: 2 novità nel 2012, 2 nel 2013 e una nel 2014. Due restyling nel 2013.
(Fonte: www.omniauto.it - 21/9/2011)

mercoledì 21 settembre 2011

Lancia Ypsilon: contrordine sul "lusso" nella nuova campagna pubblicitaria


Contrordine compagni. Però questa volta, a cambiare linea (e slogan) sotto la pressione degli eventi, non sono gli epigoni della sinistra italiana, ma gli uomini di punta del marchionnismo, i manager del pensiero a girocollo. Fino a ieri, nella azzeccatissima, antibuonista, provocatoria (e martellante) campagna pubblicitaria della Ypsilon al fianco del macho-noir per eccellenza del cinema francese, Vincent Cassel, c’era un unico, folgorante slogan: “Il lusso è un diritto”. Polemiche nel web, messaggi arrabbiati, stroncature e adesioni entusiastiche: tutto aveva contribuito al successo del lancio. Oggi – però – “Todo cambia”: nulla è come prima, sotto la grandine delle Finanziarie ad orologeria e dei balzelli a targhe alterne. Il bianco e nero chic è rimasto, il sorriso da cattivo di Cassel pure, ma lo slogan è stato riscritto in modo politicamente corretto: “L’eleganza è un diritto”. I dirigenti della Fiat dicono che un cambio di marcia era già previsto, ma la differenza si sente e ha un innegabile potere suggestivo. Come spesso capita, quando l’esattezza scientifica di un refrain fotografa lo stato d’animo di un sentimento collettivo, questo terremoto semantico racconta molto dei destini di una macchina, sul piano dei simboli e delle idee. Intanto perché la Ypsilon non è una macchina come tutte le altre, ma (speriamo solo per ora), è l’ultimo modello progettato in Italia dalla Fiat. E poi perché la storia di questo piccolo gioiello del design italiano, riassume in sé tutta la recente parabola della Fiat marchionniana. Doveva essere la macchina del rilancio della produzione tricolore, la mitologica “Fabbrica Italia” che (con la sparizione del fantomatico Suv di Mirafiori) in queste ore si sta vaporizzando nel nulla. La produzione della Ypsilon è stata poi spostata da Termini Imerese (fabbrica che invece è stata chiusa!) alla Polonia, nella catena di montaggio di Tichy. Ma questo cambio di marcia è ancora più interessante perché la piccola Lancia – al contrario del gippone Freemont – è la quintessenza di un’idea italiana di macchina: molto piccola, parcheggiabile, maneggevole (come sua sorella 500), consuma pochissimo, ma è anche dotata – al contrario del modello precedente – di cinque porte (come sua mamma Panda). È equipaggiata di uno di quei motori d’avanguardia che hanno contribuito ad alimentare l’orgoglio dei progettisti italiani. Bene, questa macchina, che doveva essere la punta del rilancio della Fiat italiana, si è invece ritrovata chiusa ai box, forzatamente, per mesi. Il lancio era stato ritardato per i cambi di piano di Marchionne, e le nuove priorità dettate dalla sinergia con la Chrysler. Quando alla fine (con un anno e mezzo di ritardo!) è uscita, la Ypsilon ha fatto il botto. Sarà perché ha un sederino sexy – ripreso dalla Delta – sarà perché con il dispositivo stop & go consuma pochissimo, si è diffusa a macchia d’olio: solo il mese scorso, secondo Quattroruote, malgrado un mercato cadaverico, ha visto uscire dai concessionari 5.436 esemplari: la terza macchina più venduta in Italia. Forse, proprio per questa sua complessa carta di identità, la Ypsilon che doveva esaltare l’idea del lusso stile-Lancia si concede un inedito restyling della propria comunicazione. Olivier François, lo stesso pirotecnico Ad della Lancia che aveva portato Carla Bruni a pubblicizzare la Musa definendola “City limousine”, sente che nei tempi in cui la gente stringe la cinghia, l’apologia del lusso diventa stonata. Uno studio riservato della Fiat, dopo la sconfitta di Mirafiori, aveva detto ai manager di Marchionne che la Fiom aveva bucato e persuaso l’opinione pubblica perché (testuale) “era riuscita a comunicare la dignità e la fatica del lavoro”. Così, con una conversione comunicativa che non ha precedenti, François ha cambiato messaggio. Lasciamo da parte “il lusso”, ecco “l’eleganza”. Certo, oggi il cambio di passo viene motivato dal manager francese così: “Questo claim si inserisce in una strategia che prevede tre diversi momenti di comunicazione per posizionarsi sul mercato”. Come per dire: era tutto già previsto: “Il primo atto della nostra strategia – spiega lui – affermava una nuova idea del lusso, non basata sugli eccessi o sull’ostentazione. Il secondo atto – aggiunge François – prevede il passaggio dal lusso all’eleganza. Nella nostra testa, però, il lusso è l’eliminazione del superfluo”. Se è così, anche questo è un cambio di concezione che è interessante documentare. Dal cattivismo che seduce (ma suona male) al buonismo eticamente corretto. Il prossimo mese, vedere cosa cambia nelle quote di vendita, sarà più istruttivo di una ricerca sociologica.
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 5/9/2011)

martedì 20 settembre 2011

Il giudice: "Accordo legittimo alla Fiat di Pomigliano d'Arco"


La Fim e la Uilm sono pienamente legittimate a siglare contratti con la Fiat, anche in deroga al contratto nazionale di lavoro metalmeccanico, e l'intesa ha piena efficacia in quanto non esiste alcuna norma che la vieti. E' così che il giudice del lavoro torinese Vincenzo Ciocchetti spiega, nelle motivazioni depositate stamane in cancelleria, la sentenza con la quale, il 16 luglio scorso ha respinto il ricorso della Fiom per la dichiarazione di illegittimità dei contratti di primo e secondo livello conclusi per lo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. Richiamandosi al principio di "effettività", il giudice dichiara efficace l'accordo contestato dal sindacato della Cgil e firmato invece dalle altre organizzazioni sindacali. L'intesa mostra "una certa disorganicità", scrive Ciocchetti, manca di "una chiara vicenda abrogativa" degli accordi precedenti e non presenta "una sicura gerarchia tra le fonti contrattuali richiamate, con portata vincolante e da tutti accettata", tuttavia non si può accogliere la richiesta della Fiom di "veder caducati i contratti stipulati dalle parti sociali sicuramente rappresentative". "Nel caso di specie - spiega il giudice - non v'è dubbio che Fim e Uilm, le due principali organizzazioni formatarie dei contratti in questione, siano sicuramente organizzazioni rappresentative dei lavoratori; inoltre, se è vero che, sull'altro versante, non vi è un'organizzazione di categoria datoriale, ma una grande impresa, è anche vero che non esiste alcun divieto legale alla stipula di simili tipi di contratto". Dunque tale stipula non può essere considerata antisindacale, anche in considerazione del fatto che è stata approvata in un referendum "dalla stragrande maggioranza" dei lavoratori. Se, però, la Fiom è tenuta a rispettare questo accordo, per lo stesso principio di rappresentanza all'interno dell'azienda non può essere esclusa dalle rappresentanze sindacali. "L'impresa - scrive il giudice - non può escludere un'organizzazione sindacale che dispone di una propria rappresentanza per il solo fatto di stipulare con altri sindacati una convenzione avente quale effetto conseguente di estromettere tale organizzazione". Perciò Ciocchetti conclude per la antisindacalità di tale esclusione, che appare "paradossale e ingiustificata". Il datore di lavoro, argomenta Ciocchetti, non può attuare "interventi, posti in essere non solo in modo unilaterale, ma anche sul piano negoziale", destinati a "favorire o, all'opposto, danneggiare una delle organizzazioni che partecipano alla dialettica intersindacale". Il datore di lavoro, anzi, deve mantenere un atteggiamento di "neutralità" rispetto alle scelte di tutti i sindacati con cui tratta "senza schierarsi in favore di alcuno di essi". Poiché, in conclusione, "la Fiom è un sindacato pienamente rappresentativo e non può essere discriminata in base al suo dissenso sugli accordi contrattuali", la sua esclusione va dichiarata "antisindacale", con la conseguenza di riconoscerle il diritto di far parte delle Rsa aziendali.
(Fonte: http://torino.repubblica.it - 15/9/2011)

lunedì 19 settembre 2011

Modificato il piano Alfa Romeo 2010-2014


A Francoforte, il numero uno dello sviluppo prodotto dell'Alfa Romeo, Harald Wester, ha illustrato agli analisti finanziari il nuovo piano di produzione della Casa del Biscione. Rispetto ai programmi illustrati nell'aprile del 2010, i lanci delle nuove vetture e i restyling di quelli esistenti sono slittati in avanti. In particolare, le Alfa Romeo Giulia berlina e station wagon, inizialmente previste per il 2012, non si vedranno prima del 2014: secondo alcune fonti, la bocciatura - e i conseguenti ritardi - sarebbero attribuiti a Marchionne, evidentemente poco soddisfatto del progetto.
Suv e Spider con un anno di ritardo - Nel 2012 avrebbe dovuto vedere la luce anche la sport utility Alfa del segmento C, la cosiddetta C-Suv, che condividerà la piattaforma C-Wide con numerosi altri modelli del Gruppo italo-americano (Giulia, nuova Bravo, nuova Compass, nuova Cherokee): anche questo modello, praticamente già pronto a detta degli insiders, è posticipato ai primi mesi del 2013. Rimandata di un anno anche la New Spider, che quindi dovremmo attenderci per il 2014.
Slitta la MiTo restyling - Nel 2013 è previsto l'inizio della produzione in piccola serie della Alfa Romeo 4C, che farà da apripista al rientro dell'Alfa sul mercato americano. Nello stesso periodo - e quindi con uno slittamento in avanti di quasi un anno - si attende il restyling di metà vita dell'Alfa Romeo MiTo, che dovrebbe avere un family feeling più accentuato con la Giulietta. Nel nuovo piano, restano fissati per il 2013 il debutto della versione a cinque porte della MiTo e per il 2014 il restyling della Giulietta. L'attuale Alfa 159 vivrà ancora per tutto il 2012: sfrattata dalla nuova Panda, ora viene prodotta sulle ex linee di montaggio delle 147 e GT.
Via la Suv, ecco la berlina - Dal nuovo piano, infine, è sparita la sport utility di grandi dimensioni, la D-Suv inizialmente programmata per il 2014, mentre è spuntata un'inattesa berlina di grandi dimensioni, praticamente l'erede della 166, che dovrebbe vedere la luce a cavallo tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015.
(Fonte: www.quattroruote.it - 15/9/2011)

domenica 18 settembre 2011

Scomparso l'autore dello slogan: «L’America sarebbe migliore senza la Chrysler?»


Geniale pubblicitario americano, nato a Manhattan, ed ex paracadutista nel Pacifico durante la Seconda guerra mondiale. È morto a Long Island, a casa sua, a 84 anni. Il sobborgo di Auburn Hills, a Detroit, Michigan, potrebbe ricordarlo come un suo personaggio storico. Lì, infatti, è la sede della Chrysler, e il primo epitaffio che Kelmenson si è meritato ha descritto il suo massimo risultato: “An advertising executive who helped to save the Chrysler Corporation”. Ha aiutato a salvare la Chrysler con una campagna più che “creativa”, ricreatrice. E ha aiutato Lee Iacocca – già presidente silurato della Ford – a ridisegnarsi come “l’uomo della Chrysler”, e, in largo, come il marchio personale dell’industria americana dell’auto. Un tipo Vittorio Valletta, anzi un ruolo di quel genere, più che una consonanza di caratteri. Una foto, pubblicata dal New York Times, ritrae insieme Iacocca e Kelmenson, e sembrano due attori di genere di un film di cronaca non particolarmente truce su industria e potere: Iacocca, una specie di Ben Gazzara col mento in avanti, Kelmenson, un primo piano ironico, e arruffato ai lati da due fedine bianche, come un sociologo anni Sessanta. Anche se i fatti salienti risalgono al 1979, e dopo. Quando Iacocca faceva carriera alla Ford, la casa automobilistica (la seconda, sul mercato americano, dopo la Chrysler) affidava a Kelmenson e alla sua società – la Kenyon & Eckhardt – il grosso delle campagne pubblicitarie e della ricerca degli inserzionisti. Erano diventati amici, lo sarebbero rimasti, e avrebbero condiviso, insieme, un passaggio e un massimo avversario, Henry Ford II. Ford era la proprietà, e un massiccio capitano d’industria vecchio stile, lucente di brillantina, e conosciuto nella café society anche per una bella ex moglie italiana, Maria Cristina Vettore Austin. Quando licenziò senza complimenti Iacocca, Kelmenson, senza l’ombra del dubbio, rinunciò, non richiesto di farlo, al contratto quasi esclusivo con la casa: si trattava di un volume d’affari di 75 milioni di dollari ogni anno. Era il 1979, con Jimmy Carter presidente, Leonid Breznev che lanciava l’Armata Rossa in Afghanistan, e tutti gli effetti, anche sui mercati, del travolgente cambio di potere in Iran. Secondo le regole della concorrenza (e quelle, meno automatiche, dell’amicizia in affari), Leo-Arthur Kelmenson passò i suoi servizi a Iacocca – diventato presidente della Chrysler – come unico agente pubblicitario. Ai due amici, con i loro due ruoli incrociati, si presentava un quadro più netto e più pericoloso dell’autoritarismo di Ford, e cioè la crisi della Chrysler con un’ipotizzata bancarotta. I conti tornavano sempre meno, la casa non riusciva più a pagare i fornitori e l’indotto, e Iacocca si faceva dare uno stipendio di un euro all’anno. Un colpo d’immagine, ma troppo teatrale. Ci volevano, come si dice, delle idee. Le ebbe Leo-Arthur, a catena. E la catena doveva servire ad agganciare milioni di consumatori, il pubblico dell’auto, e il governo federale. Andò così. Una campagna televisiva con la domanda a martello «L’America sarebbe migliore senza la Chrysler?», ebbe i suoi effetti a Washington, con l’approvazione di un finanziamento statale di un miliardo e mezzo di dollari, nel 1980 (a ridosso del tempo di Ronald Reagan e della deregulation). Poi Kelmenson puntò sull’uomo e sulla sua immagine. Cioè su Iacocca, facilmente convinto a farsi vedere e intervistare a ripetizione, ricreato, o ancora meglio, da scoprire. E così, sugli schermi, il presidente della Chrysler, si mise a scorrazzare, risoluto ma non presuntuoso, con degli occhiali da aviatore, o indefesso in fabbrica, dicendo agli americani: «Se potete trovare un’auto migliore, compratela». Dove quell’auto poteva non essere una Chrysler (ma l’invito era evidentemente retorico), oppure non poteva che esserlo, una volta trovata. Senza difficoltà. Sembra un racconto di preistoria della storia dell’auto, ma si parla solo di trent’anni fa, quando il termine “pubblicità”, o “advertising” (non ancora rattrappito nella parola “brand”), poteva essere correlato all’acume di un’idea, e anche al rischio d’impresa. D’altronde, il mantra (così lo ha chiamato il New York Times) di Kelmenson era questo: “La pubblicità è il lubrificante del sistema della libera impresa”. Ci aggiungeva anche un altro passaggio, ricordato, per iscritto, dallo stesso Lee Iacocca: «Quando non avevamo i soldi per pagare, Leo chiedeva agli altri suoi clienti di contribuire. Con successo». Erano, fra gli altri, la Colgate-Palmolive, Air France, Seagram, Elizabeth Arden. Dal 10 Gugno 2009, la Chrysler fa parte del gruppo Fiat. Acquistata dopo un ultimo periodo di crisi, e d’imminenza di bancarotta. Questo non toglie valore allo sforzo, e alla forza d’immagine, e di sostanza, di Leo-Arthur Kelmenson, in quel frangente di “ricreazione”. E ricordare che in un sondaggio Gallup, alla fine di quegli anni, lui sia stato sistemato al terzo posto (dopo Ronald Reagan e Giovanni Paolo II) fra i “most respected Americans” del decennio, non suona solo “pubblicità”.
(Fonte: www.nytimes.com - 3/9/2011)

sabato 17 settembre 2011

Scambio tra Torino e Detroit: si cerca l'ingegnere del futuro


La selezione è stata dura: ci hanno provato in trenta, i posti disponibili erano appena cinque. Hanno dovuto sostenere un colloquio, far pesare la media degli esami sostenuti e il voto della laurea di primo livello. Ora sono pronti a partire. Da Torino. E a Windsor, sull’altra sponda dell’Atlantico, sono pronti a fare altrettanto. Alfieri di un esperimento che potrebbe diventare l’architrave di un pezzo del futuro industriale di Torino. Sullo sfondo c’è un disegno ambizioso: plasmare ingegneri esperti capaci di lavorare in ogni angolo del mondo, sapendo come si costruisce un’auto in Europa ma anche negli Stati Uniti. Duttili, flessibili. Globetrotter dell’automotive. In cinque tra poco più d’un mese partiranno da Torino, diretti all’Università di Windsor, Canada, e - non ultimo - agli stabilimenti Chrysler, sull’altra sponda del fiume Detroit. Altrettanti da Windsor sbarcheranno a Torino, diretti alla nuova cittadella del Design e dell’automotive appena aperta a Mirafiori, sulle aree di Tne ora al centro di un contenzioso tra l’azienda e il Comune. Gli uni studieranno nell’ateneo canadese e scopriranno i segreti della fabbrica americana. Gli altri, al contrario, si aggireranno tra il Politecnico e i laboratori di Mirafiori. Hanno tra 23 e 28 anni. Si metteranno alla prova per un anno. Quel che ne verrà fuori - nei piani di chi ha ideato il progetto - è il prototipo dell’ingegnere dell’auto internazionale. Il melting pot è già nei fatti. Dei cinque che partiranno dall’Italia tre sono italiani, due cinesi. Gao Ping Ping è la «quota rosa» del progetto. «Quando studiavo in Cina mi dissero che se avessi voluto toccare con mano le migliori tecnologie per la produzione di auto avrei dovuto andare in Giappone o in Italia. Ora che sono qui ho pensato che valga la pena studiare anche come funziona in America». Stesso discorso per il suo connazionale Wez Wez. Dall’altra parte dell’Atlantico arriveranno due ragazzi d’origine asiatica: Ian Wong e Simon Tseng, il fondatore del Sigma Racing Time Attack series, una manifestazione competitiva per auto costruite in casa che si svolge ogni anno in Ontario. C’è chi si porta dietro un passato da continuare. «Mio padre ha lavorato in Chrysler, attraversando i giorni di gloria e quelli di burrasca», racconta Tyler Bevan. Io prima sono stato al Toyota Technical Center, poi ho guidato il laboratorio di Chrysler interno all’Università di Windsor. Quel mondo fa parte della mia vita dal giorno in cui sono nato». Li attira la curiosità di scoprire sistemi nuovi, un diverso approccio all’oggetto automobile. «In Europa e Stati Uniti si producono auto molto diverse», dice Stefano Baldizzone, «Fiat-Chrysler è il primo tentativo di integrare i sistemi. Farne parte sarà un modo per vedere da vicino come sarà possibile». «Per noi è un’opportunità per familiarizzare con l’industria europea dell’auto», racconta Matthew Bondy, «e stare dentro un’azienda che leader nella progettazione e nel design». Gerardo Aluino, origini avellinesi, va oltre: «Fiat è un’azienda che si sta espandendo all’estero. Noi, nel nostro piccolo, avremo modo di essere pionieri di quest’esperienza». Pionieri forse sì. Unici no: se tutto va bene, spiega il professor Giancarlo Genta, direttore del Centro di gestione accentrata Ingegneria dell’Autoveicolo, «l’anno prossimo lo scambio sarà più fitto, da 10 studenti in totale si salirà a 40».
(Fonte: www.lastampa.it - 8/8/2011)

venerdì 16 settembre 2011

Volkswagen e Suzuki verso il divorzio: opportunità per Fiat-Chrysler?


L'alleanza tra Volkswagen e Suzuki ha le ore contate: in un comunicato diffuso ieri l'azienda giapponese ha ufficialmente chiesto a VW di sciogliere l'accordo e di vendere la quota del 19,9% di Suzuki acquistata poco meno di due anni fa quando - nel dicembre 2009 - l'intesa fu firmata. L'annuncio di ieri non è un fulmine a ciel sereno: il deterioramento nei rapporti durava da mesi e in una recente intervista Osamu Suzuki, presidente dell'azienda nipponica, aveva detto che «i dirigenti delle due imprese non si parlavano più». Nella conferenza stampa di ieri a Tokyo lo stesso Suzuki ha parlato di "divorzio" e ha invitato i tedeschi a gestire la separazione «con un sorriso» invece di scambiarsi accuse; non ha però risparmiato le frecciate, paragonando il legame con Volkswagen a una «palla al piede». Che le cose stessero precipitando si era capito già domenica, quando la Volkswagen aveva accusato i giapponesi di violazione dell'alleanza per aver concluso nel giugno scorso un accordo di fornitura di motori con Fiat: il Lingotto venderà a Suzuki il motore diesel Multijet 1.6 da 120 cavalli per l'utilizzo sulla prossima versione del suo fuoristrada SX4, prodotto in Ungheria. «Abbiamo dato a Suzuki un termine di parecchie settimane per rimediare alla violazione - spiega il comunicato diffuso da Wolfsburg domenica -. Consideriamo questo passo spiacevole ma necessario, e siamo disposti a discutere la materia con Suzuki». La risposta arrivata ieri è del tutto chiara: non solo Suzuki nega che tale accordo violi l'intesa del 2009 con VW, ma di fatto considera ormai tale intesa morta e sepolta. Diversa la posizione di Volkswagen: un portavoce ha fatto sapere ieri che l'azienda non ha nessuna intenzione, per ora, di vendere la quota del 19,9%, pagata nel 2009 1,7 miliardi di euro (Suzuki detiene l'1,5% del capitale di VW); difficile, però, che l'intesa possa proseguire a lungo se uno dei contraenti non ne vuol sapere. Quanto al caso dei motori Fiat, è poco più di un pretesto ma oltre a confermare la validità dei propulsori del Lingotto (che Suzuki stessa aveva già acquistato in passato), dimostra che i rapporti tra l'azienda italiana e quella giapponese - nati ai tempi dell'intesa Fiat-GM - restano ottimi. È possibile che Fiat e Chrysler rimpiazzino VW come partner di Suzuki? Dal Lingotto le bocche restano cucite, anche per non intromettersi in una disputa in corso; a bocce ferme, poi, non è detto che una Suzuki "libera" non sia un partner interessante per Torino. Non va dimenticato, però, l'ostacolo più grosso: gli 1,7 miliardi di euro pagati da Volkswagen per la quota nell'azienda nipponica. Suzuki è una delle aziende giapponesi di medie dimensioni: nel 2010 ha venduto 2,64 milioni di auto (più di Fiat); ha i suoi punti di forza nelle auto piccole e, dal punto di vista geografico, sul mercato indiano, dove con 1,1 milioni di auto vendute è leader assoluta con il marchio Maruti. Al momento in cui l'alleanza fu firmata, nel dicembre del 2009 i due gruppi avevano detto di voler cooperare sulla tecnologia, comprese le auto ibride ed elettriche, e per l'espansione sui mercati emergenti. Nessun progetto si è però finora concretizzato, e già a luglio Suzuki aveva detto che non c'erano tecnologie VW che potessero servirgli. Lo scoglio più grosso su cui l'intesa è naufragata è però quello dei rapporti di forza. Già al Salone di Ginevra dell'anno scorso, un Osamu Suzuki un pò imbarazzato si era trovato sul palco insieme ai top manager di tutte le controllate del gruppo Volkswagen; e il disagio è cresciuto quando il rapporto annuale di quest'anno della VW ha classificato Suzuki come «una consociata sulle cui decisioni finanziarie e operative abbiamo un'influenza significativa». «Credevamo di essere entrati in un'alleanza alla pari - ha detto ieri Suzuki - ma poi le cose sono gradualmente cambiate». L'azienda nipponica ha una tradizione di indipendenza che non era venuta meno neppure quando il socio di minoranza era la General Motors. La crisi con Suzuki arriva mentre Volkswagen è impegnata in questi giorni al Salone di Francoforte, dove gioca in casa, a presentare i modelli che dovrebbero dare una spinta decisiva all'offensiva per la conquista del primato mondiale. Le previsioni più recenti da Wolfsburg vedono un aumento delle consegne del 5% rispetto ai 7,2 milioni di veicoli del 2010, e il numero uno Martin Winterkorn ha detto ad "Automotive News Europe" che verranno create otto nuove fabbriche nei prossimi sette anni.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 13/9/2011)

giovedì 15 settembre 2011

Maserati Kubang: ora sì che si ragiona!


Ora è ufficiale: dopo le indiscrezioni del Wall Street Journal, la Maserati lancia le immagini ufficiali del suo primo Suv della storia. Da Modena ci tengono subito a dichiarare che "il nuovo concept crea al tempo stesso discontinuità e continuità. Discontinuità perché introduce Maserati in un nuovo segmento di mercato. Continuità perché lo fa mantenendo intatto il DNA che caratterizza da sempre ogni modello della Casa del Tridente". Vedremo. Fatto sta che dopo secoli - la prima Kubang ci è stata svelata nel 2003 - ora è chiaro che il Suv si farà davvero. Si può discutere a lungo sull'opportunità di mettere in cantiere un modello del genere, ma è certo - guardando quello che ha fatto la Porsche che si è salvata dalla bancarotta grazie alla Cayenne - che se alla Maserati non avessero perso tanto tempo ora i conti sarebbero in ben altre condizioni... Oggi però la sfida della Kubang è un'altra: rimanere "nonostante tutto" una Maserati. Il "nonostante tutto" si riferisce al fatto che una costola (ma anche un femore e un pezzo di colonna vertebrale) di questa Suv arriva dalla Jeep Grand Cherokee e che la Kubagn sarà prodotta nell'impianto U.S.A. di Jefferson North. Quindi non solo fuori di Modena, fuori dall'Emilia Romagna, fuori dall'Italia, ma su un altro pianeta. E già perché Jefferson North è Marte per chi è abituato a vedere le GT uscire da Viale Ciro Menotti. La Maserati mette però subito le mani avanti: "Tutti i componenti principali del futuro SUV - si affrettano a dichiarare - saranno quelli che caratterizzano ogni Maserati: stile, motore, sospensioni, freni, handling e prestazioni saranno esattamente quelli che ogni cliente si aspetta di trovare su una Maserati. I valori distintivi della Casa del Tridente si troveranno tutti nel nuovo modello: dalla sportività allo stile, dall'eleganza al lusso, dalle prestazioni alla cura artigianale". Vedremo. Per ora si sa che il design arriva dal Centro Stile Maserati diretto da Lorenzo Ramaciotti e che il suo motore di nuova generazione è stato progettato a Modena da Paolo Martinelli, responsabile della Direzione Powertrain di Maserati. Motori che saranno prodotti a Maranello dalla Ferrari. ma che per poi poter funzionare dovranno essere impacchettati e spediti oltre oceano.
(Fonte: www.repubblica.it - 13/9/2011)

mercoledì 14 settembre 2011

Marchionne "a tutto campo" al Salone di Francoforte


"I tedeschi stanno cercando di imitare, in una maniera molto goffa, quello che stiamo facendo noi". Così l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se fosse preoccupato della concorrenza nel segmento delle vetture piccole dei costruttori tedeschi, primo fra tutti Volkswagen che a Francoforte presenta la Up. "Ma che preoccupato. Andiamo avanti, cerchiamo di vendere le vetture", ha aggiunto facendo il punto sulla situazione dell'azienda e su quella del Paese. In merito a Fiat-Chrysler "i target per il 2011 sono confermati", nonostante 2011 e 2012 siano "anni difficili". Per il dirigente: "L'integrazione tra le due aziende, è prefetta. Va benissimo". E a chi gli chiede se le due case automobilistiche diventeranno una società sola il prossimo anno, ha risposto: "Non lo so, eventualmente ci arriveremo, non c'è urgenza". Al momento "non è in corso alcun negoziato con il fondo Veba sulla quota, pari al 41,5%, che detiene in Chrysler. Con questi mercati non è il momento giusto", ha sottolineato Marchionne. L'amministratore delegato del gruppo torninese ha poi parlato della manovra economica presentata dal Governo. "Quello che ci serviva ci è stato dato - ha detto, aggiungendo che - "il mondo sta guardando" all'Italia, per cui "bisogna fare le cose in modo molto serio". "La cosa importante è essere totalmente credibili a livello internazionale". Marchionne ritiene anche che le nuove norme sui contratti aziendali 1 ridaranno "certezze, non solo alla Fiat ma a tutti quelli che vogliono investire in Italia". "Abbiamo la certezza di poter gestire gli stabilimenti, che era la cosa importante per la Fiat. Quello che serviva ci è stato dato, non solo a noi - ha insistito - ma a tutti gli industriali". A proposito delle critiche dei sindacati, Marchionne ha sottolineato: "Il provvedimento è di una chiarezza bestiale: se la maggioranza dei lavoratori è d'accordo la proposta va avanti". "La mossa fatta dal ministro Sacconi con l'articolo 8 - dunque - è importantissima" e "ha risolto tantissimi problemi". Per i modelli da produrre 2 a Mirafiori "nessuna decisione è stata presa, stiamo analizzando la situazione", ha ribadito Marchionne, che non ha escluso neppure la possibilità che siano prodotti, come previsto dall'accordo con i sindacati, i suv Alfa e Jeep. "Entro qualche settimana decideremo", ha aggiunto, per poi concludere: "Mirafiori sta bene, lasciatela stare in pace". Intanto in un altro stabilimento, quello di Pomigliano, 3 è in via di definizione la visita del presidente Giorgio Napolitano. "Stiamo definendo la data per organizzare la visita. Dovrebbe essere intorno al 3 novembre, quando inizierà la produzione". "L'importante - per Marchionne - è che la macchina sta partendo". Su un possibile rafforzamento dei rapporti con i giapponesi della Suzuki (con cui Fiat-Chrysler ha già un accordo legato ai motori diesel) per aumentare la presenza del gruppo in India e Cina, Marchionne ha risposto: "Parliamo con Suzuki e con chiunque altro voglia condividere con noi i costi dello sviluppo, ma non stiamo lavorando adesso sulle stesse piattaforme, c'è uno scambio di informazioni". All'ad è stato chiesto anche se Fiat e Chrysler cerchino insieme un nuovo partner: "Eventualmente succederà - la risposta - ma non è una cosa immediata. Si devono formare dei grandi gruppi automobilistici. Non parliamone adesso, è un discorso nel medio-lungo termine". Rispetto ai tempi di lancio di una possibile strategia in Russia, Marchionne non ha fatto precisazioni: "In Russia continuiamo a lavorare. I colloqui con il governo russo vanno benissimo".
(Fonte: www.repubblica.it - 13/9/2011)

martedì 13 settembre 2011

Marchionne: Chrysler a 3 miliardi di utile nel 2012


Chrysler punta a raggiungere un utile operativo di 3 miliardi di dollari nel 2012. Lo ha detto l'amministratore delegato e neopresidente dell'azienda di Detroit controllata da Fiat, Sergio Marchionne, parlando a una conferenza a Calgary in Canada. Chrysler raggiungerà tale risultato grazie a un aumento delle vendite e un taglio dei costi. Marchionne ha detto che Chrysler venderà 2,4 milioni di veicoli l'anno prossimo rispetto ai 2 milioni quest'anno, un livello superiore agli 1,5 milioni necessari a portare a casa un utile. «Il futuro è un buon futuro, Chrysler diventerà un costruttore di auto globale», ha detto Marchionne. Il numero uno di Chrysler ha poi confermato gli obiettivi 2011 della casa automobilistica americana, cioè un utile di due miliardi di dollari e due milioni di auto vendute, nonostante l'indebolimento della crescita economica. «Andremo bene - dice Marchionne - confermo entrambi i numeri: due milioni di auto vendute e due miliardi di profitti».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 9/9/2011)

lunedì 12 settembre 2011

Vendite, reti e Russia le sfide da vincere per la squadra di Gianni Coda


Non sarà facile il compito che la squadra di manager Fiat-Chrysler, diretta da Gianni Coda e uscita dal conclave di due giorni al Lingotto presieduto da Sergio Marchionne, dovrà portare a termine. Si tratta della nuova struttura organizzativa riguardante le aree Europa, Medio Oriente e Africa. I problemi sul tappeto sono di tutto rispetto: dal rilancio dei marchi torinesi in Europa - mercato che tra gennaio e giugno ha visto Fiat, Lancia e Alfa Romeo perdere il 12,7% (positivo è solo il Biscione con un +48%) a fronte di un’Italia in forte affanno (-13,1%) - alle reti vendita, problema sentito soprattutto nel nostro Paese dove i concessionari Fiat sono stati revocati a partire dallo scorso 1° giugno. A lavorare parecchio con l’obiettivo di portare a casa velocemente risultati tangibili saranno soprattutto i manager posti a capo di Paesi come la Russia (Giovanni De Filippis, in arrivo dalla Serbia; a Mosca non sono più permessi passi falsi), la Serbia (Antonio Cesare Ferrara, grande esperto in impianti produttivi, che sovrintenderà al lancio della L-0) e la Turchia (Ali Pandir), sede della joint venture strategica Tofas. Tre aree molto sensibili, dunque, inserite nei più ampi contesti sotto la giurisdizione di Coda, e che riguardamo i singoli marchi: Fiat (Olivier François, capo pure del marketing), Alfa Romeo (Harald Wester), Lancia-Chrysler (Saad Chehab), Jeep (Joe Veltri) e Fiat Professional (Lorenzo Sistino, che nella struttura è anche direttore commerciale). Gomito a gomito, dunque, opereranno uomini di matrice Fiat e di provenienza Chrysler, dando così al mercato un forte segnale d’integrazione. Leggendo tra le righe il comunicato del Lingotto che ufficializza l’organigramma, balza all’occhio l’incarico affidato a Mauro Pierallini, esperto di auto compatte, al quale è stato affidata la responsabilità dell’engineerig, e riporterà al chief technology officer all’interno del Gec (la prima linea composta da 22 manager), Wester, e allo stesso Coda. Delicato, come dicevamo, il compito di Diego Pistone, che insieme all’assistenza e ai servizi, dovrà sistemare le reti vendita con il prezioso ausilio di Lucy Toscani. I concessionari Fiat (circa 400) non hanno digerito la revoca dei mandati, e nei prossimi 24 mesi il 20% di essi potrebbero non rientrare nei piani del gruppo. E con i chiari di luna del mercato e la crisi economica, reinventarsi sotto un altro brand di peso o riconvertire l’azienda non è cosa facile. Nel lavoro di selezione, Pistone e il suo staff dovranno considerare la presenza sul territorio del dealer, le performance negli ultimi anni, la solidità finanziaria e i servizi offerti. Gli altri nomi con relativi incarichi: Sergio Cravero (pianificazione del prodotto), Silvia Vernetti (sviluppo del business), Lorenzo Ramaciotti (design), Mario Astegno (qualità), Luigi Galante (produzione; ha trascorsi a Pomigliano d’Arco), Nicola Di Buono (motori e trasmissioni), Vilmar Fistarol (acquisti), Aldo Marangoni (powertrain engineering), Oddone Incisa (servizi finanziari), Livio Milano (personale; proviene da Magneti Marelli), Richard Gadeselli (comunicazione), Gilberto Ceresa (information technology), Andrea Striglio (finance) e Daniele Catasso (processi relativi alla qualità).
(Fonte: www.ilgiornale.it - 6/9/2011)

domenica 11 settembre 2011

Fiat: non più azienda-sistema, non ancora buona azienda


Nell’aria c’è ancora il boato, il tuono del crollo del titolo. Il mercato è anche questo. Dalle sale operative partono sismiche ondate di vendite che riflettono un deterioramento dell’outlook per il 2011, con l’Italia e l’Europa minacciate dalla recessione. Fiat non è più – forse non lo è mai stata – un’azienda come le altre ma un’azienda-sistema, rappresentativa nel bene e nel male del sistema-paese. Forse è proprio qui che sta il principale nodo critico: il capitalismo italiano ha bisogno di buone aziende, non di aziende-sistema. Detto questo, dopo aver udito il suono del crollo, proviamo a fare il punto su Fiat. Il che – e qui risiede la vera sorpresa – equivale a scrivere un articolo di debunking economico-finanziario. L’analisi va sfrondata dalle tante inesattezze che si sentono e leggono in giro e vanno messi in evidenza aspetti che di solito sono bellamente ignorati dagli osservatori. Iniziamo dalla critica più agguerrita. Fiat, si dice, è un conglomerato privo di logica industriale, con una redditività piuttosto bassa. E’ una sorta di leitmotiv, che si ripete come un disco rotto. Ebbene, ammesso che lo scenario del mercato dell’auto soprattutto in Europa si vada deteriorando, la critica è quasi del tutto infondata. Se si guarda alla redditività del capitale (espressa con l’acronimo ROE), quella di Fiat S.p.A. è lievemente superiore alla media dei competitor su scala mondiale. Non siamo ai livelli di Tata Motors, di Kia, di Volkswagen, che operano su mercati diversi con prodotti e strategie che definire differenziate è un eufemismo. Ma c’è chi – come Peugeot e Daimler – fa peggio di Fiat e non viene sepolta dagli stessi giudizi. Nel trimestre chiuso a giugno sia il fatturato che il risultato operativo di Fiat hanno superato le attese del mercato, ma ciò – si potrà obiettare – è legato al passato. Quanto alla strategia, si rimprovera al management di aver fallito lo sbarco in Cina o in Russia e di esser poco presente in Asia, con la joint-venture con il gruppo automobilistico indiano Tata che stenta a decollare. Verrebbe da chiedere: con quali modelli? Prescindendo dalle difficoltà oggettive della penetrazione in questi mercati, un investimento massiccio in Asia presuppone – escludendo l’ipotesi piuttosto remota di un aumento di capitale – un disinvestimento in Italia; ma la stessa critica esigente difende al tempo stesso il baluardo di Termini Imerese. E qui c’è più di qualcosa che non torna. Il mercato va rispettato e se boccia Fiat, probabilmente, lo fa proprio per via della sua larga esposizione in Italia e In Europa dove al momento sopravvivono soltanto tre marchi (Volkswagen, Audi e Bmw) e pochi modelli (tra cui Golf, Polo, Passat e Ford Focus). Quindi dice bene Elkann: per investire in Italia “è necessario creare le condizioni”. Maurizio Sacconi, quello che Idv chiama il “ministro della disoccupazione”, non si illuda che basti inserire in manovra la norma sull’efficacia erga omnes degli accordi aziendali. C’è il tema del costo del lavoro, ma soprattutto c’è la criticità legata alla stagnazione ormai strutturale del nostro paese, con i consumi al minimo storico. Quanti comprerebbero la nuova Lancia Flavia, in Italia, se anche fosse il miglior modello circolante in Europa? Concludiamo provando ad individuare quattro punti chiave, decisivi per il futuro del gruppo:
1) Brasile - Il mercato brasiliano ha compensato i risultati negativi dell’Europa, sostenendo il margine operativo del comparto auto. Nel 2010 l’America Latina ha contribuito fortemente al fatturato (circa il 28% dei ricavi) e c’è spazio per aumento della capacità produttiva di un buon 20%, malgrado nel breve sia attesa pressione sui margini.
2) Chrysler - La profittabilità dell’azienda di Auburn Hills è in linea con le attese, con l’upside potenziale legato al ritorno del marchio sul mercato giapponese, proprio a partire da questi giorni.
3) Ferrari - Delle due l’una: o viene ceduta (e in questo caso un enterprise value di EUR 3,5-4 miliardi sembra sensato) oppure va recuperata un po’ di efficienza, poiché i margini possono e devono assolutamente essere superiori al 12,5% registrato nel primo semestre 2011
4) Europa - L’esposizione verso il mercato europeo (60% del fatturato), nel quale la quota di mercato è in progressiva diminuzione, è considerata eccessiva. Le due note positive – Alfa Romeo e veicoli commerciali leggeri – sono insufficienti a contrastare il declino in atto. Un recupero della redditività è legato ad un sostanziale progresso nelle vendite della divisione passeggeri, che può richiedere tempo. Ma forse più di ogni altra cosa è necessario infrangere la struttura granitica della pessima abitudine anche solo per ricordare che il gruppo Fiat deve rendere conto agli stakeholder, che sono principalmente la cassaforte di famiglia Exor e i fondi d’investimento statunitensi. Come farlo capire a sindacati, soggetti politici ottusi e opinione pubblica oscurantista?
(Fonte: www.libertiamo.it - 27/8/2011)

sabato 10 settembre 2011

Ad agosto ottima performance di Chrysler Group nel mercato U.S.A.


Chrysler Group LLC ha annunciato di aver registrato per il mese di agosto vendite pari a 130.119 unità, in aumento del 31 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010 (99.611 unità). La miglior performance per il mese di agosto dal 2007. Il Gruppo Chrysler ha conseguito un aumento delle vendite del 31 per cento, registrando una performance nettamente superiore alla media di settore per il mese. All'aumento del 31 per cento hanno contribuito i modelli Chrysler 200, Fiat 500, Jeep Wrangler, Jeep Grand Cherokee, Dodge Durango, Dodge Journey e il Ram pickup. Reid Bigland, Presidente e CEO del marchio Dodge e responsabile commerciale per gli Stati Uniti ha dichiarato: “Nonostante la volatilità del mercato, in agosto Chrysler è riuscita ancora una volta ad ottenere una performance superiore al mercato, registrando un aumento del 42 per cento nelle vendite retail. Agosto è stato anche il diciassettesimo mese consecutivo di crescita anno su anno e, con 16 veicoli nuovi o significativamente rinnovati in portafoglio, prevediamo che questo trend continuerà almeno fino all‘autunno”. Nel mese di agosto, i marchi Chrysler, Jeep, Dodge, Ram Truck e Fiat hanno tutti registrato aumenti nelle vendite. Per il marchio Jeep, sono aumentate del 58 per cento, con tutti e cinque i modelli in miglioramento rispetto all'anno scorso. Tra i vari marchi del Gruppo Chrysler, Jeep ha conseguito l’aumento più elevato in termini percentuali. Il nuovo Jeep Compass 2011 ha contribuito al miglioramento segnando il quinto record di vendite mensili dell’anno. Il marchio Fiat ha registrato il più elevato volume di vendite mensile dal lancio della Fiat 500 in marzo. In agosto, le vendite di automobili del Gruppo Chrysler sono aumentate del 23 per cento mentre le vendite di pickup (Ram Truck) sono salite del 33 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Il Gruppo Chrysler ha chiuso il mese con 59 giorni di scorta (294.347 unità). Le previsioni di vendita globale per il mercato U.S.A. per il mese di agosto sono 12,3 milioni (su base SAAR – tasso annuo destagionalizzato). Chrysler Group LLC ha recentemente annunciato l'apertura della concessionaria "Planet FIAT" a Miami, Florida. Planet FIAT va così ad aggiungersi alle oltre 100 concessionarie (FIAT Studios) aperte oltre oceano. La nuova concessionaria (9975 NW 12th St. a Miami) è solo uno dei 12 punti vendita Fiat in Florida e si estende su un'area di 3.500 mq.
(Fonte: www.automobilismo.it - 5/9/2011)

venerdì 9 settembre 2011

Sarà DR Motor, non De Tomaso, a rilevare da Fiat lo stabilimento di Termini Imerese


Sarà la DR Motor della famiglia molisana Di Risio a subentrare alla Fiat a Termini Imerese rilevando l'attività del settore automotive. Lo hanno deciso il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, e il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, che costituiscono il collegio di vigilanza per l'attuazione dell'accordo di programma di Termini Imerese, e che si sono riuniti oggi al ministero con Domenico Arcuri, a.d. di Invitalia, soggetto attuatore dell'accordo.
Piano industriale - La DR Motor batte così la concorrenza della De Tomaso, che fa capo alla famiglia Rossignolo. Il piano industriale di DR Motor per Termini Imerese prevede uno sviluppo graduale, a partire dal 2012, del livello produttivo e di quello occupazionale. Nel 2014, dopo il consolidamento del mercato italiano, è previsto l'approdo sui mercati esteri. A pieno regime, nel 2016, è prevista la costruzione di 60mila automobili l'anno e il riassorbimento di 1.300 degli attuali dipendenti. Gli investimenti previsti a breve e medio termine ammontano a 125 mln di euro suddivisi tra investimenti strutturali, ricerca tecnologica, sviluppo dei modelli e formazione.
Di Risio: "Con noi Termini Imerese sarà un fiore all'occhiello per il Paese" - «Siamo molto soddisfatti per la preferenza accordata al nostro progetto, ma è soprattutto da notare come l'intera procedura per l'attuazione dell'accordo di programma di Termini Imerese sia un fiore all'occhiello per l'intero sistema-Paese e debba essere presa a modello per l'assoluta trasparenza dell'iter di selezione e per la certezza e rispetto dei tempi decisionali», ha detto il presidente della DR Motor, Massimo Di Risio. Che ha aggiunto: «La possibilità di conservare a Termini Imerese il know-now automobilistico è una scelta strategica di grande rilevanza perché consente al nostro paese di mantenere e rafforzare ulteriormente il presidio e il volano di competenze, ricerca e sviluppo tecnologico sempre garantito da questo settore».
Gli altri investimenti - Romani e Lombardo, si legge in una nota, «hanno selezionato tre delle aziende che hanno presentato progetti per accedere alle agevolazioni previste dal contratto di sviluppo. Si tratta di DR Motor (settore automotive), Lima Group (elettromedicali e protesi sanitarie), Biogen (energetico e biomasse). Queste aziende, selezionate sulla base del rispetto degli adempimenti procedurali, della qualità progettuale e della solidità finanziaria, investiranno complessivamente 341 milioni di euro, ottenendo agevolazioni pubbliche per l'investimento pari a 67 milioni di euro (cui si aggiungeranno le agevolazioni regionali sull'occupazione e la formazione) e impiegheranno a regime circa 1.500 addetti. Nel sito di Termini Imerese si insedieranno inoltre Medstudios (produzione televisiva) e Newcoop (piattaforma logistica per la grande distribuzione), già selezionate in base alle procedure previste da altre misure agevolative nazionali e regionali. Investiranno oltre 20 milioni di euro per un'occupazione complessiva di ulteriori circa 150 addetti. Invitalia - conclude la nota - proseguirà dunque nelle attività previste dall'accordo di programma».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 7/9/2011)

giovedì 8 settembre 2011

Marchionne nuovo presidente di Chrysler


Era già amministratore delegato, e ora il CEO di Fiat Sergio Marchionne è diventato anche presidente di Chrysler. Lo ha annunciato la casa automobilistica di Detroit, di cui il Lingotto ha da qualche mese il pieno controllo (dopo l'acquisto nel gennaio del 2009). Non è l'unica novità nel board della controllata americana, in cui entrano due nuovi direttori indipendenti. Si tratta di Leo W. Houle e John B. Lanaway, che sostituiscono i dimissionari C. Robert Kidder (presidente uscente), George F. J. Gosbee e Scott M. Stuart. L'avvicendamento ha effetto immediato. Marchionne ringrazia Bob Kidder per essere stato «un solido punto di riferimento negli ultimi due anni» e gli altri due consiglieri uscenti, e accoglie con un caloroso benvenuto i due entranti, sottolineandone la «rispettata e rinosciuta professionalità» nonchè le doti di «leadership» che forniranno un contributo importante nel «raggiungimento degli obiettivi delineati nel business plan 2010-2014 presentati nel novembre del 2009». Il valzer di nomine, e in particolare il fatto che Marchionne abbia inglobato anche la carica di presidente del socio americano, rappresenta l'accresciuto peso di Fiat in Chrysler. Il Lingotto ha acquisito la maggioranza assoluta (è al 53,5% del capitale), nel luglio scorso dopo aver rimborsato i prestiti al governo americano e a quello canadese. Entro fine anno prevede di incrementare ulteriormente la propria quota al 58,5%, acquisendo un altro 5% in base all'ultimo degli obiettivi previsti dall'accordo con Chrysler, lo sviluppo di una vettura a basso consumo di carburante. Dopo aver superato la maggioranza assoluta nei mesi scorsi, Fiat ha ottenuto il diritto di nominare la maggioranza dei nove consiglieri del board di Chrysler. Nella nota con cui annuncia le nomine, Marchionne non manca di sottolineare che «il rimborso dei prestiti governativi con sei anni di anticipo e il rifinanziamento del debito rinforzano la convinzione di essere sulla strada giusta per ricostruire la società e ricollocarla al posto giusto nel panorama dell'industria mondiale dell'auto nell'ambito della cornice dell'alleanza globale» fra Torino e Detroit. Entrambi in consiglieri entranti erano dal 2006 nel cda di Cnh, la controllata di Fiat nei macchinari agricoli. Houle ha un passato come top manager in una serie di big company d'oltreoceano, fra cui Bce Inc e Bell Canada, la più grande società di tlc canadese, e Algroup. Lanaway ha ricoperto posizioni di vertice in McCann Erickson e in Ogilvy, entrambi colossi della comunicazione.
(Fonte: www.manageronline.it - 7/9/2011)

mercoledì 7 settembre 2011

Gianni Coda responsabile area EMEA di Fiat-Chrysler. Ecco i suoi 28 top manager

 
Nuove nomine all’interno del gruppo Fiat. Sono 28 i manager che risponderanno direttamente a Gianni Coda, responsabile dell’area Europa, Africa e Medio Oriente all’interno del Group Executive Council, il più alto organo decisionale della Fiat dopo il consiglio d’amministrazione. Fra questi spicca l’investitura di Lorenzo Sistino a capo delle vendite per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa, chiamato a ricoprire il ruolo occupato in precedenza da Andrea Formica, uscito dall’azienda a fine agosto. E sempre Sistino continuerà a occupare il vertice di Fiat Professional, la divisione veicoli commerciali. Tanti gli uomini già presenti nel «Gec» che fanno riferimento a Coda per le attività regionali: da Olivier François, responsabile del marchio Fiat, a Saad Chehab, numero uno di Lancia e Chrysler, a Joe Veltri di Jeep, a Harald Wester di Alfa Romeo fino a Lorenzo Ramaciotti a capo dello stile. Per Sergio Cravero arriva un nuovo incarico come responsabile della pianificazione del prodotto.
La squadra di Gianni Coda:
ALFA ROMEO: Harald Jacob Wester
FIAT passenger cars: Olivier François
FIAT PROFESSIONAL LC: Lorenzo Sistino
LANCIA/CHRYSLER: Saad Chehab
JEEP: Joe Veltri
BRAND MARKETING COMMUNICATION: Olivier François
PRODUCT PLANNING: Sergio Cravero
BUSINESS DEVELOPMENT: Silvia Vernetti
COMMERCIAL OPERATIONS: Lorenzo Sistino
PARTS & SERVICE: Diego Pistone
SUPPLY CHAIN & NETWORK DEVELOPMENT: Diego Pistone
TURKEY: Ali Pandir
SERBIA: Antonio Cesare Ferrara
RUSSIA PROJECT: Giovanni De Filippis
DESIGN/STYLE: Lorenzo Ramaciotti
VEHICLE ENGINEERING: Mauro Pierallini
POWERTRAIN ENGINEERING: Aldo Marangoni
VEHICLE MANUFACTURING: Luigi Galante
POWERTRAIN MANUFACTURING: Nicola Di Buono
QUALITY: Mario Astengo
PURCHASING: Vilmar Fistarol
FINANCIAL SERVICES: Oddone Incisa
LEGAL: Giorgio Fossati
HUMAN RESOURCES: Livio Milano
COMMUNICATIONS: Richard Gadeselli
INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGIES: Gilberto Ceresa
FINANCE: Andrea Striglio
COMPLIANCE: Daniele Catasso
(Fonte: www.corriere.it - 5/9/2011)

martedì 6 settembre 2011

I sindacati: per salvare Mirafiori serve un'auto di alta gamma


L'indiscrezione di Bloomberg secondo cui in casa Fiat «il Suv sarebbe destinato agli Stati Uniti e a Torino andrebbe una citycar» si è abbattuta come un fulmine a ciel sereno sul quartier generale dei metalmeccanici. E così il primo settembre, a sentire la parola Mirafiori, tutti hanno voglia di urlare. Ma per ora i sindacalisti di Fim-Cisl, Uilm, Fismic, associazione quadri e Ugl, che hanno creduto fino a oggi nella parola data dalla Fiat, si limitano a digrignare i denti e, dopo aver chiesto all’azienda un incontro urgente, aspettano una smentita. Tempo massimo lunedì 5 settembre. Poi sarà guerra armata. «Abbiamo un accordo sottoscritto nero su bianco, che nessuno potrà smentire, né un giudice, né il governo, né l’opinione pubblica», ha affermato Rocco Palombella, leader della Uilm. «Perché quella dei Suv non era una trovata, ma una scelta industriale che la Fiat ha fatto e che noi abbiamo accettato», ha detto Palombella, «Un’intesa sofferta che ha lacerato i lavoratori, i sindacati e il Paese». È ancora vivo il ricordo di quel sì sostenuto nel referendum del 14 gennaio a Torino che solo i metalmeccanici della Cgil avevano rifiutato sin dall’inizio e che causò l’ennesima frattura nel mondo sindacale. «Marchionne ci aveva detto che quello era l’unico modello possibile e noi abbiamo firmato. Se ora ha cambiato idea deve dircelo guardandoci in faccia. Non possiamo mica sapere queste cose dalla stampa. E, comunque, non accetteremo nessuna marcia indietro».
AL LINGOTTO TUTTO TACE - Dal Lingotto, però, nessun segnale. Marchionne ha altri impegni: riunito con i 22 top manager del Group executive council (Gec) deve decidere gli assetti manageriali delle quattro aree di produzione e vendita (Nord America, Europa, Africa, Medio Oriente, America Latina, Asia). «La Fiat continua a prendere tempo, e i modelli di auto ipotizzati dal gruppo torinese sono ancora una volta cambiati dopo un anno: negli stabilimenti aumenta la cassa integrazione e non la produzione», ha osservato il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini. A fargli eco è il segretario torinese della Fim (Cisl) Claudio Chiarle che respinge ogni possibile ritirata causa crisi: «Il Suv ha una quota di mercato del 12% e la Chrysler segna una crescita del 30%». Inoltre, secondo Chiarle solo un auto del segmento di alta gamma può consentire a Mirafiori di mantenere un elevato contenuto tecnologico, gli stessi livelli produttivi e quindi lo stesso numero di lavoratori. Respinta quindi al mittente l’ipotesi di una citycar come la Topolino. «Ma stiamo scherzando? Cos’è, la macchina di Michey Mouse? In tutti i piani presentati da Fiat non è mai stata nominata, e poi il futuro di Mirafiori non passa certo attraverso una vetturetta», ha sbottato Chiarle. Il calcolo è presto fatto: per un Suv servono 20 operai, per una citycar ne bastano 10, quindi si dimezzerebbe il personale. Inoltre, l’auto di alta gamma porterebbe maggiori guadagni: «Soprattutto se ci sarà un aumento del costo delle materie prime», ha spiegato Chiarle, «perché se si vende un auto a 30-40 mila euro almeno i margini di guadagno, sia per l’azienda sia per i lavoratori, sono maggiori rispetto a quelli di una citycar». Che, secondo Palombella, potrebbe essere prodotta a Melfi: «Uno stabilimento che è adatto per due modelli e dove invece si produce solo la Fiat Punto. E così gli ammortizzatori sociali aumentano».
IL CAMBIO, LA SCUSA CHE NON REGGE - In questi giorni di mal di pancia e rabbia, i sindacati hanno analizzato ogni possibile difficoltà che potrebbe determinare un ridimensionamento di Mirafiori e non accettano scuse, a partire da quella dell’impatto sul costo del prodotto derivata dal cambio euro-dollaro: «Una vera boutade. Quando abbiamo firmato l’accordo, il dollaro era a 1,30, oggi è a1,45. E 15 centesimi di differenza non mi sembrano così significativi, ma anche se lo fossero le previsioni di fine 2011 danno il dollaro a 1,20 quindi anche inferiore e chissà a quanto sarà a fine 2012 quando il Suv entrerà in produzione. Insomma, la scusa non regge», ha ribadito Chiarle. Ma, se anche fosse, ecco la soluzione: «Nel 2010 Fiat ha acquistato la Vm motori, un’azienda di Cento (Ferrara) di cui ora detiene il 100% e che produce pezzi di vari marchi tra cui anche Chrysler. Quindi, se ci fosse il problema di trasportare oltreoceano il motore basta farlo produrlo qui in Italia», è la proposta del leader della Fim. Trovata una soluzione a tutti i possibili ostacoli che Fiat potrebbe avere, ne rimane soltanto uno, e si chiama Bob King. «Vorrei sapere qual è la richiesta che King ha fatto a Marchionne sui modelli Jeep Chysler che dovranno essere costruiti in Italia», si è chiesto il sindacalista della Fim. Secondo Chiarle, il capo del sindacato americano Uaw, in quanto secondo azionista della Chrysler, avrebbe imposto alcuni diktat a Marchionne durante la contrattazione per la vendita delle quote del fondo pensionistico Veba. «E uno di questi potrebbe essere portare la produzione dei Suv in America», ha spiegato.
MIRAFIORI A RISCHIO - Una soluzione che causerebbe la morte di Mirafiori: «La cassa integrazione continua e la produzione della Mito è bassa, siamo sulle 25 mila vetture l’anno. E pensare che Mirafiori ha una capacità di oltre 220 mila e, con l’accordo Fabbrica Italia, dal 2013 con lo stabilimento a regime ne dovrebbe produrre 280 mila». Ma, per ora, davanti al silenzio assordante di Marchionne, già qualcuno parla di un bluff. «E, se così fosse, l’azienda dovrà essere sfiduciata dallo stesso governo», ha affermato Palombella. Così, ora quel «Ve l'avevamo detto», non è una rivendicazione ma un’amara constatazione che i sindacalisti della Fiom fecero già tanto tempo fa.
(Fonte: www.lettera43.it - 1/9/2011)

lunedì 5 settembre 2011

Mirafiori, la Topolino al posto dei SUV?


Si tratterebbe solo di un'ipotesi su cui Fiat starebbe ragionando. Ma è bastata a far tornare i sindacati sul piede di guerra. Il Lingotto starebbe valutando di spostare negli U.S.A. la produzione di Suv a marchio Alfa Romeo e Jeep, assegnati a Mirafiori. Alla quale verrebbe in cambio affidata la produzione di una city car. La voce è stata riportata dall'agenzia internazionale Bloomberg, che riferisce il possibile cambio di programma a una valutazione sull'impatto del cambio tra euro e dollaro sui costi di produzione dei Suv. Il rischio è che al di là dell'Oceano, principale mercato per questo genere di veicoli, il prezzo di vendita non sia competitivo. La Fiat, come di consueto, non ha commentato. A Torino, tuttavia, sarebbe stata effettuata un'analisi sui programmi di sviluppo e sui costi, proprio in relazione all'andamento dei cambi. L'ipotesi di una variazione di programma ha provocato l'immediata risposta dei sindacati che avevano firmato l'accordo il 23 dicembre dell'anno scorso su Mirafiori. Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione Quadri hanno inviato alla Fiat una lettera in cui chiedono un incontro «per chiarire la situazione determinatasi dopo l'incontro tra l'amministratore delegato, Sergio Marchionne e il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota». Il quale martedì, al termine di una faccia a faccia con l'amministratore delegato di Fiat-Chrysler, aveva detto che «per Mirafiori Marchionne ha chiesto qualche giorno per valutare definitivamente se produrre in quella sede il modello immaginato oppure passare a un altro. Comunque la volontà di confermare l'investimento c'è ed è stata confermata». Nella lettera non compare la Fiom che non aveva firmato il contratto aziendale. Il responsabile auto del sindacato, Giorgio Ariaudo, ha però parlato lanciando un allarme sul possibile ridimensionamento dello stabilimento torinese. E sul tema è intervenuta anche la leader Cgil, Susanna Camusso, chiedendo al governo un tavolo per «fare chiarezza sul piano degli investimenti per Mirafiori, Grugliasco, Pomigliano e per tutto il Paese». Oggi intanto al Lingotto sbarcheranno per una due giorni di incontri i 22 manager del Group executive council, l' organismo a cui spettano le decisioni strategiche sui business di Fiat e Chrysler.
(Fonte: www.corriere.it - 1/9/2011)