mercoledì 31 marzo 2010

Marchionne: per Chrysler 5 miliardi di liquidità e break-even già nel 2010


“Ho assunto un impegno affinché Chrysler raggiunga il punto di break even già nel 2010”. Sergio Marchionne, amministratore delegato del marchio americano, dimostra di aver stabilito l’obbiettivo societario da soddisfare entro il termine dell’anno corrente. Anche senza il ricorso ad incentivi - definiti “inopportuni e malsani” -, prendendo così le distanze rispetto alla politica di agevolazioni sostenuta da Toyota in favore degli automobilisti statunitensi. Il manager precisa poi che il marchio Chrysler venderà in Nord America oltre 1.1 milioni di vetture nel corso del 2010, confermando il trend positivo del mercato: le immatricolazioni complessive sfonderanno quota 11 milioni. Marchionne ha poi quantificato in 5 miliardi di dollari la liquidità a disposizione.
(Fonte: www.detnews.com - 30/3/2010)

martedì 30 marzo 2010

Festa in casa Fiat: la 500 raggiunge le 500.000 unità prodotte


Brindisi in casa Fiat. Protagonista dei festeggiamenti lo storico traguardo raggiunto dalla piccola 500 e dallo stabilimento Fiat Auto Poland di Tychy in cui viene prodotta. La scorsa settimana è uscita infatti dalle linee dell'impianto polacco l'esemplare numero 500 mila: si tratta di una versione di colore bianco gioioso ed equipaggiata con un 1.2 da 69 CV abbinato al sistema Start&Stop. Richiesta e venduta in 83 Paesi nel mondo - dall'Italia al Brasile dal Sud Africa al Giappone - la nuova Fiat 500 ha raggiunto questo traguardo in appena 21 mesi dal lancio commerciale. Tra i primi 10 mercati che hanno registrato le maggiori consegne delle 500 mila vetture prodotte ci sono: l'Italia (244.755 unità), la Francia (58.425), la Gran Bretagna (51.445), la Germania (48.319), l'Olanda (13.682), la Svizzera (10.765), la Spagna (10.103), il Belgio (9.548), il Giappone (9.030) e l'Austria (8.648). Da sottolineare che l'80 per cento dei clienti ha scelto le versioni top di gamma (Lounge e Sport) con sistema Blue&Me di serie. Oltre al successo di vendite, il nuovo modello ha finora vinto 40 premi a livello mondiale, è stata insignita delle prestigiose "5 stelle EuroNCAP" e vanta un sito internet (fiat500. com) con una "community" di oltre 120 mila utenti attivi da 206 Paesi diversi che partecipano alle 30 attività online per un totale di quasi 240 milioni di pagine consultate. La gamma comprende due versioni (berlina e Cabrio), 6 allestimenti (Pop, Lounge, Sport, Rock, by Diesel e PUR-O2), 2 motori benzina (1.2 da 69 CV e 1.4 da 100 CV) e 2 turbodiesel (1.3 Multijet da 75 CV e 1.3 Multijet II da 95 CV), tutti Euro 5 e abbinati a cambi manuali o sequenziale robotizzato (Dualogic). Senza dimenticare le Serie Speciali e le show car che sono nate sulla base del modello: dalla 500 by Diesel alla show car dedicata alla Barbie®, fino alle Abarth 500 e Abarth 500C.
(Fonte: www.repubblica.it - 29/3/2010)

lunedì 29 marzo 2010

Marchionne: "Fiat-Chrysler ultima possibilità per un'industria forte in Italia"

"La Fiat ha le radici in Italia. Non abbiamo spostato il baricentro, abbiamo piuttosto allargato la nostra base operativa per rendere quel baricentro più stabile". Così Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo di Torino e di Chrysler parla davanti all'assemblea degli azionisti della Fiat. Nel suo lungo intervento spiega ancora una volta i vantaggi dell'alleanza con gli americani e punta l'indice contro "i fischi gratuiti", contro "la mancanza di equilibrio di certi giudizi" e "contro il nuovo tiro al bersaglio che sta vivendo l'azienda".
Dagli anni bui alla rinascita - "Nel 2004 non c'era una sola voce a scommettere sulla rinascita dell'azienda. La gara era indovinare la fine più cruenta. La storia ha dimostrato che i profeti si sbagliavano. La prima prova è arrivata il 14 febbraio 2005, quando abbiamo risolto il problema dell'alleanza con General Motors, ridando alla Fiat la libertà di decidere il proprio futuro".
Termini Imerese - "Non è stata una decisione presa alla leggera. Non l'avremmo mai fatto se non fosse stato più che necessario, se ci fosse stata una reale alternativa". Marchionne ripercorre, poi, la storia dello stabilimento siciliano nato del 1970 e ricorda che produrre una vettura lì "costa fino a mille in euro in più". "Da quando è stato costruito Fiat ha investito nell'impianto 552 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti altri 250 milioni di euro per progetti che non rientravano tra quelli agevolati. Per contro ha ricevuto 93 milioni di contributi a fondo perduto e 164 milioni in prestiti (questi ultimi tutti restituiti)".
Quest'anno? Sarà difficile - "L'anno scorso l'emorragia è stata tamponata solo grazie agli incentivi varati dal governo. Nel 2010 si attende un crollo degli ordini del 15%: arriveremo a valori così bassi che non si vedevano dal 1994. Vuol dire che nel giro di tre anni il mercato europeo ha perso un quarto dei volumi. Bisognerà attendere quattro anni prima che la situazione ritorni a livelli normali. A volte ho l'impressione che la politica e i sindacati non si rendano conto delle dimensioni della crisi che ha investito il nostro Paese, che riguarda solo in parte il settore dell'auto."
La Panda a Pomigliano - "La crisi internazionale ha colpito duramente Pomigliano. L'anno scorso ha raggiunto a fatica le 36.000 vetture prodotte contro una capacità produttiva di 240.000. Per salvarlo era necessario un atto di coraggio, oltre che un enorme sforzo finanziario. Abbiamo messo sul piatto entrambi". La prossima generazione di Panda, infatti, sarà sfornata dalle linee di Pomigliano anziché da quelle di Tychy, in Polonia, da cui nasce l'attuale modello. "Fra tre anni potremmo parlare di Pomigliano come il secondo più grande stabilimento Fiat in Italia. È chiaro che è necessario trovare una compatibilità economica per un intervento che si prevede molto complesso". Marchionne, infatti, stima i costi di tale operazione in "centinaia e centinaia di milioni di euro", ma afferma: "è un nostro dovere privilegiare il Paese in cui Fiat ha le proprie radici". Agli azionisti il numero uno del Lingotto ha anche ricordato che gli investimenti per il prossimo biennio ammonteranno a 8 miliardi di euro, di cui due terzi in Italia.
Una Fiat globale per necessità - "La Fiat non è andata all'estero per capriccio e di sicuro non c'è andata per dimenticare l'Italia. Ci siamo andati per essere più forti. Se i nostri giovani vanno a studiare ad Harvard o al MIT non si può rinfacciare loro di voler abbandonare l'Italia".
La seconda chance - "Capita di rado che ti venga data una seconda chance. La crisi che si è abbattuta sul nostro settore ha già fatto vittime illustri. La colpa di molti costruttori è di non aver reagito a un mondo che è completamente cambiato. Putroppo, è arrivata la resa dei conti. Ma non è così per la Fiat e per l'Italia. Oggi, grazie anche all'accordo con Chrysler, abbiamo una seconda possibilità di ricostruire una base industriale forte nel nostro Paese. Non sprechiamola".
(Fonte: www.quattroruote.it - 26/3/2010)

venerdì 26 marzo 2010

Marchionne: Fiat salirà al 35% di Chrysler entro due anni


"Nei prossimi 24 mesi al massimo dovremmo arrivare al 35% di Chrysler". Lo ha annunciato l'ad di Fiat, Sergio Marchionne. "Dal 20% attuale al 35% prevediamo tre step del 5%: il primo sarà a fine anno, quando lanceremo la 500 elettrica. Il resto è legato ad altri impegni, come distribuire Chrysler fuori dagli U.S.A., integrare le reti commerciali U.S.A.-Europa, avere una prospettiva in America Latina.
(Fonte: www.ansa.it - 26/3/2010)

giovedì 25 marzo 2010

A un passo la separazione del gruppo. Gli Agnelli accelerano lo scorporo


John Elkann ha detto un paio di settimane fa di sognare "una Fiat grande in Italia e nel mondo". Sergio Marchionne sta facendo di tutto per accontentarlo e il 21 aprile spiegherà come. E dopo? Dopo questa data, il passo più importante sarà quello dello spin-off, ovvero dello scorporo delle attività automobilistiche (o altro?) e della loro quotazione in Borsa. Ci saranno da quel momento due Fiat in un contesto che molti temono possa coincidere con un processo di "deitalianizzazione" del gruppo. Chi le comanderà e quale ruolo avrà la famiglia Agnelli, che oggi controlla la Fiat attraverso Exor di cui il giovane Elkann è presidente? Nell'ultimo mese il titolo del Lingotto ha guadagnato a Piazza Affari più del 12% e più del 6% nell'ultimo semestre, mentre nell'arco dell'anno ha quasi raddoppiato il suo valore. Nonostante la crisi, la performance è stata possibile grazie al settore auto. E' evidente, quindi, che è questo settore a fungere da traino nelle operazioni in corso e in quelle future. A proposito delle quali, rispetto alla prima impostazione, ora Marchionne sembra quasi aggiustare il tiro. E dice: "Non importa chi va da quale parte", se cioè sarà il settore auto a essere staccato dalla casa madre, o i camion e i trattori. E' questo un aspetto non secondario della questione. L'argomento è già sotto i riflettori degli analisti e se ne parla all'interno della famiglia. Anche se si farà di tutto per evitarlo nell'assemblea di venerdì, diventerà un passaggio obbligato dell'investor day del 21 aprile o subito dopo. Perché c'è già chi assicura che allo spin-off si procederà la prossima estate. Anche perché le condizioni, almeno quelle indicate al suo primo annuncio da Marchionne, ci sono già tutte prima che il piano strategico Fiat-Chrysler vada a regime nel 2014: il Lingotto e la sua controllata americana già oggi sono molto oltre la soglia di 4 milioni di vetture prodotte all'anno con previsione di andare presto sopra i 6 milioni. In questa prospettiva si dice che a comandare la parte auto non potrà non essere Marchionne in quanto protagonista della rinascita Fiat e del suo sbarco in America. A quel punto sarà interessante capire che cosa resterà dell'"altra Fiat" e quale sarà il suo futuro. Un Lingotto senza l'auto, secondo gli analisti più attenti, potrebbe infatti consigliare a Exor di riprendere il dossier della diversificazione che circolava all'epoca della crisi Fiat, prima ancora che avesse inizio la cura Marchionne. Naturalmente oggi lo si farebbe in condizioni più favorevoli poiché l'operazione non sarebbe dettata da uno stato di necessità e inoltre disporrebbe di capitali più robusti. Una Fiat meno italiana e più globale sarebbe affare di Marchionne. L'"altra Fiat", incanalata verso un futuro meno industriale e più finanziario, resterebbe sotto il governo della famiglia. Oggi a Torino un direttivo di Confindustria, seguito domani dalla giunta per la nuova squadra, potrebbe essere l'occasione per discutere un argomento già affrontato poco più di un mese fa tra Emma Marcegaglia e i vertici del Lingotto: l'ingresso del vicepresidente di Fiat nel direttivo della confederazione e nel quale ci sarà anche il presidente Montezemolo. Questa "promozione" di John Elkann, unitamente a una escalation dei suoi impegni in veste di rappresentante ufficiale di Fiat in Italia e all'estero, fa pensare, anche tra gli eredi dell'Avvocato che oggi hanno qualche ruolo all'interno del gruppo, a una sorta di investitura. Potrebbe dunque essere lui il numero uno dell'"altra Fiat". Ma con due problemi non facili da risolvere: spiegare la "deitalianizzazione" del gruppo da sempre controllato dalla sua famiglia e definire il ruolo di Montezemolo che ancora gode della fiducia di questa famiglia che lo ha chiamato in un momento particolarmente difficile della storia di Fiat.
(Fonte: www.repubblica.it - 24/3/2010)

mercoledì 24 marzo 2010

Prime indiscrezioni sul Piano Fiat 2010-2014: fabbriche più piccole, 8 modelli e prepensionamenti


In gergo si chiama "operazione downsize" ed è il trattamento che gli ingegneri Fiat riservano in laboratorio ai motori tradizionali per ridurne la cilindrata e aumentarne contemporaneamente la potenza. Una cosa simile accadrà nei prossimi cinque anni agli stabilimenti italiani del gruppo: fabbriche più piccole, con meno addetti ma con maggiore produzione. Nel dettaglio, le indiscrezioni sul piano parlano di una Fiat profondamente modificata sia negli stabilimenti di assemblaggio finale (le classiche linee di montaggio) sia nella produzione di motori e cambi. L'assemblaggio finale si farà in quattro dei cinque stabilimenti oggi in produzione perché il piano confermerà la chiusura di Termini Imerese. Alle Carrozzerie di Mirafiori dei 5 modelli oggi in produzione (Idea, Musa, Punto, Multipla e Mito) si salverà solo la Mito. Si aggiungerà invece un nuovo prodotto (oggi noto con il nome in codice "L1"), una monovolume di grandi dimensioni che potrà avere 5 o 7 posti. Le tre attuali linee di montaggio verranno ridotte a una che produrrà contemporaneamente MiTo e L1. Questo significa che, senza l'aggiunta di altre produzioni, i 5.000 addetti al montaggio finale potrebbero ridursi anche della metà, a 2.500. Un taglio considerevole anche se l'età media degli addetti di Mirafiori è abbastanza alta da consentire un sistema di prepensionamenti entro i prossimi cinque anni che attutisca l'effetto sociale della riduzione d'organico. Non ci dovrebbero essere particolari problemi invece a Melfi dove si continuerà a produrre la Punto anche se difficilmente nei prossimi anni si raggiungerà il record di 290.000 auto prodotte nel 2009 grazie agli incentivi: gran parte dei Paesi europei ha, infatti, chiuso il rubinetto. A Cassino, stabilimento dedicato al segmento C, cambieranno i modelli e l'occupazione sarà ridotta di 500 persone rispetto ai 4.600 addetti di oggi. Si tratterà di uscite volontarie verso la pensione, come prevede un accordo sindacale. La Bravo verrà sostituita da un'altra media del marchio Fiat mentre la Croma cesserà la produzione. Oltre alla nuova Bravo arriveranno un crossover e l'Alfa Giulietta (già in produzione in queste settimane). Confermata la produzione della Lancia Delta. La rivoluzione più profonda sarà a Pomigliano, dove la Panda comincerà la produzione delle preserie nell'autunno del 2011. Il Lingotto pensa di spendere 750 milioni nella riconversione della fabbrica che cesserà di produrre le Alfa per passare all'utilitaria. Le due linee oggi in funzione (quella della 147 e quella della 159 e GT) saranno sostituite da almeno due linee di Panda destinate a realizzare 250 mila auto all'anno. Ma nessuno riesce a prevedere quali effetti avrà questa rivoluzione sull'indotto, tutto calibrato sui modelli di fascia medio-alta del Biscione. I sindacati temono che anche tra i dipendenti diretti si avrà una riduzione di 500 persone sugli attuali 5.100 addetti. A questi stabilimenti si aggiungerà il prossimo anno la carrozzeria Bertone di Grugliasco (Torino) dove le indiscrezioni già circolate in autunno prevedono la produzione di tre modelli Chrysler: la 300C, il Grand Voyager e la Jeep Grand Cherokee. Sono i tre modelli attualmente realizzati a Graz dalla Magna. Alcuni hanno visto nella scelta la vendetta di Fiat verso i concorrenti vincitori nella battaglia Opel (poi persa da tutti perché GM decise di non vendere la sua costola europea). Il futuro dei due principali stabilimenti di produzione dei motori è incerto. A Pratola Serra (Avellino) la FMA che produce cilindrate medio alte (da 1.600 cc in su) ha subìto gli effetti della crisi passando dai 500 mila motori del 2006 ai 170 mila dello scorso anno. A Termoli invece il boom delle utilitarie dovuto agli incentivi ha fatto lievitare la produzione dei piccoli motori fino a 900 mila pezzi all'anno. Il futuro è incerto perché la Fiat avrebbe intenzione di realizzare in Polonia, a Bielsko Biala, tutti i nuovi motori bicilindrici destinati a sostituire il quattro tempi nelle piccole e medie vetture (sono previste versioni del due tempi fino a 105 cavalli). Alcune indiscrezioni cominciano a circolare anche sulla produzione negli U.S.A., dove i marchi del Lingotto dovrebbero essere rappresentati da sette modelli: un restyling Lancia della 300C e del Voyager, tre modelli Alfa (Giulietta, l'ammiraglia 169 e uno sport-crossover) e una versione del Journey con marchio Fiat. Questi sei modelli dovrebbero garantire una produzione annua di 250 mila auto, alle quali aggiungere le 100 mila previste per la 500.
(Fonte: www.repubblica.it - 24/3/2010)

martedì 23 marzo 2010

Altavilla: "Testa, cuore e cervello di Fiat resteranno in Italia. L'interscambio di know-how con Chrysler procede bene"


"La testa, il cuore e il cervello" di Fiat "resteranno in Italia. L'automobile è un prodotto complesso. L'interscambio di know how tra Chrysler e Fiat è l'elemento che sta funzionando meglio". E' quanto ha dichiarato Alfredo Altavilla, a.d. di Fiat Powertrain Technologies e membro del board di Chrysler, rispondendo ad una domanda sulle sinergie che il gruppo torinese sta sviluppando con la casa automobilistica di Detroit dopo l'operazione di M&A, in occasione della 6a edizione di M&A Award a Milano. Altavilla ha poi ricordato che "Chrysler ha una tecnologia indiscussa" per quanto riguarda il mercato delle auto elettriche e che la nuova Fiat 500 EV, che sarà prodotta e venduta da Chrysler sul mercato U.S.A. a partire dal 2012, "è il primo segno completo di questa integrazione". In merito alle strategie di espansione internazionale del gruppo, il Ceo di FPT ha dichiarato che "con quello che abbiamo fatto in Cina e in Russia abbiamo messo abbastanza carne al fuoco per raggiungere quella quota di sopravvivenza di circa 5,5 milioni di automobili all'anno. Questo è un momento di consolidamento e dobbiamo conquistare la quota di mercato". Altavilla ha ripercorso i punti salienti dell'operazione di M&A di Fiat e Chrysler, ricordando che la casa di Detroit risultava essere "l'occasione più ghiotta" sia per "la perfetta complementarietà geografica" sia per "la perfetta complementarietà di gamma e di prodotto". E' stato, ha commentato il Ceo di FPT, "un matrimonio quasi ideale". Nella realizzazione dell'acquisizione "non c'è stata nessuna invasione. Marchionne ha fatto un'intensa attività di scouting, così come aveva già fatto a Torino. Le professionalità Fiat" al momento presenti nel gruppo americano "sono molto poche. C'è un'attività di interscambio di know-how 24 ore su 24 e sta andando molto bene", ha poi concluso il manager pugliese.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 23/3/2010)

lunedì 22 marzo 2010

Dal 2012 Chrysler produrrà la 500 elettrica per gli U.S.A.


Colpo di scena nella galassia del Gruppo Fiat: la 500 diventerà un'auto completamente elettrica grazie all'aiuto della Chrysler che produrrà una versione a batterie della famosa city car per il mercato U.S.A. entro nel 2012. La Fiat 500 EV, secondo Scott Kunselman, senior vice presidente Enginnering di Chrysler, dimostra i benefici immediati dell'alleanza tra Fiat e Chrysler: "La Fiat 500 è piccola e la sua piattaforma leggera è perfetta per la tecnologia integrata di un veicolo elettrico". La macchina deriverà dalla 500 EV, presentata nello scorso gennaio al Salone dell'Auto di Detroit e - come spiegano alla Fiat - "offre ai consumatori la possibilità di non tener conto dell'aumento del prezzo del carburante". Il gruppo U.S.A., partecipato da Fiat, ha annunciato inoltre di essere stato scelto dal Dipartimento dell'Energia statunitense per il test di 140 Ram elettriche-ibride, per cui riceverà 48 milioni di dollari. I fondi rientrano nell'ambito dei 2,4 miliardi di dollari stanziati dal governo nel piano di stimolo per lo sviluppo di auto pulite. Nel dettaglio, il sistema di propulsione della Fiat 500 EV è costituito da tre sistemi principali: un modulo elettrico ad elevata potenza, un'avanzata batteria a ioni litio ed un'unità di controllo EV per gestire i flussi di energia. "Questa iniziativa dimostra come il Governo, l'industria automobilistica, i fornitori ed i partner principali stiano raggiungendo obiettivi comuni e prova quanto rapidamente questo tipo di tecnologia avanzata possa essere introdotta sul mercato", ha dichiarato Paolo Ferrero, Senior Vice President Powertrain, Chrysler Group LLC. "Il supporto del DOE allo sviluppo nazionale di tecnologia avanzata è un fattore fondamentale per Chrysler Group ed i suoi principali fornitori al fine di comprendere e testare il consenso dei clienti e la capacità dei sistemi PHEV in una varietà di condizioni reali".
(Fonte: www.repubblica.it - 22/3/2010)

venerdì 19 marzo 2010

Fiat-Chrysler sceglie gomme Pirelli per il mercato americano


La scelta è caduta su “scarpe” italiane, sarà Pirelli a fornire i pneumatici di primo equipaggiamento per i modelli di Fiat e Chrysler destinati al mercato americano. L’accordo potrebbe ulteriormente estendersi, tutto dipenderà dal piano industriale che l’ad del brand torinese Sergio Marchionne presenterà agli azionisti il prossimo 21 aprile. Nel frattempo Pirelli è molto vigile sulle altre opportunità che può offrire il mercato. Come precisato nei giorni scorsi dall’ad Tyre Francesco Gori, l’aumento dei prezzi delle materie prime verrà compensato da un lieve ritocco verso l’alto per i prezzi dei prodotti. L’azienda ha inoltre pronti 300 milioni di euro da investire presso alcuni paesi emergenti, come Romania, Cina, Egitto e Sud America. Entro il 2011 si punta a concentrare nelle realtà in via di sviluppo il 70% delle vendite. Un obiettivo importante per un’azienda che ha saputo reagire in maniera accorta alle pressioni della crisi.
(Fonte: www.oneauto.it - 18/3/2010)

giovedì 18 marzo 2010

E se Fiat facesse lo spin-off di Iveco e CNH?


L’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha rinviato al 21 aprile – giorno di presentazione del piano di sviluppo quinquennale del gruppo – ogni nuova chiacchiera sull’ipotesi di scorporo o spin-off. Ma a rilanciare il tema invertendo l’oggetto della separazione ci ha pensato Automotive News Europe, la rivista americana che ha scritto per prima dell’accordo Fiat-Chrysler. Secondo il corrispondente europeo Luca Ciferri, Marchionne potrebbe scorporare non l’auto – che rimarrebbe il "core business" di Fiat S.p.A. – ma i camion di Iveco e le macchine agricole e movimento terra di Case New Holland. Questa strada sarebbe molto più conveniente per il gruppo, stando anche a un recente report di Goldman Sachs: per Torino il business dell’automobile vale oggi il 20 per cento del fatturato, Iveco il 34 e CNH il 46. Tanto più che Chrysler – controllata oggi al 20 per cento dagli italiani (quota destinata a salire al 35 a determinati obiettivi raggiunti) – è iscritta a valore zero nella Casa torinese in attesa che il marchio americano torni in Borsa, probabilmente entro la fine del 2011. E’ più conveniente scorporare Iveco e CNH? «Lì vale tutto e il contrario di tutto», ci risponde uno dei circa novanta soci dell’accomandita, la cassaforte attraverso cui la famiglia Agnelli controlla il gruppo torinese. Insomma, nessuna smentita e molta cautela. Anche perché, per restare sempre in casa Fiat, c’è chi sostiene che bisognerà aspettare tra i 18 e i 24 mesi perché uno spin-off (quale che sia) possa essere praticato. Nell’ipotesi rilanciata da Automotive News Europe, questi tempi potrebbero essere anticipati «di sei mesi», ma non di più. Iveco e CNH rappresentano i due settori in cui la crisi globale ha colpito più duro e dunque non avrebbe senso (ma il discorso di questi tempi vale anche per l’auto) un loro scorporo a breve. Non per caso Marchionne stesso ha chiamato il tema un «tormentone». «Iveco e CNH al posto dell’auto? Non è la prima volta che se ne parla – ci dice Giorgio Airaudo, segretario della Fiom del Piemonte – anche se sono certo che Marchionne il 21 aprile non dirà nulla di definitivo né sullo scorporo né sul piano Fiat. Certo, potenzialmente questi due settori hanno più valore dell’automobile, ma per adesso Marchionne si può accontentare dei soldi pubblici che ha fin qui trovato, più quelli dei bond al 7,9 per cento a cinque anni. Governi e mercati hanno creduto in lui. Piuttosto, ha una proprietà che non lo sostiene molto e che adesso si riprende i soldi che ha messo nella fase più critica, tra il 2003 e il 2004. Più che dello scorporo, Marchionne avrebbe bisogno adesso di azionisti che lo aiutassero di più».
(Fonte: www.autonews.com - 18/3/2010)

mercoledì 17 marzo 2010

Fiat: la produzione in Cina con Guangzhou partirà nel 2011


Il governo cinese ha approvato ufficialmente la joint-venture tra Fiat e Guangzhou. Pertanto le vetture del Lingotto saranno prodotte in Cina a partire da settembre 2011. L’impianto nascerà nella provincia di Hunan e sarà gestito equamente dai due costruttori. La prima vettura ad essere assemblata in Cina dal nuovo partner di Fiat sarà la Linea, berlina compatta a quattro porte su cui la Casa torinese punta per farsi largo nell’ormai affollato mercato cinese. Nello stabilimento di Hunan verranno prodotti anche i motori della Fiat Linea, soprattutto in vista di un futuro ampliamento della presenza di Fiat in Cina. Per questo motivo, sarà presente anche un centro di ricerca. Inizialmente, nell’impianto di Guangzhou verranno prodotte 140.000 vetture all’anno e 220.000 motori all’anno. La joint-venture punta ad incrementare la produzione di auto a 250.000 unità annue e quella per i propulsori a 300.000 unità annue.
(Fonte: www.chinacartimes.com - 16/3/2010)

martedì 16 marzo 2010

Ecco i miglioramenti alla 500 per gli U.S.A.


Sarà più sicura e meno rumorosa, la Fiat 500 che arriverà negli Stati Uniti all'inizio del prossimo anno. I passeggeri americani sono più protetti dalle norme di omologazione e la Casa torinese deve necessariamente apportare alcune modifiche alla "baby". Crash più severi. Il modello per l'America, dunque, sarà identico esternamente, ma migliorato a livello meccanico grazie all'adozione di acciaio altoresistenziale e di alcune soluzioni che ritroveremo sulle prossime generazione della Panda e della Yspilon. Gli airbag saranno più grandi (le norme U.S.A. chiedono ai cuscini di proteggere anche chi non allaccia le cinture), il tetto sarà irrigidito per resistere ai test che simulano il ribaltamento e le fiancate saranno più resistenti per assorbire meglio l'urto posteriore. Irrobustiti anche i brancardi (alla base della fiancata), la traversa posteriore e i longheroni che corrono di fianco al pavimento. A questo punto non possiamo non chiederci perché gli automobilisti americani debbano essere più protetti di quelli europei.
(Fonte: www.insideline.com - 16/3/2010)

lunedì 15 marzo 2010

Fiat e Chrysler integrano le rispettive attività di distribuzione in Europa


Fiat Group Automobiles S.p.A. e Chrysler Group LLC fanno un ulteriore passo avanti nel processo di integrazione delle rispettive attività di distribuzione in Europa. A partire da Aprile 2010 FGA svolgerà attività commerciali di supporto alla vendita e all’assistenza di prodotti dei marchi Chrysler, Jeep® e Dodge in diversi paesi europei e sostituirà progressivamente Daimler nello svolgimento di queste operazioni. FGA Capital ha già preso il posto di Daimler per la fornitura di servizi finanziari alla Chrysler in Europa. Le attività e i dipendenti delle società di vendita Chrysler nei vari paesi europei saranno progressivamente trasferiti nelle corrispondenti società commerciali di Fiat Group Automobiles.
(Fonte: www.fiatgroup.com - 15/3/2010)

venerdì 12 marzo 2010

Suzuki: nessun impatto sui rapporti con Fiat dall'intesa con VW


"L'alleanza con VW non avrà per ora nessun impatto sulle collaborazioni in essere tra la nostra azienda e Fiat". Lo ha ribadito il Presidente del Gruppo Suzuki, Osamu Suzuki, il quale, nel presentare la rinnovata Grand Vitara e la Swift plug-in, ha ricordato che andranno dunque avanti sia l'accordo per la produzione in India su licenza dei motori 1.3 a gasolio sia la joint venture per produrre in Ungheria gli sport utility Suzuki SX4 e Fiat Sedici. "Ci sono dei contratti da rispettare. E lo stesso vale per quanto riguarda le intese in atto con Nissan, Mazda e Opel". Secondo Suzuki, seppur non a breve termine, potrebbe cambiare la cooperazione con PSA e Renault per la fornitura di propulsori diesel, eventualmente da sostituire con motori di origine Volkswagen. "Tornando sull'alleanza con Volkswagen - ha concluso Suzuki - l'abbiamo finalizzata per arginare la crisi globale che ha colpito il settore. Loro sono forti nell'ibrido e nell'elettrico, ma rimarremo comunque indipendenti".
(Fonte: www.lastampa.it - 11/3/2010)

giovedì 11 marzo 2010

Laura Soave nuovo capo di Fiat U.S.A.


La prima volta di una donna per un incarico operativo di alto vertice nel Gruppo Fiat. È l’italo-americana Laura J. Soave: l’amministratore delegato Sergio Marchionne (a cui la giovane manager riferirà direttamente) le ha affidato il ruolo di capo del brand Fiat per il Nord America, con la responsabilità dell’intero portafoglio prodotti. «Laura arriva in Chrysler con una grande esperienza maturata nel marketing automobilistico», ha detto Marchionne. «Il suo background farà da trampolino per il ritorno del marchio Fiat sulle strade degli Stati Uniti e del Canada, previsto per questo dicembre. Un ritorno che avviene dopo 25 anni di assenza», ha aggiunto l’Ad di Fiat e Chrysler, che ha così fatto riferimento al già annunciato lancio della 500. Marchionne ha definito la vettura una «auto-icona dello stile italiano, della tecnologia e della passione e qualcosa di più ancora, un modello che annuncia una nuova visione del ruolo della tecnologia stessa nella mobilità sostenibile». Laura J. Soave arriva in Chrysler-Fiat dal gruppo Volkswagen America, dove ricopriva - dal 2009 - l’incarico di general manager della divisione «experiential marketing», galloni con i quali ha guidato le iniziative di marketing rivolte ai consumatori, nonché - dal 2008 - le attività di advertising e comunicazione per i Suv e monovolume della casa automobilistica tedesca Oltreoceano. In precedenza, aveva lavorato in Ford, ricoprendo a partire dal suo ingresso nel 1997 vari ruoli, tra i quali quello di «brand Dna manager», incarico che l’ha vista occuparsi tra l’altro del riposizionamento sul mercato dei marchi Ford, Lincoln e Mercury. Sul fronte accademico, la manager può vantare un master in «business administration» nel marketing conseguito presso l’Università di Detroit nel 2001.
(Fonte: www.lastampa.it - 11/3/2010)

mercoledì 10 marzo 2010

Ancora in tema di spin-off di Fiat Auto...


Dal Lingotto gettano acqua sul fuoco: aspettiamo il 21 aprile per conoscere il piano industriale 2010-14 con dati, cifre e prospettive concrete; allora, sarà più chiaro il destino del gruppo. Eppure, quando Sergio Marchionne a Ginevra ha parlato di “scorporo” dell'auto intendeva una cosa precisa. Analisti e reporter, dunque, non hanno affatto arzigogolato sulle nuvole, nel dipingere un quadro che, sia pur ufficioso, sembra ormai abbastanza chiaro. Del resto, se ne parla, tra tira e molla, da anni. Fiat auto si separa dalle altre attività e probabilmente porta con sé anche Powertrain (i motori), Magneti Marelli (batterie e apparati elettronici), Comau (robot), insomma le tre società organiche alla produzione automobilistica. Fra un anno, quando Chrysler avrà superato la prima massiccia dose della cura, verrà fusa con la consorella italiana. Intanto, i modelli Lancia dello stesso segmento verranno integrati con quelli della casa americana. Marchionne conta di produrre 5,5 milioni di vetture Fiat e Chrysler, così si avvicina alla fatidica quota 6, ma non è ancora in sicurezza. Si levano nuove voci e nuove ipotesi sul terzo vertice del triangolo che non è riuscito l'anno scorso con Opel. Torna in campo Peugeot, ma resta pesante il vincolo politico: Sarkozy ha detto chiaro e tondo che l'auto non deve emigrare e intende farsi rispettare. Il governo italiano, invece, non può far nulla tranne mugugnare. La Francia è ancora un grande produttore con oltre due milioni di vetture l'anno, l'Italia non più con le sue 650 mila appena. Jean Philippe Varin, il capo di Peugeot-Citroen, ha illustrato al Corriere della sera i suoi progetti di sviluppo globale, dalla Cina all'America Latina. Alla domanda sul perché non sia stato firmato l'accordo con la Fiat risponde con un’altra domanda: "Perché Sergio ha comprato la Chrysler?". Marchionne potrebbe replicare: perché con PSA non si andava da nessuna parte. Mai dire mai, ma non sembra il clima giusto per un matrimonio. Dunque la casa torinese (sempre meno torinese e sempre meno italiana) si guarda in giro, soprattutto in Oriente. Il suo principale punto debole si chiama Cina. Lì, nel celeste impero, nella Terra di mezzo, non batte chiodo. Senza più l’alibi degli incentivi, il titolo Fiat risale in Borsa e Marchionne si sente con le mani libere. Lo scorporo prepara un futuro polo automobilistico che lo vede come capo indiscusso, anche se il cammino resta lungo e disseminato di ostacoli. E va nella direzione auspicata dagli eredi Agnelli i quali vogliono liberarsi dell’auto, ormai fonte perenne di perdite finanziarie e di guai politici e sociali. Con L’Avvocato restava il cuore pulsante dell'impero. Adesso, invece, la famiglia non ha vocazione industriale e si identifica piuttosto nei Rockefeller: finanzieri con una base nell'industria, ma con sempre nuove proiezioni nei servizi. Cosa resta della Fiat e quanto vale? Rimangono le macchine agricole di Case New Holland e i camion di Iveco. Può darsi che anche loro trovino partner per alleanze strategiche. Se Fiat auto si fonde con Chrysler, la holding avrebbe meno della metà della nuova aggregazione. Ma l'azionista vuol scendere sotto il 30% in modo da non dover consolidare le eventuali future perdite. Quindi ha bisogno di chiudere il triangolo. Per quel che riguarda i valori, Mediobanca si è messa già all’opera e calcola per Fiat auto 5,5 miliardi, press’a poco equivalente ai propri debiti. Il resto del gruppo, invece, vale 12,5 miliardi. L'effetto sulla borsa sarebbe positivo, e potrebbe far salire la valorizzazione fino a 20 miliardi. Diverso è calcolare il peso specifico di una Fiat senza auto e che opera sempre più all'estero (anche CNH, non lo dimentichiamo, è americana). Gli eredi Agnelli si preparano a un distacco dall'Italia (John Elkann del resto è cosmopolita più che italiano) e dalla stessa Torino, nostalgica sede di un tempo che fu. Inutile fare i gozzaniani, attaccandosi alle piccole cose di pessimo gusto. Il mondo gira così e Fiat gira con il mondo. A questo punto, però, anche il resto del paese deve ragionare in modo serio sul che fare. L’automobile è l'industria delle industrie, con l’indotto, l’innovazione, la ricerca, l’occupazione, senza trascurare le entrare fiscali che il sistema automobilistico assicura allo stato. Bisogna chiedersi onestamente se e come riuscirà a garantire un futuro a 60 milioni di persone un’Italia fatta di consumi, microimprese, un vecchio terziario che, per debolezze culturali, imprenditoriali e sindacali, ha perso il treno (i gruppi più forti e innovativi nella distribuzione sono tutti stranieri da Carrefour a Ikea a Zara), con un turismo regredito in posizioni intermedie (nonostante tutte le chiacchiere sulle risorse artistiche e naturali), senza più industria pubblica né grande industria privata (teniamo conto che ormai anche Italcementi, Merloni, Pirelli sono sempre più internazionali). È ora di parlarne. Anzi, è ora di non parlarne soltanto.
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 9/3/2010)

martedì 9 marzo 2010

I possibili scenari in caso di spin-off di Fiat Auto: IPO, fusione con Chrysler o nuovo partner?


Lo scorporo di Fiat Auto potrebbe accompagnarsi a un'IPO, una fusione con Chrysler o all'ingresso di un partner e porterebbe a un alleggerimento della posizione della famiglia Agnelli nella società. Probabile, dunque, una preventiva fusione con Chrysler o altro che consenta a Exor una diluizione. Uno scorporo realizzato attraverso la distribuzione di azioni non andrebbe in questa direzione: Exor controlla il 30% circa di Fiat Group che detiene il 100% di Fiat Auto, lo spin-off porterebbe il 30% di azioni Fiat Auto a Exor, avvicinando la partecipazione alla famiglia. Fiat, nel caso di scorporo dopo un'eventuale quotazione, si troverà a distribuire ai suoi azionisti non più il 100% di Fiat Auto ma la partecipazione non collocata in borsa. La quotazione del 40% di Fiat Auto sul mercato porterebbe Exor ad avere, in caso di scorporo, il 18% circa dell"auto. La fusione con Chrysler ha ragioni di tipo industriale, considerato che Fiat potrà salire oltre il 49%, una volta ripagato il debito con il governo statunitense. In mancanza di un'IPO di Fiat Auto si avrebbe come conseguenza anche la diluizione di Exor nell'auto. Le nuove quote dopo l'eventuale fusione sono legate alla valutazione che avranno le società al momento in cui si decidesse di partire. Secondo Gerardo Murano, equity analyst di Fida, società torinese di analisi finanziaria, lo spin off dell'auto, definito dallo stesso Sergio Marchionne come "un tormentone", sarebbe per Fiat solo un'operazione di cassa, non di grande interesse da un punto di vista industriale. "E' l'operazione Chrysler, sia dal punto di vista di Fiat che di Exor, quella principale".
(Fonte: www.businessonline.it - 9/3/2010)

lunedì 8 marzo 2010

John Elkann: "Ecco la Fiat dei miei sogni: più forte, cuore e testa in Italia"


«Vorrei parlarvi del mio sogno che è quello di una Fiat sempre più forte, quello che ho vissuto in questi anni. E per farlo voglio iniziare dal 2002». La Fiat raccontata per la prima volta da John Elkann sta in questi otto anni, tra l'azienda che c'era e non c'è più e quella che sarà ma non c'è ancora. La Fiat del Novecento finita con l'Avvocato e la Fiat di Sergio Marchionne che cerca spazi nel mondo per restare tra i big player dopo essersi affacciata pericolosamente sull'abisso della scomparsa. «Una Fiat più grande, di una grandezza che non sarà mai a scapito dell'Italia, con il cuore e la testa a Torino» E' una serata molto torinese quella in cui il giovane vicepresidente della Fiat e presidente di Exor racconta e si racconta, in un salone dell'Unione Industriali davanti a una platea di soci del Rotary. Primo capitolo, la paura del declino.
L'addio all'Avvocato
«E' il 2002, l'anno in cui il dottor Gianluigi Gabetti è rientrato dalla Svizzera e io dagli Stati Uniti. Siamo tornati per senso del dovere e perché c'erano tante cose che pensavamo potessero essere fatte. Mio nonno era gravemente malato e l'azienda stava attraversando un momento difficilissimo. Alla sua morte, mio zio Umberto assunse la presidenza. Fu allora che decidemmo di investire 250 milioni di risparmi come famiglia: eravamo convinti che la situazione non fosse così disperata come veniva descritta». E' la breve e turbolenta stagione della Fiat guidata da Giuseppe Morchio e della malattia di Umberto Agnelli. La svolta avviene ancor prima dei funerali di Umberto. «L'ingegner Morchio fece sapere a Gabetti e a Franzo Grande Stevens che era sua intenzione convocare un consiglio di amministrazione al quale sottoporre la proposta dell'assunzione del doppio incarico, di presidente e amministratore delegato. Da tempo però noi avevamo considerato che, per il buon funzionamento dell'azienda, fosse necessario tenere distinti i due ruoli. Un equilibrio adeguato che non avevamo intenzione di modificare. Il 31 maggio c'era l'assemblea della Banca d'Italia e Morchio voleva essere sicuro di arrivare a quell'appuntamento con il doppio incarico. Noi ritenemmo che ciò non fosse possibile».
Da Morchio a Marchionne
In un giorno di lutto per la famiglia Agnelli si chiude l'era Morchio. «Con Gabetti e Franzo Grande Stevens cominciammo a pensare quali potevano essere le alternative qualora Morchio avesse insistito nella sua richiesta. Nel cda della Fiat avevamo già una persona che aveva dimostrato la sua capacità in una società che si chiama Sgs di cui eravamo azionisti da anni: il dottor Sergio Marchionne. Assieme a Gabetti c'eravamo preparati all'eventualità e avevamo incontrato Marchionne, il quale ci disse che in quella situazione la cosa più importante era assicurare il massimo di continuità. Nel giorno dei funerali dello zio, Morchio convocò un cda al quale intendeva presentare la sua proposta. Ma venne anticipato da Gabetti che riunì la famiglia e, in previsione di quanto sarebbe accaduto, senza mai fare il nome di Marchionne, propose la soluzione della presidenza affidata a Montezemolo, allora nel cda Fiat, e la vicepresidenza a me. Così, dopo la rinuncia di Morchio, avremmo potuto procedere alla nomina di Marchionne come ad». Al consiglio da lui convocato Morchio non si presenta. Il rumore delle pale di un elicottero che si alza in volo dalla pista del Lingotto è il segnale della sua uscita dalla Fiat.
Il nodo del convertendo
«In quei giorni il destino della Fiat Auto è ancora una volta molto incerto. La General Motors era azionista al 20% e c'era anche il diritto che Fiat poteva esercitare di vendere tutta la società dell'auto a GM. Dovemmo fronteggiare allora tre grosse difficoltà: la prima di tipo finanziario perchè la Fiat aveva un forte debito, la seconda operativa in quanto la sua attività non andava bene, la terza di identità perché nessuno sapeva quale sarebbe stato il futuro. Nel 2005 il problema più grosso era il prestito convertendo di 3 miliardi di Euro con le banche che alla scadenza poteva trasformarsi in una perdita del controllo della società. C'erano segnali di miglioramento ma erano difficili da identificare e c'era anche la preoccupazione crescente per gli appetiti che andavano manifestandosi anche perché Fiat aveva valore in settori diversi dall'auto». «Fu allora che Gabetti e Grande Stevens trovarono una soluzione che nel settembre del 2005 consentì a Ifil di chiudere la partita del convertendo conservando la quota di controllo di Fiat». E' questo il passaggio, ancora oggi materia di un contenzioso sul quale sta per esprimersi la magistratura. John Elkann non sfiora l'argomento, ma si limita a ricordare che «senza la soluzione studiata da Gabetti e Grande Stevens sarebbe stato difficile sapere come sarebbe evoluta la situazione». Quello che è certo è che per la Fiat comincia un nuovo periodo. «Da quel momento si cominciò a lavorare con uno spirito positivo nuovo. La Grande Punto fu il primo successo, il segnale della svolta vera e di un recupero che avrebbe avuto un seguito negli anni a venire. Il momento più bello fu, subito dopo, il lancio della 500, avvenuto non a caso a Torino. Poi, come talvolta accade quando si lavora in armonia, un successo tirò l'altro. Nel 2008 Fiat registrò i migliori risultati della sua storia».
La crisi globale
Ma all'orizzonte c'è già la grande crisi. «Nell'ultimo trimestre fummo costretti a confrontarci con le impreviste difficoltà imposte dalla crisi mondiale, che si sono tradotte in un calo della domanda in tutti i mestieri del nostro gruppo e in una forte tensione sulla liquidità». Il racconto del vicepresidente torna ad assumere toni preoccupati, ma di una preoccupazione molto diversa da quella di metà del decennio. «Con la crisi ci siamo resi conto che non potevamo restare marginali. Un mercato sempre più contratto e i volumi in calo avevano creato necessità finanziarie enormi. E così nel 2009 abbiamo cercato nuove alleanze dialogando con costruttori e governi. Siamo stati fortunati a incrociare Chrysler, che è un'azienda che produce come Fiat. Sono tornato qualche ora fa dal Salone di Ginevra, dove ho potuto constatare l'ampiezza dell'offerta che oggi è in grado di offrire il nuovo gruppo».
Fuori dal tunnel?
«Con Chrysler possiamo fare ciò che da soli non avremmo mai potuto fare. Stiamo lavorando con grande entusiasmo, sapendo che sui mercati mondiali dell'auto ci sono ora i Paesi emergenti con i quali dobbiamo confrontarci. Nel 2009 la Cina è stata il primo mercato automobilistico del mondo. Nello stesso anno abbiamo risposto con accordi in Messico, Russia, Cina e Brasile dove, appena tre giorni fa, Marchionne ha firmato un'intesa per la produzione di mezzi agricoli. Siamo impegnati in una sfida globale che comprende anche il lavoro per presidiare le nuove tecnologie compatibili con l'ambiente sulle quali siamo già avanti, come dimostra il motore presentato a Ginevra». Che cosa resta da fare in un momento nel quale, peraltro, è ancora aperto il drammatico capitolo di Termini Imerese, con il futuro senza certezze per oltre mille lavoratori? «Lavorare molto sull'integrazione con Chrysler, rafforzare la presenza nei paesi emergenti, mantenerci all'avanguardia sul fronte dell'innovazione. L'altra sfida è far sì che le persone che lavorano in Fiat siano al passo con tutto questo». In una serata in cui il tema degli ospiti rotariani era “Il sogno”, John Elkann ha raccontato il suo. Domanda: ma lei sogna in americano o in italiano? «Io sogno una Fiat grande in Italia e nel mondo».
(Fonte: www.repubblica.it - 6/3/2010)

venerdì 5 marzo 2010

Fiat, cosa c'è dietro l'apertura di Marchionne sullo spin-off dell'auto


Al salone di Ginevra Sergio Marchionne ha confermato i rumors che ormai si rincorrevano da mesi: Fiat Auto, la società che nel gruppo Fiat opera nella costruzione di autovetture, potrebbe subire uno spin-off. In altre parole la Fiat Auto, al momento controllata al 100% da Fiat Group S.p.A. potrebbe essere separata dal resto del gruppo e quotata sul mercato. Gli analisti concordano nel ritenere che il Fiat Group capitalizzi sul mercato circa 10 miliardi. Pertanto, la quotazione del comparto auto determinerebbe un flusso a favore delle casse del Lingotto compreso tra i tre e i cinque miliardi di euro. Tali valori non comprendono tuttavia la valutazione di Ferrari e Maserati che, in via di principio dovrebbero essere escluse dal perimetro di quotazione. Un simile deal determinerebbe una maggiore integrazione di Chrysler e Fiat Auto: Marchionne infatti ha convito il Governo americano ad evitare il Chapter 11 al costruttore U.S.A. proprio puntando sulla condivisione delle piattaforme tecnologiche, in particolare dei motori a bassa emissione e sulla razionalizzazione dei processi produttivi. Marchionne infatti è stato tra i primi manager dell’automotive a maturare il convincimento per cui il panorama globalizzato richieda ai maggiori player per rimanere sul mercato, di produrre almeno 6 milioni di vetture l’anno, al fine di ridurre i costi legati principalmente allo sviluppo e alla produzione dei veicoli. Tuttavia le ragioni che potrebbero spingere la Casa di Torino a cimentarsi in questa operazioni investono anche la governance di tutto il Gruppo. Ad oggi, la famiglia Agnelli–Elkann, gli eredi dell’Avvocato Agnelli, detengono il 30% di Fiat Group mediante la finanziaria Exor Group. Quest’ultima di recente è stata oggetto di una ristrutturazione che ne ha visto l’accorciamento della catena di comando per limitare la dispersione degli utili verso la cassaforte di famiglia e per diversificare il portafoglio di investimenti della finanziaria. E proprio questa opera di diversificazione potrebbe indurre l’azionista di riferimento a concentrarsi maggiormente in altri settori, tralasciando il comparto delle autovetture. Del resto questo business ha una carattere decisamente ciclico e richiede notevoli investimenti per elevare di continuo i livelli tecnologici. Pertanto la famiglia Elkann potrebbe scegliere un graduale disimpegno in quello che per tre generazioni ha rappresentato il core business del Lingotto. Solo un anno fa infatti, gli eredi dell’Avvocato, mediante Exor, tentavo di acquistare dal Gruppo Intesa, Banca Fideuram, attiva nella gestione di capitali. L’acquisto, sfumato per il dissenso tra le varie anime di Intesa, avrebbe comportato l’esborso cash per un miliardo da parte di Exor e il ricorso alla leva finanziaria per un altro paio di miliardi. È indubbio quindi che la finanziaria degli Elkann goda di una notevole liquidità e che i mancati interventi al sostegno del settore auto, straziato dalla crisi, perseguano chiaramente la strategia di un graduale disimpegno. Si aggiunga che nell’ultimo periodo, Montezemolo, tradizionalmente molto vicino agli azionisti di riferimento del Lingotto, sia sempre più un presidente di holding che si occupa molto poco di auto e tanto di Ferrari e degli altri brand del gruppo. Al contrario Marchionne è sempre più un uomo solo al comando che gode di una radicale autonomia nella gestione dell’auto. Pertanto non sarebbe peregrino pensare a uno spin-off di Fiat Auto in cui venga inglobata Chrysler nell’ottica di una grande public company, il cui azionariato sarebbe polverizzato su scala planetaria. Marchionne si ritroverebbe quindi alla testa di un colosso multinazionale senza azionisti di riferimento che siano in grado di dettargli le linee del business dell’azienda. D’altra parte, in un’epoca in cui lo Stato, dopo trent’anni di sovvenzioni, aiuti, cassaintegrazione e prepensionamenti, per ragioni contingenti tende a ridimensionare il suo sostegno all’auto, rende meno profittevole un business che negli ha beneficiato del denaro dei contribuenti. La strada verso una grande multinazionale dell’auto è tuttavia lunga e tortuosa. Un simile progetto infatti deve tenere conto dell’attuale assetto del Gruppo Fiat: le tecnologie dei motori sono detenute e gestite da un’unica società, Fiat Powertrain e utilizzate anche da Iveco e CNH che verosimilmente non saranno incluse nello spin-off. Inoltre, nonostante Fiat Auto e Chrysler divengano un’unica entità, non sarebbero in grado di raggiungere il target di produzione di sei milioni di veicoli all’anno. Pertanto Marchionne dovrà individuare altri produttori con cui stringere accordi che inevitabilmente concorreranno a costituire una Fiat Auto sempre meno torinese.
(Fonte: www.loccidentale.it - 5/3/2010)

giovedì 4 marzo 2010

Per Chrysler-Lancia monovolume, Suv e una berlina di lusso


L’integrazione dei marchi è ormai avviatissima e sempre più evidente, come testimonia al Salone di Ginevra lo stand comune tra Lancia e Chrysler. Presto arriveranno sui mercati anche i primi frutti concreti dell’alleanza con Detroit, sebbene in Fiat nessuno ne voglia parlare in attesa che sia Marchionne a svelare personalmente i dettagli del piano-prodotti, il 21 aprile, agli analisti. Già circolano tuttavia parecchie indiscrezioni e qualche certezza, mentre Olivier François (che è presidente di Chrysler e Ceo di Lancia) e Lorenzo Sistino (capo operativo del brand Fiat, dunque pilastro del progetto) lavorano in simbiosi da tempo, con il responsabile delle piattaforme e del prodotto Harald Wester, sulle comuni strategie industriali. Prima certezza: Chrysler Europa sta riorganizzando l’intera rete commerciale, che comprende anche il gioiello Jeep, integrandola con quella del Lingotto. Il marchio Dodge scomparirà dal Vecchio Continente e tutti i prodotti Dodge avranno sul cofano il logo Fiat. Il modello che inaugurerà la nuova filosofia è un grande Suv di concezione e tecnologia americana, la Nitro, una sorta di «piccolo Hummer» che già in autunno sarà venduta anche in Italia col nuovo look torinese. Il primo passo è un logo, bisognerà attendere la primavera 2011 per trovare sul mercato una vettura dal Dna «misto», ancora concettualmente Made in U.S.A. però con motori ecologici Fiat e stile rivisto secondo canoni più europei. E’ il Dodge Journey, un monovolume di dimensioni medio-grandi (e con capienza fino a 7 posti) destinato a rimpiazzare il Fiat Ulysse, che si avvia a fine ciclo. Per il Lingotto, tradizionalmente molto forte nei segmenti piccoli e medi (come il C-Compact inaugurato dalla Giulietta), si rivelerà preziosa la piattaforma delle grandi vetture americane. La prossima edizione della Sebring, ambiziosa berlina declinata anche in versione cabrio, sarà il primo vero esempio di modelli generati dalla nuova famiglia Chrysler-Lancia e sintetizzerà - sempre l’anno prossimo - il completamento fisiologico dell’integrazione. Il brand Lancia, ormai poco riconosciuto in Europa, verrà limitato ai confini nazionali, dove conserva tutto il fascino della sua storia ricca d’innovazione. E comunque, grazie alla futura Sebring e se tutto andrà secono i programmi, il marchio tornerà ad offrire una berlina di prestigio (battezzata Chrysler in Europa) erede di modelli, come la Thema, che in passato hanno riscosso grande successo. Seguiranno l’introduzione commerciale sul mercato italiano del monovolume Voyager marchiato Lancia e le nuove generazioni Jeep, a cominciare dal Grand Cherokee completamente rinnovato. Lo sbarco in U.S.A. di Alfa Romeo, ipotizzato «probabilmente per il 2012», è tuttora subordinato alla realizzazione dell’ammiraglia che dovrebbe nascere dal telaio della imponente Chrysler 300C: ma sarà decisivo soprattutto il risvolto industriale, quindi la possibilità di produrre in U.S.A. le vetture del Biscione. Altrimenti l’operazione slitterebbe, non avendo il necessario sostegno economico (cioè garanzia di redditività). Si prospettano, dunque, molte novità di prodotto, legate o svincolate dalle sinergie del Lingotto con Auburn Hills. Proprio il 2011 sarà un anno chiave. Arriverà l’erede della Ypsilon, più grande e a 5 porte per «assorbire» anche i clienti della Musa. Ormai deliberata sulla piattaforma della Punto Evo, avrà un look giovane che cavalca le tendenze e una vocazione moderna da crossover. Nei mercati fuori dall’Italia si chiamerà ovviamente Chrysler. Si lavora, però ancora senza certezze produttive, a una versione «familiare» della 500 con dimensioni maggiorate per farne un’auto da famiglia. Nel 2012 debutterà la nuova generazione Panda, vettura altamente strategica e di volumi importanti. Subito dopo dovrebbe esordire un innovativo monovolume compatto Fiat, già in embrione (LO), pronto a raccogliere il testimone di Idea e Multipla, mutuando un po’ della formula di entrambi i modelli.
(Fonte: www.lastampa.it - 4/3/2010)

mercoledì 3 marzo 2010

Marchionne apre sullo spin-off di Fiat Auto


Lo spin-off è «un tormentone», ma per sapere se il settore auto sarà separato da tutte le attività del gruppo bisognerà aspettare il 21 aprile, quando la Fiat presenterà il nuovo piano industriale. A Ginevra l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, ammette per la prima volta che «è una delle ipotesi allo studio», mentre non ci saranno novità sugli stabilimenti italiani. Le sue parole danno sprint al titolo che chiude a 8,38 euro, in crescita dell’1,58 per cento. Marchionne, che visita il Salone con John Elkann e il fratello Lapo, parla anche del maxirichiamo di 8 milioni e mezzo di auto Toyota per difetti tecnici: «è una cosa che fa male all’industria dell’auto. Spero che non capiti mai nè a Fiat nè a Chrysler. Hanno tutto il mio sostegno morale», dice. È soprattutto il mercato dell’auto a preoccupare il manager Fiat: «Il 2010 - spiega Marchionne - sarà un anno duro, ma lo sappiamo affrontare. Perchè il mercato si normalizzi in Italia bisognerà aspettare il 2013. Ci vorranno 3-4 anni perchè riacquisti un ritmo normale, le vendite si attesteranno intorno a 1.750.000 vetture». Insomma, osserva, «siamo nella stagione delle difficoltà, dureranno un pò di tempo, ma la cosa importante è che la crisi sia passata. Ora bisogna gestire il futuro, prima si metteva in discussione pure quello». La Fiat non ha in programma di estendere all’auto l’alleanza con Peugeot, almeno «per il momento». «I rapporti - sottolinea Marchionne - sono ottimi, per quanto riguarda i veicoli commerciali lo sviluppo continua ad andare avanti». All’amministratore delegato del gruppo torinese sta a cuore il rilancio del marchio Alfa Romeo, che a Ginevra presenta in anteprima mondiale la Giulietta. Per il suo possibile sbarco in U.S.A. nel 2012 c’è un progetto, ma se ne parlerà il 21 aprile. Quanto a Chrysler, Marchionne spiega che «non si possono mettere a confronto i dati del 2010 con un periodo estremamente strano della vita della Chrysler, perchè fino a quando non è entrata in Chapter 11 ha venduto tutto quello che aveva a prezzi ridicoli che non rappresentavano il giro normale dei suoi volumi, mentre quelli di adesso sono veri numeri». Marchionne, che parla di «un grandissimo 2010 in Brasile», torna anche sul problema Termini Imerese, al centro del tavolo al ministero dello Sviluppo Economico venerdì: «è un problema che sta diventando da un punto di vista mediatico difficile da gestire. Andiamo ad aggiungere cerotti a un discorso che era di una semplicità e chiarezza incredibili. Quello che mi dispiace è che tutta questa storia la stanno vivendo sulla loro pelle i lavoratori di Termini. Invito tutti quanti a fare dei discorsi seri e precisi, la Fiat farà quello che è necessario per traghettare la fabbrica e portarla da un’altra parte». Smentisce poi un interesse per la fabbrica siciliana il direttore generale dei marchi Peugeot e Citroen, Jean-Marc Gales.
(Fonte: www.lastampa.it - 3/3/2010)

martedì 2 marzo 2010

Jato: Fiat al primo posto in Europa per le basse emissioni anche nel 2009


Per il terzo anno consecutivo Fiat Automobiles conquista il primato europeo nella riduzione delle emissioni di CO2. Fiat Automobiles è, infatti, il brand che ha registrato il valore medio più basso di emissioni di CO2 sulle proprie vetture vendute nel 2009: 127,8 g/km (nel 2008 era di 133,7 g/km). Il primato è stato riconosciuto dalla società Jato, leader mondiale per la consulenza e la ricerca nel campo automotive e Fiat precede Toyota, Peugeot, Renault, Citroen, Ford, Opel/Vauxhall, Volkswagen, Audi e Mercedes. Il Gruppo torinese, inoltre, è risultato primo nella classifica per gruppi, precedendo Toyota, PSA, Renault e Hyundai. Un successo a livello di gruppo trainato, in primo luogo dal primato di Fiat, ma anche da Alfa Romeo, il marchio che, grazie a una riduzione media di 18,3 g/km e a 109.542 vetture vendute ha totalizzato la più alta riduzione globale sulla gamma. Il primato ecologico di Fiat nasce da una strategia di lungo periodo basata su due assi fondamentali: da una parte, un insieme di soluzioni tecnologiche volte al contenimento di consumi ed emissioni, dall'altra la sensibilizzazione degli utenti verso un utilizzo sempre più responsabile ed ecocompatibile della vettura. Per quanto riguarda le motorizzazioni, al prossimo Salone di Ginevra sarà presentato, in anteprima assoluta, l'inedito motore bicilindrico Twin-Air su una Fiat 500, il primo modello Fiat su cui debutterà il prossimo settembre. Un contributo fondamentale è portato anche dalla crescita del metano: Fiat ha la leadership assoluta in Europa in questo campo con 350.000 unità vendute fino ad oggi ed una gamma di sette vetture. Al fine di sensibilizzare un uso sempre più responsabile ed ecocompatibile della vettura, Fiat propone, invece, eco: Drive, un software, che consente, attraverso la porta USB del sistema Blue&Me, di analizzare il comportamento di guida dell'automobilista aiutandolo a ottimizzare consumi ed emissioni. Dal lancio avvenuto nell'ottobre 2008, l'applicativo ha già raggiunto circa 100.000 download e conta, oggi, quasi 35.000 utenti, che lo usano abitualmente. Recentemente è stato introdotto anche eco:Drive Fleet, la versione del software dedicata alle flotte.
(Fonte: www.repubblica.it - 1/3/2010)

lunedì 1 marzo 2010

Conviene agli Agnelli una Fiat Auto "scorporata" e "deitalianizzata"?


«La Fiat non lascerà Torino. Torino, per la Fiat, è il luogo dove siamo e dove staremo. Qui c'è il nostro cuore, qui c'è la nostra testa». La rassicurazione è del vicepresidente John Elkann e, riecheggiando Sergio Marchionne secondo il quale «è impensabile una Fiat senza Torino», dovrebbe chiudere il discorso. Ma resta il dubbio sull'estensibilità della dimensione Torino alla dimensione Italia. E non soltanto perchè ancora non è ben chiaro che fine farà lo stabilimento di Termini Imerese, ma per la ragione che si teme possa essere in atto una «deitalianizzazione» della Fiat per dire un processo che riguarda tutto il gruppo e non il solo impianto siciliano. Messa in questi termini potrebbe sembrare una questione di quelle che stanno dentro il perimetro dei rapporti tra azienda e sindacato con qualche ruolo per le istituzioni e per la politica. Ma dall'osservatorio Exor di Corso Matteotti, per dire la roccaforte di controllo della società nel cuore di Torino, il colpo d'occhio è quello di una Fiat Group Automobiles fatta, in Italia, da cinque stabilimenti con circa 30 mila dipendenti. Meno della metà di quelli che lavoravano nella sola Mirafiori agli inizi degli anni Settanta. Ma con un orizzonte assai più lungo, anche se tra gli eredi dell'Avvocato c'è qualcuno che fatica a leggere la strategia del manager che ha strappato l'azienda di famiglia a un declino annunciato e che sembrava irreversibile. Meglio primi in Italia o tra i primi nel mondo? Questo interrogativo ha sostituito un altro che circolava fino a un paio di anni fa e che faceva pensare all'intenzione degli Agnelli di disfarsi del settore automotive puntando su una diversificazione che comportasse meno rischi di questo. Una posizione, questa, sulla quale, senza mai uscire allo scoperto, sembrava fossero schierati alcuni rappresentanti della generazione di mezzo, lontani dalla storia Fiat e poco propensi ad accettare un futuro sempre legato alla scommessa dell'auto. Forse non hanno cambiato idea neppure oggi, ma si guardano bene dal sollevare la questione. C'è qualcosa di più urgente e per adesso va bene così. Agli Agnelli non sfugge infatti che, con la grande crisi ancora in atto, l'industria mondiale dell'automobile è diventata sempre di più un «mestiere rischioso». Si può conquistare la vetta ma senza alcuna sicurezza di non essere detronizzati: ne sanno qualcosa la General Motors e la Toyota. E' però un fatto che su queste montagne russe sarebbe ancor più rischiosa ogni mossa che non fosse quella fatta da Marchionne per portare la Fiat verso una soglia di sicurezza. E già questo è sufficiente a spiegare l'adesione incondizionata della Famiglia, non solo di John Elkann, rispetto alle scelte strategiche dell'ad del Lingotto. Dopotutto chi ha preso le redini di un'azienda sull'orlo del fallimento trasformandola in un gruppo da oltre 4 milioni di vetture all'anno grazie a un'alleanza con Chrysler che per giunta è costata poco o nulla si è conquistata un'autonomia di manovra quanto meno fino a quando non si potrà fare un primo bilancio di quanto è successo nel corso del 2009. Dunque una Fiat meno italiana? Se lo si chiede ai più avveduti tra quelli che hanno peso nella galassia Agnelli, la risposta è che ciò che conta è una Fiat più forte e in grado di stare tra i grandi dell'industria mondiale dell'auto. Una Fiat che è in America Latina, Polonia, Turchia, Serbia, Russia, Cina, India e anche negli Stati Uniti è assai diversa dalla Fiat in dimensione domestica che sul finire del secolo scorso stava sprofondando senza che nessuno corresse ai ripari. Questo spiega la sintonia degli ultimi cinque anni e l'autonomia che la Famiglia ha accordato a Marchionne, nella convinzione che senza le scelte da lui operate la Fiat non avrebbe avuto alcun futuro. La Famiglia si affida dunque allo stratega Marchionne e non interferisce in una Fiat assai diversa da quella del passato quando, sotto la guida indiscussa dell' Avvocato, alcuni suoi esponenti erano presenti nell'azienda anche con ruoli esecutivi. Oggi la sua rappresentanza è tutta negli organi istituzionali, John è vicepresidente di Fiat e di Exor nel cui cda siede anche Andrea, figlio di Umberto e Allegra Caracciolo, e altri membri del clan allargato degli Agnelli come Tiberto Brandolini d'Adda, Pio Teodorani Fabbri, Lupo Rattazzi, Oddone Camerana, Luca Ferrero di Ventimiglia, Alessandro Nasi. Nessuno di loro ha mai messo in discussione le scelte di Marchionne. Che, col tempo, ha assunto anche il ruolo di referente nei rapporti internazionali. In questo, che era il ruolo dell' Avvocato, Marchionne pertanto si ritrova ad avere una posizione più forte e più autonoma nel ridisegnare una Fiat, come si dice oggi, meno italiana e più internazionale. Con l'assetto societario attuale? E' questo un interrogativo aggiuntivo che non pretende risposte immediate da parte del gruppo che controlla Fiat. Semmai questo discorso si riproporrà più avanti quando l'ad del Lingotto proverà a rispolverare il progetto di spin-off dell'Auto che aveva messo in cantiere nella primavera del 2009 quando ancora era convinto che, dopo l'operazione Chrysler, sarebbe maturata anche quella che avrebbe portato la Opel sotto l'ombrello di Fiat. L'argomento è per il momento accantonato. E nessun membro della famiglia Agnelli ha intenzione di metterlo in agenda. Neppure quelli che sembravano optare per una politica di diversificazione da parte di Exor. Essi sanno che, nonostante le difficoltà insorte con la crisi, l'auto resta ancora il settore forte della Fiat e dunque hanno interesse a consolidarlo per poter avere maggiori probabilità di successo al momento in cui si decidesse lo spin-off. Possono aspettare essendo incoraggiati anche dal fatto che una Fiat più presente nello scenario mondiale è più credibile sui mercati borsistici. In questa prospettiva, la Fiat meno italiana non costituisce un problema salvo i rapporti col sindacato e col governo che, peraltro, nel bene e nel male, da tempo non sono più quelli che intratteneva la Fiat dell'Avvocato e di Cesare Romiti. E poi, nel gioco delle deleghe e dei ruoli, questo è un affare che riguarda in parte Luca Cordero di Montezemolo, in parte Marchionne. Semmai la questione si ripresenterà quando, ultimata la «campagna acquisti» intesa come alleanze, l'ad del Lingotto imboccherà veramente la strada dello scorporo dell'auto. Ma questo è uno scenario che gli Agnelli, seppure nella non totalità degli eredi interessati alla questione, hanno già provveduto a prefigurarsi. E a quanto si sa essa non confligge con l'attuale conduzione di Fiat da parte di Marchionne. Se infatti l'obiettivo è quello di sganciare dal gruppo il settore auto per collocarlo in Borsa, la Famiglia non potrebbe che trarne dei benefici. Conservare il controllo di una Fiat senza l'auto e per giunta in possesso di una quota consistente in un gruppo automobilistico da 5-6 milioni di vetture all'anno non è certo un affare in perdita. Ed è anche questa la chiave di lettura della loro posizione di fronte alla «deitalianizzazione» della Fiat. Forse tra loro c'è chi pensa che l'Avvocato avrebbe affrontato diversamente la questione, sapendo però che quelli erano altri tempi. E anche un'altra Fiat che oggi avrebbe qualche problema a sopravvivere.
(Fonte: www.repubblica.it - 1/3/2010)