giovedì 30 giugno 2011

Cina: Chrysler valuta la produzione di propri modelli nel nuovo stabilimento Fiat


Chrysler sta valutando se può iniziare a produrre veicoli in Cina sfruttando una nuova fabbrica che Fiat sta costruendo nel Paese. Stabilire la produzione in Cina è una "priorità significativa", visto che Chrysler cerca di accrescere il proprio portafoglio mentre tenta di ridurre la necessità di importare, ha spiegato nel corso di un evento Mike Manley, a capo delle operazioni internazionali dell'azienda. Manley ha anche sottolineato che Chrysler intende vendere 40.000 veicoli in Cina nel 2011 (31.000 in 10). A trainare la crescita delle vendite, spiega Manley, dovrebbe essere l'introduzione della Jeep Compass, che dovrebbe arrivare sul mercato tra un paio di mesi e rappresentare il sesto modello offerto in Cina dalla casa americana, tutti d'importazione. L'obiettivo è di vendere tra 8.000 e 10.000 Compass in Cina entro il primo anno di commercializzazione. Il manager ha infine spiegato che il gruppo americano ha in programma di raddoppiare il numero degli showroom nell'ex Celeste Impero entro i prossimi cinque anni.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 23/6/2011)

mercoledì 29 giugno 2011

Consumer Reports: Chrysler migliora la qualità dei veicoli


Chrysler, controllata di Fiat, ha migliorato la propria squadra di veicoli, ma cinque degli otto testati da Consumer Reports restano "mediocri", secondo la rivista. Il suv Dodge Durango e la berlina Charger sono quelli che hanno registrato il maggior miglioramento ed entrambi hanno ricevuto il giudizio "molto buono". Entrambi i modelli sono stati ridisegnati sotto l'AD Sergio Marchionne. Gli esaminatori non sono invece rimasti colpiti dalla berlina Chrysler 200, dal Dodge Avenger e dal Journey, dalla Jeep Compass e dal Patriot. Tutti e cinque hanno ricevuto un punteggio al minimo o vicino al minimo delle rispettive categorie, secondo Consumer Reports. La Chrysler Town & Country ha ottenuto un buon punteggio, ma meno dei migliori minivan, secondo la rivista. "E' chiaro che Chrysler è sul sentiero giusto, ma ha ancora molta strada da fare", spiega David Champion, senior director del centro test auto di Consumer Reports. Il miglioramento di Chrysler si basa sulla migliore qualità e sul successo dei suoi nuovi veicoli in vista dell'eventuale Ipo del prossimo anno. La qualità è stata per lungo tempo uno dei punti dolenti di Chrysler. Consumer Reports ha raccomandato solo uno dei veicoli Chrysler negli ultimi tre anni, il pickup Dodge Ram 1500. La casa automobilistica U.S.A. ha lanciato 16 modelli, nuovi o migliorati, lo scorso anno e ha rilanciato le procedure di verifica della qualità sotto la guida di Marchionne, nella speranza di migliorare il proprio track record.
(Fonte: http://it.reuters.com - 21/6/2011)

martedì 28 giugno 2011

Dodge Caliber 2012: vuol fare l'italiana


Potrebbe fare il suo debutto mondiale al Salone di Detroit 2012 la nuova generazione della Dodge Caliber. A sostenerlo sono diverse voci circolate in queste ore su alcuni siti Web americani, gli stessi che hanno diffuso un disegno che cerca di anticipare in qualche modo le linee del modello. La futura Caliber avrà un'anima italiana, in quanto sarà sviluppata in piena sinergia con il gruppo Fiat, che metterà a disposizione la piattaforma C-Evo, la stessa già utilizzata per l'Alfa Romeo Giulietta seppur con qualche modifica necessaria per ampliare le dimensioni e rendere la vettura più adatta ai gusti e alle esigenze del mercato americano. A cambiare sarà anche l'impostazione stessa della vettura, che a quanto sembra abbandonerà le proporzioni da crossover sportiveggiante per abbracciare in pieno un corpo da berlina pura, riprogettando così da zero un modello che in effetti non è stato premiato dal mercato come Chrysler desiderava. La scelta di ripartire da capo secondo alcune fonti pare sia stata presa direttamente da Sergio Marchionne, sempre più al centro del nuovo corso del gruppo americano. Dopo il debutto a Detroit la futura Dodge Caliber dovrebbe essere passare quindi alla prova del mercato, dove potrebbe arrivare nel 2013.
(Fonte: www.motori.it - 21/6/2011)

lunedì 27 giugno 2011

Il SUV Maserati avrà un motore Chrysler anziché Ferrari?

 
La prima Sport Utility Maserati, che a partire dal 2012 verrà prodotta nello stabilimento americano di Jefferson North, utilizzerà il pianale della Jeep Grand Cherokee (e della Mercedes Classe M), ma probabilmente non i “motori rock & roll” V8 e V12 Ferrari promessi da Marchionne. Al suo posto ci potrebbe essere il 6.4 Hemi, l’8 cilindri Chrysler che già viene montato sulla sportiva Jeep Grand Cherokee SRT8. La versione pepata del grosso propulsore U.S.A. vanta già una potenza di 465 CV e una coppia massima 630 Nm, adeguata quindi alla tradizione sportiva del Tridente. A dare notizia di questo possibile cambiamento di rotta in seno al gruppo Fiat-Chrysler è uno dei designer responsabili del nuovo progetto, incontrato dagli inglesi di Top Gear. Fra le motivazioni addotte per l’utilizzo del V8 Hemi c’è la capacità di sviluppare una maggiore coppia ai bassi regimi, elemento importante nella motorizzazione di un grosso SUV che vuole competere con Porsche Cayenne, Range Rover, BMW X5-X6, Mercedes Classe M-GL e Audi Q7. Un’altra spiegazione viene dal fatto che il propulsore americano è nato per inserirsi alla perfezione nel telaio della Grand Cherokee che farà da base al SUV Maserati. Ultima e non meno rilevante questione è quella dei costi, che nel caso del motore Ferrari sarebbero troppo elevati anche per un prodotto di lusso come questo. La prima Maserati americana (se si esclude la meteora Chrysler TC) potrebbe quindi essere la prima a montare un motore non italiano, caso unico nella quasi centenaria storia del Tridente.
(Fonte: www.omniauto.it - 21/6/2011)

domenica 26 giugno 2011

"Operazione Freemont" (2): i favorevoli


Allargata e allungata. Estesa oltre il perimetro del nucleo madre-padre-figli e generosamente (ma si può dire anche: freneticamente) protesa in ogni direzione. Dall'impegno di lavoro al servizio navetta per i bimbi (e i loro compagni), allo svago con amici e parenti. Non c'è da sorprendersi che la famiglia moderna, questa famiglia «a geometria variabile», cerchi auto funzionali, aperte a qualsiasi soluzione, disponibili a semplificare la vita. L'ultima arrivata si chiama Freemont. Per la Fiat, all'inizio, il nome giusto era Freedom. Libertà, in inglese (del resto l'auto deriva, opportunamente trasformata per adeguarla al gusto e alle strade europee, dalla nuova Dodge Journey). Costretti a cambiarlo perché già registrato, al Lingotto ne hanno trovato un altro di fantasia, assonante e con la stessa radice "free". Liberi, innanzitutto, di conciliare l'ordinario (vedi la spola «leggera» casa-ufficio) con lo straordinario (vedi le vacanze a pieno carico). Perché la Freemont ha sette posti compresi nel prezzo. E la seconda fila è rialzata rispetto alla prima, come la terza rispetto alla seconda: schema cinema. Così anche quelli in fondo, dalla loro «poltrona», possono godersi il viaggio. E sopra la seconda e la terza fila, dal «soffitto» spuntano grosse bocchette dell'aria, a dimostrazione che non c'è differenza tra prima classe ed economy. E raggiungere l'ultima fila non è un'impresa per contorsionisti: le porte si aprono a 90 gradi, i sedili di mezzo scorrono con un dito. E gli schienali della terza fila non sono attaccati al lunotto, ma danno su un vano (piccolo, ma sfruttabile) di 145 litri. E quando i sedili non servono, si possono ripiegare nel pavimento, ottenendo un vano di carico da 1.461 litri, con il fondo piatto. E nell'abitacolo non si contano (si fa per dire: sono 32) i portaoggetti. Libertà fa rima con flessibilità, praticità, spaziosità, comodità. L'adrenalina delle prestazioni? Non è neppure il caso di parlarne, considerata l'attitudine dell'auto. Ma un certo tipo di piacere lo si ricava eccome. Il piacere dell'assetto equilibrato (infatti è stato pesantemente rivisto rispetto allo schema americano del Journey), che anche nei bruschi cambi di direzione smorza al primo ondeggiamento il rollio; dello sterzo abbastanza pronto e preciso; del posto di guida ben allineato; della maneggevolezza che non ti aspetti da un'auto di tale lunghezza (489 cm), tale altezza (169 cm) e tale peso (1.874 kg a vuoto); dei motori a gasolio al passo con i tempi nei consumi e nelle emissioni (sono i nuovi Fiat Powertrain: i 2.0 Multijet 16V di seconda generazione, da 140 e 170 cv). Auto che seguono l'evoluzione della famiglia, si diceva. Imponenti e ariose, con sette posti (di serie o a pagamento), modulabili, intelligenti. La Freemont è in linea con una tendenza: le monovolume più grandi sono in ripresa. Grazie ai «pro» di cui sopra, e nonostante i «contro» che si possono immaginare. La difficoltà nel trovare parcheggio in città, per dirne uno. Perché a certi inconvenienti si può rimediare. Prendete i sensori di parcheggio, anteriori e posteriori: sarà dura trovare un posto, ma quando lo si trova, anche se i margini di manovra sono stretti, aiutati dal "bib bip" del sistema (che spesso integra la telecamera) e dalla posizione di guida rialzata, mettere a cuccia il bestione non è faticoso. In questa categoria, monovolume a 7 posti, le alternative alla Freemont non mancano. Ultimamente l'offerta si è arricchita. Un po' più corte della Fiat sono le Ford S-Max e (stessa piattaforma, ma 5 cm più lunga e 15 più alta) Galaxy. Ci sono le Volkswagen Sharan e Seat Alhambra, che hanno l'indubbio vantaggio delle porte scorrevoli (anche se l'apertura a 90 gradi delle porte della Freemont è una rarità non trascurabile). C' è la Renault Espace, il classico europeo della categoria. Come classico americano è il Chrysler Voyager, ma è più lungo (di 25 cm!) e tra non molto si ripresenterà rinnovato e ribattezzato Lancia Voyager, anch'esso frutto dell'integrazione fra i gruppi Fiat e Chrysler, per prendere il posto della Phedra. Un po' più corte sono la Citroën Grand C4 Picasso (459 cm) e la Peugeot 5008 (453 cm). Monovolume, appunto. Ma la Freemont non è (solo) una monovolume. Il frontale imponente, la carrozzeria scolpita e la seduta rialzata fanno pensare pure ai Suv. Infatti a fine anno arriverà la trazione integrale (insieme al cambio automatico - con convertitore di coppia - a 6 marce prodotto da Chrysler) anche per la Freemont da 170 cv. In questo segmento le proposte a 7 posti non scarseggiano. Dall'Audi Q7 (più lunga) alla Bmw X5 (più corta): ma costano parecchio. Più accessibili sono la Chevrolet Orlando (da 21.900 euro) e la Nissan Qashqai+2 (da 21.090 euro), ma sono più corte: -25 cm la prima e -35 cm la seconda. Pochi esempi, indicativi non soltanto della forte domanda di auto versatili, a 7 posti (e pazienza se gli ultimi due vengono usati di rado: averli, rassicura), ma anche dell'unicità della Fiat Freemont, dell'impossibilità di trovarle antagoniste dirette per posizionamento (il prezzo d'accesso è 25.700 euro, ma al lancio l' allestimento Urban, il più ricco, viene venduto a 24.900 euro), dimensioni e stile. E dal momento che nessuna concorrente significa tutte concorrenti (la Casa ha sintetizzato il concetto nello slogan: «Tutte le auto che vuoi»), di fronte all'ultimo modello del Lingotto si apre un vasto territorio di conquista.
(Fonte: www.corriere.it - 20/6/2011)

sabato 25 giugno 2011

"Operazione Freemont" (1): i contrari


Miracoli della filosofia marchionniana. Ci avevano spiegato che la Lancia Ypsilon, prodotta in Sicilia a Termini Imerese, aveva un sovraccosto insostenibile di 800 euro a esemplare perché doveva poi essere “trasportata in Italia”. Interessante: perché i motori della “nuova” Fiat Freemont, invece, fanno questo simpatico viaggetto nel mondo globalizzato: partono in camion dagli stabilimenti Fiat di Avellino, arrivano a Genova, prendono un cargo, arrivano fino a Veracruz, in Messico, di nuovo salgono sul camion e arrivano fino alla fabbrica Chrysler di Toluca. Finito? Macché: a Toluca vengono impiantati su una carrozzeria montata con mano d’opera a 12 euro l’ora, poi di nuovo a Veracruz, poi di nuovo a Genova, e poi dai concessionari Fiat direttamente a casa vostra per la modica cifra di 25 mila e 700 euro (24.900 in offerta). Ma é davvero “nuova” questa Fiat che paginate intere su tutti i giornali (in due giorni Stampa, Giornale e Corriere della Sera) ci magnificano come tale? No, affatto. E infatti i recensori benevoli devono fare salti mortali per spiegare la verità: “Non è il semplice risultato della rivisitazione del Dodge Journey – scrive Il Giornale – ma di un lavoro di sviluppo impresso dall’impiego di motori consoni ai gusti europei, rivolto all’ottimizzazione dei comfort e alla rivisitazione dello sterzo e dell’assetto”. Aggiunge Il Corriere: “Alzi la mano chi, anche solo sino a qualche mese fa, avrebbe scommesso sulla possibilità del ritorno di una grande familiare, per giunta a sette posti, nei listini di quello che è il marchio automobilistico italiano per eccellenza. Eppure oggi, con la Freemont, questa remota ipotesi è divenuta realtà”. Visto che tutte le macchine sono sempre bellissime nelle recensioni dei nostri quotidiani, proviamo a tradurre in italiano: il Freemont è una fotocopia del Dodge Journey, a cui è stato sostituito il motore, che ora è un MultiJet Fiat: ma è praticamente identico in tutto il resto, se si esclude la calandra (cioè la mascherina anteriore con il logo rosso della Fiat). Un’altra curiosità: la macchina è molto decantata (“un po’ Suv, un po’ station wagon e un po’ monovolume. Grazie a questo mix, che la connota come una crossover – scrive Il Giornale – la vettura intende accontentare chi si orienta verso un mezzo capiente e versatile”). Ti credo. Sfiora i 5 metri di lunghezza, e sostituisce l’Ulysse e la Multipla, la macchina elettiva dei tassisti italiani (oltre il 30 per cento di quelli romani). Ma i tassisti non sceglieranno Freemont nemmeno se gliela regalano. Non solo per le dimensioni imponenti (la Multipla era lunga come una Punto, si parcheggiava ovunque e aveva sei posti). Ma per un piccolo dettaglio che le paginate entusiastiche curiosamente trascurano: i consumi. Sul depliant ufficiale diffuso nei concessionari c’è scritto 6 litri/100 chilometri (11 km con un litro in città, 16 fuori). Il che significa che la Freemont consuma più di una vecchia Multipla, di una Mercedes e di una Bmw (di pari cilindrata, cioè 2000). Possibile? Evidentemente sì, visto che ha l’ingombro di un carro armato e gli ingegneri Fiat hanno fatto miracoli per abbassare il costo chilometro. Il prezzo è molto buono, ma Freemont pesa. Il modello da cui è stata clonata è una Dodge vecchia di tre anni (il tempo di un restyling!) pensata per il mercato americano pre-crisi. Ed è curioso che in Italia arrivino consumi “americani”, quando Obama pone a Marchionne come condizione per finanziarlo di produrre una macchina che faccia 17 chilometri con un litro in America. Ancora Il Giornale, estasiato: “Nell’ampio abitacolo, ben accessibile anche nella terza fila di sedili grazie alle porte che si aprono sino a 90 gradi, risalta il moderno stile dell’arredamento impresso dalla plancia avvolgente con un grande display centrale a colori per il sistema di infotainment”. Ora, a parte che non esiste macchina (a parte la mitica Duna) con un display in bianco e nero, per quale miracolo navigatore e radio diventano “un sistema di infotainment?”. Fiat punta a 30mila macchine in Europa. E bisognerà fare fanti auguri “al gippone” di Marchionne, se è vero che le quattro “grandi” Fiat (Multipla, Croma, Ulisse e Sedici) tutte insieme vendevano 27 mila pezzi l’anno: non è detto che Toluca sia più vicina di Termini Imerese.
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 18/6/2011)

venerdì 24 giugno 2011

Chrysler investirà 114 milioni di dollari nell'impianto di Trenton (motori Pentastar)


Chrysler Group intende investire 114 milioni di dollari in nuove attrezzature per l'impianto di Trenton, in Michigan, con l'obiettivo di aumentare la produzione del motore Pentastar. La casa statunitense controllata dalla Fiat, informa una nota, stima che l'investimento crei 268 nuovi posti di lavoro. L'investimento sarà inoltre utilizzato per ridefinire quasi 400.000 metri quadrati dello stabilimento Trenton North Engine, che ha cessato le attività nel maggio 2011, per la produzione di componenti di base per il motore Pentastar prodotto presso la fabbrica Trenton South. Trenton South ha lanciato nel marzo del 2010 il nuovo motore Pentastar, che è ora disponibile in 10 veicoli del gruppo Chrysler tra cui la Jeep Grand Cherokee, Dodge Avenger, Dodge Grand Caravan, Dodge Journey, Dodge Charger, Dodge Challenger, Dodge, Chrysler 200, Chrysler 200 Cabrio e Chrysler Town & Country. "Visto che il gruppo Chrysler si muove per sostituire sette motori V6 con il nuovo Pentastar V6, si è reso necessario aumentare la capacità dei componenti di base al fine di soddisfare le esigenze di produzione di questo nuovo motore", ha dichiarato Brian Harlow, responsabile della produzione motoristica. "Questo investimento ha anche fornito a Trenton North, in cui sono stati assemblati motori da quasi 60 anni, una nuova prospettiva di vita". "Vogliamo ringraziare la città di Trenton per aver approvato la nostra richiesta di riduzione delle imposte e il suo continuo supporto", ha aggiunto Harlow. "Lunedì 13 giugno io e il Trenton City Council abbiamo approvato l'esenzione fiscale per un progetto di Chrysler Group da 114 milioni di dollari nel suo stabilimento di Trenton North", ha affermato il sindaco della cittadina Gerald Brown.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 16/6/2011)

giovedì 23 giugno 2011

Bob King (UAW) a Torino per la nascita del sindacato Fiat-Chrysler


"Non ci sono leader, dobbiamo lavorare insieme". Bok King numero uno dell'UAW, il sindacato dell'auto statunitense che attraverso il fondo previdenziale Veba controlla il 41,5% di Chrysler, mette le mani avanti: la neonata rete internazionale dei sindacati metalmeccanici Fiat-Chrysler, costituita oggi a Torino al termine di una due giorni di lavori all'OIL, (l'Organizzazione Internazionale del Lavoro) agirà globalmente per allargare l'area dei diritti sindacali nel mondo del Lingotto (Fiat, Fiat Industrial e Chrysler, appunto), 200 stabilimenti e 230mila dipendenti, senza maestri né discepoli. Sulla Fiom non si sbilancia: "Il network - dice il leader sindacale statunitense ammirato persino da Marchionne - aiuterà tutti a fare meglio il proprio lavoro". Tra i primi banchi di prova il World Class Manufacturing, il sistema globalizzato di produzione introdotto dalla Fiat. "Possiamo fare passi avanti - dice King - sia sul piano delle condizioni di lavoro, che dei salari, che della competitività delle aziende". Ciò che può essere ottenuto nei singoli paesi, spiega, può contagiare attraverso la rete anche gli altri. Al summit torinese hanno partecipato i leader nazionali della Fiom (Enzo Masini), della Fim (Bruno Vitali) e della Uilm (Rocco Palombella e Eros Panicali), e i rappresentanti di vari stabilimenti europei. La riunione ha stabilito, oltre alla costituzione della rete che sarà guidata da Paolo Caucci (Uilm) - e che curiosamente, vede sedere accanto al pragmatico King, il leader della Fiom Maurizio Landini oltre che Vitali, Panicali e un rappresentante brasiliano -, l'invio di una richiesta formale alla Fiat perché si apra un tavolo per il raggiungimento di un accordo quadro internazionale, sul modello di quanto gia' realizzato in una quindicina di multinazionali, e nell'auto da Volkswagen, da Psa e da Renault. ''Considerateci partner a pieno titolo - scrivono nella lettera in inglese i sindacati -: abbiamo sempre dimostrato responsabilità quando ciò è successo e abbiamo lavorato costruttivamente sia per le società che per i nostri iscritti". Prossimo passo sarà quello della costituzione e del riconoscimento del World Workers Council, un consiglio mondiale (ristretto) dei delegati del gruppo a cui il Lingotto potrà far riferimento. "Il modello del consiglio europeo dei delegati è un grande modello", osserva King. E se la Fiat dovesse spostare il suo quartier generale a Detroit, King getta acqua sul fuoco: "Il consiglio dei delegati continuerà a riunirsi a Torino", assicura. "Una discussione sorprendentemente efficace", sintetizza Vitali. "Abbiamo dato un segnale forte nella direzione di lavorare tutti insieme". Ma il tavolo, pur capace di avvicinare i sindacati italiani da mesi in polemica anche aspra, non appiana ogni differenza: "E' emerso un quadro diverso - avverte Masini - tra chi da tempo conosce la Fiat, come tutti i sindacati europei, e che sottolinea aspetti di preoccupazione, e il sindacato degli Stati Uniti che ha aiutato il management Fiat ad oggi molto impegnato nel processo di salvataggio della Chrysler e non conosce il volto molto gerarchico e molto decisionista. Di scarso coinvolgimento delle rappresentanze dei lavoratori" .
(Fonte: www.asca.it - 22/6/2011)

mercoledì 22 giugno 2011

JD Power and Associates: Fiat 500 è la city car più soddisfacente per i tedeschi


In termini di prestazioni, abitacolo e carrozzeria, la Fiat 500 è stata giudicata dagli automobilisti tedeschi la più soddisfacente city car del momento. La piccola italiana ha battuto la concorrenza piazzandosi al primo posto nello studio "Vehicle Owner Satisfaction Study" di JD Power and Associates, categoria "City Car". Un'ottima notizia per il Lingotto, che ieri sera a Berlino presso la casa editrice Axel Springer ha ritirato il premio tradizionalmente assegnato a modelli tedeschi e giapponesi. Lo studio della nota agenzia di ricerche di mercato è stato effettuato tramite 17.158 sondaggi online rivolti a possessori di auto da almeno due anni con all'attivo una media di 38.700 chilometri percorsi ed ha misurato il loro grado di soddisfazione su una base di 67 caratteristiche in quattro diverse categorie, ognuna con un'importanza specifica. Le prestazioni, il design, il comfort e le funzioni hanno contato per un 32% sulla valutazione totale; la qualità e l'affidabilità per un 26%; i costi di gestione (carburante, assicurazione, manutenzione e riparazione) per un 22% e la soddisfazione delle concessionarie ha inciso per un altro 20%. La Fiat 500 ha conquistato il primo posto con una valutazione totale dell'81,8%, ma non è stata l'unica ad essere premiata (sebbene sia l'unica italiana nell'intera classifica). Vediamo quindi di seguito la ricerca dove è evidente la supremazia Mercedes nella quantità di riconoscimenti e la vittoria di Volvo nella classifica per costruttori.
LA CLASSIFICA PER MODELLI E CATEGORIE - Dietro la Fiat 500 nella categoria City Car ci sono la Hyundai i10 (81,5%) e la Suzuki Slash (81,2%). Nella categoria Small Car troviamo invece come prima classificata la Mazda2 (83,5%) e a seguire la Dacia Logan (83,2%) e la Mini (82,7%). Procedendo con ordine e quindi aumentando le dimensioni dei modelli, nella categoria Lower Medium Car c'è un'altra Mazda al vertice, la Mazda3, con un punteggio totale dell'86,2%, a cui seguono l'84,8% della Mercedes Classe A e l'84,3% della Honda Civic. L'Upper Medium Car più soddisfacente è invece risultata la Honda Accord (86,0%), inseguita dalla Volvo V50 (8,59%) e a parimerito dalla Opel Insigna e dalla Toyota Avensis (83,9%). La Mercedes Classe C è stata giudicata la migliore in termini di soddisfazione tra le Compact Executive Cars (83,7%), in cui troviamo al secondo posto la BMW Serie 3 e al terzo le Audi A4 ed S4. Ancora Mercedes si è guadagnata le posizioni migliori nella categoria Executive Luxury: prima e seconda sono rispettivamente la Mercedes Classe E (84,6%) e Classe S (83,2%), con la Volvo V70 che siede in terza posizione (82,7%). L'MPV che ha soddisfatto più tedeschi è risultato il Ford S-Max (84,6%), mentre la Seat Altea è seconda (84,1%) e la Mercedes Classe B è a pari merito in terza con la Toyora Verso (83,8%). L'ultima categoria è quella dei SUV. Qui ha conquistato il premio un'altra Mercedes: la Classe M (85%). Seguono Audi Q7 (85,3%) e Volkswagen Touareg (83,5%).
IL RANKING DEI COSTRUTTORI - Nonostante la vittoria della Fiat 500 come City Car, per trovare il marchio italiano nello studio "Vehicle Owner Satisfaction Study" di JD Power and Associates 2011 bisogna andare a cercare sotto la media. Esattamente Fiat si trova al 23esimo posto, compresa tra Peugeot (22esima) e smart (24esima). Non si tratta quindi di un risultato poco soddisfacente. Al primo posto nell'indice di Ranking dei costruttori troviamo Volvo, seguito da Mercedes, Mazda, Mini, Honda, Audi, Skoda, BMW, Toyota e Dacia. Subito fuori la Top Ten, ma prima della media, si trova Ford. Volkswagen è invece un gradino sotto il punteggio medio al 12esimo posto e dietro di lei ci sono Seat, Porsche e Renault. Proseguendo nell'elenco compare in 16esima posizione Nissan, seguita da Hyundai e Kia. La prima Casa italiana a comparire nella lista (e unica insieme a Fiat) è Alfa Romeo, piazzata al 20esimo posto. Opel è al 21esimo, Daihatsu al 25esimo, Mitsubishi al 26esimo, Citroen e Chevrolet rispettivamente al 27esimo e 28esimo. Non sono rientrate nella lista per un punteggio troppo basso: Chrysler, Dodge, Jaguar, Jeep, Lancia, Land Rover, Lexus, Saab e Subaru.
(Fonte: www.omniauto.it - 17/6/2011)

martedì 21 giugno 2011

Fiat-Chrysler: procede l'integrazione delle reti di vendita


Dal 1° giugno scorso sono operative in Europa le reti di vendita Lancia-Chrysler e Jeep. Complessivamente, le due strutture contano al momento oltre 1.000 concessionari nel vecchio continente, dei quali 350 plurimandatari, ossia che vendono auto di entrambi i marchi. Rispetto al totale, la rete Lancia-Chrysler è composta oggi da 600 concessionari e opera in tutti i Paesi con il marchio Lancia, tranne in Regno Unito e Irlanda, dove invece le auto portano l'emblema Chrysler. Per quanto riguarda Jeep, la rete europea annovera 430 concessionari che in parte lo erano già prima dell'avvio del processo d'integrazione e dell'ingresso di Fiat nel capitale Chrysler, mentre altri sono stati nominati dopo.
AD ALBIONE NON PIACE LANCIA - Dunque la nuova Ypsilon, in vendita dal prossimo settembre in Regno Unito e Irlanda, esibirà sulla calandra lo stemma Chrysler, mentre in tutti gli altri mercati, dove l'esordio della vettura è previsto già da questo mese, lo scudetto sarà Lancia. Non è da escludere che tale differenziazione sia stata ideata per tentare di separare la nuova accattivante utilitaria (e gli altri modelli più grandi che seguiranno) dal marchio Lancia, che risente ancora dell'immagine non positiva guadagnata in passato sui mercati d'oltremanica, mentre Chrysler laggiù può certamente beneficiare una fama più solida.
(Fonte: www.sicurauto.it - 15/6/2011)

lunedì 20 giugno 2011

Marchionne rispolvera l’Ipo di Chrysler e azzera le voci su Opel


L’Ipo di Chrysler torna agli onori della cronaca. L’occasione per il rilancio di quello che sarebbe il ritorno a Wall Street della controllata americana di Fiat è stata la presentazione del nuovo crossover Freemont, ultima nata in casa Fiat, a Monterotondo di Gavi, in provincia di Alessandria. L’intenzione di Sergio Marchionne, amministratore delegato Fiat, è apparsa chiara: scegliere la strada dell’Ipo per scansare qualsiasi rischio di downgrade da parte delle agenzie di rating che potrebbe sorgere nell’eventualità Fiat decidesse di acquisire la quota detenuta in Chrysler da Veba (fondo che fa capo ai sindacati della United Auto Workers). Una via considerata alternativa al collocamento iniziale in Borsa. “Non possiamo mettere in pericolo il rating Fiat”, ha commentato l’a.d. in risposta alla richiesta di chiarimenti, aggiungendo che il 2011 non sarà in ogni caso l’anno della quotazione di Chrysler. A questo punto si allontana anche l’ipotesi di ulteriori salite nel capitale dell’americana dopo la conquista della maggioranza. Non solo. Marchionne ha anche smentito qualsiasi tipo di interesse verso Opel. Erano infatti tornate a farsi sentire con insistenza alcune indiscrezione circa la concreta possibilità della vendita della casa automobilistica tedesca da parte di General Motors. “Non mi interessa più. È passato il tempo. Oggi sarebbe una cosa molto complicata”, ha commentato, definendo come pari a “zero” l’interesso verso Opel. Sul fronte italiano è ventilata un’indiscrezione di Milano Finanza, secondo cui la quotazione di Ferrari in Borsa sarebbe qualcosa di realistico. Per gli analisti, sul mercato potrebbe finire il 39% della casa di Maranello, con Fiat che rimarrebbe in mano della maggioranza assoluta. “L’Ipo non è sul mio tavolo ma resta un’opzione”. Queste le parole dell’a.d., che spianano la strada a eventuali trattative future.
(Fonte: www.finanza.com 15/6/2011)

domenica 19 giugno 2011

Luciano Gallino: Marchionne, il diritto di critica e le risposte mai date


Sergio Marchionne ha affermato che l'Italia deve cambiare atteggiamento nei confronti di Fiat Auto. L'Italia dovrebbe diventare più comprensiva nei confronti delle sue strategie. Più aperta al nuovo che esse rappresentano in tema di relazioni industriali e di piani produttivi. Da ciò si dovrebbe anzitutto dedurre che i suoi uffici gli passano da tempo una rassegna stampa largamente incompleta. Una pur rapida scorsa agli articoli pubblicati nell'ultimo anno o due, alle dichiarazioni dei politici, ai comportamenti di due dei maggiori sindacati su tre, porta a concludere che nove articoli su dieci dei maggiori quotidiani, quattro quinti degli accademici, l'intero governo, e perfino gran parte dei politici di opposizione si sono espressi con fervore dalla parte delle strategie di Fiat. Tutti d'accordo: chi critica Fiat si oppone al nuovo che avanza, ai dettami della globalizzazione, allo sviluppo industriale del paese. Quel che vuole l'ad più noto al mondo tra i costruttori d'auto (pochissimi tra il pubblico sanno chi sia l'ad di Volkswagen, del gruppo Peugeot-Citroen, di Ford, ma tutti sanno chi è il grande comunicatore a capo della Fiat-Chrysler) non è dunque un atteggiamento più favorevole del Paese: vuole semplicemente che nessuno lo critichi. Ora, dato che nessuno fa nulla per niente, si potrebbe chiedere a Sergio Marchionne che cosa sia lui disposto a fare affinché la minoranza che non lo applaude come invece fanno gli americani e la maggioranza dei commentatori italiani cambi atteggiamento. Tra le tante, vengono in mente due o tre cose. Marchionne dovrebbe riconoscere in primo luogo che lo sviluppo del diritto del lavoro, ovvero dei diritti personali dei lavoratori ha rappresentato in Italia tra gli Anni '60 e l' inizio degli Anni '80, per milioni di persone, la porta di accesso a un mondo dove anche il più povero, il meno istruito, il più sprovvisto di mezzi, aveva diritto ad essere trattato come persona, poteva con i compagni levare la voce per migliorare la propria condizione, non era più soggetto agli umori ed agli arbitri dei caporali che con un cenno di mano reclutavano all'alba, oppure no, i braccianti a giornata. Questo salto da un mondo dove uno non contava niente a uno in cui, attraverso i sindacati da un lato, e la legislazione del lavoro dall'altro, uno sentiva di contare qualcosa, è stato più ampio e significativo in Italia che non in altri paesi europei i quali o non avevano visto interrotta da una dittatura la crescita del movimento sindacale, come in Gran Bretagna e in Francia, oppure si erano trovati subito dopo la guerra con una legislazione imposta dai vincitori che assegnava notevole peso politico ed economico al sindacato, come in Germania. Un elemento essenziale di tale salto in avanti e all'insù nella scala dei diritti è stata, in Italia, la libertà di associazione sindacale e di contrattazione collettiva. Appunto quella che il piano di Pomigliano prima e quello di Mirafiori dopo appaiono voler eliminare alla radice. In questa prospettiva il confronto che tanto la Fiat quanto i suoi sostenitori propongono con le relazioni industriali in U.S.A. è del tutto privo di senso. Per tre ragioni concomitanti: sia la legislazione che la giurisprudenza americane sono molto più arretrate di quelle dell'Europa occidentale; i sindacati hanno subìto, a causa delle politiche neoliberali da Reagan in poi, sconfitte catastrofiche; infine si trovano addosso il peso enorme delle pensioni e della sanità privata su basi aziendali, per salvare le quali debbono accettare qualunque compromesso al ribasso. Come hanno dovuto fare i sindacati della Chrysler. In secondo luogo, chi si permette di non festeggiare ogni mossa della Fiat potrebbe cambiare atteggiamento se l'ad si disponesse finalmente a diradare la coltre di nebbia che fino ad oggi grava sul piano chiamato Fabbrica Italia. Con le sue 650.000 unità prodotte in patria nel 2010 l'Italia, come costruttore di auto, è stata ormai sopravanzata non solo da Germania e Francia, ma anche da Spagna, Regno Unito, Polonia e perfino dalla Repubblica Ceca e dalla Serbia. Stando al piano sopra indicato, nel 2014 la Fiat dovrebbe tornare a produrre nel nostro Paese oltre un milione e mezzo di vetture. Ma dove, come e con quali catene di fornitura dei diversi livelli? Tre quarti di un'auto sono costruiti fuori dagli stabilimenti in cui si effettua l'assemblaggio finale. Davvero uno può credere che Mirafiori, che oggi lavora una settimana al mese quando va bene, sarà definitivamente rilanciato assemblando grossi SUV progettati e costruiti in gran parte in U.S.A.? O che negli stabilimenti della ex Bertone, nel Torinese, saranno prodotte 50.000 Maserati, bellissime auto da 130.000 euro al pezzo, una quantità dieci volte superiore a quelle che si vendono attualmente? O, ancora, che Pomigliano ritornerà anch'essa a nuova vita producendo un modello di utilitaria ormai vecchiotto, che costa molto meno produrre in Polonia o in Brasile? Ecco, se in merito a questo paio di punti l'atteggiamento della Fiat cambiasse, smettendo di presentare un balzo all'indietro in tema di libertà sindacali come il nuovo che avanza e fornendo indicazioni realistiche su ciò che progetta di fare quanto a organizzazione complessiva delle sue produzioni, compreso il centralissimo capitolo della fornitura, anche coloro che per ora hanno più di una perplessità - sia sul salto all'indietro che essa propone nel campo delle relazioni industriali, sia sul nebuloso piano Fabbrica Italia - potrebbero cambiare atteggiamento.
(Fonte: www.repubblica.it - 5/6/2011)

sabato 18 giugno 2011

GM vende Opel? I sì e i no


Non sono fogli qualsiasi Auto Bild e Der Spiegel, e se scrivono che la General Motors potrebbe vendere la sua controllata europea Opel, qualcosa di vero nell’aria ci potrebbe essere. Dalla Opel (e non subito da Gm, forse causa fuso orario) sono arrivate le prime smentite. Gli articoli in cui si indicano come possibili compratori un costruttore cinese oppure la Volkswagen sono soltanto «speculazioni» e «nonsense». Fine, o inizio? Due anni fa di questi tempi, la Opel era un marchio defunto, a un passo dalla bancarotta come la sua casa madre e per il quale il governo tedesco è stato costretto a battersi per difendere l’occupazione. Un costruttore quasi morto, però molto attraente se l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne provò con tutte le sue forze a comprarlo per allargare l’alleanza a tre con la Chrysler. Le cose, è noto, andarono diversamente: contro Marchionne in Germania si schierarono i potenti sindacati (forse intuendo in qualche modo quel che sarebbe poi accaduto in Italia fra Fiat e Fiom), la Spd e soprattutto la Gm. Che all’ultima ora tirò via dal tavolo negoziale la Opel, dando la fregatura a Marchionne come alla cordata russa-canadese Sberbank-Magna Steyr. I principali motivi per cui la Gm, allora salvata dai prestiti dell’amministrazione Obama e dalla bancarotta pilotata, tolse dal mercato la Opel valgono ancora oggi. La Opel resta un centro cruciale di ricerca e sviluppo per l’intero gruppo Gm e vende pur sempre più di un milione di automobili in un mercato europeo malconcio. Rispetto a due anni fa, il marchio tedesco è in risalita da sette mesi consecutivi, segnando un +11,6% di vendite in Europa nei primi cinque mesi del 2011. Perché, anche in piena crisi e grazie anche ai soldi arrivati da Gm, la Opel ha fatto il contrario di quel che ha fatto la Fiat: investire comunque sul prodotto e riconquistare quote di mercato con modelli azzeccati. Di sicuro, la Gm non vende (se vende) la Opel alla Volkswagen, perché l’operazione s’incaglierebbe nell’antitrust. A favore di una cessione, invece, ci sono altre considerazioni. La vendita della Opel, che ha perso 1,8 miliardi di dollari l’anno scorso e continua a perdere, porterebbe a Detroit una barca di soldi, considerando anche tutti i diritti da pagare alla casa madre che detiene la proprietà intellettuale di brevetti e pianali. Il capo del gruppo Dan Akerson, al volante dall’1 settembre scorso, non è un car guy affezionato alle macchine e alla storia, ma un uomo di finanza (un po’ come Marchionne). Il suo incarico precedente era la guida di Carlyle, colosso del private equity: 32 fondi, 31 miliardi da gestire. Martedì scorso ha tenuto a battesimo la prima assemblea degli azionisti dopo la bancarotta e ha dato numeri confortanti, ma senza ottimismo: 11,5% di quota mondiale nel primo trimestre contro l’11 del 2010, 36,5 miliardi di cash, un profitto di 4,7 miliardi di dollari grazie alla Cina, un ritorno trionfale in borsa a 33 dollari per azione. Oggi il titolo però naviga poco sopra i 28, il governo detiene ancora il 26% della Gm e vuole vendere, ma a questi prezzi perderebbe più del previsto. Per andare in pari, un’azione dovrebbe valere 53 dollari. In più, Akerson si è detto molto preoccupato per l’aumento del prezzo del petrolio e per l’alto tasso di disoccupazione. Vede nero. Vendesi Opel?
(Fonte: www.ilmanifesto.it - 10/6/2011)

venerdì 17 giugno 2011

Volkswagen vs. Fiat: dopo il caso Eminem, l’insidia Maggiolino


Dopo il caso dello spot Audi, molto simile a quello Chrysler con Eminem, ci si mette anche il nuovo Maggiolino. Per il gruppo Fiat, casa Volkswagen-Audi continua a rappresentare un incubo. È di ieri, infatti, la notizia che Volkswagen of America venderà negli Stati Uniti il New Beetle a un prezzo (18.995 dollari la versione base) vicino a quello con cui è offerta la Fiat 500 (da 16mila dollari in su). Nel mirino dei tedeschi, comunque, c’è anche un altro modello «fashion»: la Mini dei rivali di BMW, nelle concessionarie U.S.A. a partire da 20.100 dollari. Le tre vetture si rivolgono allo stesso target. La guerra tra Volkswagen (che ha appena aperto una fabbrica nel Tennessee) e Fiat si allarga agli States.
(Fonte: www.ilgiornale.it - 10/6/2011)

giovedì 16 giugno 2011

Le Maserati avranno i motori Pentastar


Notizie d'Oltreoceano riportano il possibile utilizzo di un propulsore americano Pentastar sui modelli della gamma Maserati. Sì, proprio il nostrano Tridente che, nel corso della sua storia, qualche bel pezzo di motore lo ha pur sfornato. La globalizzazione è anche questo. L'ottimizzazione delle risorse è soprattutto questo. Il grande gruppo Fiat-Chrysler sta mettendo a posto le numerose tessere del suo mosaico. Grandi marchi da una parte (Alfa Romeo e Maserati per citarne un paio a caso) e industrializzazione di massa dall'altra che ha bisogno di grandi numeri per garantirsi la sopravvivenza. Quindi piattaforme americane a frotte per le nostre automobili e presto anche i motori. Il primo dovrebbe essere il V6 Pentastar lanciato alla fine dello scorso anno. Questo stesso motore - opportunamente rivisitato rispetto ai 3,6 litri di cilindrata e i suoi 305 CV di potenza massima che offre in questa prima versione - dovrebbe quindi equipaggiare le Maserati del prossimo futuro. Tra le principali modifiche per adattarsi alle sportive modenesi potrebbe essere prevista la sovralimentazione mediante due turbocompressori. Il Pentastar dovrebbe sostituire gli attuali V8 Maserati da 4,2 e 4,7 litri che spingono le Quattroporte, GranTurismo e GranCabrio.
(Fonte: www.motori.it - 13/6/2011)

mercoledì 15 giugno 2011

Morningstar conferma la raccomandazione "buy" per Fiat S.p.A.


Richard Hilgert, analista Morningstar, premia l’operazione finanziaria portata avanti da Fiat su Chrysler, confermando la stima del prezzo obiettivo del titolo a 14 euro per azione e la raccomandazione di buy sullo stesso. Il merito riconosciuto al management del Lingotto è quello di aver aggiunto valore al titolo, grazie al controllo di Chrysler, attraverso un investimento minimo. Se, infatti, consideriamo l’EBITDA stimato di Chrysler per il 2011 e assumiamo, in maniera molto prudente, un rapporto Book Value/EBITDA pari a 3 otterremo, sottraendo i debiti a lungo termini ed aggiungendo la liquidità di cassa, un valutazione della società americana pari a 11 miliardi di dollari. Fiat, al momento, ha pagato 1,8 miliardi di dollari per il 52% di Chrysler e, in seguito al lancio negli U.S.A. del modello 40 mpg (numero di miglia percorse per gallone di carburante) potrà ottenere senza alcun esborso di denaro un ulteriore 5% nel capitale sociale. In questo modo la Casa italiana avrà aggiunto un valore di 3,5 euro per azione pagandone solamente 1. Il mercato, però, non ha ancora scontato il valore aggiunto creato da questa operazione, né tantomeno i vantaggi economici, in termini di economie di scala e maggior diversificazione di prodotto e geografica, garantiti dalla combinazione con Chrysler. Per queste ragioni Morningstar attribuisce al titolo Fiat S.p.A. il rating massimo di cinque stelle, considerandolo ancora fortemente sottovalutato dal mercato. L’attuale valutazione del prezzo obiettivo dell'analista resta molto prudente. Tiene in considerazione il pagamento di un extra-prezzo per il 20% del capitale detenuto dal sindacato attraverso il fondo pensione VEBA e assume che la domanda di nuovi veicoli in Europa, per il 2011, rimarrà debole per tutto il primo semestre. L'analista ipotizza che questa debolezza venga parzialmente compensata dalla crescita sul mercato brasiliano e che i vantaggi dell’integrazione con Chrysler, in termini di miglioramento della leva operativa (ovvero della riduzione dell’incidenza dei costi operativi sul fatturato), inizieranno a dare i loro frutti dal 2012. Nei prossimi tre anni, infatti, stima un miglioramento dell’Ebitda margin (il rapporto tra l’utile netto prima degli interessi, tasse, deprezzamenti e ammortamenti, sui ricavi totali) dall’8% del 2010 al 13% del 2013. Relativamente alla crescita del fatturato, la stima dell’1,4% per il 2011 riflette la sua scarsa esposizione sui mercati emergenti, che invece hanno tenuto a galla le maggiori case automobilistiche in questi anni in cui la domanda dai Paesi occidentali è stata molto debole. Nel lungo periodo, comunque, l'analista prevede una crescita dei ricavi di vendita del 6%, anche grazie alla maggior diversificazione geografica garantita dall’integrazione con la casa di Detroit.
(Fonte: www.morningstar.it - 9/6/2011)

martedì 14 giugno 2011

A Londra Fiat-Chrysler conferma i target 2011 e punta a 6 milioni di auto nel 2014


La Fiat post-scissione conferma i target finanziari 2011 (37 miliardi di euro i ricavi, un trading profit tra 0,9 e 1,2 miliardi di euro e un debito industriale netto tra 1,5 e 1,8 miliardi) e guarda con fiducia al futuro con Chrysler dopo che, nel 2004, accusava perdite operative pari a 2 milioni di euro al giorno che salivano a 4 milioni con costo del debito e tasse incluso il fine settimana. È quanto emerge dalla presentazione agli investitori europei avvenuta nel corso del roadshow a Londra nell'ambito di un nuovo bond benchmark allo studio del Lingotto. Dopo il 2004, si legge nelle slides, Fiat ha invertito decisamente marcia smettendo i panni di Cenerentola, rafforzandosi in Europa, consolidandosi in Brasile e alleandosi con Chrysler per raggiungere la massa critica di 6 milioni di unità entro il 2014. L'alleanza con Chrysler permetterà a Fiat di espandersi a livello geografico e realizzare importanti sinergie, in particolare a livello di acquisti, prodotto ed engineering. Il 24 maggio Fiat ha rimborsato i crediti al Tesoro U.S.A. e al Governo canadese, il che le ha permesso di esercitare per 1,3 miliardi di dollari la primary call option e rilevare un altro 16% di Chrysler. Questa transazione "aumenta anche il potenziale per un attraente finanziamento da parte del dipartimento americano dell'Energia". Fiat detiene attualmente il 52% di Chrysler (che ha consolidato nel suo bilancio dal 24 maggio) ed entro fine 2011, a costo zero, salirà di un ulteriore 5% nel capitale del partner di Detroit grazie alla realizzazione del terzo performance event concordato con il Governo U.S.A. . A quel punto, Veba avrà il restante 41,5% e il Canada l'1,5%. Il Lingotto potrebbe aumentare la sua partecipazione al 70% o più in Chrysler, agggiungono le slide, grazie all'opzione per rilevare il 40% del fondo Veba, esercitabile dal primo luglio 2012 fino al 30 giugno 2016 in ragione del 20% ogni sei mesi. Nelle slides si legge anche che "Fiat non ha alcuna garanzia, sostegno od obbligo rispetto ad impegni finanziari di Chrysler, né obblighi o impegni per fornire finanziamenti a Chrysler in futuro". Nell'ambito del piano industriale Fiat passerà nel 2014 da 11 a 5 architetture e Chrysler da 11 a 7 (esclusi i camion). E' previsto "un rilancio" di Alfa Romeo, che "tornerà in Nordamerica attraverso la rete Chrysler", il posizionamento come brand globale di Jeep, la cui rete di distribuzione in Europa operativa da questo mese comprenderà 430 concessionari, un ringiovanimento del portafoglio prodotti di Fiat con, tra gli altri, il Freemont, la prima vettura legata all'alleanza con Chrysler, in vendita in Europa dal secondo trimestre di quest'anno, la nuova Panda e la nuova Punto e la nuova Ellezero, un Mpv a 5 e 7 posti. Lancia sarà un player full-liner grazie a una piena integrazione con Chrysler e Fiat Professional (veicoli commerciali) manterrà la sua forte posizione nell'UE e in America Latina traendo anche vantaggio dalle opportunità con Chrysler. Per il segmento del lusso, per Ferrari è previsto un nuovo modello all'anno e per Maserati la crescita dei volumi è supportata dal miglioramento della rete dei dealer. Confermato l'impegno di crescita in Russia, di 300mila unità in Cina entro il 2014 grazie alla jv con Gac e di 130mila unità in India con Fiat India Jv Automobiles rafforzando la rete dei concessionari. Ribaditi, infine, tutti gli impegni in Italia: produzione di nuova Panda nel secondo semestre 2011, produzione del Suv del segmento C a Mirafiori, investimento da 500 milioni per produrre una nuova Maserati del segmento E alla ex Bertone, ma anche stop delle attività a Termini Imerese a fine 2011.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 13/6/2011)

lunedì 13 giugno 2011

Gli analisti: l'indebitamento di Fiat-Chrysler è sostenibile


L'indebitamento proforma consolidato di Fiat-Chrysler nel 2010 "sembra assolutamente sostenibile" e non ci sono preoccupazioni neppure per il futuro malgrado gli investimenti per i previsti modelli e i possibili esborsi per rilevare una parte ulteriore nel capitale della casa americana. Così gli analisti, che prevedono per il 2011 una redditività che potrebbe quasi raddoppiare secondo le stime più ottimistiche rispetto al consolidato 2010 grazie anche al possibile crescente contributo di Chrysler. Il ragionamento degli esperti parte dal documento informativo sul 2010. Per l'anno in corso, considerando separatamente le due società, l'utile netto di Fiat è atteso da 320 a 480 milioni di euro e quello di Chrysler tra 90 e 400 milioni, mentre l'indebitamento complessivo potrà collocarsi tra 5 e 7 miliardi circa nella peggiore delle ipotesi, rispetto agli 8,56 miliardi contenuti nel documento. Guardando al margine operativo, Fiat, con oltre il 3%, è in posizione lievemente migliore rispetto ai competitor francesi, afferma un analista, secondo il quale "guardando da dove vengono i profitti, Fiat deve comunque risolvere le difficoltà in particolare in Italia, migliorando la redditività ma anche aumentare la quota in importanti mercati emergenti come Russia e Cina". Quanto a Chrysler, il cui margine operativo era pari al 3,5% nel primo trimestre, "è chiaro che deve migliorare, considerando l'andamento dei rivali americani. Ford, ad esempio ha l'8-9%". In ogni caso l'operazione Fiat Chrysler riceve il plauso unanime degli analisti, che elogiano la strategia dell'a.d. Sergio Marchionne, che si sta dimostrando valida "non solo a livello finanziario, ma anche operativo, visto che i modelli Chrysler sono nuovamente attraenti", come si vede dall'andamento delle vendite, che negli U.S.A. sono cresciute del 20% nei primi 5 mesi dell'anno verso lo stesso periodo del 2010. Non preoccupa gli analisti la possibilità di uno spostamento della sede legale di Fiat Chrysler negli U.S.A. in quanto "per il mercato questo è l'ultimo dei problemi. Il mercato guarda piuttosto ai piani di un'azienda e ci deve credere per sostenerla. I grafici sul titolo sono eloquenti".
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 9/6/2011)

domenica 12 giugno 2011

Detroit, la rinascita low-cost


Dite a un americano che avete intenzione di visitare Detroit e riceverete in cambio uno sguardo accigliato, seguito dalla lista dei motivi per cui non ha mai messo piede nell'ex capitale dell'auto: il 70 per cento dei crimini impuniti, il 29 per cento di disoccupati, l'analfabetismo al 40 per cento. E la città, passata dai due milioni di abitanti del 1950 agli 800mila odierni, ridotta a una sorta di Pompei contemporanea. Ma se i turisti di tutto il mondo fanno la fila davanti a Pompei, quella vera, una ragione ci sarà. Proprio questa condizione estraniante ha finito, oggi, per dare nuova linfa, anche turistica, a questa incredibile città. Qui trovi un'energia urbana sconosciuta nel resto d'America. Così i figli di chi se n'è andato, trent'anni fa, tornano a popolare il centro. Qui arrivano artisti in cerca di fortuna da tutto il mondo. Vivono con quasi niente in loft che altrove costerebbero una fortuna. Affittando studi a tre dollari al metro quadro in spazi industriali come il Russell Centre. Una fabbrica dove si costruirono carrozze, poi carrozzerie e perfino ali per i B-29. Abbandonata, divenne il labirinto dove si allenavano le squadre speciali della polizia. Oggi è il cuore creativo della città: con almeno tremila artisti che lo animano. Ma ribaltare un'immagine consolidata non è facile. Così per annunciare la sua rinascita, con la ripresa delle "Big Three" - la General Motors miracolata da Obama, la Ford rinata dalle sue ceneri e la Chrysler rilanciata da Fiat - la città ha scomodato addirittura Eminem: uno dei tanti maledetti e di successo (come Iggy Pop, come Madonna) nati qui. Il rapper è diventato il testimonial dello spot più visto d'America, quello che la Chrysler ha presentato durante il SuperBowl. Inno alla nuova auto, certo, ma anche della ripresa di una città che solo tre anni fa era data per spacciata. La più vuota d'America, secondo la lista Forbes 2009. Destinata a sparire dalle mappe a dispetto del passato glorioso. Formidabili quegli anni Venti. Quando Detroit era la culla di una tecnologia, quella dell'auto, che avrebbe trasformato il mondo. Qui c'era lavoro per tutti. Il benessere era ostentato in edifici firmati da grandi architetti, da Albert Khan a Mies van der Rohe. E la città, sviluppata a misura d'automobile, era attraversata da enormi viali a sei corsie. Fu proprio quel benessere che attirava gente da tutta l'America a segnarne il destino. La città dove nel 1957 il nero Barry Gordy fondò Motown, l'etichetta che lanciò Stevie Wonder e i Jackson Five, divenne crogiuolo di tensioni razziali. Sfociate in quella rivolta dei neri del 1967 che fece quarantatre morti e convinse parte della popolazione bianca a spingersi nei sobborghi. Non basta. Quella che era City of Homeowners, la città dei proprietari, con la crisi dei mutui è diventata capitale degli insolventi. Il 30 per cento degli edifici sono stati pignorati, poi abbandonati. E la città trasformata in scenario post atomico. Oggi basta salire sul Detroit People Mover, il tram sopraelevato, per rendersene conto. Lì ecco quel che resta del Michigan Theatre dalle volte déco, oggi trasformato in garage. Più avanti le rovine imponenti dell'Ymca disegnata da Albert Khan. E ancora, il Cass Technical High School, la scuola che ebbe fra i suoi studenti personaggi come Diana Ross e Jack White. Ma la città resiste. E fra le rovine si aprono anche tanti locali, hotel, gallerie d'arte. Insomma Detroit resta un crocevia di contraddizioni. Basta percorrere Woodward Avenue, l'arteria principale per cambiare scenario dozzine di volte. E non solo perché la città è divisa in piccole enclave, per cui passi dal Messico alla Cina, dalla Grecia alla Polonia, così fino a Deaborn, la città più islamica d'America a ovest di Detroit, che pure ha festeggiato con caroselli in strada la morte di Bin Laden. La zona più vivace è quella universitaria. Qui ci sono i caffè, le librerie, le gallerie d'arte. E il Mocad, il Museo d'arte contemporanea vero gioiello della città. Poi la luce si alterna al buio degli edifici sventrati. Quelli di Downtown. E quelli di Indian Village, un tempo ricco quartiere dove vivevano i Ford. Alle sue spalle c'è uno dei luoghi più significativi di Detroit oggi: l'Heidelberg Project, l'installazione in progress creata dell'artista Tyree Guyton per denunciare lo svuotamento di Heidelberg Street, la strada dov'è nato. Tutto ciò che la gente si è lasciata indietro è stata trasformata in opera: mobili, foto, scarpe. Le case stesse. Sì, allo sfacelo Detroit ha sempre cercato di rispondere creativamente. E anche al sindaco David Bing non resta che una soluzione visionaria: restringere la città. Abbattere le case vuote e raggruppare gli abitanti. Trasformando le lande desolate in fattorie. Ce ne sono già tantissime: una sorta di economia autoctona. Così l'Eastern Market, mercato di prodotti locali è oggi uno degli appuntamenti più vivaci della città. Comincia qui il sabato di Detroit: la città che visse due volte e - tra un rap e uno spot d'auto - non ha ancora finito di stupire.
(Fonte: http://viaggi.repubblica.it - 8/6/2011)

sabato 11 giugno 2011

Dario Sacco (Fiat Powertrain): "efficienza" parola d'ordine per la riduzione dei consumi


Quaranta miglia per gallone, ovvero circa 16,8 chilometri per litro di benzina. Una vettura da record di risparmio energetico, quantomeno per il mercato automobilistico U.S.A. . Come raggiungerlo? Già oggi la 500 (versione U.S.A.) è stata omologata dall'Epa a 30-38 miglia per gallone (versione a cambio manuale) e l'obiettivo, almeno in apparenza, appare molto vicino. Prodotta nello stabilimento Chrysler messicano di Toluca, la 500 U.S.A. monta i motori Fire a quattro cilindri che la fabbrica di Dundee ha iniziato a sfornare. Si tratta però di motori aspirati. Che si avvalgono del sistema Multiair (a valvole elettropneumatiche) ad alta efficienza. Ma molto di più si potrà fare nel prossimo futuro, combinando le diverse tecnologie motoristiche in casa alla Fiat Powertrain. «Il trend in corso, e non solo per noi, si chiama downsizing – spiega Dario Sacco, vicepresidente per la piattaforma motori di Fiat Powertrain – ed è sospinto dalle normative, sempre più stringenti, sulla riduzione delle emissioni. La risposta è nell'efficienza delle vetture e dei motori. Un propulsore più piccolo è generalmente più efficiente. Si possono ridurre le parti in movimento, gli attriti interni, e ottenere una combustione più efficiente. Tendenzialmente lo si fa sovralimentato, perché non si perde in prestazioni. E così posso sostituire un due litri aspirato classico con un millequattro turbo ottimizzato senza penalità. Inoltre la sovralimentazione stessa aiuta sull'efficienza. Alla fine del processo ho risparmi di consumi e di emissioni che possono raggiungere il 20-30%». Ma non è solo questione di downsizing. «Conta la tecnologia – continua Sacco –, soprattutto la gestione al meglio delle fasi di combustione, l'apertura e la chiusura delle valvole. Il ciclo dell'aria e della benzina. Immettere nella camera di combustione la quantità giusta di aria per ogni ciclo. E qui si possono usare diversi sistemi. Noi usiamo il sistema Multiair, che è un sistema continuo di aspirazione elettroidraulico, dove appunto ho un controllo puntuale, cilindro per cilindro e ciclo per ciclo, della quantità ottimale di aria immessa nei cilindri. Poi, dall'altro lato, vi sono i sistemi di gestione e immissione della quantità giusta di combustibile. Ovvero le tecnologie di iniezione, che devono assicurare la quantità e la vaporizzazione corretta. Gli iniettori possono agire nel condotto o direttamente nella camera di combustione, come i sistemi GPI (intelligent Gas Port Injection). E unendo questi due parametri, gestione dell'aria e gestione del carburante, insieme alla sovralimentazione e all'efficienza dei paramentri motoristici, in termini dimensionali, ottengo il motore ecologico». In pratica: il motore ex Fire millequattro Multiair aspirato in produzione a Dundee per la 500 U.S.A. appare solo una tappa intermedia. Entro qualche mese, secondo i piani, la Chrysler dovrebbe aggiungervi la versione sovralimentata che porterà a un'ulteriore riduzione dei consumi, probabilmente raggiungendo l'obiettivo delle 40 miglia per gallone. Ma la tecnologia Multiair, ovvero il comando elettronico delle valvole di aspirazione (secondo cicli ottimizzati ai vari regimi, urbani o meno, del motore) ha anche un'altra proprietà. «In sé è una testa cilindri innovativa, che abbiamo sviluppato in anni di lavoro sul superamento del ciclo dell'aria tradizionale, con i suoi ritardi e la sua meccanica fissa – spiega Sacco –. Noi stiamo usando il Multiair sia sul quattro cilindri ex Fire che sul nuovo bicilindrico progettato "ex novo" (TwinAir). Ma questa tecnologia la si può portare, quantomeno in teoria, su altri propulsori. E combinarla con sistemi di iniezione diretta, che oggi utilizziamo sui nostri motori di fascia alta, a maggiori prestazioni. Non c'è dubbio che mettere assieme in modo ottimale Multiair e iniezione diretta (anch'essa controllata da centralina e software) sia, allo stato dell'arte, il massimo raggiungibile, lo step finale. Ovviamente parliamo di tecnologie piuttosto costose, e quindi va fatto un bilancio sulla loro adozione. Ma abbiamo sviluppi in corso».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 26/5/2011)

venerdì 10 giugno 2011

La Fiat "Bravo Crossover" arriverà anche negli U.S.A.?


Il modello che subentrerà alla Fiat Bravo abbandonerà il rassicurante segmento delle "medie" tradizionali, per andare alla ricerca di nuovi clienti vestita da crossover, provando ad insinuarsi nello spazio conquistato da auto come la Nissan Qashqai, la Toyota RAV4 o la Peugeot 3008. Il nuovo posizionamento della segmento C del Lingotto è infatti previsto dai piani strategici del Gruppo italo-americano e proprio le esigenze del mercato U.S.A. avvalorano il cambio d’identità della Bravo: il successo americano della Fiat 500 berlina e cabrio sta preparando il terreno per un ampliamento della gamma verso l’alto. L’ad del brand Fiat in America, Laura Soave, continua a basare la strategia commerciale sul downisizing e asserisce che le auto Fiat per gli Stati Uniti saranno piccole, arrivando fino al segmento C. Quello della "Bravo Crossover", appunto. Le recenti mosse commerciali del Gruppo Fiat-Chrysler hanno escluso dal mercato americano la nuova Lancia Ypsilon, per scongiurare fenomeni di "cannibalismo" con la 500, per cui è previsto l'arrivo della Abarth e della variante a motore elettrico.
(Fonte: www.omniauto.it - 31/5/2011)

giovedì 9 giugno 2011

Newsweek: Marchionne "uomo del miracolo"


Due anni fa l'America che segue le notizie di economia - e quando si tratta di automobili, non sono pochi - guardava con scetticismo l'arrivo di un manager molto diverso dal solito alla guida di Chrysler, icona di Detroit sull'orlo della sparizione. Oggi quel manager viene salutato come l'uomo che ha salvato Chrysler e incassa la visita e le lodi del presidente Barack Obama, venerdì scorso alla fabbrica Jeep di Toledo in Ohio. E adesso per Sergio Marchionne è arrivato anche un elogio da Newsweek, uno dei grandi settimanali d'informazione U.S.A., che lo saluta come "l'uomo del miracolo". Immancabile il riferimento all'inizio agli abiti di Marchionne "noto perché porta l'uniforme, golf nero d'inverno e polo nere d'estate". Seguito dal ricordo di come due anni fa era "apparso alla sede vicino a Detroit per parlare a uno staff demoralizzato" che lo aveva accolto con poche speranze. In fondo era "un italo-canadese vestito in maglione che fumava come una ciminiera, venuto in missione a salvare un'azienda che bruciava un miliardo di dollari al mese e tutti davano per persa". E adesso invece "Chrysler è un improbabile punto brillante in un'economia americana in difficoltà. Non solo cresce come vendite più in fretta dei rivali, ma ha ripagato i 7,6 miliardi di prestiti dai governi di U.S.A. e Canada prima del previsto. E così la visita di Obama ha avuto il sapore di un giro della vittoria dopo una salvataggio e fusione con Fiat che sembravano una mossa disperata". Marchionne, non è una sorpresa, è contento: "Quando Obama parla di Chrysler è la pubblicità più a buon mercato che c'è". Non male insomma per un dirigente che "non è un nome noto al grande pubblico" e che ha bisogno di una guida fonetica per non farsi massacrare la pronuncia dagli americani poco abituati alle vocali mediterranee. Newsweek istruisce i lettori che si dice "Mar-key-OWN-ee", però poi osserva che, nome esotico a parte, il ceo di Chrysler è uno normale, un "car guy": un tizio che fa automobili, uno come tanti a Detroit che "per prima cosa ha eliminato l'ufficio di lusso dell'amministratore delegato per scegliersi una stanza come tutti, in mezzo agli altri". Certo Marchionne rimane una mosca bianca nelle stanze del potere americano, "un laureato in filosofia con un intelletto ad ampio raggio e l'aria di chi starebbe bene in un college o in un caffè sui boulevard". Ma non è detto che sia un problema: anzi, secondo l'ex governatore del Michigan Jennifer Granholm, Marchionne, golf e polo nere a parte, "è una ventata di colore in un mondo grigio".
(Fonte: www.newsweek.com - 5/6/2011)

mercoledì 8 giugno 2011

Fiat al 100% di Chrysler (e niente ipo) entro il 2012: fantascienza?


La questione della sede del gruppo Fiat-Chrysler «non è sul tavolo», l'impegno della Fiat in Italia «è chiaro» e il dialogo con il Governo canadese e Veba in merito agli assetti proprietari del gruppo resta aperto. Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, sceglie il palcoscenico della festa dell'Arma dei Carabinieri a Torino, dove ieri ha partecipato con il presidente della Fiat, John Elkann, e il presidente d'onore di Exor, Gianluigi Gabetti, per ribadire tre punti fermi della strategia del Lingotto. Partendo dalla questione legata alla sede del gruppo che – ha voluto chiarire – non è all'ordine del giorno, ma «da risolvere nel futuro». Anche perché, ha proseguito il manager, ora ci sono altre priorità: «è importante partire con l'integrazione industriale e commerciale, cercare di fare una squadra che riesca a gestire il tutto». Proprio su questi temi – ha spiegato Marchionne che entro la settimana avrà un incontro con il neo sindaco di Torino Piero Fassino – in Fiat si sta lavorando. L'ad, che sabato ha chiesto al Paese di cambiare atteggiamento e di smetterla con gli insulti, ha poi ribadito l'impegno della Fiat in Italia: «non abbiamo cambiato idea, stiamo cercando di fare il nostro meglio». Quindi il manager ha aggiornato lo stato dei colloqui con il Governo canadese e Veba che potrebbero accelerare la "scalata" di Fiat oltreoceano. Entro la fine dell'anno l'azionariato di Chrysler dovrebbe infatti vedere Torino al 57 o 59%, il fondo Veba gestito dai sindacati Uaw il 41% ed eventualmente il Canada all'1,5% se non avrà ancora venduto a Fiat, oltre ad ottenere gratuitamente il 5% del capitale. Per centrare l'obiettivo del «pieno controllo» i colloqui sono in pieno svolgimento. Sui tempi dell'acquisizione dell'1,7% detenuto in Chrysler dal governo canadese per la quale il Lingotto ha offerto 125 milioni di dollari l'ad ha spiegato che «dipende se accetteranno l'offerta. Noi l'abbiamo fatta». Diverso il capitolo Veba. «Il dialogo è sempre stato aperto, perchè abbiamo discusso anche l'aumento di capitale quando abbiamo acquistato il 16% di Chrysler» ha spiegato Marchionne in merito alla posizione del fondo pensionistico-sanitario dei lavoratori Chrysler. «C'è un discorso che va avanti da mesi, - ha poi aggiunto - in particolare per quanto riguarda la posizione di azionista che hanno in Chrysler. Noi non siamo obbligati ad acquistare niente. Abbiamo il diritto, dalla seconda metà del 2012, ad acquistare una porzione del loro interesse. Quindi, da adesso fino ad allora non abbiamo nè diritto nè nient'altro». Contestualmente, ha voluto precisare l'ad, «loro non possono costringere la società a fare l'Ipo fino al 2013. Quindi, abbiamo un grandissimo spazio davanti che, ovviamente, è pieno di opportunità e rischi per tutti». Infine, l'amministratore delegato di Fiat ha escluso che il gruppo Fiat abbia allo studio un aumento di capitale: «Sono giochi di fantascienza e di questi non parlo» ha chiosato, indicando che «anche l'ipo è tecnicamente un aumento di capitale».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 7/6/2011)

martedì 7 giugno 2011

Osamu Suzuki incontra Marchionne e Elkann a Torino: aria di divorzio con Volkswagen?


Appena terminate le trattative con il governo americano e con le banche sui finanziamenti alla Chrysler, Sergio Marchionne ha spostato il tiro da Ovest a Est e ha incontrato, nei giorni scorsi a Torino, i vertici della giapponese Suzuki al gran completo. La riunione (anticipata ieri dal Corriere della Sera) ha visto la partecipazione di Osamu Suzuki, presidente della casa nipponica, di Sergio Marchionne e brevemente anche di John Elkann, numero uno della Fiat. Di cosa hanno discusso i vertici dei due gruppi? È in arrivo qualche sorpresa sul fronte delle alleanze? Va ricordato che Suzuki è partecipata al 19,9% dal colosso tedesco Volkswagen, che a fine 2009 ha investito 1,7 miliardi di euro per la partecipazione. Suzuki produce anche motociclette ed è specializzata in Giappone nelle miniauto (quelle con cilindrata inferiore ai 660cc); proprio il mese scorso è riuscita a conquistare a sorpresa il primo posto nella produzione di quattroruote, grazie al fatto che ha sofferto meno delle rivali gli effetti del disastroso terremoto. Fiat e Suzuki hanno da tempo due collaborazioni di tipo industriale: la fabbrica ungherese dell'azienda nipponica produce per il Lingotto il fuoristrada Sedici, mentre Torino fornisce motori diesel per la versione Suzuki della stessa auto e ha inoltre concesso ai giapponesi la licenza per produrli in proprio in India (proprio l'India è uno dei punti di forza della Suzuki, che con la controllata Maruti domina in mercato con una quota vicina al 50 per cento). Ci sono nuovi possibili campi di collaborazione in vista? O addirittura Fiat potrebbe prendere il posto di Volkswagen come alleato di Suzuki? Per Sergio Marchionne – impegnato da mesi in un botta e risposta al veleno con i vertici del gruppo tedesco – sarebbe una soddisfazione grandissima; ma non è probabilmente sul tavolo. Certo, le cose tra tedeschi e giapponesi non vanno benissimo. Un anno e mezzo è passato dall'annuncio dell'operazione, e la cooperazione tra i due gruppi non si è ancora concretizzata. La Suzuki è una dell'aziende più frugali del settore – racconta un osservatore che la conosce bene – e questa sua caratteristica potrebbe aver causato qualche disaccordo con VW; a mister Suzuki, inoltre, non è affatto piaciuto il fatto che in più di un'occasione pubblica dopo l'intesa i vertici Volkswagen abbiano trattato Suzuki praticamente come una filiale. Anche se non si può parlare di divorzio imminente, l'operazione è in fase di stallo e ai giapponesi potrebbe interessare ottenere per altre vie le sinergie tecnologiche o produttive che cercavano; lo stesso potrebbe valere per Fiat, che per esempio non è ancora riuscita a sfondare in India nonostante l'alleanza con Tata (le vendite del Lingotto nel subcontinente sono calate del 15% a 21mila unità nell'anno fiscale chiuso a fine marzo).
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 28/5/2011)

lunedì 6 giugno 2011

A Toledo (Ohio) Obama e Marchionne ratificano il controllo di Fiat su Chrysler



Fiat adesso è proprietaria di Chrysler: il Governo degli Stati Uniti ha ceduto infatti le proprie quote dell’azienda automobilistica americana alla Fiat. Le 98.461 azioni Chrysler possedute dal Tesoro U.S.A. sono state valutate 560 milioni di dollari, prezzo concordato fra Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e di Chrylser, ed il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha incontrato proprio Marchionne a Toledo, in Ohio, negli stabilimenti Chrysler. “Il governo è stato completamente ripagato” ha spiegato Obama, che ha così giustificato la cessione alla Fiat. Marchionne non nasconde la propria soddisfazione: “Chrysler è finalmente indipendente. Ma, come tutte le volte che si compra qualcosa, non si è contenti di quello che si paga”. Adesso l’azienda automobilistica americana ha una valutazione che si aggira intorno agli 8 miliardi di dollari, Marchionne ha confermato che il rientro in Borsa non avverrà prima del 2012: “È meglio attendere i risultati trimestrali dell’intero 2011 e un mercato migliore”, ha spiegato l’amministratore delegato. Adesso il prossimo step per Fiat è quello di acquistare le quote del governo canadese. Sembra esserci già un accordo di massima, ma adesso non c’è molta fretta. 
(Fonte: www.economiafinanza.net - 4/6/2011)

domenica 5 giugno 2011

Fiat-Chrysler: la grande sfida è sui prodotti


Che aspetto avrà il nascituro gruppo Fiat-Chrysler? Quali le sfide che lo attendono? Dell'aspetto contabile si occuperanno gli analisti, che già sui dati del 2° trimestre avranno il loro bel daffare a interpretare i risultati. L'integrazione organizzativa è in realtà già avanzata, ma ancora lontana dall'obiettivo finale di Marchionne: «Dobbiamo arrivare al punto di poter fare le cose indifferentemente nelle varie porzioni geografiche del gruppo». Il compito più difficile è forse l'integrazione e il rafforzamento della gamma di prodotti, che specie dal lato Fiat ha mostrato nel 2011 di soffrire la concorrenza. Un compito complicato dalla congiuntura difficile: Andrea Formica, responsabile vendite dell'intera Fiat Auto, ha stimato martedì in 1,8 milioni di auto il mercato italiano per il 2010 contro gli 1,96 del 2010; il mercato europeo dovrebbe fermarsi a 13,8-13,9 milioni di unità. Maggio dovrebbe chiudersi sui livelli (bassi) di aprile, e «fino a fine anno non credo cambierà molto». In un mercato così difficile, alcuni obiettivi sono già stati tagliati rispetto a quelli annunciati un anno fa al Lingotto: Lancia-Chrysler, per esempio, doveva vendere in Europa 295mila vetture nel 2014; martetì, in occasione del lancio della nuova Ypsilon, Oliver François - numero uno dei due marchi - ha parlato di 240mila unità e ha avvertito: «Purché ci diano i prodotti che aspettiamo». A chi si riferisce il manager? Probabilmente allo stesso Marchionne, che negli ultimi due anni ha tenuto strettissimi i cordoni della borsa tagliando gli investimenti e contribuendo, con i ritardi nell'arrivo dei nuovi modelli, alla perdita di quote di mercato. E l'Alfa Romeo? Ieri Marchionne ha risposto stizzito a un giornalista inglese che gli ricordava gli obiettivi di crescita mancati: «Pensi che nello stesso periodo la maggior parte delle banche inglesi sono fallite... Il mercato è crollato completamente, non potevamo proseguire l'espansione in un mercato in cui non si poteva neppure raccogliere un dollaro di finanziamenti». E ha proseguito: «Noi siamo riusciti a far bene nei segmenti B e C, con Mito e Giulietta ma avevamo bisogno di un socio che fosse forte nei segmenti D ed E; con Chrysler adesso abbiamo il partner giusto». Tra i nuovi modelli in arrivo, oltre alla Lancia Ypsilon presentata in questi giorni a a Torino ci sarà la Fiat Freemont prodotta da Chrysler in Messico - una via di mezzo tra un crossover e un monovolume che dovrebbe sostituire la Croma ma attingere anche in altri segmenti di domanda. L'integrazione prosegue a tappe forzate: il primo modello sul mercato che deriva da un vero e proprio sviluppo congiunto – spiega Mauro Pierallini, responsabile Sviluppo prodotto di Fiat – sarà la berlina Dodge su piattaforma C-Evo (quella della Giulietta modificata), che verrà presentata al Salone di Detroit del 2012. Seguiranno altri modelli eventualmente anche di dimensioni inferiori, per allargare la gamma Chrysler verso il basso.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 26/5/2011)

sabato 4 giugno 2011

Marchionne e la Phaeton


"Tengo sempre sulla scrivania una foto della Phaeton per tenere a mente quello che non devo fare". Lo ha dichiarato l'a.d. di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, a margine della presentazione della nuova Lancia Ypsilon a Torino, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se il Lingotto temesse la concorrenza della Volkswagen. Al salone di Francoforte la casa tedesca presenterà la nuova Up! mentre il Lingotto il nuovo modello della Panda.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 25/5/2011)

venerdì 3 giugno 2011

Fiat "top sponsor" della Nazionale italiana di calcio per i prossimi quattro anni


Nuovo "colpaccio" per Fiat Group Automobiles: dopo aver vestito per varie stagioni Valentino Rossi e la sua moto, ora - e per i prossimi quattro anni - sarà "top sponsor" delle Nazionali di calcio e "calcio a cinque". Insomma un nuovo passo per sottolineare quell'italianità sempre più rara nella nostra industria ormai sfiancata da fuga di cervelli e capitali all'estero. Così, oggi, con una certa euforia, presso il Centro Tecnico Federale della FIGC di Coverciano, Firenze, la Silicon Valley del nostro calcio, è stato dato lo storico annuncio, poco prima della classica la conferenza stampa di presentazione della partita Italia-Estonia in programma a Modena il 3 giugno e valida per le qualificazioni agli Europei 2012. Questo significa - per si occupa solo di F1 e MotoGp o solo di sport con pistoni che fanno su e giù da qualche parte - che Fiat accompagnerà gli Azzurri agli Europei 2012 in Polonia e il Mondiale 2014 in Brasile, due Paesi di fondamentale importanza strategica per il Gruppo Fiat. "Accompagnerà" nel vero senso della parola perché per i trasferimenti in occasione delle partite ufficiali, amichevoli e ritiri, lo staff della Nazionale viaggerà solo con macchine Fiat (ci mancherebbe altro che qualcuno si presenti con una Golf...) "tra le quali - spiegano a Torino - il nuovissimo Freemont, il primo veicolo Fiat frutto della partnership con Chrysler Group, che in questa prima fase dell'accordo è stata nominata "Auto Ufficiale" degli Azzurri". Freemont che è stato provato proprio a Coverciano da Cesare Prandelli e alcuni calciatori che hanno voluto conoscere da vicino com'è fatta questa nuova e attesa Freemont.
(Fonte: www.repubblica.it - 30/5/2011)

giovedì 2 giugno 2011

Fiat alla parata del 2 giugno con 70 Freemont


Il 2 giugno, la Festa della Repubblica, Fiat partecipa, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri, all'organizzazione della grande sfilata delle Forze Armate, in programma a Roma, con 70 Fiat Freemont. Lo si apprende da una nota nella quale si spiega che i veicoli, che sono il primo frutto della partnership di Fiat con Chrysler Group, guideranno i cortei delle delegazioni dei Capi di Stato che saranno presenti alla manifestazione. I mezzi saranno tutti neri con i vetri oscurati ed avranno il logo Fiat per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia (è rotondo con sfondo nero e all'interno ha la scritta 150 in bianco con sotto una piccola bandiera italiana). La consegna simbolica delle chiavi della flotta, al Ministro degli Esteri Franco Frattini, si è svolta nel corso di una cerimonia nel cortile di onore alla Farnesina, a Roma. I veicoli saranno tutti guidati da autisti della Guardia di Finanza. Fiat ha da tempo avviato una proficua collaborazione con il Ministero degli Esteri e partecipa attivamente da sempre ai grandi appuntamenti italiani ed internazionali. Nel 2009, ad esempio, aveva infatti sponsorizzato il G8 dell'Aquila con la fornitura di 221 tra autovetture, veicoli elettrici, fuoristrada, veicoli commerciali e autobus. In particolare, per i rappresentanti del mondo diplomatico e istituzionale, era stata utilizzata la Lancia Delta nella versione Executive. Una vettura, quest'ultima, utilizzata anche nel dicembre 2008 a Parigi come l'Auto Ufficiale del 9° Summit Mondiale dei Premi Nobel per la Pace.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 30/5/2011)

mercoledì 1 giugno 2011

Il Canada verso la vendita a Fiat della propria quota in Chrysler


Chrysler prenderebbe in considerazione l'ipotesi di acquistare la quota che il governo canadese detiene nella società ma non ha l'opzione a comprare. Lo ha detto l'amministratore delegato del gruppo, Sergio Marchionne, durante una conferenza congiunta a Toronto col ministro delle Finanze canadese, James Flaherty, secondo quanto riferisce Bloomberg. Il ministro delle Finanze ha detto che il Canada «é disposto a vendere» la propria quota in Chrysler, pari all'1,7% In una nota del ministero delle Finanze canadese, Flaherty si congratula con Fiat per la restituzione del prestito da 1,7 miliardi concesso nel 2009, durante la fase critica della crisi finanziaria globale. «Il ritorno per i contribuenti» dice Flaherty «non si misura solo in termini di restituzione del prestito, ma anche di posti di lavori e investimenti che oggi sono rimasti al loro posto grazie al nostro sostegno alla Chrysler». Un'osservazione, quella secondo cui il Canada in questo modo ha protetto 52.000 posti di lavoro, cui replica, nella stessa nota, lo stresso Marchionne, esprimendo «la più sincera gratitudine al ministro Flaherty e al governo canadese per la loro decisione di aiutare Chrysler, due anni fa. Ci hanno dato una seconda possibilità, cosa che accade raramente nella vita. E ci hanno dato non solo speranza per la sopravvivenza ma anche un'opportunità di costruire un futuro. Hanno dimostrato fiducia nel nostro programma teso a trasformare Chrysler e ridarle il posto che merita» ha concluso Marchionne.
(Fonte: www.lettera43.it - 30/5/2011)