venerdì 26 febbraio 2010

Affidabilità: Dekra premia il Gruppo Fiat


"Le vetture di più recente produzione, come Fiat Grande Punto, Fiat Idea, Alfa Romeo 159 e Lancia Ypsilon, cioè quelle su cui il Gruppo ha, a suo tempo, avviato la scommessa di rilancio, mostrano un livello qualitativo decisamente consistente". E' quanto si legge nell'ultima edizione del 'Rapporto Dekra sull'affidabilità dell'usato che conferma la crescita di qualità delle auto prodotte dal Lingotto e ipotizza che, "dopo aver effettuato le prime revisioni per Fiat 500, Alfa MiTo e Lancia Delta, questi modelli potranno riservare piacevoli sorprese nelle classifiche individuali ed in quella assoluta". Il Rapporto, redatto in Germania in collaborazione con l'autorevole rivista tedesca Auto Motor und Sport sulla base dell'analisi di 15 milioni di revisioni in Germania su 150 modelli, ha visto primeggiare nella categoria delle piccole la Opel Corsa D e nella classifica assoluta l'Audi A6. I due modelli italiani Fiat Grande Punto e Alfa Romeo 159 si collocano però nella Top 10 della classifica individuale sulla fascia di percorrenza 0-50.000 km, mentre la Lancia Ypsilon e l'Idea sfiorano l'inserimento nelle prime dieci. "Particolarmente interessante - conclude il Rapporto Dekra - la valutazione dei parametri di difettosità nei 5 gruppi di componenti dell'auto (impianto frenante, sospensioni sterzo, motore emissioni, luci impianto elettrico, carrozzeria abitacolo) che vengono valutati per la classifica. Le auto su cui il Gruppo Fiat ha maggiormente investito mostrano un livello di difettosità decisamente inferiore alla media del segmento ed in alcuni casi addirittura migliore rispetto a modelli di classe superiore e alto di gamma". Citando le più recenti vetture del Gruppo Fiat, il Rapporto Dekra commenta: "Tali dati lasciano ben sperare per il futuro e fanno ipotizzare che - dopo aver effettuato le prime revisioni per Fiat 500, Alfa MiTo e Lancia Delta - questi modelli potranno riservare piacevoli sorprese nelle classifiche individuali ed in quella assoluta".
(Fonte: www.repubblica.it - 24/2/2010)

giovedì 25 febbraio 2010

Lancia e Chrysler insieme a Ginevra


La presenza di Lancia al Salone di Ginevra incuriosisce, più che per le auto, per la prima condivisione in Europa dello stesso spazio espositivo con il marchio americano Chrysler. Il loro legame, nato dopo l'alleanza tra Fiat e Chrysler e suggellato dalla nomina di Olivier Francois, CEO di Lancia, a responsabile del brand statunitense, è stato implicitamente esternato a Detroit con la Chrysler Delta, ma è al Salone di Ginevra che il Gruppo Fiat annuncerà per la prima vola se ci sarà convivenza sul mercato europeo e come sarà caratterizzata dal punto di vista commerciale. Il significativo abbinamento marchio-modello della Chrysler Delta ha finora rafforzato l'ipotesi del tramonto del marchio Lancia in favore di quello Chrylser. Una mossa strategicamente valida, secondo i vertici del Lingotto, perché il brand americano è più popolare a livello internazionale rispetto a quello italiano, che, secondo alcuni, potrebbe sopravvivere solo in Italia. Previsioni che tuttavia sono ancora incerte e che proprio a Ginevra saranno smentite o confermate. La vision di Torino è stata parzialmente anticipata da una nota stampa che ricorda come "i due marchi hanno fatto la storia" e "ora si compenetrano, si completano come due tasselli che racchiudono il meglio di ciò che la storia dell’automobile ha prodotto di qua e di là dall’oceano, due tessere di un puzzle che, unendosi, si trasfigurano in una nuova entità, una specie di nuovo eroe dei due mondi che ha e avrà molto di nuovo da dire". Parole, un pò fumose, che fanno da preambolo alla descrizione dell'allestimento fieristico caratterizzato da un imponente parete di sfondo che gioca sull'incastro di enormi tessere di puzzle su cui spiccano immagini dei due brand. Anche i pavimenti dello stand riprenderanno il tema del puzzle, come espressione dell’unione tra i due marchi, e ci saranno due grandi pedane, a forma di tessera, che ospiteranno da una parte due Lancia Delta e dall’altra due Chrysler 300C. In questo contesto il visitatore verrà invitato alla composizione, grazie anche ad un gioco di specchi e telecamere. Aspettiamo l'apertura del Salone di Ginevra per vedere e fotografare questa particolare scenografia, ma soprattutto per capire cosa succederà ai due marchi al di fuori dello stand, sulle strade e nelle concessionarie di tutt'Europa...
(Fonte: www.omniauto.it - 25/2/2010)

mercoledì 24 febbraio 2010

I dettagli dell'accordo Fiat-Sollers


Marchionne aveva sottolineato che sarebbe stato il suo sogno: ora sembra essersi realizzato. Come riporta Automotive News, che cita il quotidiano russo Vedemosti, il vicepresidente della Sollers, Nikolai Sobolev, ha dichiarato che la società russa assemblerà 150.000 Jeep l'anno. A regime i modelli interessati saranno nove ma, entro quest'anno, si inizia con le Jeep Patriot, Liberty, Wrangler e Grand Cherokee. I primi modelli costruiti interamente in Russia (quindi non solo assemblati) saranno le nuove generazioni delle Jeep Patriot e Liberty (venduta in Europa come Cherokee), entrambe attese sul mercato americano nel 2013. Questi due modelli, entrambi vicini ai 450 cm di lunghezza, verrano prodotti utilizzando l'ossatura che la Fiat chiama Compact Wide e con cui verranno prodotti diversi modelli futuri del Lingotto. Con tutta probabilità oltre a quelli della Jeep, non ci saranno altri modelli del gruppo Fiat-Chrysler prodotti in Russia. A confermarlo, anche se solo attraverso una battuta, fu lo stesso Marchionne che, in occasione della presentazione alla stampa dell'accordo con la Sollers, aveva detto: "le strade fangose russe sono perfette per le vetture a trazione integrale".
(Fonte: www.autonews.com - 22/2/2010)

martedì 23 febbraio 2010

Chrysler riacquisisce la fabbrica di Sterling Heights


La fabbrica Chrysler di Sterling Heights, Michigan, rimarrà aperta fino al 2012. L’impianto, che dopo la bancarotta del costruttore sembrava dovesse chiudere, è tornato nelle mani della New Chrysler. Dal momento della bancarotta, Sterling Heights è stata nelle mani di Old Carco LLC, vale a dire la vecchia Chrysler, la bad company nata dalla scissione degli assets passati nelle mani di Fiat e rimasta in possesso di quelli in un primo momento indesiderati. Tra di essi figuravano anche otto stabilimenti, uno dei quali, appunto è proprio l’impianto di assemblaggio di Sterling Heights, tornato sotto il controllo della nuova Chrysler con l’approvazione di una corte fallimentare del Michigan e dietro un pagamento di 20 milioni di dollari. Grazie a questa acquisizione, le attuali Chrysler Sebring e Dodge Avenger continueranno ad essere prodotte lì fino al 2012. E in futuro? I due modelli verranno aggiornati entro la fine dell’anno (e forse già in quest’occasione il nome Sebring, come annunciato da Sergio Marchionne, sarà abbandonato), ma la loro sostituzione con modelli del tutto inediti avverrà solo nel 2013. A quel punto, le nuove medie Chrysler e Dodge, che saranno tecnicamente imparentate con i corrispettivi modelli Alfa Romeo e Lancia, potranno prendere due strade: continuare ad essere prodotte nella medesima sede o cambiare casa. Niente è stato ancora deciso al riguardo ma, nel frattempo, i 1200 dipendenti dello stabilimento non perderanno il posto di lavoro. La nuova Chrysler ha inoltre ceduto alla Old Carco i diritti di produzione dei vecchi V6 di casa, un 2.7 ed un 3.5, che saranno rimpiazzati dal nuovo 3.6 Pentastar. Secondo le indiscrezioni, questi diritti saranno ceduti a loro volta a qualche compagnia russa o cinese per un reimpiego sui mercati in via di sviluppo.
(Fonte: www.leftlanenews.com - 22/2/2010)

lunedì 22 febbraio 2010

Marchionne: su Chrysler mi gioco tutto e non intendo fallire


"È una questione di reputazione, di credibilità. Abbiamo messo tutto in gioco, compreso me stesso". Così, in un’intervista al Financial Times, l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, commenta il suo impegno per il rilancio di Chrysler. In un lungo articolo, insolitamente inserito nella sezione del fine settimana Arts & Leisure del quotidiano della City, l’editorialista John Reed ripercorre le tappe del rilancio Fiat, tentando un parallelo con quanto di nuovo sta portando Marchionne a Detroit. "Non ho alcuna intenzione di fallire", dichiara il numero uno di Fiat al Financial Times, sottolineando anche l’appoggio ricevuto da Nancy Pelosi, la speaker della Camera U.S.A.: "Non saremmo qui se lei e il Congresso non avessero deciso di appoggiare la nostra proposta. È stata una decisione decisamente coraggiosa da parte loro". All’ingresso di Fiat in Chrysler, ricorda Reed, il gruppo statunitense era in piena difficoltà, ma gli effetti della "cura Marchionne" iniziano a vedersi: "Le persone rimangono a lavorare fino a tardi, fino alle nove o alle dieci. A volte sembra di essere dentro un aeroporto", dichiara Ralph Gilles, capo della divisione design di Chrysler e Dodge.
(Fonte: www.ft.com - 19/2/2010)

venerdì 19 febbraio 2010

Al Salone di Ginevra debutta il bicilindrico Fiat 900 TwinAir


Al Salone di Ginevra 2010 non debutteranno solo nuovi modelli ma anche nuovi motori. Il più chiaccherato è sicuramente il bicilindrico proposto dalla casa del Lingotto per la sua mitica 500. La nuova Fiat 500 farà dunque il suo show elvetico portando un (piccolo) simbolo del culto del downsizing. Si tratta di un motore che per la piccola utilitaria rappresenta quasi un ritorno alle origini. Come ben sappiamo, quando uscì il primo modello, negli anni trenta, il nome della vettura indicava la dimensione della cilindrata. Ora, lungi da Fiat riproporre un modello che supera a malapena i 90 Km/h, ma con il nuovo motore ci si avvicina parecchio. Con una cilindrata di 0,9 litri, il due cilindri TwinAir SGE turbo che debutterà al prossimo Salone di Ginevra sarà sicuramente il motore più piccolo dell’attuale listino. Grazie alla distribuzione Multiair presenterà una spiccata vocazione ecologica, abbinato al cambio DDCT doppia frizione. La potenza è data da 85 cavalli, non male per un motore così piccolo. Le performance non saranno sacrificate per toccare livelli accettabili di efficienza. Le emissioni di anidride carbonica si attesteranno sotto la soglia dei 100 grammi al chilometro. Il nuovo motore Multiair dovrebbe debuttare subito dopo la presentazione ginevrina, entro l’estate del 2010. In seguito dovrebbero arrivare altri propulsori, sempre piccoli ed efficienti. I prossimi, secondo quanto spifferato sulla rete, dovrebbero essere un 0.9 litri da 65 cavalli e un’altro da 105 cavalli. Dopodichè, non mancherà l’introduzione nella gamma della Fiat 500 di una proposta Natural Power a metano (e di un’ibrida) per una ristrutturazione del listino in senso “eco”.
(Fonte: www.greencarreports.com - 18/2/2010)

giovedì 18 febbraio 2010

Ecco come sarà la nuova Panda


Il vento che ha gonfiato le vele della Panda non è mai calato. Un vento che l’ha protetta anche quando correva il pericolo di perdere la sua identità: era il 2003 e un tardivo rinnovamento prevedeva di ribattezzare Gingo la nuova generazione della piccola Fiat... Pericolo scampato. Panda era e Panda rimase. Come all’origine, 1980. Una piccola vettura, uscita dalla fantasia di Giugiaro, dalla forma spigolosa. Un’auto essenziale, facile da costruire e da comprare. Convinse tutti, età e classi diverse, e si piazzò in cima alla classifica delle vendite. Adesso la Panda è pronta a un altro cambiamento, senza tradire se stessa. Non subito: per vedere la nuova generazione bisognerà aspettare la fine del 2011 o l’inizio del 2012. Il pianale resterà quello di oggi, che è quello della 500 e della Ford Ka: una «base» dalle grandi potenzialità, in grado di adeguarsi alla trazione integrale o all’impianto a metano. Le misure dovrebbero essere più o meno le stesse. Ritoccata la carrozzeria: le linee più dolci e morbide ricorderanno la 500, soprattutto nel frontale. Davanti cambiano griglia e paraurti, con l’aggiunta di cromature orizzontali. Dietro, restano le luci alte, sviluppate verticalmente sui montanti. La trasmissione integrale avrà una priorità progettuale: inutile nascondere il ruolo del marchio Jeep, che, attraverso la consociata Chrysler, fornirà know how all’avanguardia in questo campo. A parte la trasmissione e il pianale, assoggettati alla regola dell’omologabilità globale, il motore è un punto fermo del progetto: 900 cc con tecnologia Multiair. Bassi consumi, basse emissioni, coppia motrice paragonabile a quella dei turbodiesel common rail. Non solo: naturalmente nella gamma ci saranno anche altri propulsori a benzina, bifuel e diesel Multijet. Quasi certamente la prossima Panda verrà prodotta nello stabilimento di Pomigliano, dove Marchionne ha deciso di portare l’attuale modello, spostandolo dal sito industriale di Tychy, in Polonia, considerato la migliore fabbrica europea.
(Fonte: http://motori.corriere.it - 18/2/2010)

mercoledì 17 febbraio 2010

Anche a 5 porte la futura Lancia Ypsilon


Qualcuno l’ha già ribattezzata “Deltina”. In effetti la nuova generazione della Lancia Ypsilon, attesa per il 2011, in molti particolari estetici ricorda la più grande Delta, soprattutto nella zona anteriore di forte personalità con l’ampia griglia frontale. Con la grande berlina Lancia la nuova Ypsilon dovrebbe condividere le cinque porte, carrozzeria inedita nella lunga storia della vettura, affiancando la tradizionale versione 3 porte. Eppure il pianale produttivo resta quello della Panda costruita in Polonia (in futuro a Pomigliano d’Arco), seppure il passo più lungo di 10 cm renderà le dimensioni maggiorate rispetto all’attuale modello, ad esempio la lunghezza di 3,8 metri sarà abbondantemente superata e avvicinerà le dimensioni della Punto Evo piuttosto che della Panda. Quel che è sicuro è che la produzione della nuova Lancia Ypsilon abbandonerà la fabbrica di Termini Imerese per approdare a Tychy, in Polonia. Tutta la vertenza e le polemiche in corso sulle sorti dello stabilimento siciliano nascono proprio dalla fine dell’assemblaggio dell’attuale Ypsilon il prossimo anno. Ma Fiat, si sa, ha già deciso, anche perché i progetti nel cassetto sulla base della nuova architettura produttiva sono già saltati fuori: dopo la nuova Ypsilon, servirà alla produzione della Fiat 500 Giardiniera e poi della nuova Panda. Oltre alle 5 porte, un’altra novità importante potrebbe essere la trazione integrale, così da riportare in auge quella sportività Lancia legata ai rally e inedita in una segmento B. Secondo alcuni rumors, la futura Ypsilon potrebbe anche essere distribuita in Usa, col marchio Chrysler però, come già accadrà con la Delta, che sarà ribattezzata 100C. Un modo per sfruttare la gamma Chrysler che può oggi contare sulle più grandi 200C e 300C (quest’ultima commercializzata anche da noi). Per ricambiare il favore, alcuni modelli Chrysler potrebbero arrivare sui mercati europei ribattezzati col brand Lancia, come la berlina Sebring di cui si paventa persino il nome Flavia, e sarebbe un ritorno per la Casa italiana, come lo sarebbe il nome Flaminia che qualcuno indica per la futura ammiraglia Lancia da assemblare sulle basi della Chrysler 300C, eliminando definitivamente la Thesis. Ma le maggiori ambizioni si giocano nel segmento dei grandi monovolume: Fiat e Lancia hanno appena abbandonato la partnership con in francesi di PSA che dava vita ai 4 grandi MPV Ulysse, Phedra, Peugeot 807 e Citroen C8. Adesso invece verrà in soccorso proprio Chrysler e il suo affermato Voyager. Staremo a vedere.
(Fonte: www.tgcom.mediaset.it - 17/2/2010)

martedì 16 febbraio 2010

Marchionne: Alfa Romeo potrebbe tornare negli U.S.A. nel 2012


A Torino, anzi a Toronto, si ricomincia a parlare del ritorno di Alfa Romeo negli Stati Uniti. Il marchio del Biscione, che aveva lasciato l'America nel 1995 con la fama di essere di "scarsa qualità" e che dal 2003 è stato più volte chiamato in causa per riattraversare l'Atlantico, avrebbe una nuova data limite: il 2012. Sarebbe questo l'anno indicato dall'amministratore delegato del Gruppo Fiat, Sergio Marchionne, come quello giusto per "rientrare". Un'affermazione, rilasciata alla stampa canadese, che oltre a lasciare in sospeso le mire di Volkswagen tranquillizza gli stessi manager Alfa Romeo, sulle cui teste pende da tempo una sorta di "Spada di Damocle". Gli scarsi volumi di vendita del marchio sono stati più volte al centro delle osservazioni polemiche di Marchionne, determinato a risvegliare la classe dirigente del brand più controverso del Gruppo torinese. La rivincita americana del Biscione, però, sarebbe strettamente legata all'offerta di prodotto. Secondo Marchionne i prossimi due anni sarebbero sufficienti per ricostruire una gamma Alfa Romeo adeguata al mercato americano e che tuttavia non comprenderebbe la Giulietta. La vettura, che debutterà al Salone di Ginevra (4-14 marzo), non sarebbe inclusa nella strategia americana, che invece prevedrebbe un assiduo scambio di piattaforme tra Alfa Romeo e Chrysler. Secondo Automotive News, nel futuro di Alfa Romeo c'è una berlina basata sulla Chrysler 300C che prenderà il posto della 166. Questo modello, che sarebbe pronto nel 2013, verrebbe assemblato a Brampton, in Ontario, proprio accanto a Chrysler 300C e Dodge Charger. Oltre agli Stati Uniti, che avrebbero un ruolo chiave nel ritorno dell'Alfa in America, ci sarebbe anche il Canada a ricoprire un ruolo da protagonista. Indiscrezioni che verranno confermate o smentite il prossimo 21 aprile, giorno in cui Fiat presenterà il Business Plan dei suoi prossimi quattro anni.
(Fonte: www.autonews.com - 15/2/2010)

lunedì 15 febbraio 2010

Marchionne: entro il 2014 esordiranno sette modelli basati sul pianale della Giulietta


Secondo i piani di Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo Fiat, il pianale dell'Alfa Romeo Giulietta, denominato Compact (foto qui sopra), verrà utilizzato per produrre fino a un milione di unità entro il 2014. Si parla di 700.000 vetture del gruppo Chrysler e 300.000 della Fiat. L'architettura Compact (o Compact Wide per i modelli di dimensioni maggiori) servirà da base per sette nuovi modelli tra cui anche Chrysler, Dodge e Jeep. E, considerando che l'architettura di base rappresenta dal 30 al 35% del costo di progettazione di un'auto, un pianale unico per la maggior parte dei nuovi modelli del Gruppo italo-americano permetterà di abbattere di circa un terzo dei costi per la progettazione di ogni nuovo modello. Le prime vetture del Gruppo di Detroit ad utilizzare questo pianale dovrebbero essere le eredi delle Chrysler PT Cruiser e Dodge Caliber, entrambe attese per il 2012. Subito dopo dovrebbe essere la volta di un modello inedito della Jeep che andrebbe sostituire in un solo colpo Patriot e Compass. A Torino, invece, dopo la Giulietta, stanno pensando di utilizzare la piattaforma Compact per la prossima Bravo e per la più piccola Idea (ne sapremo di più il 21 aprile quando Marchionne svelerà il piano industriale Fiat da qui al 2014). Il pianale Compact sarà quindi piuttosto modulabile e si potrà utilizzare per vetture di dimensioni e passi differenti. Secondo le indiscrezioni, in versione Wide verrà impiegata anche per modelli di dimensioni "importanti" come l'erede dell'Alfa Romeo 166, la Jeep Grand Cherokee, le Lancia Phedra e Thesis e la Fiat Croma.
(Fonte: www.alvolante.it - 15/2/2010)

venerdì 12 febbraio 2010

Ralph Gilles illustra, al Chicago Economic Club, le novità del Gruppo Chrysler


Quest'anno le nuove Chrysler 300, Dodge Charger e Durango. Nel 2012 la futura Viper, della quale già esiste un'impostazione stilistica. In un incontro al Chicago Economic Club Ralph Gilles, numero uno del marchio Dodge e responsabile del design di tutto il gruppo Chrysler, ha svelato alcune anticipazioni sul futuro della Casa americana controllata da Fiat. Le novità più attese dalle parti di Detroit sono la nuova Jeep Grand Cherokee, già presentata un anno fa ma in vendita solo tra tre mesi negli U.S.A., e la nuova Chrysler 300 (300C in Europa), rivista nello stile e nella meccanica per raggiungere le concessionarie americane a fine anno. Altro debutto importante sarà quello della nuova Dodge Charger nella variante berlina, con un look molto più filante e moderno delll'attuale. Da segnalare, infine, un'edizione speciale realizzata per festeggiare le quaranta candeline della Challenger, altra leggendaria "muscle car" a stelle e strisce: vestita con una sgargiante livrea fucsia è spinta da motore Hemi di 6.1 litri da 425 CV. Ma durante la conferenza di Chicago Ralph Gilles ha parlato anche d'altro. Per il giovane manager americano, Sergio, come lo chiamano i suoi uomini in America, "è l'amministratore delegato più straordinario che abbia mai conosciuto, capace di valorizzare al massimo il lavoro di squadra; è come un direttore di orchestra". Incalzato dai giornalisti americani, Gilles ha sfoderato grande ottimismo sull'avvenire della Chrysler: "Vedo la luce in fondo al tunnel, non mi sono mai sentito meglio di adesso". Il primo obiettivo sarà ripagare il prestito governativo che ha permesso di rimanere in vita perché "i marchi e le società non muoiono da soli. Sono, piuttosto, vittime di omicidio". Come da copione, l'utilitaria del Lingotto sbarcherà a fine anno nelle concessionarie americane equipaggiata con il 1.4 Multiair: "La 500 è il simbolo di quanto è efficace l'alleanza Fiat-Chrysler".
(Fonte: www.quattroruote.it - 12/2/2010)

giovedì 11 febbraio 2010

Accordo tra Fiat e Sollers per la produzione di mezzo milione di auto all'anno in Russia


Dopo l'America, la Russia. Sergio Marchionne, numero uno del gruppo Fiat, non si ferma all'accordo con Chrysler, ma rivolge lo sguardo anche verso il grande mercato dell'est Europa, firmando una lettera d'intenti per la realizzazione di una joint venture con la russa Sollers, che già distribuisce le vetture del marchio torinese. La lettera è stata sottoscritta insieme a Vadim Shvetsov, amministratore delegato della Sollers, alla presenza del primo ministro Vladimir Putin. L'obiettivo della neonata joint venture è quello di raggiungere una capacità produttiva di 500.000 veicoli l'anno entro il 2016. In Russia saranno commercializzati ben nove nuovi modelli (berline medie e medio-grandi e Suv), sei dei quali avranno come base una nuova piattaforma derivata dall'accordo di Fiat con Chrysler. Almeno il 10% dei veicoli prodotti sarà destinato all'esportazione. L'attuale stabilimento Sollers di Naberezhnye Chelny sarà ampliato con nuovi impianti produttivi e un parco tecnologico per la produzione di componenti. Lo sviluppo e l'adeguamento tecnico dei veicoli per il mercato russo saranno effettuati dal centro tecnico d'ingegneria della joint venture. L'accordo prevede che la percentuale di componenti di produzione locale, inclusi motori e cambi, non sia inferiore al 50%. Secondo quanto dichiarato dal comunicato stampa congiunto di Fiat e Sollers, è previsto che "il Governo russo supporti l'attuazione del progetto della joint venture attraverso l'erogazione di prestiti agevolati a lungo termine che coprano l'intero ammontare degli investimenti necessari, stimati in 2,4 miliardi di euro". La Sollers è una holding russa che controlla parti di diverse compagnie, fra cui la Uaz e la Zmz: di questi marchi distribuisce anche i veicoli, così come fa per Fiat, Isuzu, Ssangyong e New Holland.
(Fonte: www.quattoruote.it - 11/2/2010)

mercoledì 10 febbraio 2010

Marchionne: "Termini Imerese è l'unico stabilimento Fiat destinato alla chiusura"


È pace tra Fiat e governo, che concordano sulla decisione di non rinnovare gli incentivi per l’auto, anche se il mancato rinnovo dei bonus vuol dire per il mercato italiano 350.000 vetture in meno. Per il Lingotto vuol dire anche più cassa integrazione, ma «nessun altro stabilimento chiuderà oltre a Termini Imerese», assicura l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne. E al ministro Claudio Scajola annuncia che nei prossimi giorni metterà a disposizione dei futuri acquirenti il sito siciliano. All’Unione Industriale di Torino, dove la leader degli imprenditori italiani, Emma Marcegaglia, dà il via alle celebrazioni del centenario di Confindustria, è presente tutto il vertice della casa torinese: oltre a Marchionne, che domani firmerà l’accordo con il gruppo russo Sollers (una joint venture da 2,4 miliardi, che produrrà fino a 500 mila vetture all’anno, come riferisce Bloomberg citando una nota del Governo russo), presenti anche il presidente Luca Cordero di Montezemolo e il vicepresidente John Elkann. Tutti e tre sottolineano che «l’importante era decidere in fretta» e tutti dicono di condividere la mossa del governo. «Capiamo le ragioni», dice Marchionne. È d’accordo anche Marcegaglia: «È una scelta - osserva - che viene incontro a esigenze espresse dal sistema Confindustria. È giusto investire sull’innovazione e sulla ricerca e su settori che hanno bisogno di un sostegno». «Gli incentivi sono una droga del mercato e lo destabilizzano, bisogna ritornare alla normalità perchè rinviare questa scelta fermerebbe i consumi e ci sarebbero conseguenze gravi nel 2011 ma anche nel secondo semestre 2010», spiega Scajola che apprezza il giudizio positivo dell’a.d. Fiat e ribadisce di avere lavorato «in stretto contatto con Marchionne e Montezemolo». «Le risorse sono limitate - osserva - e le dedicheremo ad altri settori che soffrono la crisi e hanno bisogno di una spinta». Il ministro dello Sviluppo Economico sottolinea che il governo ritiene la Fiat «patrimonio fondamentale di questo Paese di cui andare sicuramente fieri». Poi aggiunge tornando sul tema oggetto di polemiche nei giorni scorsi: «E' un pilastro del nostro sistema industriale, merito della sua capacità di innovare il prodotto ma anche della considerazione e dell’appoggio che ha sempre avuto dai governi di questa repubblica». Sulle prospettive dello stabilimento di Termini Imerese, Scajola ribadisce che il governo vuole che resti un polo industriale. Marchionne, che riceverà dagli operai siciliani cinquemila cartoline con una vignetta del disegnatore umorista Sergio Staino, chiarisce: «Stiamo lavorando con tutte le istituzioni per trovare una soluzione. Non abbiamo chiuso le porte a nessuno, ma non ho ancora visto niente». La presidente di Confindustria non ha alcun dubbio, «l’azienda si farà carico per prima del problema Termini Imerese e lavorerà per risolverlo. Non si possono bloccare le ristrutturazioni e le riconversioni».
(Fonte: www.lastampa.it - 10/2/2010)

martedì 9 febbraio 2010

Financial Times: impossibile per Fiat il "Ritorno al futuro" a Termini Imerese


Per la Fiat non è possibile il "Ritorno al futuro" suggerito dal segretario generale della Fiom-Cgil Gianni Rinaldini, che ha rilanciato l'idea di raddoppiare la produzione a Termini Imerese, proposta dall'ad Sergio Marchionne quando arrivò al Lingotto nel 2003. A bocciare senza appello l'ipotesi di raddoppio dello stabilimento siciliano è il Financial Times in un commento di Paul Betts. «Il leader sindacale sembra abbia dormito al volante per sette anni se pensa che ciò sia realistico», scrive Betts. "Ritorno al futuro" – continua - era un film su una macchina che viaggiava nel tempo, «non una strategia per salvare 1.350 posti di lavoro a Palermo» Il Financial Times dà invece ragione a Marchionne. L'ad di Fiat dice che la produzione a Termini Imerese finirà l'anno prossimo, «e c'è da scommettere che così sarà». La Fiat è stata oggetto di «aspre critiche» per la decisione di chiudere l'impianto siciliano. Politici, sindacalisti e giornali nazionali – fa notare Betts - sono stati «uniti» nel condannare il gruppo torinese. I giornali italiani hanno fatto a gara a chi pubblicava le cifre più grosse su quanto la Fiat abbia beneficiato di aiuti pubblici. Il «chiaro messaggio» era che la Fiat in cambio doveva garantire i posti di lavoro, «a qualunque costo», «perpetuamente». Tuttavia, la Fiat «non è più quella di una volta», afferma il Financial Times. È vero che il gruppo non è più il caso disperato preso in mano da Marchionne nel 2003. È vero che nella crisi recente non ha chiesto iniezioni dirette di denaro pubblico, pur beneficiando degli incentivi alla rottamazione e di altri sforzi indiretti per tenere su il mercato. Ma anche se l'anno scorso ha fatto il «colpo» della Chrysler, «la Fiat è sempre sottopeso sulla scena mondiale ed è impegnata in una lotta per la sopravvivenza in un mercato globale che soffre di grave sovraccapacità». In queste circostanze, Marchionne difficilmente butterà via la sua reputazione di essere colui che dice «verità scomode». Il «soave» presidente della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, continua Betts, ha adottato una linea più morbida, dicendo che il gruppo torinese farà tutto quello che può per attenuare il colpo in Sicilia. Nello stesso tempo, la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, dice che se vuole competere a livello globale, il Paese deve smettere l'abitudine di tenere in vita fabbriche sempre in perdita. Per il Financial Times, i leader sindacali e i politici che continuano a credere nell'eterno debito della Fiat verso l'Italia, rischiano di illudersi. «Il fatto brutale è che Fiat – anche con il suo volitivo amministratore delegato, l'acquisizione della Chrysler e le scintillanti Ferrari – può a stento farcela a gareggiare nell'industria dell'auto globale se un impianto come Termini Imerese viene mantenuto in vita artificialmente». Tornando alla fantascienza, secondo Betts, Rinaldini ha tante possibilità di convincere Marchionne a raddoppiare lo stabilimento siciliano quante ne ha di portare una Fiat Punto indietro negli anni '60, quando «la vita» era «dolce», conclude in italiano l'opinionista.
(Fonte: www.ft.com - 9/2/2010)

lunedì 8 febbraio 2010

Parte dal Messico l'avventura della 500 a stelle e strisce


Dopo il successo al Salone di Detroit, la Fiat 500, auto-icona della casa torinese, inizia dal Messico l'avventura sul mercato americano. L'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha accompagnato il presidente Felipe Calderon, in visita allo stabilimento di Toluca, cittadina a circa settanta chilometri da Città del Messico. Con loro il Ministro dell'Economia, Gerardo Ruiz Mateos, il governatore dello stato del Messico, Enrique Pena Nieto e l'ambasciatore italiano, Roberto Spinelli. Nella fabbrica Chrysler di Toluca, che è nata nel 1964 e occupa circa 2.000 dipendenti, vengono prodotti i modelli Dodge Journey e il PT Cruiser. A dicembre uscirà da qui la 500 destinata ai mercati di Oltreoceano. E' il primo risultato concreto dell'alleanza tra la Fiat e la Chrysler, nata con la benedizione del presidente Barack Obama. La Fiat investirà 550 milioni di dollari e creerà 500 posti di lavoro, ha spiegato Marchionne. L'amministratore delegato del Lingotto ha scelto il Messico perché si trova in una posizione ideale, punto di collegamento tra il Nord America, da cui il marchio Fiat manca dal 1983, e l'America Latina, dove invece il Lingotto ha già una solida posizione, oltre che un'ampia e radicata rete commerciale. Le 500 prodotte saranno più di 100.000 all'anno, destinate metà al Nord America e metà all'America del Sud, in particolare al Brasile, mercato in cui la Fiat è leader nella produzione e nelle vendite. I motori verranno fabbricati in un altro stabilimento Chrysler, a Dundee nel Michigan. Per la casa di Detroit è un'iniezione di fiducia che passa attraverso la rinascita di due stabilimenti in crisi, per Torino il primo passo nella conquista dei mercati americani. Restano da conoscere i progetti futuri: dopo la 500 si era parlato di uno sbarco in U.S.A. anche dell'Alfa Romeo, ma i programmi del Biscione sono congelati in attesa del rilancio del marchio affidato a Harald Wester.
(Fonte: www.rainews24.rai.it - 8/2/2010)

venerdì 5 febbraio 2010

Dopo Nitro e Journey, anche la Caliber sarà venduta in Europa con il marchio Fiat?


Le Dodge Nitro e Journey potrebbero non essere le uniche auto del brand americano ad essere vendute come Fiat. Stando ad alcune indiscrezioni, anche la Caliber sarà sottoposta all’operazione di re-badging per essere commercializzata come la nuova crossover compatta della Casa torinese. Adottando il badge Fiat, la Caliber potrebbe finalmente combattere ad armi pari con la Nissan Qashqai sul mercato europeo, dove i brand Chrysler e Dodge scompariranno, molto probabilmente, a partire dal 2011. Se l’operazione dovesse andare in porto, la Dodge Caliber con il brand Fiat sarà equipaggiata con il motore 2.0 MultiJet da 165 CV, in sostituzione dell’attuale CRD di pari cilindrata da 140 CV, fornito da Volkswagen. Per quanto riguarda gli altri modelli Dodge venduti in Europa, la Viper uscirà di scena alla fine del suo naturale ciclo di vita, mentre la Avenger, rivelatasi un vero e proprio flop, abbondonerà in silenzio i mercati del Vecchio Continente.
(Fonte: www.autoblog.it - 5/2/2010)

giovedì 4 febbraio 2010

Marchionne: "Possiamo fare a meno degli incentivi"


«Sono agnostico sugli incentivi: il governo faccia la sua scelta e noi la accetteremo senza drammi. Ma abbiamo bisogno di decisioni in tempi brevi e di uscire dall'incertezza, poi saremo in grado di gestire il mercato e la situazione qualunque essa sia». Senza giri di parole Sergio Marchionne parte subito dai problemi più spinosi, ci tiene a presentarsi sereno e collaborativo e riesce anche a fumare meno: «La decisione di smettere di produrre a Termini Imerese è stata presa, ma siamo pronti a fare la nostra parte, a farci carico, insieme al governo, dei costi sociali di questa scelta. Cerco il dialogo e chiedo di mettere da parte la dietrologia: nella decisione di fermare le fabbriche per due settimane non c'è nessuna provocazione e nessun ricatto». Sulla scrivania del suo ufficio al Lingotto c’è un'immensa rassegna stampa che annuncia lo sciopero in corso e riepiloga le polemiche delle ultime settimane. L'amministratore delegato della Fiat ha voglia di spiegare e per una volta spegne tutti e cinque i suoi telefoni. Dalla busta che li contiene spunta una piccola statuetta della divinità indiana Ganesh - quella con la testa di elefante -, «Chi me l'ha regalata dice che porta fortuna e di questi tempi ogni cosa è ben accetta».
Fino all'anno scorso lei riceveva applausi da destra a sinistra, metteva d'accordo tutti e veniva definito il salvatore della Fiat e il manager dei miracoli. Oggi il clima è completamente diverso, cos'è cambiato?
«Nulla. Zero. Sono sempre lo stesso, è il mondo che è cambiato. Il mio impegno è uguale, come le mie idee, ma quando sono arrivato c'era solo la crisi della Fiat ora c'è una crisi globale. Il contesto è completamente diverso. Il mercato dell'auto in Europa scenderà quest’anno tra il 12 e il 16 per cento, che significa tra un milione e mezzo e due milioni di macchine in meno, tante quante ne vende la Fiat nel continente. Abbiamo rimesso in piedi l'azienda ma se ora non interveniamo per risolvere i problemi strutturali derivanti dalla crisi allora rischiamo di distruggere tutto e di giocarci il futuro». Marchionne tira fuori da un cassetto un suo discorso del giugno del 2006 e comincia a leggere dei passaggi ad alta voce: «Ascolti cosa dicevo: "E' nell’interesse della società appoggiare le persone che soffrono le conseguenze delle trasformazioni causate dai movimenti dei mercati. Queste persone hanno bisogno di sostegno per permettere loro di trovare un nuovo lavoro e mantenerle integrati nella società". Oggi la penso allo stesso modo e per questo ci faremo carico dei costi sociali delle ristrutturazioni». Mentre parla tiene una calcolatrice in mano, fa e rifà conti: «Oggi la Fiat rispetto al 2004 ha 12 mila persone in più che lavorano nel gruppo. Ma sembra che la Fiat sia diventata l'unico problema nazionale. Ci si rifiuta di guardare a ciò che sta accadendo nel mondo, di vedere il quadro della crisi globale, di riconoscere che l'industria dell’auto è costretta a ristrutturarsi in ogni Paese. Sei anni fa la General Motors era la più grande azienda automobilistica del mondo, ed è fallita, come la Chrysler, nel 2009. Ogni volta che parlo del problema dell'industria automotive in Italia devo ricominciare a spiegare da capo qual è la situazione. Certo è chiaro che non si può chiedere all'operaio di Termini di farsi carico della crisi globale, ma lo devono fare insieme governo, sindacati e Fiat».
Come procede il tavolo a Palazzo Chigi?
«Siamo gente seria e vogliamo dialogare con controparti che capiscano la realtà industriale e che gestiscano con noi questa crisi. Vedo e apprezzo gli sforzi del governo e dei sindacati e comprendo il livello di preoccupazione, per questo mi auguro di lavorare bene insieme per uscire da questa impasse».
Ma la decisione di fermare tutte le fabbriche per due settimane, a fine febbraio, è stata letta come un segnale completamente diverso, come una pressione sul governo.
«La legge prevede che la cassa integrazione sia comunicata 25 giorni prima. Se avessimo aspettato un mese in più avrebbero detto che volevamo alzare la tensione in prossimità delle elezioni. La verità è nei dati, che ci raccontano come gli ordini in Italia a gennaio siano crollati del cinquanta per cento rispetto a dicembre e sono quasi del 10 per cento più bassi di gennaio dell’anno scorso quando il mercato era in piena crisi. Con questa contrazione della domanda non si poteva fare altro che fermare la produzione. Non c'è nessuna provocazione e nessun ricatto».
Vuole dirci che non ci sono legami con gli incentivi?
«No, se non che per programmare la produzione c'è bisogno di certezze. E’ importante che il governo decida se ci sono le condizioni per darli nuovamente o no. E chiaro che gli incentivi sono una misura temporanea e che erano stati decisi per traghettare l’industria dell’auto fuori dalla grande crisi. Capisco che prima o poi debbano essere eliminati per tornare a un mercato normale. Protrarli troppo a lungo sarebbe un danno che pagheremmo con minori vendite nei prossimi anni. Fisiologico che si vada verso una normalizzazione del mercato, che ci permetterà di fare piani di lungo periodo non legati agli incentivi. E poi non dimentichiamo che noi abbiamo il 30 per cento del mercato, il restante 70 per cento va ai nostri concorrenti».
Da più parti si obietta che mentre programmate di chiudere uno stabilimento ricevete un aiuto dallo Stato.
«Non si possono mescolare discorsi completamente diversi, mettere insieme gli incentivi e Termini Imerese, una cosa non può essere legata all’altra: dobbiamo avere la possibilità di porre le basi per una Fiat sempre più forte».
Cosa succederà a Termini Imerese?
«La decisione di non fare più automobili a Termini Imerese dal 2011 è stata presa: non ci sono i requisiti perché possa continuare a produrre vetture. Non possiamo più permetterci di tenere aperto un impianto che da troppi anni funziona in perdita. Produrre un'auto lì costa fino a mille euro in più e più ne facciamo e più perdiamo. Non è in grado di stare in piedi. Per assurdo, per noi sarebbe più conveniente continuare a pagare tutti i dipendenti fino alla pensione tenendoli a casa. Abbiamo studiato ogni possibile soluzione di produzione alternativa, dai motori ai componenti, ma si continuerebbe a perdere».
Ma i costi sociali dello stop alla produzione sono alti e vi arrivano richiami da più parti a ripensarci.
«Non conosco filosofia industriale al mondo che giustifichi questo assunto: più produciamo più soldi perdiamo. E non è colpa dei siciliani o della qualità del lavoro ma del fatto che non esiste un indotto nell’area e i costi di logistica sono enormi. Sarebbe come se l'Ikea producesse tutti i pezzi dei suoi mobili da una parte, poi li spedisse dall’altro capo del Paese per montarli e poi li ricaricasse sulla nave per rimandarli indietro. Non ha senso».
Ma per anni ha funzionato, perché solo adesso si pone il problema?
«Quando lo stabilimento di Termini è stato costruito 40 anni fa la Fiat aveva un sostanziale monopolio sul mercato italiano, gli stranieri non potevano entrare e competere e i maggiori costi venivano scaricati sui clienti. Ricordo quando mio padre si comprò la prima Cinquecento, era l’inizio degli Anni Sessanta e io ero un bambino: si mise in fila alla concessionaria di Chieti e gli dissero di aspettare sei mesi e non riuscì nemmeno ad avere il colore che desiderava, ce la diedero bianca con i sedili neri. O prendevi quella o niente. C’era un monopolio e allora produrre a Termini o sulle Alpi non faceva differenza. Oggi il mercato è aperto, c'è la concorrenza, i margini su vetture dei segmenti piccoli sono ridicoli e le auto prodotte a Termini non sono in grado di competere».
I critici sostengono però che la fabbrica ha goduto di grandi aiuti pubblici.
«Si dice che la nostra azienda è stata tenuta in piedi con le risorse dello Stato, ma se guardo alla mia gestione non c'è paragone tra tutto quello che abbiamo messo e perso e quello che abbiamo ricevuto. Per essere completamente chiari, a Termini Imerese, dal 1969, la Fiat ha investito 552 milioni di euro, ha avuto contributi a fondo perduto per 93 milioni e ha ricevuto finanziamenti per 164 milioni, che sono stati totalmente ripagati. Come vede, niente a che fare con il miliardo di aiuti di cui si parla. E poi voglio ricordare ancora che la Fiat dal 2004 al 2009 ha investito nel mondo 25 miliardi di euro, 16 dei quali in Italia con agevolazioni statali pari al 3,8 per cento».
Allora che soluzioni sono possibili?
«Non ci possono chiedere di restare, è irresponsabile produrre in perdita, ma siamo pronti a fare la nostra parte, insieme al governo e ai sindacati, per ridurre al minimo l’impatto sociale. L'ho detto in passato e lo ripeto oggi: riconosco la differenza tra il sistema americano e quello europeo, negli U.S.A. l’azienda che taglia non ha una responsabilità civile e collettiva, qui sì. Ma non si può puntare il dito solo verso di noi: sindacati e governo devono fare la loro parte. Deve funzionare un dialogo a tre per trovare soluzioni valide e sostenibili».
Pensa ci siano progetti validi tra quelli presentati al governo?
«I progetti presentati al governo non li conosciamo, aspettiamo di capire di cosa si tratta».
Marchionne è appena arrivato da Detroit, starà a Torino fino a domenica, poi andrà in Messico, a New York, Chicago, poi ancora Toronto, Detroit e di nuovo Torino, sempre volando di notte, dormendo in aereo. Forse per questo dicono che non ha più la testa in Italia?
«Guardi che la decisione su Termini Imerese fa parte di un progetto più ampio, che punta proprio sul rafforzamento della produzione in Italia. Togliendo il peso di quelle perdite dai nostri conti siamo pronti a rafforzare il resto della rete industriale, a partire dallo spostamento della Panda dalla Polonia a Pomigliano, che produrrà così quasi 300 mila vetture all’anno. Tornare dall'Est europeo all’Italia è qualcosa di storico, che non fa nessuno, andrebbe apprezzato».
Riconferma l'impegno della Fiat in Italia?
«Assolutamente sì: in Italia vogliamo arrivare nel 2012 a fare 900 mila auto (nel 2009 sono state 650 mila). A queste bisogna aggiungere 220 mila veicoli commerciali che saranno prodotti dalla Sevel in Abruzzo. Basta col dire che non mi interesso del nostro Paese, guardiamo alla realtà dei fatti. Guardiamo a quante aziende dell'indotto abbiamo salvato: in maniera silenziosa abbiamo evitato uno sfacelo sociale. Ora si parla di Termini ma ci si dimentica della Bertone e dei suoi 1100 dipendenti. Non è serio guardare solo una cosa e perdere di vista tutto il resto».
Anche a Torino riaffiorano preoccupazioni per un disimpegno.
«Mirafiori continuerà ad essere il centro dell'auto, il cervello delle nostre produzioni è qui. Costruiremo i nuovi monovolume e vorremmo arrivare a produrre mille vetture al giorno».
La guida della Chrysler e la permanenza a Detroit hanno cambiato il rapporto con gli azionisti?
«No, il rapporto è perfetto: c’è una collaborazione stretta e continua, soprattutto con John Elkann, e penso siano soddisfatti di quello che la squadra sta facendo. C’è assoluto allineamento tra noi e le scelte strategiche sono tutte condivise».
Ha qualcosa da rimproverarsi?
«Forse ho cercato troppo poco i microfoni, ma ho sempre pensato che sia giusto far parlare i risultati e quelli ci sono: sarebbe osceno dimenticare tutte le cose positive che sono state fatte. Non solo nel business: si chieda ai nostri operai se è cambiata o meno la qualità della loro vita? Abbiamo lavorato tantissimo per costruire cose buone e dare alla nostra gente un ambiente più umano, capace di creare le basi di una Fiat forte».
Di cosa è più soddisfatto?

«Siamo un'azienda in continuo movimento, ci espandiamo, e alla fine dell’anno la Cinquecento sbarcherà negli Stati Uniti e per me è motivo d’orgoglio. I risultati si vedranno nel lungo periodo, ma è fondamentale entrare in modo significativo in un mercato come quello americano dove non eravamo considerati all'altezza. Stiamo facendo una fatica bestiale ma oggi a Detroit veniamo trattati alla pari e sta crescendo una nuova classe dirigente italiana: ogni settimana 50 persone volano negli U.S.A. per confrontarsi, crescere, per diventare manager di un'azienda globale». Prima di concludere l'intervista e mettersi a lavorare sentendo un cd di Glenn Gould - «E' il più grande di tutti, insuperabile» - tira fuori dalla tasca una pennetta su cui c'è lo spot della Chrysler che verrà trasmesso negli Stati Uniti durante il Superbowl: «E’ molto bello e originale, lo vedranno 90 milioni di persone e voglio che sia il segnale che anche la Chrysler è tornata».
(Fonte: www.lastampa.it - 4/2/2010)

mercoledì 3 febbraio 2010

Winterkorn (VW): “Il marchio Alfa Romeo è estremamente interessante”


Martin Winterkorn, amministratore delegato del gruppo Volkswagen ha rilasciato una dichiarazione di quelle che bastano a scuotere l’intero settore auto: “Il marchio Alfa Romeo è estremamente interessante” ha rivelato il top manager tedesco al quotidiano spagnolo El Mundo. Secondo la testata, dietro questa dichiarazione ci sarebbe qualcosa di molto concreto: l’intenzione di Wolfsburg di ampliare ulteriormente il proprio portafoglio marchi con un nome altisonante e dal tuttora grande prestigio, dopo le operazioni Porsche e Suzuki. Winterkorn ha aggiunto: “Sotto la nostra egida, Alfa avrebbe grandi prospettive di crescita e contribuirebbe inoltre a farci raggiungere i 10 milioni di unità vendute ogni anno entro il 2018″. Il manager ha comunque precisato che al momento non esistono contatti con Fiat né piani precisi di VW per sottoporre un’offerta, sottolineando come peraltro non creda che la casa torinese sia disposta a cedere il Biscione. Le recenti dichiarazioni di Marchionne - sempre più impegnato dalla fusione Lancia-Chrysler - del resto, non sembrano lasciare spazio alle trattative. Secondo alcune fonti riportate da El Mundo però, un qualche incontro preliminare sembra essere avvenuto. Ed un nuovo capitolo nella storia della casa milanese - che ha recentemente vissuto l’ennesimo cambio al vertice -, potrebbe non essere fantascienza.
(Fonte: www.elmundo.es - 1/2/2010)

martedì 2 febbraio 2010

Automotive News: i piani di Fiat e Lancia per il biennio 2011-2012


Automotive News ha elencato i modelli Fiat e Lancia che debutteranno nel corso del biennio 2011-2012. Innanzitutto, il Lingotto sarebbe orientato a far scomparire Chrysler e Dodge dall’Europa a partire dal 2011. Alcuni modelli dei due brand americani verranno però commercializzati con i badge delle due Case torinesi. Già quest’anno arriverà la Dodge Nitro restyling che verrà venduta nel Vecchio Continente come la nuova SUV di Fiat. Nel 2011, oltre alla terza generazione della Lancia Ypsilon, debutterà anche la nuova Fiat Panda. Sempre per l’anno prossimo, sono attese tre novità di Fiat, tutte della categoria MPV. La Ulysse sarà sostituita dalla Dodge Journey che, in occasione del restyling di metà carriera, adotterà gli stilemi di Fiat, soprattutto nella parte frontale. Inoltre, arriveranno le inedite monovolumi compatte a 5 e 7 posti che andranno a sostituire le attuali Idea e Multipla. Il 2012, invece, sarà dedicato al rilancio del brand Lancia, soprattutto nell’alto di gamma. Il vuoto lasciato da Lybra e Thesis verrà colmato da due nuove berline di segmento D ed E che deriveranno, rispettivamente, dalle nuove Chrysler Sebring e 300C. In più, la nuova vettura media della Casa di Chivasso sarà disponibile anche nella variante cabriolet con tetto ripiegabile in metallo. Infine, la Chrysler Grand Voyager adotterà la calandra Lancia e verrà commercializzata come la nuova Phedra. Se il futuro di Fiat e Lancia è più o meno disegnato, molte incertezze aleggiano sul destino di Alfa Romeo. Con una telefonata effettuata durante la conferenza degli analisti di Fiat, Sergio Marchionne ha confermato che le Alfa 159, GT, Brera e Spider non verranno sostituite perché il loro sviluppo è costato troppo e non ci sono stati effettivi ritorni economici. Sulla Casa del Biscione si saprà qualcosa di più certo solo a metà aprile, quando verrà presentato il piano industriale di Fiat per il restante triennio 2012-2014. Solo allora si capirà se le tre proposte stilistiche di Pininfarina, Bertone e Giugiaro per Alfa che verranno esposte all’imminente Salone di Ginevra rimarranno allo stadio di concept car o verrà dato loro il disco verde per la produzione.
(Fonte: www.autonews.com - 1/2/2010)

lunedì 1 febbraio 2010

I vertici di UAW in missione a Melfi, Cassino e Tychy per studiare il World Class Manufacturing di Marchionne


Il potente sindacato dell'auto U.S.A. a «lezione di fabbrica» in Italia e in Polonia. A Sergio Marchionne andrà pure stretto - e il clima teso di questi tempi dimostra quanto - il modello nazionale di relazioni industriali, la sua «rigidità» contrapposta alla flessibilità americana. Ma quando poi si tratta di definire quali siano gli standard qualitativi di produzione che si aspetta da Chrysler non ha alcuna difficoltà, nemmeno con quella United Auto Workers diventata «provvisoriamente» azionista di maggioranza di Auburn Hills, a dire che tra Torino e Detroit i ruoli si ribaltano: il modello («virtuoso», in questo caso) siamo noi. Non da soli, e non ovunque: non ci sarebbero altrimenti i problemi di Termini, Pomigliano, in parte anche di Mirafiori. Però se resta Tychy, in Polonia, lo stabilimento-gioiello del Lingotto in Europa, le italianissime Cassino e Melfi seguono da molto vicino. Non a caso i tre poli sono stati le tappe principali del «Fiat tour» fatto la settimana scorsa, fuori dai riflettori, dai sindacalisti U.S.A. . Non nomi qualsiasi: Ron Gettelfinger e General Holiefield. Sono, rispettivamente, il presidente e il vicepresidente della UAW. I leader nazionali, insomma. Chiaro l'obiettivo della loro "full immersion" tra le linee di produzione (estesa all'impianto di componentistica di Verrone, nel biellese, e anche qui non a caso: in comune con Cassino e Melfi ha quella maggior «flessibilità sindacale» su cui tanto insiste l'amministratore delegato). Le sinergie Torino-Detroit sono e saranno sempre più «indissolubili», per usare le parole di chi guida entrambi i gruppi. Ma oggi è Auburn Hills, nel cuore della patria dell'auto, il «nobile decaduto». Ed è il Lingotto, pur con le mille difficoltà del mercato post-crisi e con i tanti fronti sindacal-governativi aperti ora in Italia, l'azienda che ha saputo reinventarsi. Gli americani, con Marchionne ancora in piena luna di miele (si ignora però se Gettelfinger e Holiefield abbiano avuto scambi con i colleghi italiani), ammettono di avere molto da imparare. E il viaggio tra Tychy, Cassino, Melfi e Verrone a questo è servito: studiare il meglio della qualità Fiat, dal lavoro all'organizzazione degli stabilimenti e della produzione, e «importarlo» nelle fabbriche statunitensi. Non è teoria. Il lavoro di integrazione è quello su cui, dall'inizio, il numero uno e la sua squadra sono maggiormente concentrati. Le piattaforme comuni saranno sempre di più. E c'è già un progetto U.S.A. pronto a partire secondo i principi di World Class Manufacturing introdotti in Fiat da Marchionne. Il primo prodotto della «New Chrysler» a vedere la luce sarà la nuova Jeep Grand Cherokee. Partenza prevista: primavera, o comunque entro il secondo trimestre dell'anno. A Jefferson, in Michigan, dove verrà realizzata, i leader UAW sono tornati convinti: si applicherà il modello «imparato» nel tour italo-polacco. Flessibilità, ovviamente, inclusa.
(Fonte: www.corriere.it - 29/1/2010)